Studi sul Cristianesimo Primitivo

non ci indurre in tentazione

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_viandante_
view post Posted on 9/2/2010, 19:36     +1   -1




credo che la CEI abbia cambiato la traduzione del passo del Padre nostro che diceva:

"non ci indurre in tentazione..."

in

"non abbandonarci nella tentazione..."

è corretta come traduzione?


grazie

cari saluti.
 
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view post Posted on 9/2/2010, 23:27     +1   -1
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La traduzione di per sé andrebbe anche bene, il punto è che quelle parole non furono pronunciate in greco, ma verosimilmente in aramaico. La riflessione che si potrebbe fare è la seguente: si prenda ad es, Gn 22,1

1 וַיְהִ֗י אַחַר֙ הַדְּבָרִ֣ים הָאֵ֔לֶּה וְהָ֣אֱלֹהִ֔ים נִסָּ֖ה אֶת־אַבְרָהָ֑ם וַיֹּ֣אמֶר אֵלָ֔יו אַבְרָהָ֖ם וַיֹּ֥אמֶר הִנֵּֽנִי׃

22 1 Καὶ ἐγένετο μετὰ τὰ ῥήματα ταῦτα ὁ θεὸς ἐπείραζεν τὸν Αβρααμ καὶ εἶπεν πρὸς αὐτόν Αβρααμ, Αβρααμ· ὁ δὲ εἶπεν ᾿Ιδοὺ ἐγώ

La cosa è interessante perché πειραζω rende נסה, il che vuol dire che i LXX risolvono la polisemia tentare/mettere alla prova scegliendo il primo senso. Non è escluso che in Mt sia accaduta la stessa cosa, anche se non c'è il verbo ma il corrispondente sostantivo. Se alla base c'è lo stesso verbo נסה il senso sarebbe piuttosto "non condurci nella prova", cioè non lasciare che siamo messi alla prova, il che è anche più accettabile dal punto di vista teologico, visto che Gc 1,13 sostiene che Dio non tenta nessuno.
I Padri non arrivarono comunque a queste sottigliezze e quindi si arrampicano sugli specchi per ammorbidire questo brano che suona molto duro nel testo greco.
Ciao,

 
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view post Posted on 10/2/2010, 14:22     +1   -1
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CITAZIONE (Teodoro Studita @ 9/2/2010, 23:27)
Se alla base c'è lo stesso verbo נסה il senso sarebbe piuttosto "non condurci nella prova", cioè non lasciare che siamo messi alla prova, il che è anche più accettabile dal punto di vista teologico, visto che Gc 1,13 sostiene che Dio non tenta nessuno.

In agiunta a quanto esposto da Teodoro, credo che oltre al parallelo con Gn credo si possa considerare anche un particolare contesto evangelico di preghiera gesuana. La notte al Getsemani Gesù si ritira a pregare (Mc 14, 36ss.) e chiede, se mai fosse possibile, che Dio allontani da lui la prova:<<abbà, Padre! Tutto è possibile a te, allontana da me questo calice>> poco prima del "sia fatta la tua volontà" (<<però non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu>>) ed esorta i discepoli a fare lo stesso, dicendo loro: <<vegliate e pregate per non entrare in tentazione>>.

Credo che il Padre Nostro riporti correttamente questa richiesta al Padre di "allontanare da noi la prova", cioè di "non entrare in tentazione".

Ciao,
Talità


 
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_viandante_
view post Posted on 11/2/2010, 14:04     +1   -1




ma allora.... per 2009 anni sapevate della traduzione sbagliata...

ma allora..... chissà mai quante altre traduzioni non sono vere...


cari saluti...
 
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view post Posted on 11/2/2010, 14:42     +1   -1
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Beata ingenuità, i cacciatori di scoop contro la Chiesa-strega-cattiva mi fanno solo tenerezza. Non ci sono traduzioni sbagliate e traduzioni giuste, ma solo traduzioni che per loro stessa definizione non possono che rendere una parte del senso originale. Entrambe quelle proposte hanno pregi e difetti, ciò di cui tu non tieni minimamente conto sono i livelli letterari del testo che si stratificano e si canonizzano nell'uso liturgico, in quello pastorale, o si decompongono in un'analisi critica. Ad esempio qui abbiamo:

- Ipsissima vox Iesu (ciò che disse Gesù, in aramaico)
- Ciò che trascrisse l'agiografo (e non è detto che è il testo che abbiamo)
- La sua eventuale traduzione in greco
- Il ramo latino della tradizione
- Il testo critico
- Il testo liturgico (in questo caso coincide con quello critico)
- Le traduzioni vernacolari

Ognuno di questi livelli veicola un contenuto, ma non è affatto detto che questo resti identico nel processo di trasmissione. Ogni testo liturgico, ad esempio, è un testo vivo, che gode di autonomia propria legata al preciso contesto storico e geografico in cui viene di volta in volta utilizzato. A quale siamo interessati? La versione della CEI ha un uso prevalentemente liturgico-pastorale, pertanto non può ignorare l'uso bimillenario della preghiera del Signore nella versione latina "et ne nos inducas in tentatione". È questo che determina la scelta traduttiva, e come tale non è criticabile. Se non ci si interroga su quali sono le finalità di una traduzione non può far altro che prendere fischi per fiaschi e vedere truffe e raggiri ovunque, quando è totalmente pacifico che si parla di un testo pluristratificato e che può essere visto con più chiavi di lettura. Non c'è nulla di misterioso o di segreto, chiunque studia questa roba conosce perfettamente questi principi generali.

CITAZIONE
ma allora..... chissà mai quante altre traduzioni non sono vere...

Semplice: nessuna, né potrebbe essere diversamente. Ogni traduttore sceglie i suoi criteri in base alla finalità dell'opera, al pubblico che la leggerà, al contesto in cui verrà letta. Se cambiano questi elementi possono cambiare i criteri e così il testo. Non c'è alcuno scandalo, le traduzioni funzionano così. Se il sistema non ti piace puoi benissimo fare una collazione di 100 traduzioni e percepire così il maggior numero di sfumature oppure, molto più banalmente (ed efficacemente) leggere il testo in greco.
Cià.

 
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Hard-Rain
view post Posted on 11/2/2010, 17:36     +1   -1




QUOTE
ma allora.... per 2009 anni sapevate della traduzione sbagliata...

ma allora..... chissà mai quante altre traduzioni non sono vere...

Prova a studiare un po' di greco e a leggere qualche autore e ti renderai subito conto di quali differenze esistano tra l'italiano moderno e il greco antico e di come sia difficile anche rendere l'idea da una lingua ad un'altra. Peraltro il greco dei vangeli a parte alcuni semitismi è anche meno impegnativo di quello di altri autori dello stesso periodo.
 
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_viandante_
view post Posted on 11/2/2010, 22:02     +1   -1




avevo fatto una domanda specifica su quello che voi sapete e studiate e mi avete dato una risposta do fede....

grazie comunque....

cari saluti.
 
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Hard-Rain
view post Posted on 12/2/2010, 07:51     +1   -1




QUOTE
avevo fatto una domanda specifica su quello che voi sapete e studiate e mi avete dato una risposta do fede....

Il mio piccolo suggerimento è comunque quello di provare a entrare nella logica della lingua originale. Solo così si può comprendere la portata del problema.
 
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_viandante_
view post Posted on 12/2/2010, 19:24     +1   -1




CITAZIONE (Teodoro Studita @ 11/2/2010, 14:42)
Beata ingenuità, i cacciatori di scoop contro la Chiesa-strega-cattiva mi fanno solo tenerezza.

Ogni traduttore sceglie i suoi criteri in base alla finalità dell'opera, al pubblico che la leggerà, al contesto in cui verrà letta. Se cambiano questi elementi possono cambiare i criteri e così il testo.

incredibile...
grazie per il complimento di genuinità (beati i poveri in spirito).
Non sono cacciatore di scoop... ah!ah!ah! o mi conosci così bene? oppure sai ilmio percorso spirituale? ah!ah!ah!

eppure in un Vangelo c'è anche scritto, vado a memoria, "se qualcuno cambia anche solo una parola..."

OGNI TRADUTTORE SCEGLIE I SUOI CRITERI IN BASE ALLA FINALITA' ????????????

incredibile.... ma vero!

incredibile....

cari saluti.
 
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Serveto
view post Posted on 12/2/2010, 21:11     +1   -1




Caro viandante,

CITAZIONE
OGNI TRADUTTORE SCEGLIE I SUOI CRITERI IN BASE ALLA FINALITA' ????????????

incredibile.... ma vero!

Credo (spero) che ci si riferisca semplicemente alla "finalità" intesa come target, un conto è una traduzione da leggere in chiesa con canti e incensi, un conto è un traduzione rivolta ai bambini, un conto è una traduzione rivolta ad un pubblico di accademici... ovviamente il traduttore "calibrerà" il suo linguaggio secondo quello dell'ipotetico lettore. Qualcuno ha detto che il traduttore è "servitore di due padroni", nel senso che deve onorare tanto la lingua di partenza che quella d'arrivo, e non è sempre facile!

Shalom
 
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_viandante_
view post Posted on 14/2/2010, 18:37     +1   -1




qual'è l'esatta traduzione?

ì lecito supporre che altre parti del Vangelo siano state mal tradotte?

domande chiare risposte oscure...

cari saluti.
 
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Serveto
view post Posted on 14/2/2010, 18:58     +1   -1




Caro Viandante,

CITAZIONE
qual'è l'esatta traduzione?

La risposta ti sembrerà oscura... ma sono esatte entrambe! Dipende solo dalla logica che seguiamo, se traduciamo con un'equivalenza formale (ricalcando il più possibile parola per parola il testo) o con un'equivalenza dinamica, cercando di rendere piuttosto il senso della frase nella lingua di arrivo.

Da un punto di vista formale la traduzione più "letterale" è certamente "non ci condurre, far entrare, in tentazione" in cui Dio sembra l'agente attivo di questo "condurre". Ma non è esatamente quella l'idea che è trasmessa dal testo, piuttosto l'idea è quella di un "imperativo di tolleranza" (come lo definiscono alcuni) un modo verbale connotante un permesso. Se inteso in questo senso allora l'idea suggerita è quella della CEI2009 "non abbandonarci nella tentazione" cioè "non permettere che entriamo in tentazione".

Il traduttore, anche a seconda del contesto e della comprensione del testo, può scegliere quale logca tradutti usare (formale o dinamica) e quell'espressioni che a suo guidizio ritiene esprima meglio il senso del passo.

Shalom

 
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Hard-Rain
view post Posted on 14/2/2010, 19:50     +1   -1




CITAZIONE
se traduciamo con un'equivalenza formale (ricalcando il più possibile parola per parola il testo) o con un'equivalenza dinamica, cercando di rendere piuttosto il senso della frase nella lingua di arrivo.

In molti casi tradurre parola per parola è virtualmente impossibile: non si capirebbe niente. Dipende da quanto ancora il brano da tradurre è abbastanza semplice e per un caso fortuito ricalca la sintassi e la semantica della nostra lingua. Nel Nuovo Testamento in diverse parti dei vangeli è ancora possibile quasi produrre una traduzione letterale, quasi parola per parola. Con le lettere di Paolo già la situazione inizia a complicarsi. Il fenomeno è incostante: ci sono dei capitoli delle Diatribe di Epitteto che è virtualmente impossibile tradurre alla lettera, rispettando le parole: non si capirebbe niente. Viceversa vi sono dei capitoli che sono più vicini alla sintassi italiana e coesistono con i capitoli più "complicati" (complicati è un anacronismo.... ovviamente....). Il primo compito di un interprete è innanzitutto quello di capire il senso del discorso. Non serve a niente sapere a memoria il paradigma di un verbo stranissimo se poi non si ha una minima idea di base del significato delle parole più importanti e si brancola nel buio più totale sulla semantica del testo. Anche perchè la logica delle parole in una lingua sintetica come il greco è la base di tutto. E' il senso delle parole che aiuta a stabilire chi di volta in volta è il soggetto, qual è l'oggetto di un infinito o il suo soggetto, il senso della sintassi è determinato dal contesto. Si tratta di un sistema in retroazione: se la sintassi è la base per impostare l'analisi del senso del testo (semantica), d'altra parte la semantica mi definisce i rapporti sintattici nelle varie frasi. La sintassi greca è molto libera perchè è una lingua basata sul concetto di "caso", come il latino e altre lingue antiche. Questo fa sì che tutto il senso del discorso "piloti" e "orienti" la struttura grammaticale delle varie frasi. Sarebbe bello fare dei piccoli esercizi di traduzione per far vedere qual è il genere del problema e gli errori che si possono commettere. Comunque una "interlineare" ad esempio già di un Epitteto o degli autori classici non so come si potrebbero fare: farebbero sorridere. Scordiamoci che in questi autori più complessi si possa prendere il testo e tradurre alla lettera come in αρχη (= inizio) του (= del) ευαγγελιου (= vangelo) καθως (= come) γεγραπται (= è scritto) εν (in) τωι Ησαιαι (Isaia), raccattando alla fine le parole tradotte con una corrispondenza 1:1 con la lingua italiana: "Inizio del vangelo, come è scritto in Isaia, etc...". Altro scherzetto della lingua greca: particolarmente quella che tende a riprodurre il parlato, come appunto le "Diatribe" di Epitteto, è piena zeppa di ellissi [1] e di richiami anaforici o cataforici basati sui pronomi ουτος ed εκεινος, chi traduce deve costantemente tenere conto di questo andamento non di rado ellittico, indovinare dove per la nostra comprensione deve essere aggiunto qualche verbo che manca in greco (dove è normale che manchi) ma è essenziale in italiano per la nostra comprensione, e indovinare anche a chi si riferiscono i pronomi. Con un nesso composto da un articolo, una preposizione e un pronome personale (τα εφ'ημιν) Epitteto riassume un concetto che in italiano richiede una intera frase: "le cose che sono sottoposte alla nostra capacità di controllo, alla nostra ragione." Vallo a capire, se non hai riletto e meditato bene tutto il contesto dove usa questa scarna espressione: τα εφ'ημιν. Se dovessi fare una traduzione interlineare di questa espressione cosa dovrei produrre? Letteralmente, "le a noi"? Cosa vuol dire in italiano "le a noi"? E' incomprensibile! Ma per uno degli studenti di Epitteto non lo era. Inoltre c'è un uso abbondante per esempio dell'infinito, intere frasi sono costruite solo con degli infiniti che assumono valore di "comando" non di rado (ma appunto è la nostra comprensione del testo che ce lo fa decodificare), un andamento che in italiano non sarebbe possibile.

NOTE.

[1] Naturalmente noi postuliamo queste "ellissi" in modo del tutto convenzionale per rapportarci alla lingua italiana, ma non vi è nulla di innaturale quando in greco ci sembra che manchino delle parti del discorso che in italiano sono essenziali al fine di cimpletare il senso. Come scrive anche Porter, "It is often said that several of these constructionshave elided items (e.g. omission of a form of the verb ειμι), but this kind of analysis is not necessary. It is sufficient to said that what constitutes a clause in Greek may be different from what constitutes a clause in other languages." (S.E. Porter, Idioms, p. 287 in basso).

Edited by Hard-Rain - 15/2/2010, 21:33
 
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Serveto
view post Posted on 15/2/2010, 18:19     +1   -1




Caro Hard,

Infatti, non sempre la traduzione "letterale" o "parola per parola" è la più fedele, perché anche dpove è possibile una traduzione sitatticamente letterale il senso che una parola ha oggi potrebbe essere diverso da quello che aveva nel I secolo. Un esempio tipo è quello della parola psyche la cui traduzione letterale "anima" è certamente corretta da un punto di vista grammaticale, ma non comunica lo stesso concetto che psyche aveva per un ebreo del I secolo. Ci troviamo in pratica di fronte ad un faux-ami, e questo è solo un esempio tra i tanti.

Shalom
 
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Hard-Rain
view post Posted on 15/2/2010, 19:00     +1   -1




CITAZIONE
Infatti, non sempre la traduzione "letterale" o "parola per parola" è la più fedele, perché anche dpove è possibile una traduzione sitatticamente letterale il senso che una parola ha oggi potrebbe essere diverso da quello che aveva nel I secolo. Un esempio tipo è quello della parola psyche la cui traduzione letterale "anima" è certamente corretta da un punto di vista grammaticale, ma non comunica lo stesso concetto che psyche aveva per un ebreo del I secolo. Ci troviamo in pratica di fronte ad un faux-ami, e questo è solo un esempio tra i tanti.

Ah, beh, questo è un classico, basta aprire un vocabolario di greco per scoprire che una parola ha spesso e volentieri una molteplicità di significati a volte persino contrastanti tra di loro. Quale sarà quello corretto? Dipende dal contesto e da cosa sta dicendo l'autore e dai termini che è abituato ad utilizzare per referenziare gli oggetti. Il verbo εξαιρω può significare: alzare, sollevare, portare via, togliere, sopprimere, allontanare, falsare, corrompere, ottenere, guadagnare, (al passivo) essere innalzato, sollevarsi, essere esaltato. E un termine come εξαισιος può significare svonveniente, illegale, arbitrario, ingiusto, funesto; oppure quasi il suo contrario, cioè straordinario, notevole, eccezionale (con connotazione positiva). Anche παραδοξος che in italiano ormai ha assunto una connotazione più che altro negativa ("paradossale") in greco non di rado indicava anche cose positive, straordinarie, molto belle, incredibili (in senso positivo), oltre che cose paradossali nel senso di contrarie alla natura. Le difficoltà semantiche nel passaggio da una lingua ad un'altra erano ben note anche agli antichi, ecco cosa dice Epitteto, che era greco e aveva spesso dei romani tra il suo pubblico, "Ecco, considera cosa dice questo passaggio, dice l'interprete, è come se fosse latino" (Arr.EpictD., 1,17,16), cioè come se fosse scritto in un greco che ricalca la sintassi latina per cui risulta abbastanza facile da comprendere per un romano che conosca un po' di greco.

Edited by Hard-Rain - 15/2/2010, 20:27
 
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26 replies since 9/2/2010, 19:36   667 views
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