Studi sul Cristianesimo Primitivo

Pietro e Paolo a Roma

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Hard-Rain
view post Posted on 20/8/2008, 22:41     +1   -1




Grazie agli Atti degli Apostoli e all'epistolario paolino, riusciamo a ricostruire abbastanza bene la storia dei movimenti di Paolo in Palestina, Asia Minore e Roma (almeno da un punto di vista letterario).

Altrettanto non si può dire di Pietro. Ma da dove si evince che venne in Italia a fondare la Chiesa romana? Nel Nuovo Testamento, a parte le 1,2 Pietro attorno alle quali abbiamo una certa dose di problemi storici e filologici, si nota che Pietro è protagonista assoluto e di primo piano negli Atti degli Apostoli fino all'apparire di Paolo, dopodichè si smette di parlare di lui e la narrazione si concentra sulle gesta di Paolo.

In particolare, l'ultima volta che vediamo all'opera Pietro negli Atti è all'inizio del Cap. 12, siamo al tempo del regno di Erode Agrippa (41-44 d.C.), Pietro è arrestato ma con l'aiuto di un angelo riesce a fuggire dal carcere. Dopodichè il testo dice che Pietro manda a riferire a Giacomo della sua fuga miracolosa dal carcere, poi "uscì e si incamminò in un altro luogo" (At. 12:17).

At. 12:17 potrebbe essere una allusione a un viaggio di Pietro proprio a Roma, lontano dalla Palestina dove era ricercato dalle guardie di Agrippa. Ma è impossibile esserne certi perchè il testo non lo afferma espressamente. Certamente è strano che un ipotetico viaggio di Pietro a Roma in quel periodo non sia stato segnalato più accuratamente da chi stese gli Atti.

Pietro ricompare in At. 15:7-11 in occasione del concilio di Gerusalemme dove, secondo gli Atti, parla a favore dell'apertura della predicazione ai gentili. Dopo questo episodio, gli Atti smettono nuovamente di parlare di lui e non sappiamo più nulla. In teoria le 1 e 2 Pietro furono scritte a Roma verso la metà degli anni '60, in prossimità del martirio di Pietro (cfr. 1Pt. 5:13, se Babilonia = Roma; 2Pt. 1:14). Paolo nell'epistola ai Romani non lo menziona mai, neppure nei saluti, risulta strano che Pietro fosse presente a Roma in quel periodo e Paolo non lo abbia ricordato.

La "tradizione" è stranamente molto sicura nel ricostruire certi eventi. Si potrebbe cominciare con Ireneo di Lione, Adv. Haer. 3,1,1 (citato da Eusebio di Cesarea) secondo cui Pietro e Paolo operarono assieme a Roma fondando la Chiesa. Il passaggio è una vera e propria crux, anche perchè Paolo nell'epistola ai Romani fa intendere che la comunità era già stata fondata da altri diverso tempo prima. Eppure per Ireneo questa associazione e cooperazione di Pietro e Paolo a Roma è così importante che vi fa dipendere addirittura la data di composizione del vangelo secondo Marco.

Ignazio di Antiochia è più fumoso con la frase: "Non vi comando come Pietro e Paolo. Essi erano apostoli, io un condannato" (Ep. Rom., 4,2). La frase in sè, non prova nulla circa la cronologia degli spostamenti e dell'attività romana di Pietro e Paolo.

Invece abbiamo le prime avvisaglie di sicurezza in Dionisio di Corinto (seconda metà del II secolo), citato da Eusebio di Cesarea in Hist. Eccl. 2,25,8. Secondo Dionisio, Paolo e Pietro insegnarono assieme (omose, nel testo greco) anche in Italia e subirono il martirio nello stesso tempo (kata ton auton kairon). Dionisio di Corinto è il primo ad alzare il tiro e a vedere questa sinergia tra Paolo e Pietro che predicavano a Roma, notizia ripesa e data per scontata da Ireneo di Lione, non solo nel citato Adv. Haer. 3,1,1 ma anche in almeno altri due passaggi del medesimo trattato.

Vediamo ora che Eusebio di Cesarea, nel suo Chronicorum, si spinge a collocare addirittura con precisione al 42 d.C., al tempo di Claudio, la data in cui Pietro andò a Roma. Eusebio afferma anche che Pietro vi rimase per venticinque anni, fino alla morte, avvenuta dunque nel 67. La posizione di Eusebio mi sembra confermata da Girolamo nel De Viris Illustribus 1, secondo cui fu nel secondo anno del regno di Claudio che Pietro si recò a Roma, per predicarvi per venticinque anni. La data di Eusebio e Girolamo, il 42 d.C., corrisponde grosso modo alla data del "partì per un altro luogo" di At. 12:17, di cui dicevo. Non so se Eusebio di Cesarea abbia desunto da quel verso degli Atti la sua datazione o da quale altra fonte. Dal Nuovo Testamento mi pare impossibile in altri passi.

Ma Eusebio di Cesarea (e quindi anche Girolamo che lo segue) è in sostanziale disaccordo con la notizia che troviamo invece in Lattanzio, De Mortibus Persecutorum 2,5 secondo cui "Cumque jam Nero imperant, Petrus Romam advenit", cioè Pietro andò a Roma quando Nerone era già imperatore, dunque non pima del 54, altro che il 42 di Eusebio e Girolamo. Naturalmente non è noto da dove Lattanzio abbia desunto tale informazione e per quale motivo sia andato contro l'autorevole versione di Eusebio di Cesarea.

In conclusione, la mia domanda è: avete notizie sugli spostamenti di Pietro? Quando andò a Roma? E sulla base di quali informazioni? Davvero Paolo e Pietro cooperarono assieme a Roma? E quando?

Edited by Hard-Rain - 21/8/2008, 14:25
 
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pcerini
view post Posted on 21/8/2008, 07:48     +1   -1




I tuoi argomenti li avevano discussi anche Filoramo e Lupieri nella loro storia del cristianesimo.

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Hard-Rain
view post Posted on 21/8/2008, 08:12     +1   -1




In un frammento attribuito a Ippolito, che però è considerato non molto attendibile e probabilmente spurio, è affermato:

1. Pietro predicò il vangelo nel Ponto, in Galazia, in Cappadocia, Bitinia, Italia, Asia e fu in seguito crocifisso da Nerone a Roma, come egli stesso desiderò di morire.

13. Paolo divenne apostolo un anno dopo la morte di Cristo. Iniziando da Gerusalemme proseguì per l'Illiria, l'Italia e la Spagna, predicando il vangelo per trentacinque anni. Al tempo di Nerone fu decapitato a Roma e lì è sepolto.

(Ippolito, frammento sui dodici aposoli).

Trattasi comunque di una testimonianza dubbia. E' una delle poche che concilia un po' tutte le campane.
 
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Hard-Rain
view post Posted on 21/8/2008, 10:48     +1   -1




I vincoli imposti dal Nuovo Testamento sono:

(i) Paolo non è mai stato a Roma fino al momento in cui scrive l'epistola ai Romani (57 d.C. c.a.) e in quell'epistola non saluta Pietro e questo sembra inaccettabile se il grande apostolo a quell'epoca si trovava a Roma.

(ii) La prima volta che Paolo si reca a Roma è in occasione del suo arresto a Gerusalemme, a Roma arriva in stato di detenzione, per essere giudicato.

Non sappiamo cosa successe a Paolo dopo il suo arrivo a Roma. Gli Atti affermano che vi soggiornò almeno due anni, ma dopo cosa successe? Fu ucciso subito? O si recò altrove? Se vogliamo trovare attestazione della presenza simultanea di Pietro e Paolo a Roma, non resta che rivolgersi alle fonti più tarde e apocrife.

La lettera di Clemente di Roma ai Corinzi afferma che Paolo fu esiliato (fugadeutheis) ma il testo non dice nè dove nè quando (1 Cor. 5,6 di Clemente di Roma). Potrebbe darsi che a Roma sia stato giudicato e gli sia stata offerta la possibilità di andarsene in esilio.

L'esilio di Paolo potrebbe essere avvenuto in Spagna, una terra che lo stesso apostolo avrebbe voluto evangelizzare, cfr. Romani 15:24 e 28.

In teoria 2 Tim. 4:17-18 lascia intuire che Paolo, sul punto di essere condannato, riuscì a salvarsi. Fu, forse, per raggiungere la Spagna? Oppure scappò in clandestinità? Anche le allusioni al compimento della sua missione di cui in 2 Tim. 4:6-8 potrebbero essere una testimonianza che Paolo raggiunse la Spagna. Ma 2 Timoteo potrebbe essere spuria, non sappiamo quale sia il suo valore storico.

La presenza di Paolo in Spagna, evidentemente dopo la stesura di Romani e dopo il suo arrivo in Italia, a meno che queste fonti non contraddicano il Nuovo Testamento, compare per esempio negli Atti di Santippe e Polissena, un apocrifo del III-IV secolo, indubbiamente un testo sul cui valore storico è meglio non insistere.

Negli Atti di Pietro (Acta Petri), composti fine II secolo, secondo il manoscritto di Vercelli, Paolo, in carcere a Roma, fu liberato e partì per la Spagna (Ac. P. 1,1-3,2). Nel contempo, Pietro andò a Roma partendo da Gerusalemme per opporsi a Simone Mago (Ac. P. 5,1 e 5,2), ma non incontrò mai Paolo, che era già partito per la Spagna. L'arrivo di Pietro a Roma fu, anzi, motivato dal vuoto che aveva lasciato Paolo nell'andare in Spagna e per aver inviato altrove altri importanti collaboratori. Gli Acta Petri, dunque, non presentano Pietro e Paolo assieme a Roma. Anche il valore di questo apocrifo come testo storico è alquanto dubbio, è più antico degli altri (fine II sec.) ma questo non significa che sia di molto più attendibile.

Nel cosiddetto Martirio di Pietro, si dice che Paolo ritornò a Roma dopo il martirio di Pietro (cfr. 11,2), notizia confermata anche dal frammento copto del museo borgiano. Se Paolo fu davvero esiliato in Spagna, risulta difficile pensare che vi sia ritornato.

E' quindi un testo leggendario, noto come Atti di Pietro e Paolo (anche atti dello pseudo Marcello), a presentare Paolo e Pietro a Roma assieme al tempo di Nerone, per combattere contro Simone Mago. Il viaggio di Paolo e le città menzionate (isola di Gaudomelete, probabilmente Malta, Siracusa, Reggio Calabria, Messina, Didimo, Pozzuoli, Gaeta, Terracina, Tre Taverne) sono straordinariamente simili a quelle citate in At. 28:1-15, sembra quasi che qui il nostro autore si dimentichi del motivo per cui Paolo fu costretto a recarsi a Roma contro la sua volontà e invece presenti un Paolo che volontariamente raggiunge e incontra Pietro (cfr. 24-25). Paolo e Pietro, secondo questo apocrifo, sono giustiziati addirittura lo stesso giorno (cfr. 84). Ma questi atti sono altamente leggendari, per quanto concerne la loro composizione si ritiene che essa sia addirittura posteriore al IV secolo.

Edited by Hard-Rain - 21/8/2008, 14:28
 
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view post Posted on 21/8/2008, 18:07     +1   -1
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Non mi sembra che nessuno sano di mente sostenga oggi che Pietro abbia fondato la comunità cristiana di Roma la quale, viceversa, esisteva da prima che vi arrivasse Paolo. Quanto alla folle ipotesi della successione episcopale in cui il primo vescovo sarebbe Pietro, sappiamo benissimo che almeno fino alla metà del II secolo Roma non aveva una gestione basata su un collegio prebiterale, entro il cui le differenze tra episcopo e presbytero erano ancora sfumate. Solo i papisti più inveterati insistono ancora su roba come la cattedra di Pietro o simili amenità.
Cordialità,
 
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Hard-Rain
view post Posted on 21/8/2008, 22:35     +1   -1




Di coseguenza viene a cadere l'attendibilità di un passo come Adv. Haer. 3,1,1 che afferma che Pietro e Paolo fondavano la Chiesa di Roma e fa dipendere la data di composizione del vangelo di Marco alla dipartita di Pietro e Paolo da Roma (tra l'altro nel testo greco Ireneo usa una parola ambigua come exodos invece di tanathos che usa regolarmente quando deve parlare della morte di qualcuno). Abbiamo discusso a lungo Adv. Haer. 3,1,1 il risultato è stato che Ireneo voleva intendere che Pietro e Paolo predicarono nello stesso periodo assieme a Roma, una affermazione che concorda ad esempio con un testo tardo e fantasioso come gli Acta Petri et Pauli ed è in contrasto con altre.

Comunque la mia curiosità rimane. Cosa spinse Eusebio di Cesarea nel Chronicorum a scrivere che Pietro andò a Roma verso il 42 d.C. e vi rimase per venticinque anni? E perchè Girolamo riprese sostanzialmente questa tesi di Eusebio? Lattanzio era consapevole di quanto scrisse Eusebio nel Chronicorum? Tutte queste pseudo infromazioni sono sparate a caso oppure abbiamo qualcosa di più solido? Per ora io non ho trovato nulla (se non queste affermazioni).
 
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view post Posted on 22/8/2008, 10:50     +1   -1
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Se la memoria non mi tradisce, mi sembra di ricordare, caro Rain, che Eusebio, almeno nella traduzione italiana dica,

" SEMBRA che Pietro " , ovvero si propone in modo aperto ad eventuali dubbi o verifiche.

Non ho i libri sottomano perchè sono riscappato sui monti. :390.gif:


zio ot
 
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view post Posted on 24/8/2008, 15:30     +1   -1
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Per Hard
CITAZIONE
“Altrettanto non si può dire di Pietro. Ma da dove si evince che venne in Italia a fondare la Chiesa romana?”

Quanto alla fondazione la prima fonte pare essere Ireneo, ma comunque c’è una moltitudine di fonti che mettono in evidenza l’importanza del legame tra Roma e Pietro, e a mio avviso si tratta di fare solo un due più due.
Abbiamo dimenticato due fonti sulla presenza di Pietro a Roma, entrambe del I secolo, anche se non trattano specificamente della fondazione della comunità romana mettono in evidenza il legame speciale che esiste tra l’apostolo e questa Chiesa. I due sono la piccola apocalisse cristiana contenuta nell'Ascensio Isaiae e il fr. Rainer: c’è una trattazione concisa di entrambi nella monografia su Pietro di Gnilka, vi riassumo concisamente le sue considerazioni.
Il primo passo è tratto da un testo apocrifo del I secolo composto in tre parti e contenente una piccola apocalisse cristiana(Asc. Is: 3,13-4,18). Per chi volesse leggerlo in italiano lo potette trovare in M. Erbetta, Gli apocrifi del Nuovo Testamento, tomo III, 175-204. In questa apocalisse si triva un passo che dovrebbe riferirsi al martirio di Pietro. Si parla di un re ingiusto, di un matricida, nel quale si sarebbe incarnato Beliar(=il diavolo). In una finta profezia si predice che avrebbe perseguitato la piantagione piantata dai dodici apostoli del Diletto (del Figlio Diletto) e che uno dei dodici sarebbe stato dato in sua mano (Asc. Is 4,2 s.). Non c’è alcun dubbio che col re matricida si voglia indicare Nerone,. Questo nome si era attaccato saldamento all’imperatore. (Dione Cassio 62,18,4; Or. Sib. 4,121)Egli ha perseguitato la piantagione del diletto, cioè la Chiesa. Quando, in un siffatto contesto, si menziona uno dei dodici apostoli, non può trattarsi che di Pietro. Paolo non appartiene al gruppo dei dodici apostoli. Se il nome di Pietro non viene fatto esplicitamente ciò è dovuto allo stile apocalittico che procede per riferimenti indiretti. “Dato in mano a qualcuno” è una formulazione già di per sé minacciosa; ma se la mano di un matricida quella in cui si cade, può trattarsi solo del peggio. Merita di osservare che il passo connette ancora una volta la persecuzione della comunità e il destino di Pietro con Nerone. C’è uno stretto nesso tra questo testo e il frammento Rainer dell’Apocalisse di Pietro, anch’esso di fine I secolo (Sulla datazione: E. Peterson, Das Martyrium des hl. Petrus nach der Petrus-Apocalypse, in Frühkirke, Judentum und Gnosis, Roma, 1959, 88-91)

Il fr. Rainer recita quanto segue: “Ecco, o Pietro, ti ho rivelato e spiegato tutto. Ora va nella città della prostituzione e bevi il calice che ti ho promesso dalle mani del Figlio di colui che si trova nell’Ade. Così la sua distruzione avrà inizio, ma tu sarei invece degno della promessa”(la citazione è da Gnilka, pag 115).
Tutto ciò, inutile dire, si incastra perfettamente con l’Ascensio Isaiae, si parla di una persecuzione romana(la città della prostituzione) di Pietro, ad opera dell’imperatore (il Figlio di colui che si trova nell’Ade). Non a caso queste designazioni sono le stesse di Babilonia la Grande dell’Apocalisse. Come commenta Gnilka: “Effettivamente il frammento collima col testo trattato sopra (l’Ascensio N.d.R.) nel collegare nello stesso discorso Nerone, Pietro e l’orizzonte escatologico: Nerone ha i connotati dell’Anticristo(cf. 2Ts 2,3.8); il martirio romano è espresso in termini non equivocabili: la città della prostituzione è Roma, il calice è l’immagine della morte violenza (cf Mc 10,39 par.). Importante è anche la concetrazione su Pietro che contraddistingue questa tradizione. Essa è più antica di quella che pone Pietro e Paolo in parallelo. Dovrebbe essere sorta come tradizione autonoma: essa ci diviene accessibile verso gli anni 90 del I secolo, cioè tren’anni dopo gli eventi. Questa distanza cronologica relativamente breve garantisce l’attendibilità del martirio romano di Pietro. In questa medesima decade rientra la composizione della I lettera di Clemente, della piccola apocalisse contenuta dell’Ascensione di Isaia, dell’Apocalisse di Giovanni e anche del testo contenuto nel fr. Rainer” (Joachim Gnilka, Pietro e Roma,Brescia, 2003, Paideia, pagg. 115-116)

CITAZIONE
“La "tradizione" è stranamente molto sicura nel ricostruire certi eventi. Si potrebbe cominciare con Ireneo di Lione, Adv. Haer. 3,1,1 (citato da Eusebio di Cesarea) secondo cui Pietro e Paolo operarono assieme a Roma fondando la Chiesa. Il passaggio è una vera e propria crux, anche perchè Paolo nell'epistola ai Romani fa intendere che la comunità era già stata fondata da altri diverso tempo prima”

Thiede così commentava questo passo: “Egli (Ireneo) inizia con una affermazione che sembra essere erronea, cioè che sia Pietro sia Paolo fondarono la comunità romana (a meno che non si legga il verbo che egli usa per «fondare», themelioo, allo stesso modo in cui viene usato in 1Pt 5,10, dove significa «rafforzare», «confermare»; in questo senso, l'affermazione di Ireneo è naturalmente vera sia per Pietro sia per Paolo).” (Carsten Peter Thiede, Simon Pietro dalla Galilea a Roma, Milano 1999, Edizioni Massimo, pag 235)
CITAZIONE
"perchè Paolo nell'epistola ai Romani fa intendere che la comunità era già stata fondata da altri diverso tempo prima”

Paolo dice di non voler “costruire su un fondamento altrui” (Rm 15,20 e 23-24), allusione a Pietro? Si nota per la comunità romana da parte di Paolo la stessa riverenza che le mostrerà Ignazio (alle altre Chiese solo ordini, per Roma solo elogi)
CITAZIONE
“At. 12:17 potrebbe essere una allusione a un viaggio di Pietro proprio a Roma, lontano dalla Palestina dove era ricercato dalle guardie di Agrippa. Ma è impossibile esserne certi perchè il testo non lo afferma espressamente. Certamente è strano che un ipotetico viaggio di Pietro a Roma in quel periodo non sia stato segnalato più accuratamente da chi stese gli Atti.”

A margine, noto che questa lettura mi è sempre parsa sensata. Quell' "allon topon" è forse una citazione di Ezechiele (12,3), dove con tale espressione si indicava Babilonia, e sappiamo bene che Babilonia è una designazione di Roma nel cristianesimo primitivo.
Il già citato Thiede:
“Luca è uno storico accurato. Se non accenna nemmeno alle peregrinazioni di Pietro fino alla sua ricomparsa in occasione del Concilio apostolico degli Atti 15, doveva avere delle buone ragioni. L'ipotesi che egli avesse perso interesse nel seguente ruolo di Pietro perché voleva favorire Paolo è troppo semplicistica, ed è in ogni caso contraddetta dal ruolo determinante che Pietro gioca negli Atti 15. E' comprensibile che Luca non voglia nominare il luogo (o i luoghi) dove Pietro si recò. Il motivo è lo stesso che causò l'omissione del nome di Pietro nel racconto di Luca e Marco (ripreso anche da Matteo) della mutilazione dell'orecchio del servo al Getsemani. Scrivendo mentre Pietro era ancora vivo, e a un alto funzionario romano, Luca vuole evitare qualsiasi cosa che possa compromettere l'attività dell'apostolo (che era legalmente un fuggitivo dalle autorità dello stato) nei confini dell'Impero romano. Luca sapeva dove era andato Pietro e dove si trovava nel momento in cui scriveva, ma rimase zitto. Anche Pietro cerca di essere vago a questo proposito, quando manda la sua prima Lettera da Roma usando lo pseudonimo topografico di «Babilonia» al posto di Roma (1Pt 5,13). Ed è proprio l'uso di «Babilonia» che ci dà la chiave per identificare l'«altro luogo» di Luca.

Sebbene non si possa determinare quando Babilonia fu usata per la prima volta come crittogramma al posto di Roma, una tale identificazione è indiscutibile (30). La scelta di Babilonia (invece, per esempio, di Sodoma o Gomorra) era immediata poiché implicava sia il simbolo del potere e del male, dell'arroganza e della corruzione che sarebbero stati sconfitti dal Signore (cfr. Is 13,1-14,23), sia l'«esilio» della Chiesa cristiana nel centro del paganesimo. Ma qualunque fosse la somma di ragioni che indusse la scelta di Pietro, i suoi lettori sarebbero stati ben consapevoli dei riferimenti della Scrittura a Babilonia. Ce ne sono molti, ma uno è particolarmente illuminante: Ezechiele 12,1-13. Vi sono qui dei riferimenti all'«esilio», alla fuga da Gerusalemme a notte fonda (12,7) e a Babilonia (12,13). Anche se tutti questi elementi sono presenti in questo passo (che contiene, naturalmente, un significato e una profezia molto più ampi e complessi), tuttavia è un altro verso che offre la chiave all'«indovinello» di Luca: «(...) preparati a emigrare; emigrerai dal luogo dove stai verso un altro luogo», recita Ez 12,3. La Bibbia dei Settanta usa l'espressione eis heteron topon, la stessa usata da Luca per indicare la destinazione di Pietro. L'«altro luogo» è Babilonia, e Babilonia è Roma.”(op. cit. pag 228)

L’unica pecca di questa ipotesi è che presuppone una datazione della redazione degli Atti decisamente troppo alta per i miei gusti.

Edited by Polymetis - 24/8/2008, 16:47
 
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Hard-Rain
view post Posted on 24/8/2008, 15:53     +1   -1




Uno dei grossi problemi che stanno dietro Adv. Haer. 3,1,1 è che pare presupporre la presenza contemporanea di Paolo e Pietro a Roma quando Matteo pubblicava il vangelo "ebraico", il testo greco, pervenutoci tramite Eusebio, usa un genitivo assoluto, qui nel forum ne abbiamo discusso, il senso pare proprio "temporale" nel senso che andrebbe letto: "Matteo scrisse un vangelo per gli Ebrei nella loro lingua mentre Pietro e Paolo fondavano a Roma la Chiesa" (sto citando a memoria spero di non aver riportato qualche inesattezza), qui il "mentre" non avrebbe senso avversativo. Ne dovremmo dedurre che il vangelo "ebraico" di cui qui parla Ireneo dovrebbe essere stato composto nello stesso periodo in cui Paolo e Pietro fondavano assieme la Chiesa. Avevamo anche detto che Chapman, all'inizio del XX secolo, pubblicò un articolo in cui si proponeva una interpretazione "avversativa" del genitivo assoluto, questo articolo è citato da molti studiosi, come Harnack, Carmignac, J.A.T. Robinson e altri di cui ho trovato traccia. Comunque Ireneo altre volte commette strani svarioni, come quando si avventura a dire che Gesù morì a quasi 50 anni.

Interessantissima la citazione dell'Ascensione di Isaia che mi era sfuggita, vado subito a verificare e a studiarla nel dettaglio. Questo testo, come noto, è considerato antichissimo e composto entro il I secolo da diversi biblisti.

Polymetis,

mi ha colpito questa frase di Thiede che citi: "Luca è uno storico accurato".

Ma Luca è uno storico accurato? Sempre, spesso o solo in alcune circostanze? A me pare che un passo come Lc. 4:29 in cui si parla di Nazareth, di monti, di precipizi che si troverebbero su questi monti non si possa definire molto accurata come descrizione geografica:

https://digilander.libero.it/Hard_Rain/Nazaret-Archeo.htm

tanto è vero che alcuni studiosi tentano di ricollegare quel verso lucano addirittura a Gamla, dove peraltro si fa fatica anche lì a trovare un burrone: quello romanzato descritto da Giuseppe Flavio, secondo Danny Syon, l'archeologo israeliano che oggi dirige gli scavi presso Gamla, è assolutamente leggendario.

Ma non solo, l'altro giorno esaminando il racconto della purificazione (sondergut di Luca) è saltato fuori come l'autore di questo vangelo confonda il rituale del pidion (riscatto del primogenito) con la purificazione della madre che aveva partorito.

E non è la prima volta che anche con Luca saltano fuori problemi del genere.

Per questo mi domando e vi domando: Luca è uno storico accurato?

Edited by Hard-Rain - 25/8/2008, 20:22
 
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Hard-Rain
view post Posted on 25/8/2008, 16:56     +1   -1




Anche nella versione etiopica dell'apocalisse di Pietro si allude a Pietro in occidente (probabilmente Roma):

"I have spoken this unto thee, Peter, and declared it unto thee. Go forth therefore and go unto the land (or city) of the west."

Il frammento etiopico è stato pubblicato da S. Grebaut in Revue de l'Orient Chretien, 1910.

La traduzione in inglese di cui sopra proviene da:

http://www.earlychristianwritings.com/text...er-mrjames.html

Relativamente alle allusioni di At. 21:17 e ai mancati saluti e riferimenti espliciti di Paolo nell'epistola ai Romani, si potrebbe anche supporre che tutto ciò sia stato motivato dal desiderio di non voler far sapere che Pietro era a Roma. Anche il riferimento a "Babilonia" in 1 e 2 Pietro, nome in codice di Roma presso i circoli cristiani, che tuttavia potrebbe essere inteso come (i) la Babilonia in Mesopotamia, dove risiedeva una fiorente comunità ebraica, dalla quale provenivano diversi maestri talmudici; (ii) una città egiziana vicino ad Alessandria; il riferimento a Babilonia, dicevo, potrebbe essere inteso come volontà di non svelare apertamente dove si trovasse Pietro. Dopotutto costui era uno che era scappato dal carcere di Agrippa negli anni '40 e presumibilmente era ricercato. Se gli Atti terminano all'inizio degli anni '60 come sembra dagli ultimi capitoli, forse non è peregrina questa ipotesi di non parlare apertamente della presenza di Pietro a Roma. Per quanto concerne Paolo, invece, essendo stato arrestato e inviato a Roma dalle autorità, nessun "segreto" doveva essere mantenuto, essendo la notizia nota alle autorità. Chiaramente con la morte di Pietro, a partire dalla fine del I secolo, questi problemi vennero a cadere e la letteratura successiva iniziò a parlare apertamente di Pietro e della sua presenza a Roma: ormai erano caduti i motivi per tenere segreta la cosa.

CITAZIONE
L’unica pecca di questa ipotesi è che presuppone una datazione della redazione degli Atti decisamente troppo alta per i miei gusti.

Dopotutto gli Atti si arrestano all'inizio degli anni '60. Anche il grande Harnack pensava a una datazione molto alta (leggi: antica) degli Atti.

Edited by Hard-Rain - 26/8/2008, 12:12
 
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El Teo
view post Posted on 26/8/2008, 09:36     +1   -1




Secondo me Luca non è uno storico accurato e nemmeno un redattore accurato. Basta pensare all'anacronismo di Cafarnao dove Luca attingendo da Marco (o proto-marco) mette le guarigioni di Cafarnao dopo la predicazione di Nazaret.

Purtroppo cito a memoria vecchi ricordi e non ho il libro sottomano percui lascio a voi il compito di verificare quello che segue:

Nelle Riconoscenze Pseudo-clementine, c'è il discorso storiografico di Pietro (se la memoria non mi inganna) è considerato uno strato molto antico e che presenta una storia della Chiesa nascente molto diversa da quella di Atti. Gli studiosi (sempre secondo i miei ricordi) pensano si tratti di una fonte giudeo-cristiana. Vi è narato tra l'altro il martirio di Giacomo, fratello di Gesù, a cui succede Giuda (mi sembra) "cugino" di Gesù. (qui abbiamo tra l'altro un esempio di come il greco renda in maniera diversa le parole fratello e cugino, riferite a Gesù). Non mi ricordo più bene, ma ho l’impressione che Pietro narri il suo arrivo a Roma e la fondazione della chiesa. Vi lascio verificare. Io proverò a trovare qualcosa su internet.

Saluti
 
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El Teo
view post Posted on 26/8/2008, 09:56     +1   -1




Ho dato una rapida occhiata al seguente documento pdf: http://198.62.75.1/www1/ofm/sbf/Books/LA53...Clementines.pdf

La datazione delle Recognitiones è del III secolo in ambito siriaco. A quanto ho velocemente letto, il discorso di Pietro (giudeo-cristiano) mi sembra separato dal seguito, quando si racconta di come Clemente succede a Pietro nella conduzione della Chiesa di Roma. Non so se questo documento potrà esserti utile....
 
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pcerini
view post Posted on 26/8/2008, 10:39     +1   -1




Che dire di Luca storiografo alla stregua degli storiografi greci? Mah,alcuni hanno tentato di sondare l'attendibilita' di Luca storiografo,come per esempio Emilio Gabba che tenne un convegno nel 2001 dal titolo ",Gli Atti degli Apostoli come fonte storica" la cui relazione purtroppo non e' reperibile.

Edited by pcerini - 26/8/2008, 12:37
 
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Hard-Rain
view post Posted on 26/8/2008, 11:14     +1   -1




CITAZIONE
Secondo me Luca non è uno storico accurato e nemmeno un redattore accurato. Basta pensare all'anacronismo di Cafarnao dove Luca attingendo da Marco (o proto-marco) mette le guarigioni di Cafarnao dopo la predicazione di Nazaret.

Le volte che ho avuto a che fare col sondergut di Luca ho avuto problemi. Sarà un caso? Un paio li ho citati sopra!
 
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view post Posted on 26/8/2008, 22:58     +1   -1
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Roma

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Non penso che il problema sia stabilire se Pietro fosse a Roma, cosa a mio avviso abbastanza certa, quanto semmai tutto ciò che su questo è stato costruito. Credo che una lettura di storici bipartisan come Raymond Brown (che illustra come i passi chiave per Pietro in Mt sono costruiti per il pubblico antiocheno di cui era il vescovo e non certo per legittimare un "primato" assoluto e universale) possa dare un valore aggiunto di non poco conto.
Cordialità,
 
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48 replies since 20/8/2008, 22:41   2662 views
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