A pag 30 del suo libro , nel paragrafo I semitismi di vocabolario , Carmignac fa un brevissimo accenno a Matteo IX, 15.
In realtà Rain , nel suo studio su Carmignac ,
https://digilander.libero.it/Hard_Rain/Linguaggio.htmva molto più a fondo nella questione :
IV.4 Semitismi nel vocabolarioLa singolarità è che anche in Matteo 9:15, nel testo greco, troviamo questo termine perché infatti è scritto uƒoˆ toà numfînoj ([33]) al posto degli “invitati a nozze” della versione italiana C.E.I. e tutto ciò letteralmente significherebbe “i figli della tenda – o camera – nuziale”.
Questa costruzione è un tipico semitismo (benei ha-houphah in ebraico) che non avrebbe alcun senso riportare letteralmente in italiano e neppure in greco, come in realtà invece è stato puntualmente fatto. Il termine “figlio” in ebraico ha infatti un significato molto ampio, è una parola universale che oltre al significato genealogico usuale, che assume anche in italiano, denota chi appartiene a un gruppo, a una razza, a un’insieme di persone.
Per esempio potremmo tradurre con “gli amici dello sposo” la frase precedente. In greco questa costruzione non avrebbe senso, è tipicamente ebraica e inquadrabile solo in questo contesto. Se tradotta letteralmente è comprensibile solo da un ebreo ma non da un greco. Eppure la troviamo riprodotta anche nel testo greco, tradotta parola per parola con l’espressione: figli della tenda nuziale.
[33] Questa è la lettura classica attestata ad esempio da B ed א. In D, lat, gg, bo troviamo invece la variante uioi tou numfiou. Vedi Merk, Barbaglio, Nuovo Testamento greco e italiano, Ed. Dehoniane, Bologna, 1984.
E di recente Rain è ritornato sulla questione , nel 3d
https://cristianesimoprimitivo.forumfree.it/?t=48968338&st=15Va bene ma allora perchè in altri casi non avviene così? Perchè hanno tradotto "invitati a nozze" con υιοι του νυμφωνος? Non potevano usare semplicemente επικλητοι con un genitivo a specificare che si trattava di nozze, o un qualche participio (medio-passivo) dei verbi παραλαμβανω, περιδειπνεω o σθνεστιαω? Qui non c'era niente di particolare, di enfatico, di misterioso da nascondere!
/////////////////////////////////////////////Infatti il passo è veramente bislacco.
Il (benei ha-houphah in ebraico) che tu citi viene dalla forma estesa
I figli del baldacchino nuziale
Habenim shel hahuppah
הַבֵּנִים שֶׁל הַחֻפָּהMa in questi casi si usa sempre la forma costrutta
Benè hahuppah
בֵּנֵי הַחֻפָּהla
חֻפָּה , cito le parole di Negev
è il baldacchino sotto il quale viene celebrato il matrimonio ebraico e che simboleggia la sottomissione della nuova coppia a D-o e la protezione e benedizione di Questi sulla famiglia.
Ma la cosa più strana è che sia Carmignac, che Rain , et altri dicono
בֵּנֵי הַחֻפָּהcome una tipica espressione Ebraica, mentre questa non sembrerebbe così attestata.
Tutto da verificare.
Rimane poi il fatto che
υιοι του νυμφωνοςfigli della camera nuziale
nel contesto della frase di Matteo IX, 15 è incompressibile , se non comico .
L' intero passo nella traduzione dell' interlineare ed San Paolo :
Possono i figli della camera nuziale fare lutto per quanto ( tempo ) con loro è lo sposo. ?
La Ed Cei , per ovviare a questo spunto nekro/lover propone : gli invitati a nozze
Matteo IX ,15 . L' intero passo :
Rispose loro Gesù : " Gli invitati a nozze possono essere in lutto , mentre lo sposo è con loro ? "
In questo caso direi che i redattori Greci erano ancora ubriachi dalle nozze di Cana ...
Il dibattito è aperto.
דּוֹד וֹת
Edited by barionu - 6/7/2010, 02:17