Studi sul Cristianesimo Primitivo

Iohannes Malalas e le testimonianze evangeliche in Giuseppe Flavio

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Saulnier
view post Posted on 24/1/2010, 10:51 by: Saulnier     +1   -1




Il link

http://zetesiss.altervista.org/

Qualche considerazione preliminare.
Non ho mai inteso presentare questo topic (che non ha la pretesa di essere un articolo) come un clamoroso scoop.
Da dove si evincerebbe questa informazione?
Se ho proposto questo argomento sul forum è proprio al fine di approfondire alcuni spunti che ritenevo interessanti e stimolare la curiosità degli altri utenti.
Risultato evidentemente non raggiunto qui, in quanto gli interrogativi proposti sono rimasti senza risposta e non vi è stato approfondimento da parte di alcuno.
Al contrario il commento di Frances va esattamente nella direzione che auspicavo e ringrazio Jeouhudda (oltre a Frances per averlo scritto) per avermelo segnalato.

Non posso certo negare che quanto da me scritto sia ‘frettoloso’ e ‘impreciso’ perché le cose stanno effettivamente così, tuttavia, a mio modo di vedere, più che sufficiente allo scopo che mi ero prefisso: far presente come Iohannes Malalas che scriveva al VI secolo, pur conoscendo Giuseppe Flavio, ignorasse le tre testimonianze ‘evangeliche’ dello storico giudeo, o, in un caso almeno, (il TF) le conosceva in una forma molto differente da quella che troviamo attualmente, il che, a mio modo di vedere è un forte indizio di non-genuinità per tutti e tre i testimonia (quantomeno nell’aspetto in cui essi oggi si presentano).

Non ho mai scambiato la traduzione latina, alla quale mi sono riferito, con un’antica versione latina della Chronografia di Malalas, in quanto io stesso ho specificato nella premessa del post che l’opera di Malalas ci è stata trasmessa attraverso un unico manoscritto, il Baroccianus dell’XI secolo.
Il motivo, banale, per il quale mi sono riferito ad una traduzione latina piuttosto che all’originale greco è che (per il momento almeno) non sono in grado di leggere il greco, mancanza alla quale conto di rimediare quanto prima.
Naturalmente non ho problemi nel riconoscere che un’analisi approfondita del testo di Malalas (che non ho mai avuto la pretesa di affrontare) non può prescindere dalla conoscenza della lingua greca.
Da cui deriva per forza di cose il mio breve e senza dubbio lacunoso commento al Testimonium di Malalas, che mi permetto tuttavia di confermare in pieno.

CITAZIONE
Rileviamo che il Testimonium Flavianum, nella copia che egli aveva a disposizione delle Antichità Giudaiche, era molto diverso dalla versione che leggiamo oggi.

Se è vero che delle Antichità Giudaiche che aveva inteso parlare Malalas, cosa tutt’altro che scontata.
Riguardo la traduzione latina che ho seguito ritengo utile fare le seguenti considerazioni.

Il primo a scoprire in Malalas l’autore della Chronografia contenuta in un codice (tra quelli di Francis Barocci) conservato nella biblioteca Bodleiana di Oxford, fu l’erudito Gregory, a cui la cui morte, sopravvenuta nel 1648, impedì di completare l’edizione dell’opera che stava preparando.
Ereditò l’incombenza di questo lavoro Edmund Chilmead, altro erudito dell’epoca, il quale provvide a tradurre l’opera in latino e ad annotarla. Chilmead morì nel 1654 senza vedere la sua opera pubblicata. Solo nel 1691 grazie alle cure di Mills ed Hody, il lavoro di Chilmead, che costituisce l’editio princeps della Chronographia di Malalas fu pubblicato con il testo greco e la sua traduzione latina in colonne parallele (con le note di Chilmead a fondo pagina).
Questa è la prima traduzione latina effettuata sul Baroccianus, traduzione che l’edizione di Dindorf del 1831 ha semplicemente ripreso.
Meriti e colpe sulla traduzione latina della Chronografia spettano dunque a Chilmead piuttosto che ai curatori dell’edizione del 1831.
Peraltro l’editio princeps del 1691 è on line qui:

http://books.google.it/books?id=OYo-AAAAcAAJ&pg=PA10&dq

Su eventuali traduzioni latine della Chronografia di Malalas, avvenute in epoca anteriore, segnalo a Frances qualora non la conoscesse un’opera latina venuta alla ribalta in tempi recenti, il Laterculus Malalianus.
Il testo latino dell’opera è conservato in due manoscritti, il più importante è il Pal. Lat. 277, scritto probabilmente a Roma all’inizio dell’ottavo secolo e conservato nella Biblioteca Apostolica Vaticana. Il secondo manoscritto, il Voss.misc.11 si trova a Leiden e risale agli inizi del nono secolo.
Il primo a pubblicare il Laterculus Malalianus, con il nome di Chronicon Palatinum, fu Angelo Mai nel 1843 nel nono volume dello Spicilegium romanum.

www.archive.org/details/spicilegiumroma00romgoog

L’opera fu poi ripubblicata da Mommsen alla fine dell’800.
La ‘source’ principale di questa opera è, come il titolo stesso suggerisce, la Chronographia di Malalas ed in particolare la parte del libro X della Chronografia afferente alla vita di Cristo (regno di Tiberio).
Dunque il Laterculus costituisce la testimonianza manoscritta più antica dell’opera di Malalas e la sua importanza si è ancora accresciuta grazie al recente lavoro (1995) di Jane Stevenson (The Laterculus Malalianus and the school of Archbishop Theodore).
Secondo la Stevenson l’autore del Laterculus sarebbe l’arcivescovo di Canterbury Teodoro, che al settimo secolo, avrebbe tradotto in latino ed utilizzato la Chronografia di Malalas nella sua opera.
Ed ecco cosa ci dice l’autrice:

Il Laterculus ha obiettivi molto differenti dalla Chronographia. Il libro 10 dei 18 libri di Malalas concerne la vita ed i tempi di Cristo ed è parte di questo libro che è riprodotta dall’autore latino.
Il libro 10 può essere descritto come un intelligente sincronismo tra i vangeli ed i fasti consolari: ovvero, la biografia di Gesù Cristo viene derivata da una sintesi di tutti e quattro i Vangeli ed è ancorata storicamente ai regni degli imperatori Romani, ai consoli, ai procuratori di Siria e alle altre maggiori figure politiche della storia imperiale. Quello che fa l’autore del Laterculus è tradurre il racconto storico di Malalas della vita di Cristo dalla sua nascita alla sua assunzione in cielo, la qualcosa costituisce la prima metà del suo testo (il Laterculus) dopodiché tralascia completamente la Chronographia per discutere il significato degli eventi appena descritti.
...
Il testo della Chronographia usato dall’autore del Laterculus (che è una delle più antiche testimonianze dell’opera di Malalas) ha alcuni aspetti in comune con il Codex Baroccianus, l’unico manoscritto completo della Chronographia. …
Ma mentre il Codex Baroccianus è talvolta lacunoso, il Laterculus sembra aver attinto ad un testo che era completo o quasi, a giudicare da altre testimonianze di porzioni mancanti della Chronographia, e dalle inclusioni nel Laterculus dei nomi ed i regni degli imperatori che sono mancanti nella Chronographia conservata nel Baroccianus...

La prima impressione che si ricava dalla traduzione di Malalas nel Laterculus è che essa sia terribilmente letterale. Nella misura in cui il Laterculus è basato sulla Chronographia di Malalas, esso aderisce perfettamente alla sua fonte, sebbene l’autore si senta libero di interpolare materiale aggiuntivo. La sua tecnica di traduzione non è coerente. Alcune frasi sono ricostruite in una forma latina, con limitazioni legate alla sua comprensione del linguaggio. Altrove si traducono interi brani parola per parola, mantenendo i costrutti originali e producendo un risultato che è effettivamente un compromesso tra i due linguaggi. Caratteristiche della sintassi Greca, come le preposizioni di genitivo assoluto, si sono mantenute intatte nel passaggio dalla Chronographia al Laterculus. Molte frasi curiose nella sezione malaliana del Laterculus possono essere spiegate guardando al Greco.


Purtroppo il TF nella Chronografia di Malalas, era inserito durante l’impero di Claudio e non è stato dunque incluso nel Laterculus. Dei tre passaggi ‘evangelici’ in Giuseppe Flavio, solo di uno, quello riguardante Giovanni Battista possiamo trovare qualche informazione, ed ecco precisamente cosa leggiamo nel Laterculus:

Ex quo et Iohannes Baptista clarus factus est hominibus; quem et decollavit Herodes in carcere, in Sebastia urbe, IIII. Kal. Septembris, sub consolatu Flaconis et Rufini, propter Herodiam uxorem Philippi fratris sui, eo quod inlicite duxerat eam, sicut scriptum est.

Secondo Malalas dunque, Giovanni Battista fu rinchiuso nel carcere di Sebasta e ivi decapitato per ordine di Erode Antipa.
Peraltro è proprio a Sebasta che, secondo la testimonianza di diversi padri della Chiesa, furono dispersi i resti di Giovanni Battista, dall’imperatore Giuliano nell’agosto del 362 d.C. (questione capitale che merita di essere approfondita a parte).

Volevo però a questo punto tornare sul TF in Malalas.
Riporto di seguito la traduzione di Frances sul testo greco e quella mia dal latino di Chilmead.

Traduzione di Frances
E da quel momento iniziò la rovina dei Giudei, come scrisse queste cose il filosofo ebreo Giuseppe, avendo (egli) inoltre detto questo, che da quando Gesù, che era uomo buono e giusto, fu crocifisso - se è veramente necessario chiamarlo uomo e non Dio, la sofferenza non abbandonò la Giudea. Lo stesso Giuseppe incluse queste cose contro i Giudei nei suoi scritti giudaici.

Traduzione mia su Chilmead
Da qui ebbero inizio i tempi fatali dei Giudei : come testimoniato da Giuseppe, filosofo ebreo, nei suoi scritti ; il quale inoltre le seguenti cose ci trasmise : Giammai i Giudei ebbero tregua dalle loro calamità, dal momento in cui misero in croce Gesù; quell’uomo buono e giusto, se pure è permesso chiamarlo Uomo (disse) e non piuttosto Dio, giacché tale egli fu. Queste cose quel Giuseppe Giudeo lasciò scritte nei suoi libri sulle Antichità Giudaiche.


Giustamente Frances mette in luce le scarse possibilità che quanto riportato da Malalas sia una citazione letterale di Giuseppe Flavio. Oltre a ciò rilevo tra le due traduzioni tre differenze degne di nota.

1) Il qui talis fuerit, assente nel testo greco ed evidentemente una glossa di Chilmead

2) La traduzione latina di Chillmead sembra identificare in Antichità Giudaiche, l’opera di Giuseppe Flavio nelle quali l’autore ebreo avrebbe scritto queste cose, ma dal testo greco non risulta tale informazione, al contrario si parla più generalmente di ‘scritti giudaici’, Chilmead probabilmente ingannato dal fatto che attualmente il TF è in Antichità Giudaiche, ha inferito nella sua traduzione un’informazione originariamente non presente nel testo.

3) Nella traduzione proposta da Frances, Gesù ‘fu crocifisso’ mentre nella traduzione latina di Chilmead sono i Giudei che crocifiggono Gesù.

La questione 3) naturalmente è di capitale importanza per confermare l’origine spuria di questa frase ma soprattutto per tentare di dedurne la provenienza.
Mi pare che il testo greco dica effettivamente che furono i Giudei a crocifiggere Gesù (chiedo naturalmente conferma a chi ne sa più di me) e che in questo caso quindi sia da preferire la traduzione di Chilmead a quella di Frances.
L’obiettivo dell’interpolazione naturalmente fu, come detto da Frances, quello di far ricadere sui Giudei la responsabilità per la morte del Cristo, un tema per l’appunto abusato dai padri della Chiesa. Che Giuseppe Flavio possa aver detto una cosa simile è semplicemente ridicolo ed è quanto formalmente negato da Origene (Contra Celsum, I, 47).

Lo stesso autore (Giuseppe) benché egli non riconosca Gesù come il Cristo, ricercando la causa della presa di Gerusalemme e della distruzione del Tempio, non dice in maniera veritiera come avrebbe dovuto fare, che fu l’attentato dei Giudei contro la persona di Gesù che attirò su di essi questa disgrazia, per punizione di aver fatto morire il Cristo che era stato promesso loro.

D’altra parte sembrerebbe che Malalas disponesse di un testo di Giuseppe Flavio (interpolato evidentemente) in cui era scritto che furono i Giudei a crocifiggere Gesù e che tutte le calamità che successivamente capitarono al popolo giudaico furono causate da questo atto terribile che essi osarono perpetrare.
In effetti una conferma dell’esistenza di un’opera di Giuseppe Flavio di questo tipo la troviamo in Theophylactus da Ochrida, vescovo bulgaro (XI-XII secolo). Nel Commentarius in Joannis Evangelium (PG Migne 124) leggiamo:

come testimoniato da Giuseppe, queste cose accaddero ai Giudei a causa della morte di Gesù.

Citazione altrimenti incomprensibile.
Addirittura il “Cronografo dell’anno 1512” (Polnoje sobranije russkich letopisei, vol xxii, St.Petersburg 1911) il cui testo russo è stato riprodotto da Eisler in Iesous Basileus (edizione tedesca, p.429) scrive:

Questo Giuseppe, sebbene ciò che scrisse non testimoni che egli abbia completamente accettato la fede in Cristo, è ancora encomiabile nei suoi scritti, poiché egli ha detto la verità sulla cattura di Gerusalemme testimoniando che questa catastrofe accadde ai Giudei a causa del Cristo e secondo la profezia di Cristo.


La provenienza geografica di queste citazioni tende già ad indirizzare la ricerca dell'opera flaviana in questione.
In effetti, in quale opera sono esplicitamente i Giudei a crocifiggere Gesù e non i romani?
Naturalmente nella versione russoantica delle Guerre Giudaiche, nella interpolazione cristiana che chiude quello che Frances ha ribattezzato il Testimonium Slavorum.

I dottori della Legge furono di nuovo presi dall’invidia contro di lui e offrirono trenta talenti a Pilato per poterlo uccidere. Questi li accettò e permise che attuassero loro stessi ciò che desideravano. Cercavano quindi il momento adatto per ucciderlo. Avevano infatti dato precedentemente a Pilato trenta talenti affinché consegnassero loro Gesù. Ed essi lo crocifissero contro la legge dei padri e lo derisero grandemente.

E che il Cronografo russo si voglia riferire proprio all’Halosis è confermato dal fatto che subito dopo cita la vicenda di Mannaeus, il figlio di Lazzaro, vicenda che è effettivamente narrata proprio nell’Halosis (ancora un’interpolazione cristiana).
A mio modo di vedere è con il testo dell’Halosis (il TS) che va confrontato il Testimoniun Malalianum piuttosto che con il textus receptus di Antichità Giudaiche, la quale è un’opera che Malalas dimostra di ignorare (almeno per quel che riguarda le testimonianze evangeliche flaviane) ed è una versione dell’Halosis che aveva davanti Malalas quando scrisse la sua Cronografia, una versione naturalmente diversa da quella che abbiamo oggi a disposizione.
Una conferma indiretta a quanto sopra affermato, ci viene dal passaggio del Chronicon Paschale (VII secolo) sulla morte di Giacomo. Gli autori del Chronicon senza dubbio conoscono ed utilizzano la Chronographia di Malalas. Il Chronicon, come Malalas e contro Antichità Giudaiche, pone la morte di Giacomo, fratello del Signore, nel 69 d.C. ed aggiunge poco dopo un particolare interessante, (anche qui e per gli stessi motivi ho fatto riferimento ad una traduzione latina) concernente questa morte citando espressamente il libro V dell’Halosis (e non del Polemos).

Riferisce Giuseppe nel libro V delle Guerre Giudaiche, che avvenne la conquista dei Giudei nell’anno III di Vespasiano, vale a dire 40 anni dopo il crimine verso Gesù: in quei tempi, dice, uccisero anche Giacomo, fratello del Signore, vescovo di Gerusalemme, da essi scaraventato giù dall’alto, e lapidato.

Mi chiedo se questo dettaglio possa provenire da Malalas o dall’opera di Giuseppe Flavio che Malalas consultava e quindi, se la mia ipotesi fosse veritiera, proprio dall’Halosis.

Adesso, appurato che la possibilità che la frase di Giuseppe Flavio citata da Malalas, non ha possibilità alcuna di essere stata scritta dallo storico Giudeo, resta da chiedersi se l’interpolatore cristiano abbia semplicemente inserito questa frase nel testo o piuttosto abbia trasformato un brano esistente travisandone completamente il senso.

Giuseppe (secondo Malalas)

da quando i Giudei crocifissero Gesù, che era uomo buono e giusto– se è veramente necessario chiamarlo uomo e non Dio, la sofferenza non abbandonò la Giudea.


Giuseppe (secondo Theophylactus)

queste cose accaddero ai Giudei a causa della morte di Gesù.

Giuseppe (secondo il Cronografo Russo).

poiché egli ha detto la verità sulla cattura di Gerusalemme testimoniando che questa catastrofe accadde ai Giudei a causa del Cristo e secondo la profezia di Cristo.

Ora secondo Giuseppe Flavio, di chi furono in realtà le colpe di tutte le disgrazie dei Giudei che culminarono nella distruzione di Gerusalemme e del Tempio?
Lo sappiamo, naturalmente, degli zeloti e del loro fanatismo.
In quale maniera lo scriba cristiano può aver trasformato il testo flaviano?
Il sospetto è che nel TF originario, Giuseppe Flavio, parlasse degli exploit del Cristo zelota (culminati con la sua crocifissione) e dei suoi partigiani, e attribuisse a questa setta la causa di tutte le calamità sopravvenute ai Giudei fino alla distruzione di Gerusalemme (come altrove li attribuisce alla setta zelota di Giuda il Galileo che di fatto, secondo me, coincide con quella cristiana del I secolo).
Ora che Giuseppe Flavio possa aver detto che “questa catastrofe accadde ai Giudei a causa del Cristo” è assolutamente plausibile ed ha perfettamente senso nella bocca di Giuseppe purché si intenda il Cristo come uno dei leader, il principale probabilmente, del movimento rivoluzionario-zelota che insanguinò la Palestina nel corso del primo secolo e non a causa del fatto che i Giudei crocifissero Gesù (che non ha nessun senso in una testimonianza di Giuseppe Flavio).
Che Giuseppe possa aver fatto un’affermazione del genere non può sorprendere soprattutto conoscendo il testo di Sulpicio Severo (Chronica 2.30.6-79) che molto probabilmente proviene da Tacito e che ci dice a proposito della distruzione del Tempio di Gerusalemme ad opera di Tito.

Si dice che Tito prima di tutto considerò, convocando un consiglio di guerra, se fosse necessario distruggere un Tempio di tale fattura. Poiché sembrava giusto a qualcuno che un Tempio consacrato, distinto dalle cose umane, non dovesse essere distrutto, poiché esso sarebbe dovuto servire come testimonianza alla moderazione romana, mentre la sua distruzione avrebbe rappresentato un marchio perpetuo di crudeltà.
Ma altri, al contrario, tra i quali lo stesso Tito discordavano. Essi argomentavano che la distruzione del Tempio era una priorità al fine di distruggere completamente la religione dei Giudei e dei Cristiani, poiché, sebbene tra loro in conflitto, esse nondimeno si sono sviluppate dagli stessi autori. I Cristiani hanno origine dai Giudei: con la radice rimossa, il germoglio viene ucciso facilmente.


Tito, nel frammento di Tacito preservato da Sulpicio Severo, considera i cristiani come i principali promotori della guerra giudaica. Una setta giudaica da estirpare (radice sublata stirpem facile perituram) una definizione che ben si addice all’exitiabilis superstitio che troviamo altrove.
La radice (i Giudei ed il Tempio) va rimossa al fine di uccidere il germoglio (i Cristiani).

Se il Tempio è stato distrutto a causa dei cristiano-zeloti (secondo Sulpicio Severo-Tacito) non può sorprendere che anche Giuseppe Flavio abbia affermato che “questa catastrofe accadde ai Giudei a causa del Cristo” e dei suoi partigiani (Eleazar e compagni).
Il modo di operare dello scriba cristiano d’altronde è quello classico .
Una vicenda vera viene completamente travisata e trasformata in senso ‘cristiano’.
Gli esempi si sprecano (Orosio è un maestro assoluto) e molti li ho già riportati in altri topic ma vale la pena rielencarli anche qui.
Orosio, praticamente contemporaneo di Sulpicio Severo, nel libro VII, delle Historiarum Adversum Paganos ci dice:

Quando Tito finalmente ebbe il controllo su di esso, la costruzione e l’antichità del Tempio conquistarono la sua ammirazione. Egli rimase per qualche tempo indeciso se bruciarlo poiché la sua sopravvivenza avrebbe incoraggiato il nemico o se preservarlo in memoria della sua vittoria. Ma ora che la Chiesa di Dio era già riccamente sbocciata in tutto il mondo, fu la volontà di Dio a decidere che questo edificio dovesse essere rimosso come un guscio vuoto sopravvissuto alla propria utilità.

Il riferimento ai cristiani sparisce dal testo di Orosio ed il Tempio viene distrutto per volontà di Dio poiché la Chiesa era già riccamente sbocciata in tutto il mondo.
Ancora sul Tempio di Gerusalemme, stavolta ai tempi dell’ultima rivolta giudaica (132 d.C) Sulpicio Severo (Libro II, cap.XXXI) :

Poi sotto Adriano i Giudei tentarono di ribellarsi e tentarono di saccheggiare sia la Siria che la Palestina, ma essendo stato mandato un esercito contro di loro, essi furono soggiogati.
In quel momento Adriano, pensando che avrebbe distrutto la fede cristiana infliggendogli un danno sul luogo, piazzò delle immagini di demoni, sia nel tempio, sia nel luogo in cui il Signore aveva sofferto. E poiché i cristiani erano creduti essere una setta composta principalmente di ebrei (infatti la chiesa di Gerusalemme di allora non aveva un sacerdote non circonciso), ordinò che una coorte di soldati montasse una guardia costante al fine di evitare a tutti i Giudei di avvicinarsi a Gerusalemme. Questo, invece piuttosto beneficiò alla fede cristiana, perché quasi tutti dopo crederono in Cristo come Dio, pur continuando nel rispetto della legge.


Secondo la cronaca di Severo i Giudei erano già stati soggiogati quando Adriano, con l’obiettivo di distruggere la setta cristiana, ordinò di piazzare statue di demoni nel Tempio di Gerusalemme.
Non solo, ancora una volta per punire i Cristiani, Adriano colpisce tutti i Giudei, interdicendo loro l’ingresso a Gerusalemme. Sappiamo come è finita. Gerusalemme rasa al suolo e dispersione del popolo ebraico.

Analizziamo a questo punto la vicenda come narrata da Orosio (Libro VII, 13), per vedere in quale maniera il monaco spagnolo utilizza le fonti che ha a disposizione sulla questione.

Egli (Adriano) governò lo stato in maniera giusta e condusse una guerra vittoriosa contro i Sauromati. In un massacro finale egli soggiogò i Giudei, i quali, eccitati dai disordini causati dai propri crimini, stavano saccheggiando la provincia palestinese, che una volta era stata loro. In questa maniera egli vendicò i Cristiani, che i Giudei, sotto il comando di Cocheba, stavano torturando in quanto essi non si univano a loro contro i Romani. L’imperatore diede l’ordine che a nessun Giudeo fosse consentito di entrare in Gerusalemme e che ai soli Cristiani fosse permesso di occupare la città. Egli la restaurò in tale maniera in grande prosperità ricostruendo le mura e nominandola Aelia, dal suo primo nome.

Orosio afferma esattamente il contrario di quanto detto da Sulpicio Severo. Adriano vendicò i Cristiani che i Giudei, sotto il comando di Cocheba, stavano torturando in quanto essi non si univano a loro contro i Romani (Giustino Martire, Apologia I, 31 docet). Lungi dall’aver voluto punire i Cristiani, al contrario Adriano ingiunse che ai soli Cristiani fosse consentito di occupare la città di Gerusalemme.

Ancora Orosio, in Historiarum Adversum Paganos, Liber VII, 6

Nel nono anno del suo regno, Claudio espulse i Giudei da Roma. Sia Giuseppe che Svetonio registrarono questo evento, ma io preferisco comunque, la narrazione del secondo, che ci dice “Claudius Iudaeos impulsore Christo adsidue tumultuantes Roma expulit”. Di fatto non si capisce se Claudio represse e arrestò dei Giudei che provocavano tumulti contro il Cristo o se egli voleva espellere anche i Cristiani quali membri di una religione alleata.


Per Orosio impulsore Christo può tranquillamente diventare contra Christum e non si capisce più se i Giudei si ribellano al giogo romano in quello che fu un movimento cristiano-messianista o piuttosto se essi (i Giudei) provocarono tumulti contro i cristiani a Roma e per questo furono espulsi.
Claudio dunque, secondo Orosio, non avrebbe espulso i giudeo-cristiani da Roma, al contrario, li avrebbe protetti dagli attacchi dei malvagi Giudei. Questo il senso vero della recita di Svetonio secondo Orosio.

Per adesso mi fermo qui.
Inutile dirlo, tutti questi esempi di contraffazione storica ‘cristiana’ non possono dimostrare che anche per il TF in Malalas sia avvenuto qualcosa di analogo, ma rendono senz’altro questa ipotesi molto più verosimile di quanto all’apparenza possa sembrare (soprattutto per chi immagina un cristianesimo 'evangelico-paolino' al primo secolo)

Saulnier
 
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15 replies since 16/1/2010, 18:06   1570 views
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