Studi sul Cristianesimo Primitivo

Tipologie di esegesi, Dal blog di Mauro Pesce

« Older   Newer »
  Share  
JohannesWeiss
view post Posted on 6/4/2008, 03:57 by: JohannesWeiss     +1   -1




Mi riallaccio a ciò che ha scritto Hard-Rain per aggiungere che, qua e là, ci sono anche pubblicazioni da parte di storici seri che inseriscono le loro ricostruzioni del Gesù storico - di per sè anche molto condivisibili - all'interno di un contesto sibillino che sembra fatto ad arte per insinuare nella testa del lettore credente il tarlo che, forse, la sua fede è priva di reale fondamento, o si regge su malintesi millenari.
Vado al concreto e cito due pubblicazioni ben precise.

1. B. Ehrman, Jesus. Apocalyptic Prophet of the New Millenium (1999).
Questo volume di Ehrman su Gesù non sarà probabilmente una pietra miliare della ricerca (è un'opera sostanzialmente divulgativa, e, a mio modesto avviso, ha il difetto - probabilmente dovuto al target editoriale - di applicare con un po' troppa faciloneria i criteri di autenticità, non arrivando mai ad impegnarsi in una vera e propria analisi critica di singoli logia), ad ogni modo è un buon libro (mi pare che anche Meier lo citi all’inizio del terzo volume di “Un ebreo marignale”).
Il volume ripropone la tesi classica (e a mio avviso corretta) di un Gesù profeta escatologico/apocalittico (che da Weiss e Schweitzer va fino a Sanders e Meier, passando pure per Bultmann). Fin qui tutto bene.
La cosa particolare è che Ehrman sceglie di cominciare il suo lavoro con un capitolo che, sostanzialmente, non ha proprio niente a che fare col Gesù storico.
Egli ripercorre a ritroso una Wirkungsgeschichte di quella è che era la convinzione centrale di Gesù: l'imminenza del regno di Dio, dell'eschaton (o, più volgarmente, della "fine del mondo").
Il lettore viene quindi istruito - in modo anche abbastanza divertente - su un certo E. Whisenant che negli anni ‘80 pubblicò negli U.S.A. un libro intitolato "Why the Rapture Will Be in 1988", e, poi, accortosi che nel frattempo la fine del mondo non era arrivata, fece la sua retractatio nel volume "The Final Shout Rapture Report: 1989" (dove metteva però prudentemente le mani avanti, ammettendo la possibilità che Gesù potesse ritardare ancora un pochetto, ma di certo non oltre il 1992).
Ehrman prosegue a ritroso nel tempo raccontando le convinzioni di diversi altri pazzi scatenati del novecento e dell'ottocento, dopodiché fa un bel saltone indietro fino a Gioacchino da Fiore, ai Montanisti, agli autori del Nuovo Testamento, e infine a Gesù stesso.
In sintesi, scrive Ehrman: "For nearly two thousand years there have been christians who have thought that the world was going to end in their own lifetimes. The thesis of this book is that this belief is as ancient as the Christian religion itself, that it can be traced all the way back to the beginning, to the teaching of Jesus of Nazareth".
E, a conclusione del volume: "Everyone who has predicted the end of their world has intuited one aspect of Jesus' teaching that appears to be historically accurate (...). For those anticipating the imminent end of their own world have been able to base their expectations on the words of the historical Jesus, a first-century apocalyptic prophet who expected the imminent end of his".
Ora, mi sembra che l'intento di Ehrman sia piuttosto chiaro. Che Gesù si aspettasse la venuta imminente venuta del regno di Dio con potenza (che evidentemente non venne) è qualcosa su cui, credo, ogni buon studioso dovrebbe concordare. Ma il fatto di inquadrare l'attesa escatologica di Gesù in una Wirkungsgeschichte che va finire dritta dritta nei simpatici pazzerelloni fondamentalisti americani, beh, mi sembra che costituisca una mossa ermeneutica ben precisa. Ehrman, vuole dire (sottovoce) al suo lettore: "Amico, la pietra angolare della tua fede è soltanto il primo tassello di una serie di sognatori che, in ogni epoca, si aspettano la fine del mondo e la comparsa del paradiso in terra: sveglia, non dirmi che vuoi portare avanti pure tu questa folle illusione!".

2. G. Luedemann, The Great Deception. And What Jesus Really Said and Did (1998).
Già il titolo è un programma. Dopodichè, l'introduzione è una vera chicca. Luedemann (unico tra i membri del Jesus Seminar a portare avanti l'idea che Gesù fosse un profeta escatologico), indirizza una lettera a Gesù in persona (Dear Lord Jesus ...), dove gli spiega i motivi per cui non può più credere in lui, e dove - assai gentilmente - lo informa che "you aren't at all the one depicted by the Bible and the church tradition. You weren't without sin and you aren't God's Son. You didn't at all want to die for the sins of the world. And what was particularly painful for me, you didn't institute the eucharist which for years I celebrated every Sunday in memory of you", e via dicendo.
Ora, questo libricino di Luedemann è semplicemente un "assaggio" di un lavoro veramente valido (forse un po' radicale, ma comunque valido) che avrebbe pubblicato l'anno successivo, ossia "Jesus After 2000 Years", un buon commentario sui quattro vangeli canonici + Tommaso, dedicato esclusivamente alla valutazione circa l'autenticità storica delle varie pericopi (in pratica, una sorta di “The Five Gospels”, ma senza “colori” e di qualità nettamente superiore). Come Ehrman, anche Luedemann inserisce quindi un lavoro storico serio (che lo si condivida o meno) all'interno di una cornice che non ha assolutamente niente a che vedere col Gesù storico.
Credo non sia necessario specificare in questo forum che tra dogmi teologici quali quelli in cui Luedemann non può più credere (l'assenza di peccato, la figliolanza divina, la morte espiatrice e salvifica, l'istituzione dell'eucarestia) e l'ebreo Gesù, ci passa di mezzo il "largo e brutto fossato" di Lessing.
Luedemann finge però di non saperlo, e cerca sin dall'inizio di insinuare nel lettore l'idea che una onesta ricerca storica su Gesù conduce necessariamente ad appendere la fede al chiodo.

In sintesi: i casi di Ehrman e Luedemann rappresentano un tipo di esegesi storico-critica condotta in modo serio, ma inserita in un contesto ermeneutico decisamente rozzo e discutibile. Alla fin fine, si tratta proprio di un'esegesi speculare a quella apologetica. Entrambe condividono il medesimo errore: ritenere che la fede si regga e cada insieme all'autenticità storica di ciò che è narrato nei vangeli.
Ma un credente non fondamentalista è in grado benissimo di recitare il Credo di Nicea anche se ritiene che il Gesù storico non sapesse di essere il Logos incarnato, che non abbia pronunciato i grandi discorsi giovannei, che si sbagliò circa l'imminenza dell'eschaton (anche se non di troppo!, vista la risurrezione ... benché soltanto la sua) etc... C'è quindi un tipo di esegesi storico-critica seria e scientifica, ma viziata da un'ermeneutica che prende i credenti per fessi o per fondamentalisti, immaginando di poter scalzare la fede a colpi di critica storica.


P.S. mi scuso per la lunghezza dell'intervento (ma l'argomento mi stuzzicava proprio) e anche per non essermi presentato a dovere (visto che sono nuovo qui dentro): mi chiamo Johannes Weiss e sono uno sfegatato cultore - tanto appassionato quanto sprovvisto di reale competenza - del problema del Gesù storico.
 
Top
21 replies since 6/1/2008, 01:51   449 views
  Share