Studi sul Cristianesimo Primitivo

Tito Flavio Clemente e il papa Clemente il Romano

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Saulnier
view post Posted on 28/8/2009, 14:23 by: Saulnier     +1   -1




cit. Hard Rain

CITAZIONE
Non è il cristianesimo messianico, ma il cristianesimo apocalittico. Ovvero: mettiamoci d'accordo sul significato della parola "messianico". Se con questo intendiamo la liberazione della Palestina dalla dominazione Romana è evidente che non è applicabile a Roma.

Chi era il Messia per il popolo di Israele?
Inizio citando ancora le parole di Bart Ehrman.

Nel I secolo il termine veniva interpretato in modi diversi dagli ebrei; quando pensavano al messia, tuttavia, su un elemento pare fossero tutti concordi e cioè che dovesse essere una figura maestosa e potente, che in qualche modo (per esempio radunando un esercito ebraico o alla guida degli angeli celesti) avrebbe sopraffatto i nemici e istituito Israele come Stato sovrano governato da Dio stesso (forse attraverso la mediazione umana).

Ma il Messia dei cristiani doveva solo liberare la Palestina? L’Apocalisse (XII) ci dice:

“partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro“

Tale doveva essere il messia dei cristiani.
L’Apocalisse fu il sogno malato di un popolo (una parte di popolo) oppresso da secoli di dominio straniero. Il popolo, eletto da Dio, ostaggio delle nazioni chiedeva vendetta e i tempi erano vicini.

Apocalisse XXI

“Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c'era più”

Molitio rerum novarum?

“Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo”

Lo sposo è lo stesso delle nozze di Cana. E’ il popolo di Israele, Roma verrà distrutta e con essa tutto il mondo extra-giudaico. Per questo la circoncisione era ancora un punto fondamentale della dottrina cristiana.

Alla liberazione della Palestina ad opera del Messia doveva seguire la distruzione della Bestia Romana. Io credo che la dottrina dei cristiani del primo secolo fosse quella dell’Apocalisse, la dottrina millenarista, quella di Papia e dei primi padri della Chiesa.
Eusebio (H.E., III, XXXIX) riporta le parole di Papia:

“Trascorreranno mille anni dopo la resurrezione dei morti e il regno del Cristo avrà luogo corporalmente su questa terra”

Egli ci dice che Papia aveva frainteso le parole degli Apostoli, ma fu davvero così?
Come non credere che la dottrina millenarista facesse parte e fosse un tutt’uno con la dottrina cristiana?
Occorre riflettere.
Dove ha potuto Papia (tra i più antichi padri della Chiesa) ricavare questa dottrina?
Dai Vangeli? Dalle lettere di Paolo?
Non c’è traccia della dottrina millenarista, lì.
La dottrina millenarista è nell’Apocalisse e solo lì.
L’Apocalisse, fu quello il primo Vangelo dei cristiani, la chiave per la comprensione delle vicende del primo secolo è tutta lì.
Tacito e Svetonio non conoscevano i vangeli ma conoscevano le profezie dell’Apocalisse, e quanto più chiare risultano, alla luce di questa verità, le loro terribili parole nei confronti della religione cristiana. La distruzione di Roma, della Bestia Romana, è un punto capitale di questa dottrina insieme alla liberazione di Israele.
Papia decise di ignorare gli insegnamenti di Paolo?
E se questa fu la dottrina di Papia, non è lecito pensare che fosse anche quella dei primi discepoli?
Di più. Non fu questa la dottrina del Cristo crocifisso sotto Ponzio Pilato?
Non voglio andare OT nei prossimi giorni si potrebbe aprire un nuovo 3d sull’argomento.

cit. Hard Rain
CITAZIONE
Ho poi una domanda: lei pensa che il Clemente autore dell'epistola ai Romani sia proprio il Clemente di cui sopra? Se così dobbiamo ritenere che questa epistola sia stata composta prima del 95 d.C., dunque?

Credo intendesse riferirsi alla prima lettera di Clemente ai Corinzi.
Io non credo che la lettera così come ci è pervenuta sia autentica.
Oltre ai motivi legati al suo contenuto, molti dei quali del tutto estranei al cristianesimo del primo secolo, ci sono delle ragioni oggettive che me lo fanno credere.
L’attribuzione di questa epistola a Clemente è testimoniata da Eusebio (H.E., IV, XXIII) il quale ci dice:

In questa stessa lettera egli fa menzione anche dell’epistola di Clemente ai Corinti, mostrando che si era soliti sin dagli inizi leggerla nella chiesa. Le sue parole sono “Oggi abbiamo trascorso il santo giorno del Signore, in cui abbiamo letto la vostra epistola. Da essa, in ogni momento la leggiamo, dobbiamo essere sempre in grado di trarre insegnamento, come pure pure dalla precedente epistola, che ci fu scritta da Clemente”

Da questa citazione comprendiamo che ci fu una lettera di Clemente scritta ai Corinti, ma non possiamo dedurne che si tratti dell’epistola così come ci è pervenuta. Anzi ci sono validi motivi per dubitarne.
In effetti Clemente Alessandrino (Tito Flavio Clemente) in Stromata (VI, 8) citando un passo di questa prima lettera ai Corinzi lo attribuisce sorprendentemente a Barnaba e non a Clemente il Romano!

Tuttavia, come Turmel, anche io credo che questa epistola sia un rimaneggiamento operato nel II secolo di un testo primitivo scritto alla fine del I secolo. Un testo in cui l’attesa apocalittica del Cristo sulla terra era ancora viva e bruciante.
In effetti è ancora Eusebio (H.E., III, XVI) a riferirci i motivi che spinsero Clemente a scrivere questa lettera ai Corinzi.

“Esiste un’epistola di questo Clemente che è considerata genuina, la quale è di notevole lunghezza e considerevole valore. Egli la scrisse nel nome della chiesa di Roma a quella di Corinto, quando una sedizione ebbe luogo in quest’ultima. Sappiamo che questa lettera è stata pubblicamente utilizzata in tempi antichi come pure lo è attualmente. E del fatto che una sedizione ebbe luogo nella chiesa di Corinto a quei tempi è confermato dalla testimonianza veritiera di Egesippo”

La testimonianza veritiera di Egesippo non esiste più ma che una sedizione (stasis) fu la causa di questa lettera ce lo conferma Fozio (Bibliotheca) che ci dice:

“questi ( i Corinzi) hanno rotto con delle sedizioni e degli scismi la pace e la concordia nella quale essi avrebbero dovuto vivere”

A questo punto il passo successivo è interrogarsi sui motivi di questa rivolta. Quali furono le cause che la originarono? E’ la lettera dei Corinzi a fornirci in maniera chiara queste motivazioni. Fu la crescente sfiducia per l’avvenire ad originare la sedizione, sentiamo le parole dei rivoltosi. (XXIII):

“Abbiamo ascoltato queste cose già dai tempi dei nostri padri, ora ecco che siamo invecchiati e nulla di tutto ciò è accaduto”

Cosa doveva dunque accadere? Cosa avevano ascoltato dai loro padri? Perchè provocavano sedizioni questi cristiani?
I padri di questi Corinzi erano probabilmente i 6000 giudei catturati da Vespasiano e impiegati da Nerone per lo scavo dell’istmo di Corinto, come ci insegnano Giuseppe Flavio e Svetonio.
Non è difficile immaginare il sentimento che questa gente doveva provare nei confronti dell’oppressore romano e quali fossero le loro speranze. Ma è lo stesso Clemente a risponderci.

“La volontà di Dio si realizzerà prossimamente e all’improvviso, cosi come ci insegna la Scrittura: Egli verrà prossimamente e senza tardare, il Signore verrà all’improvviso nel suo Tempio, lui il Santo che voi attendete”.

I Corinzi attendevano il ritorno del Cristo sulla terra e cosa questi dovesse realizzare è molto facile comprenderlo leggendo l’Apocalisse di Giovanni.

Io guardai ancora ed ecco una nube bianca e sulla nube uno stava seduto, simile a un Figlio d'uomo; aveva sul capo una corona d'oro e in mano una falce affilata. Un altro angelo uscì dal tempio, gridando a gran voce a colui che era seduto sulla nube: "Getta la tua falce e mieti; è giunta l'ora di mietere, perché la messe della terra è matura". Allora colui che era seduto sulla nuvola gettò la sua falce sulla terra e la terra fu mietuta.
Allora un altro angelo uscì dal tempio che è nel cielo, anch'egli tenendo una falce affilata. Un altro angelo, che ha potere sul fuoco, uscì dall'altare e gridò a gran voce a quello che aveva la falce affilata: "Getta la tua falce affilata e vendemmia i grappoli della vigna della terra, perché le sue uve sono mature". L'angelo gettò la sua falce sulla terra, vendemmiò la vigna della terra e gettò l'uva nel grande tino dell'ira di Dio. Il tino fu pigiato fuori della città e dal tino uscì sangue fino al morso dei cavalli, per una distanza di duecento miglia.


I Corinzi erano esasperati per la promessa mai mantenuta che costringerà nei secoli successivi il cristianesimo a modificare il proprio campo d’azione.


P.S. Ringrazio davvero tutti per i bellissimi complimenti. Certo che bisogna andare avanti. Tante domande ancora devono ricevere una risposta.

Saulnier
 
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