Studi sul Cristianesimo Primitivo

Epittèto e i Galilei (Cristiani?), Arr.EpictD. 4,7,6

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Hard-Rain
view post Posted on 22/6/2010, 22:50 by: Hard-Rain     +1   -1




Ho fatto ulteriori indagini, tra gli autori antichi che parlano di Galilea o dei Galilei abbiamo ovviamente Flavio Giuseppe, non solo in Antichità Giudaiche e in Guerra Giudaica, ma ne parla anche nel Contro Apione e nella Vita, a me pare che praticamente sempre intenda i Galilei come popolo, abitanti della Galilea oppure in alcune situazioni parla dei Galilei come di quella parte del popolo Galileo che si ribellò ai Romani nel 66 (ma senza mai ricollegarli direttamente alla setta di Giuda, agli zeloti o altro gruppo, diciamo che tra questi Galilei potrebbero essere compresi individui di qualunque appartenenza, purchè caratterizzati dal provenire da questa regione).

Ho poi trovato traccia della Galilea in Strabone (vedi Geogr., libro 16, cap. 2) ma soprattutto in Plinio il Vecchio, Nat. Hist., libro 5, capp. 15 e altri. A conti fatti a mio avviso potrebbe darsi benissimo che Epittèto si sia confuso con gli Esseni di cui parla proprio Plinio il Vecchio in Nat. Hist. 5,15. Poichè Plinio il vecchio morì nel 79 d.C., la sua Storia Naturale al tempo di Epittèto (n. 50 d.C., m. 120 d.C. circa) era un classico e il filosofo greco-romano poteva benissimo averla letta e studiata quando si trovava a Roma o anche dopo a Nicopoli.

Ricordiamo che Epittèto stava dicendo all'inizio del suo discorso, poco prima di menzionare questi Galilei:

Dunque se uno sarà disposto allo stesso modo (ωσαυτως εχῃ) anche per quanto concerne il patrimonio (κτησις), proprio come (καθαπερ) per quanto riguarda il corpo (το σωμα), e (così) anche per i figli (τα τεκνα) e per la moglie (η γυνη) e, in breve, sarà così disposto (ουτως ῃ διακειμενος) da follia/passione insensata (μανια) e insensatezza (απονοια), così che (ωστε + inf.to) avere o non avere queste (cose) sarà (per lui) indifferente, anzi, come (ως) i bambini (τα παιδια) che giocano (v. παιζω + dat.vo) con le conchiglie litigano per il gioco (η παιδια) ma non si preoccupano delle conchiglie, allo stesso modo (ουτως) anche costui non terrà per niente in conto le materie (η υλη) ma perseguirà con piacere (v. ασπαζομαι) il gioco riguardante le materie e la condotta di vita, (se avverrà tutto ciò), quale tiranno (risulterà a uno così disposto) temibile o quali pretoriani o quali spade di costoro?

[4,7,6] Ebbene, uno può essere così disposto (inf.to pass.vo di διατασσω) riguardo a queste (cose) da pazzia (μανια) e i Galilei (οι Γαλιλαιοι) da abitudine/usanza/costume/tradizione (εθος) : invece nessuno è capace di imparare dalla ragione (λογος) e da una dimostrazione deduttiva (αποδειξις) che (il) Dio (ο θεος) ha fatto (perf.to ind.vo di ποιεω) (3) tutte le (cose) nell’universo (τα εν τῳ κοσμῳ) (ecc...)


Il filosofo pone dunque l'attenzione al fatto che alcuni non si curano del patrimonio, della moglie, dei figli, persino del corpo. Se questo atteggiamento fosse motivato da una scelta di vita dettata dalla ragione, saremmo davanti al perfetto filosofo stoico, l'ideale che Epittèto stesso vorrebbe perseguire (1). In realtà ci sono individui che fanno questo non per una scelta basata sulla ragione (λογος) ma per follia (μανια), altri individui ancora lo fanno per abitudine/consuetudine (εθος). I Galilei menzionati da Epittèto, per costruzione, appartengono a questa seconda classe di persone.

Ora, può darsi che Epittèto avesse letto Plinio il Vecchio (Storia Naturale, Nat. Hist.), il cap. 15 del quinto libro dell'opera riguarda le regioni della Palestina, leggiamolo anche noi:

QUOTE
Beyond Idumæa and Samaria, Judæa extends far and wide. That part of it which joins up to Syria is called Galilæa, while that which is nearest to Arabia and Egypt bears the name of Peræa. This last is thickly covered with rugged mountains, and is separated from the rest of Judæa by the river Jordanes. The remaining part of Judæa is divided into ten Toparchies, which we will mention in the following order:—That of Hiericus, covered with groves of palm-trees, and watered by numerous springs, and those of Emmaüs, Lydda, Joppe, Acrabatena6, Gophna, Thamna, Bethleptephene, Orina, in which formerly stood Hierosolyma, by far the most famous city, not of Judæa only, but of the East, and Herodium12, with a celebrated town of the same name.
(15.) The river Jordanes rises from the spring of Panias, which has given its surname to Cæsarea, of which we shall have occasion to speak. This is a delightful stream, and, so far as the situation of the localities will allow of, winds along in its course and lingers among the dwellers upon its banks. With the greatest reluctance, as it were, it moves onward towards Asphaltites, a lake of a gloomy and unpropitious nature, by which it is at last swallowed up, and its be praised waters are lost sight of on being mingled with the pestilential streams of the lake. For this reason it is that, as soon as ever the valleys through which it runs afford it the opportunity, it discharges itself into a lake, by many writers known as Genesara, sixteen miles in length and six wide; which is skirted by the pleasant towns of Julias and Hippo on the east, of Tarichea on the south (a name which is by many persons given to the lake itself), and of Tiberias on the west, the hot springs of which are so conducive to the restoration of health.

(16.) Asphaltites produces nothing whatever except bitumen, to which indeed it owes its name. The bodies of animals will not sink in its waters, and even those of bulls and camels float there. In length it exceeds 100 miles being at its greatest breadth twenty-five, and at its smallest six. Arabia of the Nomades faces it on the east, and Machærus on the south, at one time, next to Hierosolyma, the most strongly fortified place in Judæa. On the same side lies Callirrhoë, a warm spring, remarkable for its medicinal qualities, and which, by its name, indicates the celebrity its waters have gained.

(17.) Lying on the west of Asphaltites, and sufficiently distant to escape its noxious exhalations, are the Esseni, a people that live apart from the world, and marvellous beyond all others throughout the whole earth, for they have no women among them; to sexual desire they are strangers; money they have none; the palm-trees are their only companions. Day after day, however, their numbers are fully recruited by multitudes of strangers that resort to them, driven thither to adopt their usages by the tempests of fortune, and wearied with the miseries of life. Thus it is, that through thousands of ages, incredible to relate, this people eternally prolongs its existence, without a single birth taking place there; so fruitful a source of population to it is that weariness of life which is felt by others. Below this people was formerly the town of Engadda, second only to Hierosolyma in the fertility of its soil and its groves of palm-trees; now, like it, it is another heap of ashes. Next to it we come to Masada, a fortress on a rock, not far from Lake Asphaltites. Thus much concerning Judæa.

Una traduzione in italiano della parte conclusiva:

QUOTE
Plinio il Vecchio, Nat. Hist., 5.17 - “A ovest [del Mar Morto], gli Esseni hanno posto la necessaria distanza tra loro e l’insalubre costa. Essi sono un popolo unico (gens sola) nel suo genere e ammirevoli sopra tutti gli altri nel mondo intero, senza donne (sine ulla femina) e avendo completamente rinunciato all’amore (omni venere abdicata), senza denaro (sine pecunia) e avendo per compagnia solo gli alberi da palma. Grazie alla moltitudine dei nuovi arrivati, questo popolo rinasce ogni giorno in egual numero; in verità affluiscono in gran numero coloro che, stanchi delle alterne vicende della fortuna, la vita indirizza ad adottare i loro costumi. Così, incredibile a dirsi, da migliaia di secoli esiste un popolo che è eterno (gens aeterna) ma in cui non nasce nessuno: talmente fecondo per essi è il pentimento che altri provano per le proprie vite passate!

La descrizione di questi Esseni è molto vicina a quella del filosofo stoico ideale, di cui parla Epittèto: non avevano donne (2), dice Plinio il vecchio in questo passaggio, inoltre non si curavano di avere ricchezze (3). Si intuisce che evidentemente non avevano neppure figli, dato che secondo Plinio le pratiche sessuali non pare avessero un grande ascendente. Erano degli asceti perfetti che non avevano bisogno di nulla, tanto che le palme erano gli unici compagni degli Esseni. Ma quello che è più interessante è che Plinio il vecchio ne parla come di un "popolo" (gens), il che potrebbe appunto aver ispirato la parola εθος ad Epittèto: gli Esseni di questa descrizione sembrano essere una popolazione che viveva secondo questi "costumi", ed Epittètto usa proprio la parola εθος, sul significato di questo termine, che a parer mio non significa "ostinazione" come si trova ad es. nel libro di G. Jossa, ho già scritto qualcosa in un precedente post. In realtà noi sappiamo da altre fonti che erano una setta con regole ben precise e bisognava superare dei riti di ammissione per entrarvi, ma notiamo che in Plinio non c'è traccia dei riti di ammissione o delle norme che regolavano il gruppo.

Plinio il vecchio fornisce delle localizzazioni per questo gruppo di Esseni, si noti che pare concentrarli in una zona ben precisa, proprio come se fossero una popolazione a sè stante, mentre Flavio Giuseppe scrive che potevano vivere un po' ovunque in tutto Israele. Ma Plinio lascia intendere che vivessero in una zona ben precisa. Poichè Plinio, sebbene parli della Giudea, menziona anche la Galilea, è perfettamente possibile che nel fare un esempio al volo, Epittèto si sia confuso e abbia pensato ai Galilei. Non bisogna dimenticare il carattere delle "Diatribe", che sono la registrazione della parte più filosofica e morale delle lezioni (parlate) tenute da Epittèto ai suoi allievi. Epittèto conosce bene la parola "Giudeo" che per lui rappresenta quello che noi chiamiamo "Ebreo" al giorno d'oggi, una parola che vale anche per gli Ebrei della diaspora. Di conseguenza volendo parlare di un preciso gruppo che risiedeva là dove diceva Plinio, doveva usare una parola diversa da Giudeo, una parola troppo comune e impossibile da confondere con altre, per cui gli è venuto in mente "Galileo". Epittetò probabilmente non aveva una conoscenza così approfondita della geografia e storia della Palestina, si ricordava vagamente del passaggio di Plinio che menzionava questo particolarissimo popolo (anche se in realtà non era un popolo) e così, nel fare un esempio mentre stava parlando a braccio, gli venne da dire "Galileo" ma avrebbe dovuto usare la parola più precisa e tecnica di "Esseno".

E' curioso che nessun autore antico del II secolo d.C. usi la parola "Galileo" per parlare dei "Cristiani". Come sarebbe venuta in mente una simile parola ad Epittèto? Come minimo avrebbe dovuto conoscere tutta una serie di informazioni supplementari, come ad esempio il fatto che Gesù era chiamato "il Galileo", ma nello stesso Nuovo Testamento greco non è mai espessamente usato l'appellativo Galilei per i Cristiani, se non in un paio di passaggi degli Atti di interpretazione tutt'altro che ovvia, come visto in un post precedente. Ma queste informazioni avrebbero dovuto possederle anche i suoi ascoltatori, altrimenti non avrebbero mai inteso il senso. E poi se Tacito, Plinio il Giovane, Adriano nel suo rescritto a Minucio Fondano, il medico Galeno, persino l'imperatore Marco Aurelio (che conosceva il pensiero di Epittèto e lo ammirava), ecc..., parlavano di Cristiani (Χριστιανοι) perchè inventarsi un nome come "Galilei" mai menzionato da altri?

_________

NOTE

(1) In realtà "non curarsi del patrimonio/moglie/figli, ecc..." non significa necessariamente non avere del tutto un patrimonio (cioè vivere nella completa indigenza economica), non avere una moglie, astenersi dall'allevare dei figli, lo stoico non necessariamente ambisce ad estraniarsi dalla società fino a questo punto. Significa lasciare a questi oggetti esterni il loro ruolo, cioè a dare loro il giusto peso e non essere tristi in caso di perdita, oltre a non diventare schiavo (δουλος) di queste cose esterne (τα εκτος). Così la posizione morale dello stoico oscilla tra quella di Diogene di Sinope, che viveva solo e in completa miseria economica, e quella di Socrate, che aveva invece moglie e figli: entrambe le figure di Diogene e di Socrate sono citate come esempi da Epittèto in tanti passi delle Diatribe e sono tenute in grandissima considerazione come archètipi del perfetto filosofo cinico-stoico.

(2) E' Flavio Giuseppe a fornirci una descrizione più dettagliata degli Esseni a informarci che una parte di loro ammetteva invece il matrimonio. Ma in Plinio il vecchio non vi è traccia di questa distinzione e di molti altri dettagli.

(3) In realtà le ricchezze venivano tenute in comune come nel caso dei primi Cristiani. Ma Plinio non si sofferma sulle regole delle proprietà comuni, dà l'impressione che questa gente vivesse senza nulla e che dunque si disinteressasse della ricchezza nel modo più assoluto. Si tratta, ovviamente, di una descrizione semplificata della realtà Essena.

Edited by Hard-Rain - 23/6/2010, 09:36
 
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