Approffittando di quest'area del forum dedicata alla scienza, suggerisco la lettura di questi due saggi allo scopo di rimettere un po' in discussione l'idea che la scienza dei nostri giorni si sia nata solo negli ultimi quattro o cinque secoli e che prima di Galileo nè il mondo antico ellenistico nè il mondo cristiano (due realtà importanti per gli studi a cui è dedicato questo forum) abbiano portato contributi necessari allo sviluppo scientifico.
http://tinyurl.com/393xc9uwww.liceofoscolo.it/materiale/relaz...ellenistica.htmHo dato una breve lettura ai due saggi e mi ha fatto riflettere il fatto che in fondo che buona parte della scienza sia effettivamente impregnata di una visione cristiana del mondo, in quanto ogni scienziato deve avere come premessa il ritenere che l'universo abbia un ordine razionale (come se un Dio ne avesse dato uno) che però sono da scoprire utilizzando non solo il ragionamento ma anche l'esperienza (come ha voler dire che in una visione religiosa Dio ha una volontà e poteva scegliere di creare un mondo diverso da come lo ha effettivamente creato).
Interessante anche il fatto che nell'ellenismo sorsero una scienza nel senso odierno del termine perchè avvennero contatti tra il mondo greco e le culture egizie e babilonesi, prive di uno sviluppo di pensiero filosofico ma portatrici di conoscenze tecnologiche accumulate per sola esperienza durante la loro tradizione millenaria di civiltà.
Naturalmente tutto questo discorso riguarda il percorso di come è arrivata a nascere la scienza moderna e ci si dovrebbe chiedere se oggi si possa parlare di scienza "unica" come dai tempi di Galileo e se quindi ancora oggi questo concetto di scienza sia valido. Due testi che suggerisco per approfondire ciò sono "l'unicità della biologia" di Ernst Mayr che mostra come la biologia sia non unificabile alla scienza fisica perchè estranea al riduzionismo, determinismo, essenzialismo e all'utilizzo di leggi universali come in fisica e nonostante ciò si può definirla scienza (notando che in molti casi in biologia si è costretti a usare espressioni che parlano di fini come "quel gene ha lo scopo di prevenire quella malattia" o "il cuore ha la funzione di pompare il sangue", e traduzioni perfette di tali espressioni che non parlano di fini non sembrano esserci).
Altro testo che suggerisco è "la crisi delle scienze europee" di Edmund Husserl che si interroga sulla differenza tra il mondo descritto dalla scienza ritenuto avente leggi uniche, uniformi e universali e il mondo visto nella vita quotidiana con tutte le sue pluralità dovute al fatto che tale mondo è vissuto in prima persona da un osservatore che è attivo in esso e che cerca i suoi scopi in questo mondo. E tutto ciò fa sempre più ricordare l'impossibilità di pervenire a un vero "dato" grezzo come contenuto di conoscenza ed è dimostrabile facendo notare che una semplice "x", un segno semplicissimo, si può pensarlo non solo come due linee oblique che si incrociano, ma anche come due angoli a destra o a sinistra che si toccano oppure anche come due angoli in alto e in basso che si toccano ancora.
Insomma il mondo che noi osserviamo è pur sempre il mondo che proprio "noi" osserviamo, noi con i nostri interessi, vita e anche storia, ed è un bene non dimenticare questa nostra storia per capire come mai oggi siamo giunti a osservare il mondo così.
Ciao.