Studi sul Cristianesimo Primitivo

Iohannes Malalas e le testimonianze evangeliche in Giuseppe Flavio

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Saulnier
view post Posted on 16/1/2010, 18:06 by: Saulnier     +1   -1




Lo storico non cristiano, Giuseppe Flavio, cita nella sua opera Antichità Giudaiche tre personaggi evangelici: Gesù, Giovanni Battista e Giacomo. Nessuno dei manoscritti greci pervenutici (contenenti i libri XVIII e XX) è anteriore all’XI secolo e secondo Niese, essi derivano tutti da un archetipo unico.
Obiettivo del topic è il confronto delle testimonianze flaviane con quanto riportato da Malalas nella sua Chronografia ultimata nella prima metà del VI secolo.
Iohannes Malalas fu uno storico cristiano originario di Antiochia vissuto nel VI secolo.
La sua opera principale fu una Cronografia trasmessaci parzialmente attraverso un unico manoscritto (Baroccianus, 128) del XI secolo.

1)Gesù - il Testimonium Flavianum (A.G. XVIII, 63-64)

Allo stesso tempo, circa, visse Gesù, uomo saggio, se pure uno lo può chiamare uomo; poiché egli compì opere sorprendenti, e fu maestro di persone che accoglievano con piacere la verità. Egli conquistò molti Giudei e molti Greci. Egli era il Cristo. Quando Pilato udì che dai principali nostri uomini era accusato, lo condannò alla croce. Coloro che fin da principio lo avevano amato non cessarono di aderire a lui. Nel terzo giorno, apparve loro nuovamente vivo: perché i profeti di Dio avevano profetato queste e innumerevoli altre cose meravigliose su di lui. E fino ad oggi non è venuta meno la tribù di coloro che da lui sono detti Cristiani.

Malalas in Chronographia (X) scrive:

Hinc Fatalia Judaeorum tempora initium habuerunt: uti scriptis suis testatus est Josephus, Hebraeorum Philosophus; qui et istis insuper tradidit: “Judaeos nunquam a calamitatibus suis respirasse quidem, ex quo Cruci Jesum fixerunt; hominem illum bonum ac justum: si modo Hominem (inquit) illum fas sit dicere et non Deum potius, qui talis fuerit. Haec Josephus ille Judaeus in Libris sui de Judaeorum Antiquitatibus scripta reliquis.

Da qui ebbero inizio i tempi fatali dei Giudei : come testimoniato da Giuseppe, filosofo ebreo, nei suoi scritti ; il quale inoltre le seguenti cose ci trasmise : Giammai i Giudei ebbero tregua dalle loro calamità, dal momento in cui misero in croce Gesù; quell’uomo buono e giusto, se pure è permesso chiamarlo Uomo (disse) e non piuttosto Dio, giacché tale egli fu. Queste cose quel Giuseppe Giudeo lasciò scritte nei suoi libri sulle Antichità Giudaiche.

Dunque Johannes Malalas conosce Giuseppe Flavio. Rileviamo che il Testimonium Flavianum, nella copia che egli aveva a disposizione delle Antichità Giudaiche, era molto diverso dalla versione che leggiamo oggi.

2)Giovanni Battista - (A.G. XVIII, 116-119)

Ma ad alcuni Giudei parve che la rovina dell'esercito di Erode fosse una vendetta divina, e di certo una vendetta giusta per la maniera con cui si era comportato verso Giovanni soprannominato Battista.
Erode infatti aveva ucciso quest'uomo buono che esortava i Giudei a una vita corretta, alla pratica della giustizia reciproca, alla pietà verso Dio, e così facendo si disponessero al battesimo; a suo modo di vedere questo rappresentava un preliminare necessario se il battesimo doveva rendere gradito a Dio. Essi non dovevano servirsene per guadagnare il perdono di qualsiasi peccato commesso, ma come di una consacrazione del corpo insinuando che l'anima fosse già purificata da una condotta corretta.
Quando altri si affollavano intorno a lui perché con i suoi sermoni erano giunti al più alto grado, Erode si allarmò. Una eloquenza che sugli uomini aveva effetti così grandi, poteva portare a qualche forma di sedizione, poiché pareva che volessero essere guidati da Giovanni in qualunque cosa facessero. Erode, perciò, decise che sarebbe stato molto meglio colpire in anticipo e liberarsi di lui prima che la sua attività portasse a una solleva¬zione, piuttosto che aspettare uno sconvolgimento e trovarsi in una situazione così difficile da pentirsene.
A motivo dei sospetti di Erode, (Giovanni) fu portato in catene nel Macheronte, la fortezza che abbiamo menzionato precedentemente, e quivi fu messo a morte. Ma il verdetto dei Giudei fu che la rovina dell'esercito di Erode fu una vendetta di Giovanni, nel senso che Dio giudicò bene infliggere un tale rovescio a Erode.


Giuseppe Flavio è formale: Giovanni Battista fu ucciso da Erode Antipa nella fortezza del Macheronte. Ecco invece cosa troviamo in Malalas (Libro X).

Ex eo tempore innotescere hominibus coepit Joannes Baptista, cui rex Herodes, frater Philippi, regis Trachonitidis, caput amputavit, in urbe Sebaste, vii kal. Junias, Flaccone et Rufino Coss. Propter uxorem Herodiadem. Dixerat enim Herodi Joannes: Non licet tibi fratris tui uxorem habere: uti haec in sacris Literis enarrantur.

A quei tempi cominciò a farsi conoscere agli uomini Giovanni Battista, a cui il re Erode, fratello di Filippo, re della Traconitide, fece mozzare il capo, nella città di Sebasta, vii kal junias, essendo consoli Flaccone e Rufino. A causa della moglie Erodiade, diceva infatti Giovanni ad Erode: Non ti è consentito avere la moglie di tuo fratello come prescritto dai Testi Sacri.

Per Malalas, malgrado la testimonianza di Giuseppe Flavio, la decapitazione del Battista avvenne a Sebasta in Samaria e non nella fortezza del Macheronte, sul Mar Morto.
Come spiegare questa incongruenza se il brano di Giuseppe Flavio su Giovanni, nella copia di A.G. di Malalas era identico a quello che leggiamo oggi?
Le testimonianze ‘evangeliche’ in Giuseppe Flavio sono solamente tre, e pensare che Malalas, erudito e storico cristiano, abbia potuto ignorarle mi pare semplicemente impossibile.
La tradizione seguita da Malalas era ancora viva al XIII secolo, quando vediamo Giovanni Phocas in visita a Sebasta scrivere (P.G. Migne, CXXXIII)

Nel mezzo di questa città vi è la prigione in cui egli (Giovanni) fu gettato a causa delle sue accuse contro Erodiade e dove pure la sua testa fu mozzata.

Ma che il passaggio su Giovanni Battista, in Antichità Giudaiche, abbia subito anche in tempi recenti, gli sconvolgimenti più profondi è confermato anche dalla traduzione francese del grande erudito cattolico Arnauld d’Andilly del XVII secolo (traduzione considerata da Reinach troppo ‘cristianizzata’) effettuata sulla base di numerosi manoscritti greci, alcuni dei quali certamente non pervenuti a Niese.
Ebbene nella versione di Andilly, di seguito tradotta in italiano, Erode Antipa non uccide affatto Giovanni Battista nella fortezza di Macheronte.

Molti Giudei credettero che la rovina dell'esercito di Erode fosse una vendetta divina a causa di Giovanni soprannominato Battista.
Era un uomo di grande pietà che esortava i Giudei ad abbracciare la virtù, ad esercitare la giustizia e a ricevere il battesimo dopo essersi resi gradevoli a Dio e non contentandosi di non commettere qualche peccato, ma aggiungendo la purezza del corpo a quella dell’anima. Così poiché una grande quantità del popolo lo seguiva per ascoltarne la dottrina, Erode, temendo che il potere che egli aveva su di essi eccitasse qualche sedizione perché essi erano sempre pronti ad intraprendere tutto ciò che egli ordinava loro, egli credette di dover prevenire questo male per non dover in seguito pentirsi di aver atteso troppo a lungo per rimediarvi. Per questa ragione egli lo inviò prigioniero nella fortezza di Machera, sopra menzionata: i Giudei attribuirono la sconfitta della sua armata ad un giusto castigo di Dio nei confronti di un’azione così ingiusta.


3)Giacomo - (A.G. XX, 197-200)

Venuto a conoscenza della morte di Festo, Cesare inviò Albino come procuratore della Giudea. Il re poi allontanò Giuseppe dal sommo sacerdozio e gli diede come successore nell'ufficio il figlio di Anano, il quale si chiamava anch'egli Anano.
Del vecchio Anano si dice che fu estremamente felice; poiché ebbe cinque figli e tutti, dopo di lui, godettero di quell'ufficio per un lungo periodo, divenendo sommi sacerdoti di Dio; un fatto che non accadde mai ad alcuno dei nostri sommi sacerdoti.
Il più giovane Anano che, come abbiamo detto, fu designato al sommo sacerdozio, era una persona di indole franca e oltremodo ardita. Seguiva la scuola dei Sadducei, che, in verità, quando sedevano in giudizio erano più insensibili degli altri Giudei, come già accennato.
Con il carattere che aveva, Anano pensò di avere un'occasione favorevole alla morte di Festo mentre Albino era ancora in viaggio: così convocò i giudici del Sinedrio e introdusse davanti a loro un uomo di nome Giacomo, fratello di Gesù, che era soprannominato Cristo, e certi altri, con l'accusa di avere trasgredito la Legge, e li consegnò perché fossero lapidati.


Da questo passaggio di Giuseppe Flavio, risulta in maniera inequivocabile che il martirio di Giacomo, fratello di Gesù, che era soprannominato Cristo, è da collocarsi nell’anno 62 d.C. essendo imperatore Nerone.

Se Iohannes Malalas avesse trovato questo passaggio nelle Antichità Giudaiche come avrebbe potuto scrivere:

Galbam excepit Lucius Otho qui imperavit menses III…. Hujus sub Imperio D. Jacobus Apostolus, Hierosolymarum Episcopus et Patriarcha, a B. Petro, cum Romam abiit, sui in locum substitutus, interiit : Hierosolymarum vero Episcopatum suscepit Symeon, qui et Simon, ibique sedit Patriarcha.

A Galba successe Lucio Otho che governò tre mesi...Sotto il suo Impero morì l’apostolo Giacomo vescovo e patriarca di Gerusalemme, sostituto di Pietro, quando questi andò a Roma: raccolse l’episcopato di Gerusalemme, Simeone, detto anche Simone, e ivi divenne Patriarca.


Secondo Malalas dunque Giacomo morì nel 69 d.C. essendo imperatore Otho e non nel 62 d.C. (Nerone imperante) come testimonia oggi Giuseppe Flavio.
Che inizialmente il martirio di Giacomo fosse interpolato in una posizione diversa e più vicina alla data della distruzione di Gerusalemme (70 d.C.), risulta in effetti anche da altri passaggi.

Origene (Contra Celsum, I, 47)

Lo stesso autore (Giuseppe) benché egli non riconosca Gesù come il Cristo, ricercando la causa della presa di Gerusalemme e della distruzione del Tempio, non dice in maniera veritiera come avrebbe dovuto fare, che fu l’attentato dei Giudei contro la persona di Gesù che attirò su di essi questa disgrazia, per punizione di aver fatto morire il Cristo che era stato promesso loro: tuttavia egli si avvicina alla verità e rendendogli testimonianza malgrado se stesso, egli attribuisce la rovina di questo popolo alla vendetta che Dio volle fare della morte che essi avevano fatto soffrire a Giacomo il Giusto, uomo di grande virtù. Fratello di Gesù, soprannominato Cristo.

Noto che nel Testimonium Malalasianum (citato in alto) Giuseppe Flavio attribuisce per l’appunto tutte le disgrazie dei Giudei, compresa quindi la distruzione di Gerusalemme, proprio all’attentato dei Giudei contro il Cristo, come nel Testimonium Flavianum Gesù è riconosciuto formalmente come il Cristo, tutto questo malgrado ciò che Origene si permette di affermare.

Di vero c’è che Giuseppe Flavio attribuiva la colpa per la distruzione del Tempio di Gerusalemme e della nazione giudaica tutta al Cristo e ai cristiano-zeloti, esattamente come Tacito (in Sulpicio Severo).

Ancora Origene (Contra Celsum, II,13)

Fu sotto Nerone che i Romani cominciarono ad attaccarla (Gerusalemme) ed essi la presero sotto l’impero di Vespasiano, il cui figlio, Tito, la devastò da cima a fondo, a causa della morte di Giacomo il giusto, fratello di Gesù, denominato Cristo secondo il pensiero di Giuseppe, ma secondo la verità. A causa della morte di Gesù, il Cristo di Dio.


Infine Eusebio che cita esplicitamente un passaggio di questa interpolazione successivamente cancellata (H.E. II, XXIII)

Giacomo era così ammirevole così vantato da tutti a causa della sua giustizia che la gente sensata tra i Giudei pensò che il suo martirio fu la causa dell’assedio che seguì immediatamente: essi credettero che tale calamità non aveva altra ragione che questo audace sacrilegio. Giuseppe del resto non esita a conformarsi a questo giudizio e ne testimonia in questi termini:
Queste disgrazie, arrivarono ai giudei all’occasione del crimine che essi commisero contro Giacomo il Giusto: egli era il fratello di Gesù, detto il Cristo, e i Giudei lo misero a morte malgrado la sua giustizia eminente.


Come può Eusebio dire che il martirio di Giacomo fu la causa dell’assedio di Gerusalemme che seguì immediatamente (70 d.C.) e dopo riportare il passaggio di A.G. in cui risulta che tale martirio avvenne nel 62 d.C.?

La traduzione di Arnauld d’Andilly (che traduco di seguito) nel passaggio relativo a Giacomo presenta un particolare curioso:

Festo essendo morto, Nerone diede il governo della Giudea ad Albino. Il re poi tolse la grande sacrificatura a Giuseppe per darla ad Anano, figlio di Anano.
Anano padre si dice che fu uno degli uomini più felici del mondo; poiché godette di questa dignità per tutto il tempo che ha voluto ed ebbe cinque figli e tutti, dopo di lui, godettero di quell'ufficio; un fatto che non accadde mai ad alcun altro.
Anano, uno di essi di cui noi parliamo adesso, era una persona audace e oltremodo ardita e della scuola dei Sadducei, che, come abbiamo detto, sono i più severi tra i Giudei e i più rigorosi nei loro giudizi. Egli approfittò della morte di Festo e del fatto che Albino non era ancora arrivato per assemblare un consiglio davanti al quale egli fece venire Giacomo, fratello di Gesù, detto il Cristo e qualche altro. Li accusò di essere contravvenuti alla legge e li fece condannare ad essere lapidati. Questa azione dispiacque estremamente a tutti quegli abitanti di Gerusalemme che avevano della pietà ed un vero amore per l’osservazione delle nostre leggi. Essi inviarono segretamente (legati) verso il re Agrippa per pregarlo di ordinare ad Anano di non intraprendere più nulla di simile, non potendosi scusare ciò che egli aveva fatto. Qualcuno tra essi andò davanti ad Albino che era allora partito da Alessandria, per informarlo di ciò che era accaduto e fargli notare che Anano non avrebbe potuto riunire questa assemblea senza il suo permesso. Convinto da queste parole egli scrisse ad Anano con collera e minacce di farlo castigare. Agrippa vedendolo così irritato verso di lui, gli levò la grande sacrificatura che egli aveva esercitato per soli quattro mesi e la affidò a Gesù, figlio di Damneo.
Allorchè Albino fu arrivato a Gerusalemme non ci fu attenzione che egli non intraprese per rendere la calma a questa provincia attraverso la morte di un gran numero di questi briganti.


Questi briganti? Ma dove nel brano che precede Giuseppe Flavio ha parlato di briganti?
Il sospetto è che, prima dell’intervento di un copista cristiano, Giuseppe Flavio parlasse non della lapidazione di Giacomo, fratello di Gesù, detto il Cristo, ammirato da tutti per la sua giustizia ma degli exploit dei briganti-zeloti-cristiani seguaci della setta di Giuda il Galileo.

Saulnier
 
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