Studi sul Cristianesimo Primitivo

Cosa pensi riguardo a Dio?, discussione aperta a credenti, atei e agnostici

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icon4  view post Posted on 14/3/2011, 16:38     +1   -1
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Il titolo richiama la domanda del Licantropo, semplice e diretta. Riporto qui la mia risposta e qualche replica..

Penso che Dio sia l'unica possibile risposta alla domanda di Stephen Hawking "Perché l'universo si dà la pena di esistere?".
Basta guardarsi un pò intorno per intuire che la cosa più naturale e semplice che dovremmo aspettarci di trovare è il buio, il nulla più totale, la completa non-esistenza, il niente inteso come totale assenza, il rasoio di Ockham applicato all'estremo per ipotizzare lo scenario più economico possibile.

Ma invece del buio abbiamo un’esplosione di luce ed energia, un universo che esiste, che si muove ed evolve su una curva posta tra il caos e il freddo immobile., prendendo forma su un telaio di leggi e proprietà le cui parziali formulazioni non sono che la pallida espressione di un soggiacente ordine più profondo.
Alquanto notevolmente, il mondo, con la sua curiosa caratteristica di produrre l’ordine dal disordine, sostiene una realtà che non si limita ad esistere come insieme di agglomerati di materia inerte, ma produce anche quella bizzarrìa indefinibile che è la vita.

Il salto che separa l’abisso del niente dal tutto che ci circonda, e di cui facciamo parte come esseri razionali, è chiaramente incommensurabile.

Questa mia analisi non poggia su presupposti religiosi, ma piuttosto su considerazioni che forse risentono della mia testa di ingegnere, convertitosi una decina d’anni fa a trent’anni suonati. Non voglio né posso affermare che Dio sia dimostrabile, ovviamente, ma solo che sia un’ipotesi con la quale è necessario confrontarsi – ben diversa da Babbo Natale e i draghi invisibili.

Tutto quanto ho scritto sopra richiede una risposta solo se ci si vuole porre la domanda, e anche ponendosi la domanda si può sempre rispondere: è così perché è così.
Tale risposta implica ovviamente una fine della ricerca, in quanto ricerca insensata, mentre chi risponde “Dio” ha appena iniziato la ricerca. Questo suona un pò paradossale per chi pensa che un atto di fede in Dio fornisca tutte le risposte in maniera semplice e irrazionale, ma dal mio punto di vista l’atto di fede più profondo è proprio essere ateo, in quanto tale scelta fornisce una risposta ultima, definitiva. E lungi da me voler “convertire” qualcuno, essendo esercizio– a mio parere – completamente privo di valore.

CITAZIONE
Hai scritto delle cose veramente interessanti, e non sto scherzando. Ma credo che tu abbia una visione strana dell'ateismo. L'ateo tipico(tipologia in cui mi inserisco) non è quello del 'credo che Dio non esista', ma quello del 'non credo che Dio esista'. L'ateo non compie atti fideistici, semplicemente prende atto dell'incertezza sulla questione Dio

In questo caso la tipologia in cui ti inserisci è precisamente quella degli agnostici, non degli atei. "Prendere atto dell'incertezza" riconduce infatti al significato del termine "agnostico", (a gnothein) che letteralmente significa "non sapere".

Per quel che riguarda la definizione agnostico/ateo, ti rimando a quanto banalmente riportato su wikipedia:

Si suole distinguere, riguardo ai noncredenti in alcuna religione, tra ateismo e agnosticismo. La differenza sta nel fatto che, mentre l'agnostico afferma semplicemente l'impossibilità di conoscere la verità sull'esistenza di Dio o di altre forze soprannaturali, l'ateo non crede nell'esistenza di alcun Dio o qualsiasi altro tipo di entità o forza superiore.

E' importante che tu capisca dove posizionarti per quel che concerne non solo il tuo pensiero, ma il tuo intimo sentire.

CITAZIONE
fatto proprio il principio per cui ciò che può essere affermato senza prove può essere negato senza prove, agisce di conseguenza.

Poiché la questione su Dio è principalmente metafisica, quando si parla di prove bisogna essere d'accordo sul tipo di prove di cui si sta parlando. Nella mia introduzione ho suggerito un motivo per cui l'ipotesi Dio sia legittima. Soprattutto perché non possono esserci sfumature, Dio c'è o non c'è.

CITAZIONE
Bisognerebbe poi discutere su Dio, nel senso di cosa intendiamo con questa parola. Il Dio di cui tu parli, mi pare di capire, sia un Dio di tipo spinoziano, al massimo del tipo volterriano. E' un Dio assai diverso da quello di cui normalmente si discute, ovvero un Dio cristallizzato nei dogmi di questa o quella religione. E' chiaro che però, se la dimensione di dubbio e di ricerca può essere comune all'ateo tipico, così come te l'ho descritto, sia al credente in un Dio generico, così non può esserlo con l'evangelico, o il lefebrviano. Non è una questione così banale, e dipende molto dal singolo credente e dal singolo non credente.

E' ovvio che ciò di cui ho parlato non tratta di un Dio personale, è semplicemente una piccola speculazione sui motivi per cui sia legittimo e razionale credere in Dio quale presupposto necessario per l'esistenza del mondo.
Ma per quanto "impersonale" stiamo sempre parlando del mattone fondamentale su cui costruire qualsiasi discorso successivo. Certo, pensavo fossi ateo e non agnostico, quindi capisco che tu abbia un'apertura abbastanza generosa verso un modello "teista".

Potremmo proseguire per vedere come Dio può essere inquadrato nella teologia cristiana in molti suoi aspetti, a cominciare magari dall'atto creatore.

Ciao,
Talità
 
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Lycanthropos
view post Posted on 14/3/2011, 20:50     +1   -1




CITAZIONE
In questo caso la tipologia in cui ti inserisci è precisamente quella degli agnostici, non degli atei. "Prendere atto dell'incertezza" riconduce infatti al significato del termine "agnostico", (a gnothein) che letteralmente significa "non sapere".

Per quel che riguarda la definizione agnostico/ateo, ti rimando a quanto banalmente riportato su wikipedia:

Si suole distinguere, riguardo ai noncredenti in alcuna religione, tra ateismo e agnosticismo. La differenza sta nel fatto che, mentre l'agnostico afferma semplicemente l'impossibilità di conoscere la verità sull'esistenza di Dio o di altre forze soprannaturali, l'ateo non crede nell'esistenza di alcun Dio o qualsiasi altro tipo di entità o forza superiore.

E' importante che tu capisca dove posizionarti per quel che concerne non solo il tuo pensiero, ma il tuo intimo sentire.

Bene, allora per spiegare meglio la mia posizione, gnoseologicamente parlando, che è poi quella della maggior parte degli atei, e degli atei che ho conosciuto, che è quella che ho esplicitato più indietro, uso anch'io la Wiki, che perlomeno ha il vantaggio di essere concisa. Nello Spoiler

SPOILER (click to view)
La posizione dell'ateismo debole è così riassumibile: non ci sono motivi per credere in un qualsiasi dio o entità, per ragioni diverse dalla prova della loro (in) esistenza. Gli atei deboli sostengono che il semplice fatto che non ci sono argomentazioni a favore dell'esistenza di Dio accettabili da un punto di vista scientifico è sufficiente a dimostrare che l'esistenza del dio non è necessaria per spiegare l'universo (vedi anche Rasoio di Occam). A questo proposito, si racconta che, quando Laplace scrisse la sua opera maggiore, il Trattato di meccanica celeste, Napoleone avrebbe osservato: «Signor Laplace, mi dicono che avete scritto questo grande libro sul sistema dell'universo, e non avete mai nemmeno menzionato il suo Creatore». Laplace rispose:
(FR)
« Je n'avais pas besoin de cette hypothèse-là »
(IT)
« Non avevo bisogno di quell'ipotesi »
Secondo questo ragionamento, una persona in grado di confutare qualsiasi argomento a favore dell'esistenza di Dio è giustificato nell'adottare una visione atea. Questa obiezione viene spesso espressa in termini che la collegano, come detto sopra, all'onere della prova: secondo gli scettici, cioè, tocca ai sostenitori dell'esistenza di una qualsiasi cosa (nella fattispecie un dio) dimostrarla. Le dimostrazioni filosofiche dell'esistenza di Dio, molto diffuse nel Medioevo, sono state poi contestate dai filosofi illuministi. Dopo la rivoluzione scientifica, i pochi tentativi di portare prove scientifiche a favore dell'ipotesi dell'esistenza di Dio, tra i quali va citato quello di Kurt Gödel, non hanno ottenuto un consenso significativo nella comunità scientifica.


CITAZIONE
Poiché la questione su Dio è principalmente metafisica, quando si parla di prove bisogna essere d'accordo sul tipo di prove di cui si sta parlando. Nella mia introduzione ho suggerito un motivo per cui l'ipotesi Dio sia legittima. Soprattutto perché non possono esserci sfumature, Dio c'è o non c'è.

Sul fatto che Dio ci sia o non ci sia, senza sfumature, siamo d'accordo. Ma è proprio la dimensione metafisica che è il problema. Dato che, per definizione, non la possiamo veramente conoscere, dato che siamo primariamente esseri fisici, non possiamo in alcun modo sapere se le nostre affermazioni riguardanti il metafisico corrispondano o meno a realtà. Ergo, il problema viene "estirpato" alla radice: come facciamo a sapere che le nostre affermazioni su Dio sono vere o false?

CITAZIONE
E' ovvio che ciò di cui ho parlato non tratta di un Dio personale, è semplicemente una piccola speculazione sui motivi per cui sia legittimo e razionale credere in Dio quale presupposto necessario per l'esistenza del mondo.
Ma per quanto "impersonale" stiamo sempre parlando del mattone fondamentale su cui costruire qualsiasi discorso successivo. Certo, pensavo fossi ateo e non agnostico, quindi capisco che tu abbia un'apertura abbastanza generosa verso un modello "teista".

Diciamo che, rispetto a molti atei, la questione dell'incertezza, della debolezza del mio ateismo(facendo riferimento a quanto scritto sopra), la affronto molto più in profondità, da quel che mi è dato di capire. La mia è una dimensione di ricerca, e di comprensione, quindi il grassetto corrisponde a verità. Per certi versi, ancor più del discorso su Dio, che pure mi interessa molto, mi interessa capire come e perché le persone credono in Dio. E chissà...

CITAZIONE
Potremmo proseguire per vedere come Dio può essere inquadrato nella teologia cristiana in molti suoi aspetti, a cominciare magari dall'atto creatore.

A tua discrezione ^_^
 
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lino85
view post Posted on 14/3/2011, 22:41     +1   -1




Chiedo scusa per la mia scarsa conoscenza della questione, io sono di famiglia non religiosa e sebbene abbia compiuto studi di filosofia, essi erano incentrati non su temi religiosi ma su filosofia del linguaggio, logica e filosofia morale purtroppo non si può approfondire tutto il pensabile umano in tre o quattro anni, perciò la mia esperienza è competenza non è granchè. Dunque per il momento a me poco importano le classificazioni "linneane" (che già in biologia sembrano peraltro ormai sorpassate) su termini come agnostico, ateo, teista, deista e chi più ne ha più ne metta.

Comunque prima di cercare di farmi un'idea personale sulla "questione Dio" dovrei prima di tutto avere perlomeno un concetto della parola "Dio" (che significato possiamo dare a tale termine e nel corso della storia che significato o significati ha avuto?), della parola "dimostrare" (sembra che con tale termine si parli di una serie di ragionamenti che per arrivare a certe conclusioni partono da certe premesse, e bisognerebbe chiedersi anche il perchè di quelle), la parola "esistenza" (il teorema di Pitagora, che peraltro non si può percepire, dato che nessuno ha mai visto triangoli e quadrati totalmente dritti, è certamente dimostrabile, ma esiste allo stesso modo della sedia che ho davanti?) e la parola "fede" (cos'è? Perchè sembra che ce l'abbiano solo alcuni e non altri? Si può scegliere di averla? Perchè alcuni dicono di averla persa? e così via...).

Qualche volta mi sembra che in certi discorsi riguardo all' "onere della prova" (che di fatto vuol dire che ogni cambiamento dell'insieme di proprie conoscenze deve essere motivato) si prendano come esempi di "impossibilità di dimostrare l'inesistenza" entità come "Babbo Natale" "la Befana" gli "unicorni" e simili per ritenere che non si può sospendere il giudizio anche su queste entità ma mi sono sempre sembrati più che altro esempi di entità che se esistessero lascerebbero almeno indizi segnalati oggettivamente da esperti di meteorologia, aeronautica e zoologia che farebbero pendere almeno un po' verso la loro esistenza. Un autore che era interessato a oggetti come unicorni e montagne d'oro è Alexius Meinong con la sua "Teoria dell'oggetto" mentre un libro curioso che ho letto di recente riguardo al problema di cose che per molti esistono ma di cui varie persone affermano che sotto altri punti di vista "non" esistono è "Buchi e altre superficialità" di Achille Varzi e Roberto Casati. Mi piacerebbe sapere anche da voi quali letture avete compiuto al riguardo perchè come si sa, se si vuole discutere di un argomento a fondo bisogna partire da un buon numero di conoscenze condivise sul tema.

Ciao.
 
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JohannesWeiss
view post Posted on 14/3/2011, 23:19     +1   -1




CITAZIONE (Lycanthropos @ 14/3/2011, 20:50) 
La posizione dell'ateismo debole è così riassumibile: non ci sono motivi per credere in un qualsiasi dio o entità, per ragioni diverse dalla prova della loro (in) esistenza. Gli atei deboli sostengono che il semplice fatto che non ci sono argomentazioni a favore dell'esistenza di Dio accettabili da un punto di vista scientifico è sufficiente a dimostrare che l'esistenza del dio non è necessaria per spiegare l'universo (vedi anche Rasoio di Occam). A questo proposito, si racconta che, quando Laplace scrisse la sua opera maggiore, il Trattato di meccanica celeste, Napoleone avrebbe osservato: «Signor Laplace, mi dicono che avete scritto questo grande libro sul sistema dell'universo, e non avete mai nemmeno menzionato il suo Creatore». Laplace rispose:
(FR)
« Je n'avais pas besoin de cette hypothèse-là »
(IT)
« Non avevo bisogno di quell'ipotesi »

Ma allora, pure io sono un ateo debole!
Dio me ne scampi, però, di diventare un ateo devoto... :lol:
www.dagospia.com/img/patch/archivio...o_Visto_exc.jpg

CITAZIONE
Sul fatto che Dio ci sia o non ci sia, senza sfumature, siamo d'accordo. Ma è proprio la dimensione metafisica che è il problema.

Ecco. Io lascerei da parte Laplace e qualsiasi spiegazione scientifica dell'universo (pur ammettendo volentieri che molti possano trovare in questo un mistero di tipo propriamente religioso), perché ritengo che il problema di Dio sia posto meglio a livello squisitamente metafisico, e più ancora antropologico ed esistenziale.

Personalmente, pur avendo attraversato una certa fase di riflessione teoretica e metafisica in senso proprio, sono sempre stato più affascinato da un'impostazione antropologica al discorso religioso. Se anche mi convinco che il divenire non può che supporre come suo fondamento l'Essere quale atto puro perfetto e infinito, di cui ogni cosa è partecipazione - se anche mi convinco di ciò, questa consapevolezza non soddisfa le mie esigenze più profonde. Ma attenzione: parlo solo per me.
All'università avevo un professore di filosofia teoretica ed ermeneutica che era un vero e proprio mistico, e seguire le sue lezioni - per il poco che ne fossi capace - dava, come dire, dei brividi. Sono assolutamente certo che lui riuscisse a vivere il pensiero come autentica esperienza religiosa (...anche quando, spesso e volentieri, pensava insieme a Schopenhauer e Heidegger). Ma questo vale per lui, non per me. Mio malgrado. Probabilmente per oggettivi limiti intellettuali - a me restano in definitiva più care le riflessioni di tipo agostiniano-pascaliano-kierkegaardiano.

Io sono inguaribilmente stupefatto di come in un universo assolutamente gelido e indifferente, si dia il "capriccio" di un essere che pone a sé stesso l'esistenza come problema. Per quale razza di caso o necessità, il vivere non è per noi un semplice dato, bensì un problema (e perciò non è appunto "vivere" ma "ek-sistere", stare-fuori)? Da dove e per cosa, questo fenomeno divino della noia, dell'angoscia, di un insaziabile inappagamento di conoscenza, di felicità, di realizzazione? Perché non possiamo rinunciare a sperare e ad amare (salvo forse alcuni casi, in cui avvertiamo subito chiarissimamente un senso di deumanizzazione - penso ai lager, sia tra le vittime che tra gli aguzzini) ?
Che follia sono mai la speranza e l'amore in un universo come il nostro? Da dove abbiamo tratto questa idea? Come ne siamo stati posseduti? Cosa ce la suggerisce in tutto ciò che ci circonda?

Ecco, questa è la via che io preferisco al problema di Dio. Lo stupore. Ma non lo stupore per la sensazione di un qualche finalismo nell'universo che ancora riusciva ad emozionare una mente-fredda come Kant. Né la domanda metafisica classica (leibniziana): perché l'essere anziché il nulla? Bensì, lo stupore per l'impossibilità di sbarazzarci di noi stessi, di essere presi in un problema insolubile (e in quanto tale ridicolo), senza poter far nulla per lasciarcelo alle spalle.

Edited by JohannesWeiss - 15/3/2011, 01:38
 
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view post Posted on 15/3/2011, 13:09     +1   -1
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CITAZIONE (Lycanthropos @ 14/3/2011, 20:50) 
La posizione dell'ateismo debole è così riassumibile: non ci sono motivi per credere in un qualsiasi dio o entità, per ragioni diverse dalla prova della loro (in) esistenza.

Parto dalla curiosa (a dir poco arzigogolata) definizione di Wiki di "ateismo debole", allo scopo di procedere per eliminazione riguardo a certi approcci al problema. Se una definizione è contorta, il riconoscervisi pone oviamente un problema di fondo ^_^

Innanzitutto elimino le doppie negazioni per sintetizzare in maniera positiva la definizione del cosiddetto "ateismo debole": sembra che l'unico motivo valido per credere in dio o qualsiasi entità sia la "prova della loro (in)esistenza".

Vorrei capire l'(in) tra parentesi cosa significa, e cosa aveva in testa chi ce l'ha messo. A seconda che l'(in) ci sia o meno l'affermazione cambia drasticamente, infatti eliminando la parentesi si avrebbe l'assurdità per cui l'unico motivo per credere in Dio sarebbe la prova della sua inesistenza. Boh.
Ma voglio essere generoso, e mi spingo ad ipotizzare che il confuso redattore voglia semplicemente affermare che l'"ateo debole" crede se ha le prove dell'esistenza, e non crede se ha le prove dell'inesistenza. E' l'unico modo in cui spiego la parentesi.

In tale scenario, l'ateo debole si trova paralizzato in quanto qualunque scelta sarebbe figlia di un problema senza soluzione: l'esistenza o la non-esistenza di Dio non possono essere infatti "provate" scientificamente. L'ateo debole pone quindi sé stesso in un limbo prigioniero di vincoli impossibili da sciogliere, di fatto negandosi una risposta by definition.
Sarebbe come trovarsi ad un bivio e decidere da che parte andare lanciando un dado a sei facce, scegliendo di andare a destra se esce 7 o a sinistra se esce 8.
Esiste sì la volontà di andare da qualche parte, ma se non si vuole restare inchiodati al bivio per sempre (di fatto contro le proprie intenzioni) bisogna cambiare il criterio di decisione, scegliendone uno possibile, e in questo caso più adeguato (Johannes ad es. ha indicato una strada di gran lunga più interessante).
Il nodo centrale infatti è il tipo di "prova" che si vuole cercare.

CITAZIONE
Gli atei deboli sostengono che il semplice fatto che non ci sono argomentazioni a favore dell'esistenza di Dio accettabili da un punto di vista scientifico è sufficiente a dimostrare che l'esistenza del dio non è necessaria per spiegare l'universo (vedi anche Rasoio di Occam).

Come ho già detto nel primo post, se applichiamo il rasoio di Occam allora non dovrebbe esistere nulla di nulla, meno che mai un universo in evoluzione che produce complessità emergente, buchi neri, videopoker e forum di cristianesimo.
E' profondamente sbagliato confondere un presupposto scientifico con una conclusione scientifica: il non prendere in considerazione Dio quando si scrive un'equazione, non significa né che Dio non esista né che senza Dio quell'equazione avrebbe un senso.

CITAZIONE
A questo proposito, si racconta che, quando Laplace scrisse la sua opera maggiore, il Trattato di meccanica celeste, Napoleone avrebbe osservato: «Signor Laplace, mi dicono che avete scritto questo grande libro sul sistema dell'universo, e non avete mai nemmeno menzionato il suo Creatore». Laplace rispose:
(FR)
« Je n'avais pas besoin de cette hypothèse-là »
(IT)
« Non avevo bisogno di quell'ipotesi »

Il dialogo è corretto nella sostanza, ma come ho già detto induce a confondere un'ipotesi scientifica (che esclude Dio) con una conclusione scientifica (che esclude Dio), visto che il campo di indagine è ristretto al funzionamento delle meccaniche celesti. Laplace avrebbe anche potuto escludere l'ipotesi dell'esistenza dell'uomo, in quanto non necessaria, ma ciò non implica né che l'uomo non esista né che l'esistenza dell'uomo non sia necessaria per la formulazione di tale teoria ^_^
Riguardo alla correttezza delle proprie teorie, curiosamente Laplace non si pone il problema del se e perché le proprie formule matematiche siano corrette nel descrivere il mondo fisico: la sua fede è riposta nella bizzarra efficacia dell'analisi matematica nel descrivere il mondo fisico.
Fede che condivido ovviamente, ma che non autorizza conclusioni definitive o drastiche visto che, come sempre accade nelle vicende umane, anche le monumentali teorie di laplace hanno i loro limiti nello spiegare tutto il mondo fisico, e la sua visione puramente deterministica ha mostrato ampiamente la corda.
Laplace passa, ma gli atei deboli resistono? ^_^

CITAZIONE
Secondo questo ragionamento, una persona in grado di confutare qualsiasi argomento a favore dell'esistenza di Dio è giustificato nell'adottare una visione atea. Questa obiezione viene spesso espressa in termini che la collegano, come detto sopra, all'onere della prova: secondo gli scettici, cioè, tocca ai sostenitori dell'esistenza di una qualsiasi cosa (nella fattispecie un dio) dimostrarla. Le dimostrazioni filosofiche dell'esistenza di Dio, molto diffuse nel Medioevo, sono state poi contestate dai filosofi illuministi. Dopo la rivoluzione scientifica, i pochi tentativi di portare prove scientifiche a favore dell'ipotesi dell'esistenza di Dio, tra i quali va citato quello di Kurt Gödel, non hanno ottenuto un consenso significativo nella comunità scientifica.

Non credi che se Dio potesse essere "dimostrato scientificamente" allora TUTTI i sani di mente crederebbero in Dio?

CITAZIONE
Sul fatto che Dio ci sia o non ci sia, senza sfumature, siamo d'accordo. Ma è proprio la dimensione metafisica che è il problema. Dato che, per definizione, non la possiamo veramente conoscere, dato che siamo primariamente esseri fisici, non possiamo in alcun modo sapere se le nostre affermazioni riguardanti il metafisico corrispondano o meno a realtà. Ergo, il problema viene "estirpato" alla radice: come facciamo a sapere che le nostre affermazioni su Dio sono vere o false?

Se il tuo criterio di giudizio su cio che è "vero o falso" dipende esclusivamente dalla "dimostrazione scientifica" sei spacciato. Non solo per la ricerca di Dio, ma per le cose di cui ti occupi tutti i giorni.

Prendiamo l'affermazione stessa: "solo ciò che è scientificamente dimostrabile è vero". Poiché tale affermazione non è scientificamente dimostrabile, cosa ne concludi?

CITAZIONE
Diciamo che, rispetto a molti atei, la questione dell'incertezza, della debolezza del mio ateismo(facendo riferimento a quanto scritto sopra), la affronto molto più in profondità, da quel che mi è dato di capire. La mia è una dimensione di ricerca, e di comprensione, quindi il grassetto corrisponde a verità. Per certi versi, ancor più del discorso su Dio, che pure mi interessa molto, mi interessa capire come e perché le persone credono in Dio. E chissà...

"Le persone" sono un'entità astratta, come ho già scritto, credere è un fatto individuale e ciascuno, a seconda della propria sensibilità, sarà mosso da motivi diversi.

Ciao,
Talità
 
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view post Posted on 15/3/2011, 14:26     +1   -1
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Lycanthropos
view post Posted on 15/3/2011, 14:45     +1   -1




CITAZIONE
Parto dalla curiosa (a dir poco arzigogolata) definizione di Wiki di "ateismo debole", allo scopo di procedere per eliminazione riguardo a certi approcci al problema. Se una definizione è contorta, il riconoscervisi pone oviamente un problema di fondo

Innanzitutto elimino le doppie negazioni per sintetizzare in maniera positiva la definizione del cosiddetto "ateismo debole": sembra che l'unico motivo valido per credere in dio o qualsiasi entità sia la "prova della loro (in)esistenza".

Vorrei capire l'(in) tra parentesi cosa significa, e cosa aveva in testa chi ce l'ha messo. A seconda che l'(in) ci sia o meno l'affermazione cambia drasticamente, infatti eliminando la parentesi si avrebbe l'assurdità per cui l'unico motivo per credere in Dio sarebbe la prova della sua inesistenza. Boh.
Ma voglio essere generoso, e mi spingo ad ipotizzare che il confuso redattore voglia semplicemente affermare che l'"ateo debole" crede se ha le prove dell'esistenza, e non crede se ha le prove dell'inesistenza. E' l'unico modo in cui spiego la parentesi.

Il ragionamento è direi semplice, invece, talmente banale: non ci sono prove per dire che Dio esiste, ergo, non ritengo esista. Come l'esempio di lino: è chi afferma qualcosa che deve dimostrarlo. Si chiama onere della prova. E finché qualcuno di Dio non dimostra l'esistenza, io ho tutto il diritto non solo di non credervi, ma anche di comportarmi etsi Deus non daretur

CITAZIONE
In tale scenario, l'ateo debole si trova paralizzato in quanto qualunque scelta sarebbe figlia di un problema senza soluzione: l'esistenza o la non-esistenza di Dio non possono essere infatti "provate" scientificamente. L'ateo debole pone quindi sé stesso in un limbo prigioniero di vincoli impossibili da sciogliere, di fatto negandosi una risposta by definition.
Sarebbe come trovarsi ad un bivio e decidere da che parte andare lanciando un dado a sei facce, scegliendo di andare a destra se esce 7 o a sinistra se esce 8.
Esiste sì la volontà di andare da qualche parte, ma se non si vuole restare inchiodati al bivio per sempre (di fatto contro le proprie intenzioni) bisogna cambiare il criterio di decisione, scegliendone uno possibile, e in questo caso più adeguato (Johannes ad es. ha indicato una strada di gran lunga più interessante).

Attenzione, è qua che invece sta la questione: di fronte al bivio(Dio c'è, Dio non c'è), l'ateo debole semplicemente dice che non può affermare nulla, né sulla prima né sulla seconda con certezza ma che, dato davanti allo stesso bivio ha sempre girato sulla seconda, perché non aveva alcun motivo valido per fare diversamente(vd esempi di altre entità metafisiche), gira anche in questo caso sulla seconda(Dio non c'è), lasciandosi aperta la possibilità di tornare indietro e cambiare idea, nel caso in cui le condizioni della scelta iniziale dovessero cambiare(ma vedi più sotto).

CITAZIONE
Il nodo centrale infatti è il tipo di "prova" che si vuole cercare.

Le prove, proprio in quanto prove, non sono sggette a interpretazioni. La forza di gravità è provata, e su questo siamo tutti d'accordo, e anche a prescindere che ci fosse qualcuno che non sia d'accordo, quella cosa e la sua esistenza non cambia.

CITAZIONE
Come ho già detto nel primo post, se applichiamo il rasoio di Occam allora non dovrebbe esistere nulla di nulla, meno che mai un universo in evoluzione che produce complessità emergente, buchi neri, videopoker e forum di cristianesimo.

Il rasoio di Okham è un modo per prendere in mano tutte le conoscenze che abbiamo in un certo ambito, e cercare la soluzione più adatta e semplice per metterle insieme. Semplicemente, sapendo tutto quello che noi sappiamo, per mettere insieme tutte queste conoscenze non abbiamo bisogno di Dio.

CITAZIONE
E' profondamente sbagliato confondere un presupposto scientifico con una conclusione scientifica: il non prendere in considerazione Dio quando si scrive un'equazione, non significa né che Dio non esista né che senza Dio quell'equazione avrebbe un senso.

E invece qua commetti un errore banale. Se io aggiungo un elemento ad un'equazione, a meno che quell'elemento non sia uno 0(e allora non serve praticamente a nulla, ma anzi complica il calcolo), il risultato non solo non sarà lo stesso, ma sarà reso ancora più complesso. Non significa, fuor di metafora, che Dio non c'è, ma semplicemente che è un ente inutile, e che anzi provoca più problemi che soluzioni.

CITAZIONE
Il dialogo è corretto nella sostanza, ma come ho già detto induce a confondere un'ipotesi scientifica (che esclude Dio) con una conclusione scientifica (che esclude Dio), visto che il campo di indagine è ristretto al funzionamento delle meccaniche celesti. Laplace avrebbe anche potuto escludere l'ipotesi dell'esistenza dell'uomo, in quanto non necessaria, ma ciò non implica né che l'uomo non esista né che l'esistenza dell'uomo non sia necessaria per la formulazione di tale teoria

Ahi, anche qua sbagli, perché l'ipotesi uomo è sottesa al ragionamento di Laplace, in quanto qualsiasi osservazione scientifica è possibile soltanto grazie a un osservatore, appunto, capace di farla in modo scientifico. Ecco che quindi l'uomo è posto a priori dell'osservazione, come indispensabile premessa.

CITAZIONE
Riguardo alla correttezza delle proprie teorie, curiosamente Laplace non si pone il problema del se e perché le proprie formule matematiche siano corrette nel descrivere il mondo fisico: la sua fede è riposta nella bizzarra efficacia dell'analisi matematica nel descrivere il mondo fisico.
Fede che condivido ovviamente, ma che non autorizza conclusioni definitive o drastiche visto che, come sempre accade nelle vicende umane, anche le monumentali teorie di laplace hanno i loro limiti nello spiegare tutto il mondo fisico, e la sua visione puramente deterministica ha mostrato ampiamente la corda.
Laplace passa, ma gli atei deboli resistono?

Il meccanicismo determinista è una teoria filosofica, prima ancora che scientifica.
Come dicevo, la scienza non fa altro che porre come premessa l'ottimismo gnoseologico: ovvero l'idea che l'ambito di ricerca(l'universo, in questo caso) segua delle leggi specifiche e che queste leggi siano comprensibili e teorizzabili, in particolar modo con il linguaggio dei muneri. Questa premessa non è mai stata disattesa: le operazioni possono essere lunghe, complesse, magari inintelligibili per chi non ha studiato a sufficienza, ma comunque portano sempre ad un risultato che le prove osservative confermano. Ma questo non è una questione di perché, come fai notare, ma di come: l'unica domanda veramente scientifica: il perché viene dopo, e a livelli ascientifici. Ma dato che quel perché esula, in ogni modo, da qualsiasi certezza o prova, per sua natura, qualsiasi risposta venga data a tale domanda può, per il solito principio per cui ciò che senza prove viene affermato, senza prove può essere negato, tranquillamente essere messa fra le cose di cui nulla in effetti si può dire.

CITAZIONE
Non credi che se Dio potesse essere "dimostrato scientificamente" allora TUTTI i sani di mente crederebbero in Dio?

Assolutamente: il problema è che cosa intendiamo con Dio. Il Dio generico di cui parli, completamente metafisicio, non è nemmeno un'ipotesi scientifica: ma ci sono dèi più specifici, che invece, proprio perché non soltanto metafisici, sfuggono dall'inindagabilità.

CITAZIONE
Se il tuo criterio di giudizio su cio che è "vero o falso" dipende esclusivamente dalla "dimostrazione scientifica" sei spacciato. Non solo per la ricerca di Dio, ma per le cose di cui ti occupi tutti i giorni

Sarebbe da capire cosa intendi per dimostrazione scientifica e per vero e falso, a questo punto, perché la mia posizione è diametralmente opposta. Prova a vivere tutti i giorni mettendo in dubbio i risultati scientifici. Se metto in dubbio questi, metto in dubbio praticamente tutto, se invece metto in dubbio i 'risultati' della ricerca di dimensioni metafisiche per carità, magari vivrò in modo meno 'pieno'(sarebbe da capire in che modo la credenza in Dio farebbe vivere in modo migliore), ma di sicuro avrò tutti gli strumenti per sopravvivere. Ah, non confondere la scienza con empirismo puro, alla Hume, per intenderci, perché sarebbe un errore grossolano.

CITAZIONE
Prendiamo l'affermazione stessa: "solo ciò che è scientificamente dimostrabile è vero". Poiché tale affermazione non è scientificamente dimostrabile, cosa ne concludi?

Dipende anche qui cosa si intende per scientifico e cosa si intende per vero. Per me vero è soltanto ciò che è sempre uguale a prescindee dall'osservatore/colui che lo afferma. Il metodo scientifico, che si basa sulla ricerca di prove, permette di arrivare ad affermazioni vere. Ci sono altri metodi che permettono questo? Non che io sappia.

CITAZIONE
"Le persone" sono un'entità astratta, come ho già scritto, credere è un fatto individuale e ciascuno, a seconda della propria sensibilità, sarà mosso da motivi diversi.

Sicuramente. In questo caso non ho usato il termine persone come categoria, ma semplicemente come insieme dei singoli esseri umani. Ma mi sembrava troppo verboso(come se non lo fossi già abbastanza) scrivere 'come e perché ogni singolo crede in Dio.' :P

CITAZIONE
Dio esiste.

Ma ci odia.

Interessante...
Certo però è che, nella questione, la sua esistenza e la sua moralità sono due cose separate. Dio potrebbe anche esistere, ed essere il malvagio Iadalbaoth gnostico, per esempio, oppure essere una sorta di ente immanente alla natura che non si cura del destino degli esseri viventi...
 
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JohannesWeiss
view post Posted on 15/3/2011, 15:10     +1   -1




CITAZIONE (Lycanthropos @ 15/3/2011, 14:45) 
E finché qualcuno di Dio non dimostra l'esistenza, io ho tutto il diritto non solo di non credervi, ma anche di comportarmi etsi Deus non daretur

Questo diritto ti spetterebbe anche se qualcuno ti dimostrasse (???) Dio, come pure se Dio si mostrasse a te.

CITAZIONE
Non significa, fuor di metafora, che Dio non c'è, ma semplicemente che è un ente inutile, e che anzi provoca più problemi che soluzioni.

Heidegger ha accusato proprio di questo l'ontoteologia della filosofia occidentale (se a torto o a ragione, dal punto di vista storiografico, è un altro conto): di pensare Dio come ente, anziché come l'Essere dell'ente.

CITAZIONE
Dipende anche qui cosa si intende per scientifico e cosa si intende per vero. Per me vero è soltanto ciò che è sempre uguale a prescindee dall'osservatore/colui che lo afferma.

Per me il "vero Vero" è invece l'esatto opposto. E' precisamente ciò che è inafferrabile all'osservazione esterna, e che si dà solo attraverso l'interiorità e la singolarità. La Verità è talmente singolare da essere assolutamente incomunicabile. Ma in ciò riconosco (con fierezza) la mia mostruosa dipendenza kierkegaardiana.
 
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Lycanthropos
view post Posted on 15/3/2011, 20:01     +1   -1




CITAZIONE
Heidegger ha accusato proprio di questo l'ontoteologia della filosofia occidentale (se a torto o a ragione, dal punto di vista storiografico, è un altro conto): di pensare Dio come ente, anziché come l'Essere dell'ente.

Dato che purtroppo non ho mai studiato Heidegger, ti chiederei di spiegare meglio questo concetto, perché così come l'ho capito mi sembra solo la classica 'frittata' del noumeno di kantiana memoria, e credo di aver capito in modo erroneo.

CITAZIONE
Per me il "vero Vero" è invece l'esatto opposto. E' precisamente ciò che è inafferrabile all'osservazione esterna, e che si dà solo attraverso l'interiorità e la singolarità. La Verità è talmente singolare da essere assolutamente incomunicabile. Ma in ciò riconosco (con fierezza) la mia mostruosa dipendenza kierkegaardiana.

Premetto subito che Kierkegaard personalmente non lo sopporto, ma è una questione di impostazione mentale. :rolleyes: Concordo che c'è una realtà soggettiva, intima, intoccabile e incomunicabile, ma a mio avviso proprio perché soggettiva, non 'vera', nel senso di non, appunto, espandibile e possibilitata a rendere partecipe qualche altro soggetto di sè, proprio perché inesprimibile. Ecco perché, a un livello innanzitutto pragmatico, ancor prima che teoretico, ritengo che l'unica verità, nel broader sense di questa parola, sia appunto quella indipendente dal soggetto ma che, proprio per questo è comunicabile, esprimibile e condivisibile.

CITAZIONE
Questo diritto ti spetterebbe anche se qualcuno ti dimostrasse (???) Dio, come pure se Dio si mostrasse a te.

Entro certi limiti. Il fatto è che le scoperte scientifiche(e la 'scoperta' di Dio, lo farebbe di sicuro), proprio per loro natura, implicano un modo diverso non solo di percepire/credere il mondo, ma anche di viverlo, ed è proprio questo viverlo che è comune a tutti, credento non credenti. Io posso non credere ai microrganismi, ma prendo lo stesso, e sono costretto a farlo, vaccini e antibiotici. Questo è un esmpio banale, ma potrei farne molti altri. Avrei la libertà di non crederci, ma avrei la libertà di ignorare l'universo mondo che, convinto dalle prove scientifiche, si comporta di conseguenza, o anche no, con l'effetto che torneremmo tutti a morire di influenza come nel 1600?
 
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Lucifero ~Sapere Aude~
view post Posted on 15/3/2011, 20:44     +1   -1





CITAZIONE
Questo diritto ti spetterebbe anche se qualcuno ti dimostrasse (???) Dio, come pure se Dio si mostrasse a te.

Ma non esattamente. Se qualcuno mi dice "non entrare in quel posto perchè c'è il baubau (ente immaginario) che ti sbrana", io ho la libertà di rifiutarmi di credere a tale ente ed andare in quel posto, constatando il fatto che non vengo sbranato da nessuno. Se invece qualcuno mi dice "non toccare il fuoco perchè ti brucia" ed io tocco realmente ed empiricamente il fuoco, non posso rapportarmi a questo elemento come se non esistesse, ma adeguo il mio comportamento di conseguenza al fatto che ho la consapevolezza che esiste il fuoco. Nel caso di Dio manca la relazione di causa=effetto, non si capisce in che modo egli agisca nel mondo sensibile in modo che l'uomo possa riconoscere la sua esistenza ed agire di conseguenza. Ogni evidenza di Dio è data più che altro dalla singolarità individuale delle persone (ad esempio il fatto che ricevono una "visione" o "rivelazione"), ed è dunque soggettivo e relativo come sono soggettivi e relativi i nostri pensieri su qualsiasi cosa, ma non trova nessun parametro oggettivo che metta in accordo le persone che non hanno queste visioni o rivelazioni. Gli eventuali ragionamenti razionali deduttivi (es: l'universo deve essere originato da qualcuno), possono essere via via rimpiazzati alla luce delle nuove conoscenze scientifiche che relegano sempre in misura proporzionalmente minore l'azione o necessità di una divinità senziente sull'uomo. (un tempo si acclamava all'azione divina il solo semplice fatto che esistessero i fulmini, oggi che sappiamo da dove hanno origine i fulmini ed altri fenomeni naturali, è rimasto a Dio il solo ruolo necessario di "causa prima" che ha dato origine all'universo). Sotto questo aspetto l'ipotesi di Dio non è necessaria, perchè si presenta come una "gap" temporanea a tutti i buchi che la scienza ancora non ha coperto. Ma man mano che si coprono i buchi, si esclude automaticamente la necessaria esistenza di colui, secondo chi vi crede, dovrebbe essere l'unico ente necessario per dare origine a tutte le cose.



Saluti
 
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lino85
view post Posted on 15/3/2011, 20:51     +1   -1




CITAZIONE (Lycanthropos @ 15/3/2011, 20:01) 
CITAZIONE
Per me il "vero Vero" è invece l'esatto opposto. E' precisamente ciò che è inafferrabile all'osservazione esterna, e che si dà solo attraverso l'interiorità e la singolarità. La Verità è talmente singolare da essere assolutamente incomunicabile. Ma in ciò riconosco (con fierezza) la mia mostruosa dipendenza kierkegaardiana.

Premetto subito che Kierkegaard personalmente non lo sopporto, ma è una questione di impostazione mentale. :rolleyes: Concordo che c'è una realtà soggettiva, intima, intoccabile e incomunicabile, ma a mio avviso proprio perché soggettiva, non 'vera', nel senso di non, appunto, espandibile e possibilitata a rendere partecipe qualche altro soggetto di sè, proprio perché inesprimibile. Ecco perché, a un livello innanzitutto pragmatico, ancor prima che teoretico, ritengo che l'unica verità, nel broader sense di questa parola, sia appunto quella indipendente dal soggetto ma che, proprio per questo è comunicabile, esprimibile e condivisibile.

Ho l'impressione che tu e Weiss non usiate la parola "verità" nello stesso modo, quindi sarebbe buona cosa esplicitare ciò...

CITAZIONE
CITAZIONE
Questo diritto ti spetterebbe anche se qualcuno ti dimostrasse (???) Dio, come pure se Dio si mostrasse a te.

Entro certi limiti. Il fatto è che le scoperte scientifiche(e la 'scoperta' di Dio, lo farebbe di sicuro), proprio per loro natura, implicano un modo diverso non solo di percepire/credere il mondo, ma anche di viverlo, ed è proprio questo viverlo che è comune a tutti, credento non credenti. Io posso non credere ai microrganismi, ma prendo lo stesso, e sono costretto a farlo, vaccini e antibiotici. Questo è un esmpio banale, ma potrei farne molti altri. Avrei la libertà di non crederci, ma avrei la libertà di ignorare l'universo mondo che, convinto dalle prove scientifiche, si comporta di conseguenza, o anche no, con l'effetto che torneremmo tutti a morire di influenza come nel 1600?

In che senso sei costretto a prendere vaccini, antibiotici o medicinali? Mi risulta che nessuno sia obbligato per legge a prendere terapie (vedi anche le emblematiche questioni sul fine vita), sinceramente io non sarei così tanto sicuro su quanto le scoperte scientifiche possano davvero influire in modo uguale su tutti noi sul nostro modo di vivere e se qualcuno teorizzasse ciò io avrei la sensazione di un modo di vivere molto vicino a qualcosa di "totalitario", ti consiglierei al riguardo il film tratto da una storia vera "Into the wild" per comprendere che ad alcune persone (magari più di quanto sembra) ciò che viene da scienze e tecnologie non sembra essere qualcosa che indica ciò che è davvero importante e che è da scegliere per dare valore e senso alla loro vita...

P.S.: dati gli inquietanti eventi che stanno accadendo in questi giorni dall'altra parte del globo, non so quanto sia condivisibile una visione "escatologica" dell'impresa scientifico-tecnologica vista come disegno che si realizza nella storia (che guarda caso anche da qui viene "rivelato" all'inizio da un "Galileo") ma le cui speranze di un "giudizio finale" che porterà la salvezza e la beatitudine all'umanità sconfiggendo gli "oscurantisti" mi sembra sostituire una religione a un'altra che ha di "laico" solo un travestimento posticccio mantenendo della religione tutta la sostanza e a cui Nietzsche avrebbe reagito in modo negativo tanto quanto ai valori più religiosi che erano diffusi ai suoi tempi...

Ciao.

Edited by lino85 - 15/3/2011, 21:09
 
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Lucifero ~Sapere Aude~
view post Posted on 15/3/2011, 21:00     +1   -1




Tra l'altro non mi ha mai convinto l'argomentazione del "desiderio di infinito" di alcune persone o il fatto che esistano dei sentimenti di speranza, amore, altruismo, etc. dovrebbero implicitamente supporre un "Dio". Non mi ha mai convinto per il semplice fatto che l'assunzione del credente si basa su dei presupposti soggettivi non scientificamente o matematicamente quantificabili o esprimibili. Ovvero, io che cosa ne so esattamente che cosa intenda l'interlocutore credente con le parole "amore, speranza, infinito", se queste si relazionano con lui in una sfera soggettiva ed incomunicabile, comprensibile solo per il soggetto stesso? Dunque, se questo è Dio, è un Dio relativo, soggettivo, plasmabile ad uso, consumo, ed abuso dei soggetti che se lo rappresentano e proiettano come meglio credono. E' dunque, in definitiva, un'illusione umana come tante altre.


Saluti
 
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view post Posted on 16/3/2011, 00:00     +1   -1
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CITAZIONE (Lycanthropos @ 15/3/2011, 14:45) 
Il ragionamento è direi semplice, invece, talmente banale: non ci sono prove per dire che Dio esiste, ergo, non ritengo esista. Come l'esempio di lino: è chi afferma qualcosa che deve dimostrarlo. Si chiama onere della prova.

Le cose esistono anche se non vi sono "prove" (qualunque cosa tu intenda come "prova"), mi sembra evidente.
Dare un senso al fatto che esista un universo, e che esistiamo noi a interrogarci su Dio soffrendo la malinconia di giorni randagi, è un'esigenza. Come rispondi a quest'esigenza? Il credente risponde con Dio (l'esigenza stessa può essere una prova schiacciante), mentre altri troveranno risposte diverse ma tutte egualmente indimostrabili.
Tu che risposta indimostrabile scegli?

CITAZIONE
E finché qualcuno di Dio non dimostra l'esistenza, io ho tutto il diritto non solo di non credervi, ma anche di comportarmi etsi Deus non daretur

Tu hai il diritto di fare quello che vuoi quando vuoi finché vuoi. Certo, se nell'incertezza orienti la scelta per quella più vantaggiosa, allora con Pascal ti conviene scegliere Dio.

CITAZIONE
Attenzione, è qua che invece sta la questione: di fronte al bivio(Dio c'è, Dio non c'è), l'ateo debole semplicemente dice che non può affermare nulla, né sulla prima né sulla seconda con certezza ma che, dato davanti allo stesso bivio ha sempre girato sulla seconda, perché non aveva alcun motivo valido per fare diversamente(vd esempi di altre entità metafisiche), gira anche in questo caso sulla seconda(Dio non c'è), lasciandosi aperta la possibilità di tornare indietro e cambiare idea, nel caso in cui le condizioni della scelta iniziale dovessero cambiare(ma vedi più sotto).

Se uno ha già scelto uno strada, e gli piace, non ha motivo per cambiarla. Mi pare ovvio. Ma se non gli piace, deve chiedersi perchè non gli piace e capire se l'altra strada offre qualcosa di meglio.
A te cosa non piace della strada che hai imboccato? Cosa potresti trovare di meglio?

CITAZIONE
Le prove, proprio in quanto prove, non sono sggette a interpretazioni. La forza di gravità è provata, e su questo siamo tutti d'accordo,

Non lo siamo affatto. Per Newton la gravità era un forza che esprimeva un'interazione tra due masse, mentre per Einstein è la proprietà della materia di deformare lo spazio-tempo. Per alcuni è una radiazione, per altri esiste un mediatore chiamato gravitone. Per altri ancora è un fenomeno illusorio, quindi non esiste affatto.

Strano mondo, vero? Ogni prova, un'interpretazione. Eppure le mele continueranno a caderci sulla testa. ^_^

CITAZIONE
e anche a prescindere che ci fosse qualcuno che non sia d'accordo, quella cosa e la sua esistenza non cambia.

Lo stesso vale per Dio. Il fatto che esista e tu non ci creda, credi che cambi qualcosa?

CITAZIONE
Semplicemente, sapendo tutto quello che noi sappiamo, per mettere insieme tutte queste conoscenze non abbiamo bisogno di Dio.

E ci mancherebbe altro. Al limite ti servirebbe uno scatolone bello grande. Che c'entra Dio col mettere insieme tutte le conoscenze? A te serve sapere perché, non come.

CITAZIONE
E invece qua commetti un errore banale. Se io aggiungo un elemento ad un'equazione, a meno che quell'elemento non sia uno 0(e allora non serve praticamente a nulla, ma anzi complica il calcolo), il risultato non solo non sarà lo stesso, ma sarà reso ancora più complesso. Non significa, fuor di metafora, che Dio non c'è, ma semplicemente che è un ente inutile, e che anzi provoca più problemi che soluzioni.

Dio non può essere l'elemento di un'equazione, perchè il ruolo di Dio non è quello di risolvere equazioni. In tale ruolo, è effettivamente inutile.
Quindi questo cosa dimostrerebbe?

CITAZIONE
Ahi, anche qua sbagli, perché l'ipotesi uomo è sottesa al ragionamento di Laplace, in quanto qualsiasi osservazione scientifica è possibile soltanto grazie a un osservatore, appunto, capace di farla in modo scientifico. Ecco che quindi l'uomo è posto a priori dell'osservazione, come indispensabile premessa.

Allo stesso modo può essere indispensabile premessa anche quella di Dio, pur non comparendo nelle equazioni. Sto solo cercando di spiegarti che ciò che non compare nelle equazioni può comunque essere indispensabile premessa, e allo stesso tempo non conmparire nelle equzioni.

CITAZIONE
Il meccanicismo determinista è una teoria filosofica, prima ancora che scientifica.
Come dicevo, la scienza non fa altro che porre come premessa l'ottimismo gnoseologico: ovvero l'idea che l'ambito di ricerca(l'universo, in questo caso) segua delle leggi specifiche e che queste leggi siano comprensibili e teorizzabili, in particolar modo con il linguaggio dei muneri. Questa premessa non è mai stata disattesa: le operazioni possono essere lunghe, complesse, magari inintelligibili per chi non ha studiato a sufficienza, ma comunque portano sempre ad un risultato che le prove osservative confermano. Ma questo non è una questione di perché, come fai notare, ma di come:

Non proprio. Il fatto che le leggi siano comprensibili all'intelletto, traducibili ed addirittura predicibili tramite il linguaggio matematico, è una cosa che rimanda di nuovo alla domanda "perché", in quanto il "come" nessuno può spiegarlo.

CITAZIONE
l'unica domanda veramente scientifica: il perché viene dopo, e a livelli ascientifici. Ma dato che quel perché esula, in ogni modo, da qualsiasi certezza o prova, per sua natura, qualsiasi risposta venga data a tale domanda può, per il solito principio per cui ciò che senza prove viene affermato, senza prove può essere negato, tranquillamente essere messa fra le cose di cui nulla in effetti si può dire.

Ma se ritieni che il "perché" sia domanda inutile in quanto esula da certezze o prove, allora non chiedertelo neppure e abbandona le domande su Dio.

CITAZIONE
Sarebbe da capire cosa intendi per dimostrazione scientifica e per vero e falso, a questo punto, perché la mia posizione è diametralmente opposta. Prova a vivere tutti i giorni mettendo in dubbio i risultati scientifici. Se metto in dubbio questi, metto in dubbio praticamente tutto,

I risultati scientifici sono messi in dubbio tutti i giorni 365 giorni all'anno, c'è gente che lo fa di mestiere. Si chiama metodo scientifico. E certe cose che si credeva esistessero non esistono più, certe teorie cosmologiche da vere sono diventate false mentre idee vecchie tornano nuove, e via così verso il progresso della conoscenza (mentre il salumiere continua a non farmi lo scontrino).
.. Quindi certo che devi mettere in dubbio tutto, non ricordi? Cogito ergo sum! ^_^

CITAZIONE
(sarebbe da capire in che modo la credenza in Dio farebbe vivere in modo migliore),

Beccato! Sei insoddisfatto, vuoi capire se credere in Dio ti farebbe vivere più pienamente la vita. La risposta è sì, è un fattore antropologico comune a tutte le società umane - basta leggere, ad es., qualcosa di Jung.
Questo ti dice qualcosa su Dio? La consideri una prova della sua esistenza, o solo un bizzarro capriccio della genetica?

CITAZIONE
Dipende anche qui cosa si intende per scientifico e cosa si intende per vero. Per me vero è soltanto ciò che è sempre uguale a prescindee dall'osservatore/colui che lo afferma. Il metodo scientifico, che si basa sulla ricerca di prove, permette di arrivare ad affermazioni vere. Ci sono altri metodi che permettono questo? Non che io sappia.

Tu dici che "Il metodo scientifico, che si basa sulla ricerca di prove, permette di arrivare ad affermazioni vere" e pour parler me lo faccio andare bene. Ma io ti ho chiesto un'altra cosa, che ripeto: credi che solo ciò che è scientificamente dimostrabile (= metodo scientifico) sia vero ?

Ciao,
Talità


CITAZIONE (lino85 @ 15/3/2011, 20:51) 
P.S.: dati gli inquietanti eventi che stanno accadendo in questi giorni dall'altra parte del globo, non so quanto sia condivisibile una visione "escatologica" dell'impresa scientifico-tecnologica vista come disegno che si realizza nella storia (che guarda caso anche da qui viene "rivelato" all'inizio da un "Galileo") ma le cui speranze di un "giudizio finale" che porterà la salvezza e la beatitudine all'umanità sconfiggendo gli "oscurantisti" mi sembra sostituire una religione a un'altra che ha di "laico" solo un travestimento posticccio mantenendo della religione tutta la sostanza e a cui Nietzsche avrebbe reagito in modo negativo tanto quanto ai valori più religiosi che erano diffusi ai suoi tempi...

Ciao.

:2029.gif:

Menzione speciale! Fantastica parabola apocalittica dell'impresa scientifico-tecnologica!!! Al tempo stesso divertente e efficace, grazie Lino.

CITAZIONE (Lucifero ~Sapere Aude~ @ 15/3/2011, 21:00) 
Tra l'altro non mi ha mai convinto l'argomentazione del "desiderio di infinito" di alcune persone o il fatto che esistano dei sentimenti di speranza, amore, altruismo, etc. dovrebbero implicitamente supporre un "Dio". Non mi ha mai convinto per il semplice fatto che l'assunzione del credente si basa su dei presupposti soggettivi non scientificamente o matematicamente quantificabili o esprimibili.

Quello che ti sfugge è che tali emozioni esistono a prescindere dal fatto che non siano matematicamente esprimibili. Il fatto che la matematica non riesca a descriverle, è un problema della matematica e dello scopo per cui è stata inventata. Non so se mi spiego. O forse siamo tornati ai tempi in cui l'aria non esisteva perchè è invisibile?

Ciao,
Talità
 
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Lucifero ~Sapere Aude~
view post Posted on 16/3/2011, 00:12     +1   -1




Talità kum
CITAZIONE
Tu hai il diritto di fare quello che vuoi quando vuoi finché vuoi. Certo, se nell'incertezza orienti la scelta per quella più vantaggiosa, allora con Pascal ti conviene scegliere Dio.

Sarebbe facile scegliere il Dio di Pascal, se il Dio in questione fosse un Dio talmente "sui generis", da potersi rapportare a livello pratico con la realtà quotidiana di tutti i giorni esattamente come se non esistesse quasi. Il problema successivo al credere o meno in Dio è : quale Dio credere? Il Dio cristiano, islamico, dei testimoni di Geova? Forse qualcuno dirà che sono lo stesso Dio, ma essi, da un punto di vista strettamente pratico, influenzano pesantamente la tua vita in diverse maniere, perchè il Dio personale in questione è un Dio Legislatore con le sue leggi e con le sue regole che se rifiuti di rispettarle, non importa quanto gravose e insensate siano, ti minaccia la punizione di un inferno/gehenna/distruzione eterna senza possibilità di ritorno. Insomma, qua stiamo parlando di scegliere un Dio che ti può condizionare e sprecare l'intera vita, senza avere nemmeno la certezza assoluta (se non per mero fideismo) di aver seguito quello giusto (avendo quindi la doppia fregatura di essere condannati dunque anche nella vita seconda)

CITAZIONE
Dio non può essere l'elemento di un'equazione, perchè il ruolo di Dio non è quello di risolvere equazioni.

Però in base a quale dato o parametro di riferimento oggettivo lo dici? Cioè, senza che esista una "Rivelazione" che prescinde dalla ragione umana come fai a dire che questo Dio sia trascendente, immanente, bello, buono, brutto, cattivo, trino, creatore, panteista, demiurgo, plurimo, etc. senza cadere nell'errore di ergere come assioma di riferimento un presupposto culturale arbitrario? In base a che cosa diciamo cosa è Dio, quale è il suo ruolo, se ha un ruolo, e in riferimento a che cosa?


CITAZIONE
Sei insoddisfatto, vuoi capire se credere in Dio ti farebbe vivere più pienamente la vita. La risposta è sì, è un fattore antropologico comune a tutte le società umane - basta leggere, ad es., qualcosa di Jung.

Non ho capito quale sarebbe il fattore antropologico comune a tutte le società umane : il fatto che tutte queste società credano in un Dio o che credano in un Dio che le renda più felici?


Scusate se mi "intrufolo abusivamente" nel topic, ma mi viene più facile ad analizzare i pensieri con cui non vado d'accordo che esporre di miei propri :P (è contorto lo so)

CITAZIONE
Quello che ti sfugge è che tali emozioni esistono a prescindere dal fatto che non siano matematicamente esprimibili. Il fatto che la matematica non riesca a descriverle, è un problema della matematica e dello scopo per cui è stata inventata. Non so se mi spiego. O forse siamo tornati ai tempi in cui l'aria non esisteva perchè è invisibile?

Forse non ci siamo capiti che non sto mettendo in dubbio che esse esistano o meno a livello soggettivo, ma che esistano in forme assolutamente multiformi ed evanescenti rispetto al mondo empirico e fenomenologico. Come dicevo prima, il "Dio" che io (io generico) sento, rappresento, può essere reale, tanto quanto il mio ideale di "principe azzurro" o paura irrazionale di "mostro oscuro", essi, nel piano dei sentimenti, hanno tutto il diritto di essere reali nel mio microcosmo soggettivo che interagisce con questa "realtà" interiore, ma saranno sempre relegati a quella mia visione e proiezione soggettiva frutto della mia mente, senza avere nessun effetto di causa o effetto nella realtà fenomenologica oggettiva di cui tutta la materia fa parte, insomma, che tizio X si immagini Dio come un ente buono a cui riporre speranza o tizio Y lo immagini come un ente iracondo che si vendica sui suoi nemici, in che modo le credenze soggettive dei due credenti influiscono la realtà come se gli Dèi di Tizio X e Tizio Y esistessero realmente? Sinceramente, se non era per i credenti, non mi sarebbe mai balenato per la mente l'idea dell'esistenza di una divinità in questo mondo, perchè tale idea a mio vedere artificiosa va contro il mio modo personale e intuitivo di comprendere la realtà. Quindi si tratta sostanzialmente, di soggettività. Dio, parrebbe esistere, solo nella mente di chi ci crede, giacchè non esistono evidenze fenomenologiche attive che suggeriscano al non-credente la sua esistenza, ma solo supposizioni fenomenologiche passive dedotte dai credenti, ovvero i gap scientifici di cui parlavo prima.


Saluti
 
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JohannesWeiss
view post Posted on 16/3/2011, 01:31     +1   -1




CITAZIONE (Lycanthropos @ 15/3/2011, 20:01) 
Dato che purtroppo non ho mai studiato Heidegger, ti chiederei di spiegare meglio questo concetto, perché così come l'ho capito mi sembra solo la classica 'frittata' del noumeno di kantiana memoria, e credo di aver capito in modo erroneo.

L'ontoteologia è quella dimenticanza dell'Essere che secondo Heidegger caratterizza la tradizione metafisica occidentale da Platone in poi: essa avrebbe infatti sempre e solo pensato l'ente, come presenza, oggettività e intelligibilità. Ciò facendo essa ha colto l'essere semplicemente come una sorta di minimo comun denominatore di ogni ente, come la sua proprietà minimale e più astratta. Ed entro questo sistema ontoteologico, anche Dio ha trovato il suo posto come ente tra gli enti, seppur ente supremo, ultimo, massimo. E' andata così dimenticata quella che Heidegger chiama la "differenza ontologica", la differenza radicale tra Essere ed ente. L'Essere non è la proprietà minima e più indeterminata dell'ente. Rispetto all'ente l'Essere è il nulla, in quanto non vi inerisce affatto come una sua proprietà, né è il substrato di tali proprietà, bensì è la condizione di possibilità del suo manifestarsi. L'Essere è quindi la "luce", l'apparire dell'ente.

Ora io ho citato Heidegger perché mi sembrava opportuno far presente questo punto: se si deve parlare di Dio in un modo filosoficamente adeguato, dovremmo evitare di concepirlo (come invece mi pare si tenda a fare) come un ente. Un approccio del genere è una sorta di "idolatria" filosofica. Rispetto a questo equivoco, è effettivamente preferibile parlare di Dio - sempre che se ne possa parlare (non a caso il pensiero heideggeriano sfocia nella poesia) come "nulla". Ma un nulla che è disvelamento (aletheia), apertura, e, in quanto tale, trascendenza.

CITAZIONE
Premetto subito che Kierkegaard personalmente non lo sopporto, ma è una questione di impostazione mentale. :rolleyes: Concordo che c'è una realtà soggettiva, intima, intoccabile e incomunicabile, ma a mio avviso proprio perché soggettiva, non 'vera', nel senso di non, appunto, espandibile e possibilitata a rendere partecipe qualche altro soggetto di sè, proprio perché inesprimibile. Ecco perché, a un livello innanzitutto pragmatico, ancor prima che teoretico, ritengo che l'unica verità, nel broader sense di questa parola, sia appunto quella indipendente dal soggetto ma che, proprio per questo è comunicabile, esprimibile e condivisibile.

Eh va beh, mi piange il cuore, ma se al mondo esistono gli interisti, posso tollerare che esistano anche gli allergici a Kierkegaard.
:0005010.gif:
Ovviamente io sono d'accordissimo sul discorso della verità nel "broader sense", come comunicazione razionale, almeno potenzialmente evidente e condivisibile per qualsiasi osservatore o interlocutore. Non c'è bisogno di spendere parole per giustificare l'importanza del compito di perseguire e difendere la ricerca della verità così intesa. La ricerca sul Gesù storico - per scegliere un esempio direttamente attinente al nostro forum -, costituisce appunto un'impresa di questo genere: sviluppare una comprensione storica della figura di Gesù egualmente accessibile, verificabile e criticabile per qualsiasi interlocutore, in modo il più possibile indipendente da presupposti religiosi e filosofici (sebbene io eviterei con estrema attenzione di parlare di "verità storica", dato che tutto ciò a cui possiamo giungere sono modelli probabilistici e ricostruzioni ipotetiche, nessuno dei quali ha evidenza sufficiente per dimostrare la falsità delle soluzioni rivali, e liquidarle).

Come ha ben intuito Lino, io ho voluto provocare la questione se si possa parlare di verità in un senso diverso, ma non per questo inferiore, rispetto alla verità broader sense da te correttamente descritta. Ovvero:
la verità razionale, comunicabile e magari riproducibile, esaurisce l'intero spettro della verità? Le cosiddette raisons du coeur pascaliane (non si pensi ai baci perugina, per favore) corrispondono a esperienze reali, autentiche e almeno potenzialmente significative? Oppure dovremmo declassare l'esperienza estetica, l'esperienza morale, l'esperienza religiosa, a fenomeni irrazionali nel senso peggiore del termine, e perciò stesso perfino sub-umani?

La mia domanda è: una volta che pensiamo che l'unica verità possibile sia la verità razionale, universalmente comunicabile a chiunque in termini chiari e distinti - non stiamo amputando la nostra umanità di una parte fondamentale?
 
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