Studi sul Cristianesimo Primitivo

Simone Bar-Iona / Bariona

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view post Posted on 13/7/2010, 15:40     +1   -1
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A questo punto, Natzrat è stata inventata per coprire cosa ?


Esaminiamo :


Notzèr nel Tanakh


נֹצֵר


http://search.freefind.com/find.html?pagei...ics=1&s=ft&fr=0



Tutti i nomi di Gesù


Yehòshua

יְהוֹשֻׁעַ

Yeshùa

יֵשׁוּעַ

Yeshù

יֵשׁוּ


Che sarebbe in realtà l' acronimo di


ימח שמו וזיכרו


Tento una possibile vocalizzazione

Yamàh Shemò Wezikhrò


יַמָח שֵׁמוֹ וְזִיכְרוֹ


Oppure

Yamàh Shemò Wezikkarò


יַמָח שֵׁמוֹ וֹזִיכָּרוֹ



Cancellate il suo nome e la sua memoria

E' la forma costrutta da :

Yamah shem shellò wezikkaròn shellò


יַמָח שֵׁמ שֶׁלּוֹ וְזִיכָּוֹך שֶׁלּוֹ

Ovvero :

שֵׁמ shem : nome


וְ : we ( la congiunzione )


זִיכָּרוֹך zikkaròn : memoria

שֶׁלּוֹ shellò : il suo ( maschile )




יְהוֹשֻׁעַ Yehoshùa nel Tanakh


http://search.freefind.com/find.html?id=64...7%A2%D6%B7&s=ft




יֵשׁוּעַ Yeshùa nel Tanakh


http://search.freefind.com/find.html?id=64...7%A2%D6%B7&s=ft




יֵשׁוּ Yeshu nel Tanakh : Non presente !

http://search.freefind.com/find.html?id=64...7%95%D6%BC&s=ft




segue

Edited by barionu - 7/11/2010, 15:05
 
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view post Posted on 14/7/2010, 15:01     +1   -1
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Continuando , cosa copre la possibile invenzione di Natzrat ?

In Ebraico abbiamo : custode del patto : notzèr shel berìt


נֹצֵר שֶׁל בְּרִית


נֹצְרֵי בּרִית custodi del patto: notzrè berit ( forma costrutta )


Nel Tanakh compare :

נֹצְרֵי בְרִיתוֹ notzrè beritò : custodi del suo patto

http://search.freefind.com/find.html?pagei...ics=1&s=ft&fr=0






דוד ות
 
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Hard-Rain
view post Posted on 14/7/2010, 21:27     +1   -1




Penso di aver portato altri elementi anche nell'altra discussione:

#entry407016883

A questo punto mi concentro su quella senza copiare inutilmente tutto anche qui.
 
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Saulnier
view post Posted on 15/7/2010, 15:14     +1   -1




Eusebio (H.E. IV, VII) parlando di una refutazione che Agrippa Castor avrebbe fatto delle opere di Basilide ci dice:

Esponendo i suoi misteri egli [Agrippa Castor] ci dice che Basilide scrisse ventiquattro libri concernenti il Vangelo e che egli inventò, per i suoi fini, profeti chiamati Barkabbas e Barkoph ed altri ancora mai esistiti, e diede loro questi nomi barbari per impressionare coloro che si meravigliano per tali cose.

Da molto tempo mi domando chi siano questi due profeti che Agrippa Castor (o Eusebio?) dice essere invenzioni di Basilide, nomi barbari per impressionare coloro che si meravigliano di tali cose.

Βαρκαββαν και Βαρκωφ.

Barkabbas e Barkoph.

Martin Routh in Reliquiae sacrae (vol.1), Annotationes in Agrippam Castorem ci informa riguardo ad alcune varianti testuali concernenti questi due nomi, varianti che potrebbero aiutare a decifrare questa questione, in particolare per quanto riguarda il secondo nome: Barkoph.

Routh ci informa che uno dei codici fiorentini ispezionati da Gronovio porta in effetti Βαρχωχεας al posto di Βαρκοφ, e in un altro codice, parigino, utilizzato da Burtonus leggiamo invece Βαρκακαβαν.
Barchaban e Barcob sono i nomi che ritroviamo in molti manoscritti di Gerolamo e Rufino e Barchabam e Barchabos in un altro manoscritto di Rufino.

Hoc denique notabo, in multis tam Rufini quam Hieronymi codicibus exhiberi haec nomina sic scripta, Barchaban et Barcob, sed Barchabam et Barchabos in Hist. Rufini MS. membraneo Collegii S. Magdal.Oxonii. Habet Βαρκακαβαν cum circumflexo cod. Paris. i. in usum Burtoni collatus, Βαρχωχεας pro Βαρκοφ unus e codd. Florentinis a Gronovio inspectis.

Queste varianti risultano più facilmente comprensibili sapendo che in greco la φ non si pronuncia F ma è una π seguita da una aspirazione e che la χ non si pronuncia chi (dura) ma è una κ seguita da un’aspirazione. Assistiamo nelle varianti riportate nei diversi manoscritti di Eusebio (in Routh op.cit.) e nelle derivate traduzioni latine di Gerolamo e Rufino alla sostituzione della χ con la κ e della labiale addolcita β con la labiale aspirata φ.
Ad esempio nel codex Regius (Historia Ecclesiastica) i nomi sono Βαρκαβαν και Βαρκωφ

Simone soprannominato Bar Kokhva (o Bar Kokhba), il figlio della stella*, Messia sconfitto da Adriano e, praticamente contemporaneo di Basilide è chiamato Βαρχωχεβα da Giustino e dallo stesso Eusebio. Che sia proprio lui il profeta Barkoph menzionato da Agrippa Castor?

*La stella messianica della profezia di Baalam, Numeri, 24,17: Io lo vedo, ma non ora, io lo contemplo, ma non da vicino: Una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele, spezza le tempie di Moab e il cranio dei figli di Set.

Se così stanno le cose, ovvero se il profeta Βαρκωφ coincide con Βαρχωχεβα, Simon Bar Kokhva, chi è il secondo profeta soprannominato Barkabbas?

Nel “De Haeresibus Liber” nel capitolo intitolato “Catalogus eorum qui post Christi passionem haereseos arguuntur” Philastrius, vescovo di Brescia, (IV secolo) scriveva:

Addunt etiam prophetas quosdam natos de ea, specioso nomine, ut Barcabban. Alii autem evangelium consummationis et visiones inanes et plenas fallaciae et somnia videre diversa asserunt delirantes.

Due edizioni consultate da Oehler (Corporis Haereseologici, vol.1) la Ba (Basilensem) e la Bb (Lugdunensem) portano rispettivamente invece di Barcabbam, Barabban e Barabbam.

Il profeta Barkabba si ritrova associato ad un Evangelium Consummationis, a deliranti visioni piene di falsità...
L’Apocalisse.
Il primo ed unico vangelo (buona novella) dei giudeo-cristiani, profezia traboccante di visioni deliranti, manifesto di guerra del sedicente Messia crocifisso da Ponzio Pilato.

Per quale motivo il nome Barabba si è trasformato in Barkabba?

Al secondo secolo Simone, il leader messianico della rivolta contro Adriano, dapprima soprannominato Bar Kochva (il figlio della Stella) divenne per i rabbini, dopo il fallimento della sua missione Bar Kozeba (il figlio della Menzogna) seguendo una trasformazione analoga a quella che ha cambiato Yeshua in Yeshu.

Barabba, il nome di guerra del Cristo crocifisso da Ponzio Pilato può essere diventato per gli ebrei, dopo il fallimento della sua missione, Barkabba?

Qual è il significato della parola Barkabba?

Epiphanius di Salamina (IV secolo) nel Panarion (Haer. 17):

...questi stessi illusi presentano non so quale profeta chiamato Barkabba, uno degno del suo nome. Kabba infatti in lingua siriaca significa ‘adulterio’ (πορνεια), e in ebraico ‘assassinio’.

Secondo Epifanio Barkabba significa in aramaico, il figlio dell’adulterio e in ebraico figlio dell’assassinio (ed è in seguito ad una rivolta e ad un omicidio che Barabba e compagni vengono arrestati nei Vangeli).

Ancora un gioco di parole rabbinico per denigrare il profeta che, traboccante di folle orgoglio, si era autoproclamato Barabba, e che aveva concluso la sua missione appeso al legno maledetto della croce?

Dove trovare un’eco di quelle leggende che fanno di Gesù il figlio di un adulterio?

Nelle sinagoghe naturalmente. I racconti rabbinici fanno del Cristo il figlio di un’adultera e nei Toledoth è precisamente da un rapporto adulterino di Maria che nasce Yeshu, il “bastardo figlio di un’impura”.

Toledoth Jeshu, versione di Wagenseil in Tela Ignea Satanae, 1681.

Giuseppe Panthera seguì questo consiglio e non cessava di passare davanti la porta di Maria senza trovare il momento conveniente fino ad un certo sabato sera. Egli trovò Maria sull’uscio della sua casa, passò con lei nel corridoio antistante la porta e si sdraiò con lei. Lei credeva che fosse Yohanan, il suo fidanzato e gli disse “Non mi toccare poiché sono in una stato di impurità”, ma egli non volle sentire ragioni e dopo averla presa a suo piacimento ritornò a casa sua.

Il significato ‘profondo’ di questi racconti va oltre quella che a prima vista appare una calunnia blasfema.

I rabbini, nei loro Toledoth, facendo nascere Yeshu da un rapporto adulterino hanno voluto ristabilire quella verità che i padri della Chiesa avevano irrimediabilmente adulterato.

Colui che i Nozrim, chiamano Figlio di Dio, e che nella vita si era autoproclamato Barabba, con la sua morte aveva dimostrato di non meritare che il titolo di Barkabba, figlio dell’adulterio.

Allo stesso modo lo Yeshua, assunto a Salvatore dei cristiani gentili dopo aver fallito la sua missione di Salvatore per i cristiani zeloti, per i giudei divenne Yeshu (che il suo nome e la sua memoria siano cancellati).
Facendo nascere Yeshu da un adulterio, i rabbini potrebbero aver voluto affermare che Barabba e Barkabba nella Storia non fanno che uno.

Yeshua e Yeshu, Barkabba e Barabba, BarKokhba e Bar Koziba, sono le due facce della stessa medaglia, nomi sdoppiati in argute facezie rabbiniche.

Il cristianesimo, figlio adulterino della religione giudaica, crede di adorare il figlio di Dio, Barabba, quando in realtà non adora che il figlio dell’adulterio, Barkabba.

Coloro che Epifanio e Philastrius pretendevano di denigrare, erano probabilmente gli ultimi seguaci della setta giudeo-cristiana primitiva, la crisalide dalla quale si è evoluto il cristianesimo paolino.

Si trattava di coloro che non avevano rinunciato al sogno millenarista di Barabba, una setta giudaica che attendeva, ancora al IV secolo, il ritorno del loro profeta e credeva nelle visioni deliranti della sua Apocalisse.
Nella vita di Santa Nino (composta tra il VII e il IX secolo) martirizzata in Georgia al IV secolo vi è un’importante testimonianza della presenza di questa setta giudaica nella regione caucasica (Studia Biblica et ecclesiastica : essays chiefly in Biblical and patristic criticism, Life of St.Nino).

Lì vi erano anche i Giudei di Mtzkhet’ha, che non erano battezzati, a parte i Cabrabiani*, tra i quali furono battezzati cinquanta anime ed essi divennero veri Cristiani.

*Nota nel testo: Kart’hl. Tzkh: ‘Barabiani’ così sono detti i discendenti di Barabbas

L’edizione migliore, (Kart’hlis Moktzevisa) porta Barabiani invece di Cabrabiani, e più che i discendenti di Barabba con questo termine bisogna intendere i seguaci del profeta Barabba, coloro che al IV secolo consideravano Barabba l’unico vero profeta e attendevano la venuta dell’Agnello dal Cielo, aspettando di gioire con il Cristo redento delle delizie millenariste evocate da Papia ed Ireneo nel II secolo.
Nel racconto leggendario della Vita di Santa Nino vediamo cinquanta anime tra i Barabiani essere battezzati e diventare così veri Cristiani. In verità questi cinquanta furono gli apostati, i veri Cristiani furono quei Giudei che rimasero Barabiani e continuarono a guardare all’Apocalisse come l’unico testo sacro della dottrina cristiano-millenarista, la profezia del Cristo crocifisso da Ponzio Pilato.

Eusebio nel passaggio citato mette in relazione i più grandi profeti dei primi due secoli dell’era cristiana, il primo soprannominato Barabba, crocifisso durante l’impero Tiberio, il secondo Barkokhva, ucciso sotto Adriano.

Io credo che Eusebio faccia esattamente lo stesso in un altro passaggio usando uno strumento analogo: la citazione di un’opera ‘perduta’ non più di Agrippa Castor ma di Giulio Africano (H.E., I, VII, 14):

Fra loro [gli Ebrei] si trovavano di quelli di cui abbiamo parlato prima, chiamati δεσπόσυνοι per la loro parentela col Salvatore: originari dei villaggi giudaici di Nazaron e di Kokhaba (Ναζάρων καὶ Κωχαβα)

Lungi dall’essere una testimonianza dell’esistenza di un villaggio di nome Nazareth, questa frase mette in relazione tra loro due città simboliche legate indissolubilmente, attraverso il loro nome, ai due personaggi protagonisti di più di un secolo di cruente rivolte messianiche, Simone Bar Kokhba (da cui il villaggio di Kokhaba) e Barabbas, il Nazareno (da cui il villaggio di Nazaron).
 
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Saulnier
view post Posted on 15/7/2010, 21:35     +1   -1




Barabba fu il soprannome del profeta crocifisso da Ponzio Pilato?
Io credo di sì.

Ben noto è il passaggio dell’In Flaccum del filosofo giudeo Filone Alessandrino.
Siamo nell’anno 38 A.D., pochissimi anni dopo la crocifissione di Cristo, ad Alessandria, patria di Filone, una città in cui l’odio per la popolazione giudaica non aveva pari nel resto del mondo.
Prima di prendere possesso del suo regno, Agrippa vi si recò per fare visita ad Alessandro l’alabarca (il fratello di Filone) che lo aveva aiutato sostenendolo economicamente non molto tempo prima.

La popolazione di Alessandria, che aveva in odio i Giudei e quindi anche Agrippa, pretendente al trono di Giudea, organizzò al Gymnasium, non distante dal quartiere giudeo, una farsa, una mascherata per ricordare ad Agrippa quanto inconsistenti fossero le sue pretese di regalità.

La popolazione non giudea di Alessandria, per deridere Agrippa, organizzò una parodia regale che somiglia in maniera sorprendente alla scena della Passione.

Non è difficile immaginare come molte persone della popolazione di Alessandria, giudei e non, siano stati testimoni oculari della crocifissione del Nazareno e che questa, per la sua importanza, rimase ben impressa nella loro memoria.

Numerosi eruditi si sono avveduti delle curiose similitudini tra la scena descritta da Filone e quella dei Vangeli, già Grotius nel 1641 nel suo commentario al nuovo testamento aveva rilevato le analogie tra la mascherata del Gymnasium e la scena della passione.
Per comprendere di cosa stiamo parlando:
In Flaccum (36-39) secondo la traduzione dell’abate Pelletier:

Vi era in Alessandria un tale chiamato Karabas che era malato di follia, non di quella follia selvaggia e furiosa poiché quest’ultima è pericolosa per coloro che ne soffrono e per coloro che li avvicinano; ma di una follia benigna e più dolce. Questo individuo, che errava giorno e notte nudo per le strade, senza cercare di evitare il caldo e il freddo, era lo zimbello della gioventù e dei giovani sfaccendati.
Spingendo tutti insieme questo disgraziato fino al Gymnasium essi lo fecero salire sopra un palco ben alto perché tutti potessero vederlo.
A guisa di diadema gli misero sul capo una foglia di papiro e sul resto del corpo, come mantello, un ruvido tappeto; poi un tale, vedendo un giunco di papiro lungo la strada, lo strappò e glielo mise in mano a guisa di scettro.
Dopo averlo così decorato con le insegne della regalità e atteggiato a re, come al teatro nelle farse, alcuni giovani con dei bastoni in spalla, a guisa di lancieri, formarono intorno a lui la guardia del corpo. In seguito altri venivano, chi per salutarlo, chi per farsi rendere giustizia, chi per consultarlo sugli affari pubblici. Poi dalla folla che si era riunita tutta intorno, si alzò uno strano grido, il nome di Marin* è, si dice, il titolo che si dà al sovrano in Siria, poiché essi sapevano che Agrippa era di razza siriana e che era di una parte importante della Siria che andava a prendere il regno.


*In effetti MRN (Maran) è la trascrizione greca del titolo aramaico utilizzato per rivolgersi al sovrano. Vedi anche la prima lettera ai Corinzi (16,22) Maran atha: il Signore viene!

Parodia della crocifissione di Cristo?

Confrontiamo il brano con la Passione nel Vangelo di Matteo.
Mt: 27,26-29: Allora rilasciò loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò ai soldati perché fosse crocifisso. Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la coorte. Spogliatolo, gli misero addosso un manto scarlatto e, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo, con una canna nella destra; poi mentre gli si inginocchiavano davanti, lo schernivano: «Salve, re dei Giudei!»

Affianchiamo ora il brano di Filone al Vangelo apocrifo di Pietro, le similitudini diventano impressionanti.

Ed essi preso il Signore, gli davano spintoni, correndo e dicevano: “Trasciniamo via il Figlio di Dio*, ora che abbiamo potere su di lui!” Poi gli misero addosso della porpora e lo fecero sedere sul seggio del tribunale, dicendo: “Giudica con equità, re di Israele!” E uno di essi portata una corona di spine, la pose sul capo del Signore. E altri standogli attorno, gli sputavano in viso, altri lo schiaffeggiavano sulle guance, altri lo colpivano con una canna, e alcuni lo flagellavano, dicendo: “Rendiamo onore, con questi omaggi, al figlio di Dio”

*I Romani chiamano ripetutamente in tono canzonatorio Gesù, Figlio di Dio, dimostrando di conoscere perfettamente l’etimologia del suo soprannome, Barabba.

Quello che colpisce di più nel vangelo di Pietro è questo riferimento esplicito al giudizio, che trova un riscontro preciso nella parodia alessandrina e che ha ottime probabilità di essere molto antico, come possiamo comprendere da una frase che ritroviamo nella prima Apologia di Giustino (XV) al II secolo.

E infatti come il profeta aveva predetto, essi lo tormentarono e lo misero su un trono dicendogli: “Giudicaci”.

Il passaggio relativo alla derisione sul giudizio da parte dei soldati romani “Giudica con equità, re di Israele”, conosciuto anche da Giustino, è scomparso dai vangeli canonici.

Probabilmente perché troppo da vicino ricordava l’Apocalisse, la delirante profezia del Cristo crocifisso dal Pilato, il suo manifesto di guerra.
Chi era questo Giudice oggetto della derisione dei soldati romani dopo il fallimento della sua missione?

Apocalisse, XVI:”Sei giusto, tu che sei e che eri, tu, il Santo, poiché così hai giudicato. Essi hanno versato il sangue di santi e di profeti, tu hai dato loro sangue da bere: ne sono ben degni!”. Udii una voce che veniva dall'altare e diceva: “Sì, Signore, Dio onnipotente; veri e giusti sono i tuoi giudizi!”

Anche lo scherno, il dileggio crudele dei soldati romani per quanto rivoltanti acquistano un significato dopo la lettura di queste parole.
Cosa voleva realmente lo Yeshua Barabba dei Giudeo-cristiani?
Chi doveva essere giudicato da questo profeta visionario?

Chi doveva bere il proprio sangue e finire pigiato nel tino della collera furiosa del Dio Onnipotente?

Se le cose stanno effettivamente così come ha potuto Barabbas a trasformarsi in Karabas?

Nessun manoscritto delle opere storiche di Filone che ci sono state trasmesse (vedi Smallwood, 1961) è anteriore al X secolo, ma soprattutto tutti i manoscritti derivano da un archetipo unico, ricopiato da scribi cristiani tra il IV ed il X secolo.
Una verità già riconosciuta nel 1896 da Cohn e Wendland (Philonis Alexandrini Opera quae supersunt) e che mette anche Filone nelle stesse condizioni di Tacito, Svetonio e Giuseppe Flavio.

Omnibus codicibus enumerati set descriptis nunc de auctoritate et dignitate singulorum codicum et generum et de ratione qua in recensendo Philone singuli adhibendi sint nonnulla dicamus. Codices omnes ex uno archetypo derivatos esse pro certo affirmari potest. Arguunt hoc quidem multi loci in omnibus libris manuscriptis aperte corrupti vel interpolati.

Archetipo unico e passaggi corrotti o interpolati (corrupti vel interpolati).

Avremmo dunque a che fare con un’interpolazione?

Io non lo credo.

Se in scrittura onciale la confusione tra la B e la K appare molto improbabile, altrettanto non può affermarsi per la minuscola greca* dove le due lettere possono essere facilmente confuse (e in molti casi lo sono effettivamente state).
Il vescovo di Creta Andreas Hyerosolimitanus (VII-VIII secolo), come riportato in nota nella Patrologia Graeca di Migne (Vol.190, Epiphanius Monachus) chiama Barpanther, Karpanther confondendo la B con la K, esattamente come Barabas/Karabas.

*Paleografia greca e latina di Edward Maunde Thompson (pag.47): La deformazione graduale delle pure onciali antiche con questo progressivo sviluppo di caratteri più corsivi, condusse necessariamente alla formazione delle lettere minuscole. Col cominciare del VI secolo, moltissime lettere di quelle che vennero chiamate di forma minuscola, si erano già individualmente sviluppate. Per esempio, le tre lettere B, H e K, che nella loro forma capitale od onciale erano affatto distinte, avevano in quel tempo assunto forme non molto dissimili, e che da un lettore trascurato potevano esser confuse.

Sapendo che i manoscritti di Filone derivano da un archetipo unico (se l'errore è nell'archetipo cercare differenti lezioni testuali nei manoscritti che ci sono pervenuti non ha senso) possiamo affermare che la paleografia greca rende possibile il passaggio da Barabas a Karabas.

In effetti, già nell’edizione di Cohn e Wendland, Philonis Alexandrini Opera quae supersunt, vol.6, In Flaccum, in nota su Karabas Cohn riporta: “Kαραβας, Βαραβας vel Βαραββας, fortasse recte”.

Sui vari modi in cui il nome Barabba si ritrova nella tradizione evangelica manoscritta (con o senza doppia β, con o senza doppia ρ) vedere il Novum Testamentum graece di Constantin von Tischendorf, note su Mt27,16.

Origene in Comm. In Mattheum, tomo XIV, nomina più volte il sedizioso rilasciato da Pilato Βαραβας con una sola β.

Anche il profeta Βαρκαββαν nei manoscritti della Historia Ecclesiastica è scritto con o senza la doppia β.

Sono convinto che è stato proprio questo errore di un copista che ha salvato l’intero testo dall’epurazione completa, in un periodo in cui (tra il VI e il X secolo) più nessuno ormai osava identificare il sedizioso Barabba con il Nazareno crocifisso da Ponzio Pilato.

Perché?

Perché a questa epurazione non è scampata la Legatio ad Caium dove avremmo potuto conoscere qualche dettaglio in più sulla farsa alessandrina, ma una lacuna dolosa ci priva dell’ ulteriore resoconto (sulla lacuna vedi in particolare Smallwood e Cohn):

Agrippa si era arrestato nella nostra città (Alessandria) al momento di raggiungere la Siria per prendere possesso del regno con cui egli era stato gratificato [lacuna]



 
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view post Posted on 16/7/2010, 12:57     +1   -1
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Una nota a seguire questi 2 post PRODIGIOSI di Saulnier



CITAZIONE
Al secondo secolo Simone, il leader messianico della rivolta contro Adriano, dapprima soprannominato Bar Kochva (il figlio della Stella) divenne per i rabbini, dopo il fallimento della sua missione Bar Kozeba (il figlio della Menzogna) seguendo una trasformazione analoga a quella che ha cambiato Yeshua in Yeshu.

Allora :


il temibile Zelota figlio della stella in Aramaico :



בר כוכבא

la traslitterazione esattà è BAR KOKHVA' ,

IN QUANTO LA BET DELLA PAROLA STELLA NON HA IL PUNTINO AL CENTRO DELLA LETTERA

IL DAGHESH : דגש


E IN QUESTO CASO SI LEGGE VET.

QUANDO LA BET HA IL DAGHESH : בְּ

SI PRONUNCIA BET .


La vocalizzazione :


בַּר כּוֹכְבָא


Ma, ..... ATTENZIONE !



In Aramaico è assolutamente plausible un' altra forma :

ovvero la o ,

espressa da lalla waw holàm malè ( o piena ) : וֹ

può venire omessa, risultando quindi :


בר ככבא


veniamo a : menzogna : in Ebraico moderno è kazav : Kaf, zain , vet


כָּזָב


in Aramaico non vocalizzato: kaf, zain, vet, aleph


כזבא


da cui la pronuncia kozvà ( o kazvà )


per cui abbiamo figlio della stella : bar kokhvà בר ככבא


e figlio della menzogna : bar kozvà בר כזבא




בר ככבא

בר כזבא





CITAZIONE
*La stella messianica della profezia di Baalam, Numeri, 24,17: Io lo vedo, ma non ora, io lo contemplo, ma non da vicino: Una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele, spezza le tempie di Moab e il cranio dei figli di Set.

il Testo Ebraico


www.mechon-mamre.org/f/ft/ft0424.htm


אֶרְאֶנּוּ וְלֹא עַתָּה, אֲשׁוּרֶנּוּ וְלֹא קָרוֹב; דָּרַךְ כּוֹכָב מִיַּעֲקֹב, וְקָם שֵׁבֶט מִיִּשְׂרָאֵל, וּמָחַץ פַּאֲתֵי מוֹאָב, וְקַרְקַר כָּל-בְּנֵי-שֵׁת





in questo caso abbiamo : Kokhav : in Ebraico


כּוֹכָב


Saulnier ! Di tutta la faccenda di karabas della parodia e di tutto il resto e di altro ancora , ne parla diffusamente Frazer in una parte del Ramo d' oro che non venne stampato nell' edizione Italiana ridotta.


La crocifissione del Cristo, pagg. 254, euro 16, curato ottimamente da Andrea Damascelli, edizioni Quodlibet , da non perdere !


www.quodlibet.it/schedap.php?id=1746


SPOILER (click to view)
Quodlibet S.r.l.
p. iva 01709540437
via Santa Maria della Porta, 43
62100 Macerata
tel. 0733/264965 - fax 0733/267358




zio ot

Edited by barionu - 16/7/2010, 17:44
 
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Saulnier
view post Posted on 16/7/2010, 19:23     +1   -1




Sull’origine del soprannome Barabba.

Naturalmente ho letto l’ottimo documento di Hard Rain.

A proposito di questo argomento tempo fa avevo sollevato in consulenza ebraica la seguente questione (non risolta).

http://consulenzaebraica.forumfree.it/?t=2...&st=90#lastpost

Cit. Abramo
CITAZIONE
Se non fosse esistito a quei tempi un nome proprio Abba si potrebbe ipotizzare che la forma bar Abba significhi "figlio del Padre" (bar=figlio + Abba=il Padre). Ma non credo che questa forma sia ammissibile in Aramaico, ci vorrebbe una prova, trovare almeno una sola ricorrenza da qualche parte dove con bar Abba si intende figlio di un padre qualunque o figlio di un rabbino (abba significa anche rabbino). Ma facciamo la prova del nove, mi chiedo: se volessi dire in Aramaico "figlio del Padre" nel linguaggio del Targum come direi?
Io direi: berè deAbba (בריה דאבא = suo-figlio del Padre)

Saulnier
CITAZIONE
Volevo porre un ulteriore quesito su questo argomento già ampiamente sviscerato in questo forum.
Dunque se in aramaico io intendo dire di una terza persona che questi è il figlio del Padre (D-o) dovrei dire berè deAbba. In quanto occorre prima di tutto applicare il determinativo al figlio (che da bar diventà berè) e così facendo indico quel particolare figlio che è Suo figlio del Padre e in secondo luogo facendo precedere la dalet ad Abba, determino anche il padre (che altrimenti potrebbe essere confuso con una persona il cui nome è Abba).
Quanto detto, da quello che comprendo, vale nel caso di utilizzo dei termini in terza persona.
Ma cosa accade se invece riferiamo il tutto alla prima persona?
Per capirci, vorrei sapere come dovrei tradurre le seguenti due frasi in aramaico:
“Io sono il figlio del Padre mio” (inteso nel senso di D-o)
“Io sono il figlio di D-o”
Quello che mi interessa è capire in primo luogo come il figlio viene reso in aramaico in questa frase e poi se, in entrambe le frasi, è necessario far precedere la dalet ai due termini Abba e D-o e in caso di risposta affermativa, per quale ragione grammaticale (in particolare nel caso di D-o).
La necessità della dalet come determinativa di abba, inteso nel senso di un rabbi riesco a comprenderla, ma quando questi è riferito a D-o o al Padre mio non mi è chiaro il motivo di questa necessità.
Ringrazio sin da ora tutti coloro che vorranno aiutarmi.

Shalom

La domanda nasceva dalla lettura dell’opera “Ad voces ebraicas Novi Testamenti commentarius duplex: prior ordine alphabetico conscriptus” (1616) dell’erudito Joannes Drusius, professore insigne di lingua ebraica all’Università di Franeker agli inizi del XVII secolo.
La sua reputazione era così elevata come professore che la sua classe fu frequentata da studenti provenienti da tutte le nazioni protestanti in Europa.

Ecco uno stralcio di quanto riporta alla voce Barabbas: Barabbas, unica R & duplici B B Matth.27.16. λεγομενον βαραββαν. Id sonat, filius patris mei. Nam אבא sive אבא pater meus.

Barabba, secondo Drusius, significa dunque “figlio del padre mio”.

Il pronome possessivo associato al padre è molto importante poiché ci fa comprendere che era il Cristo stesso ad autoproclamarsi il Figlio del Padre.

Come si evince dal documento di Hard Rain, (e dalla discussione nel forum) in aramaico se io intendo dire di una terza persona che questi è il figlio del Padre dovrei dire berè deAbba (בריה דאבא) e non barAbba (בר אבא).

Ma il punto non è dire di una terza persona che questi è il figlio del Padre, ma riferire l’espressione alla prima persona. Ovvero tradurre:

“Io sono il figlio del Padre mio” (inteso nel senso di D-o)
“Io sono il figlio di D-o”


Che fosse il Cristo stesso a dichiararsi il Figlio di D-o lo apprendiamo per esempio dal Vangelo di Giovanni (10,36) in cui Gesù dice ai Giudei: a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo, voi dite: Tu bestemmi, perché ho detto: Sono Figlio di D-o?

Il Cristo aveva detto: io sono Bar Elohim e gli ebrei lo accusavano di essere un blasfemo.
Questa accusa ebraica la ritroviamo negli scritti rabbinici.

Jean Baptiste Bullet nella sua “Histoire de l'Établissement du Christianisme tirée des seuls auteurs juifs et payens” (Parigi, 1764) ci riporta uno stralcio di un Dialogo di Petrus Alphonsus, un ebreo convertito, vissuto agli inizi del XII secolo.

In questo dialogo, una diatriba tra ebrei e cristiani, vediamo Mosé l’ebreo dichiarare a proposito del Cristo: Magus fuit et per artem magicam filios Israeli in errorem misit et praeter hoc filium Dei se vocavit. La stessa accusa viene ripetuta a più riprese anche nei Toledoth e nelle controversie con i polemisti pagani.

cit. barionu
CITAZIONE
Saulnier ! Di tutta la faccenda di karabas della parodia e di tutto il resto e di altro ancora , ne parla diffusamente Frazer in una parte del Ramo d' oro che non venne stampato nell' edizione Italiana ridotta.

Grazie barionu, sulla parodia alessandrina mi riservo di dire ancora qualcosa che in qualche maniera è correlata alle teorie di Frazer
 
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view post Posted on 17/7/2010, 10:33     +1   -1
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אריאל פינטור

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Βαρκαββαν και Βαρκωφ.

Barkabbas e Barkoph.

Saulnier, Kof in ebraico vuol dire scimmia (sia anticamente che in ebraico moderno). Bar-kof, "figlio della scimmia", può essere un soprannome derisorio?

CITAZIONE
Βαρχωχεβα

Può essere però la traslitterazione pedissequa di Bar Kocheba, in quanto sotto la caf (ch che senza daghesh si pronuncia ncome il tedesco "nach") vi è una "e" bvrevissima, praticamente non pronunciata, tale da far leggere "Kochbà" "Koch(e)bà".

A titolo di curiosità voglio segnalare un vocabolo dalla assonanza simile " "Keba'an": "mendicante"
"BarKabban, Bar Kebaan": figlio del mendicante, altro nome derisorio,
 
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אריאל פינטור

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Il Cristo aveva detto: io sono Bar Elohim e gli ebrei lo accusavano di essere un blasfemo.
Questa accusa ebraica la ritroviamo negli scritti rabbinici.

Questa affermazione non è scandalosa né blasfema all'orecchio ebraico: l'ebreo si definisce "Ben Elohim" e il Popolo d'Israel "B'nè Elohim".
Questa accusa è una forzatura del redattore del vangelo
 
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www.ufoforum.it/viewtopic.php?f=44&t=18168

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cit da Nègev


CITAZIONE
A titolo di curiosità voglio segnalare un vocabolo dalla assonanza simile " "Keba'an": "mendicante"
"BarKabban, Bar Kebaan": figlio del mendicante, altro nome derisorio,

Interessante , in Ebraico moderno mi risulta Qabtzàn

קַבְּצָן

ma sicuramente ci sono altre forme di vocalizzazione.


CITAZIONE
Saulnier, Kof in ebraico vuol dire scimmia (sia anticamente che in ebraico moderno). Bar-kof, "figlio della scimmia", può essere un soprannome derisorio?

barqof : figlio della scimmia


בַּרקוֹף


corrisponde alla perfezione .



SPOILER (click to view)
Certo che qualche maligno ora potrebbe pensare all' esercito delle 12 scimmie ... :581.gif:

http://it.wikipedia.org/wiki/L'esercito_delle_12_scimmie


Il film è un capolavoro.





דוד ות
 
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Saulnier
view post Posted on 17/7/2010, 22:31     +1   -1




CITAZIONE
Saulnier, Kof in ebraico vuol dire scimmia (sia anticamente che in ebraico moderno). Bar-kof, "figlio della scimmia", può essere un soprannome derisorio?

Ipotesi tanto più interessante in quanto anche il primo profeta Bar(k)abba vi si trova designato con il suo soprannome derisorio.

CITAZIONE
Può essere però la traslitterazione pedissequa di Bar Kocheba, in quanto sotto la caf (ch che senza daghesh si pronuncia ncome il tedesco "nach") vi è una "e" bvrevissima, praticamente non pronunciata, tale da far leggere "Kochbà" "Koch(e)bà".

Questo è certamente il motivo per cui Bar Kokhvà è chiamato Βαρχωχεβα da Giustino e dallo stesso Eusebio (è anche il motivo per cui i parenti del Signore vivono vivono a Κωχαβα oltre che a Ναζάρων...)

Come promesso volevo tornare sulla narrazione di Filone per poter portare un ulteriore elemento a sostegno dell'ipotesi che l’episodio di Karabas/Barabas altro non sia se non una parodia della crocifissione di Gesù Barabba avvenuta sotto Ponzio Pilato.

Abbiamo visto in Filone che, durante la mascherata del Gymnasium, il folle Karabas fu messo su un palco in un luogo elevato (μετέωρον) in modo da poter essere visto da tutti.

Per essere narrato da Filone, l'episodio della parodia alessandrina dovette suscitare un clamore notevole nella popolazione giudaica di Alessandria.
Tanto da passare per così dire in proverbio, come il Targum di Esther (Targum Sheni) va a dimostrare:

Il protagonista del Targoum è Haman, ministro di Assuerus, un personaggio odiato dal popolo giudaico per la sua ostilità nei loro confronti. Haman che sta per essere giustiziato da Mordecai esala i suoi lamenti.
(traduzione in latino da Wagenseil, Tela ignea Satanae, tomo 2)

“Io ti prego, Signor Mordecai, uomo giustissimo, perdonami,e non cancellare il mio nome con odio come è accaduto con il mio antenato Amalech! Non appendere (al legno) i miei capelli bianchi! Se tu vuoi assolutamente uccidermi, tagliami la testa con la spada con la quale i re fanno perire i Satrapi, condannati nel governo delle province!”. E’ così che Haman si struggeva in pianti e gemiti. Ma Mordecai si tappava le orecchie. Vedendo che egli non voleva intendere le sue parole, Haman ricominciò a piangere e a lamentarsi del suo destino nel giardino davanti al palazzo. E in mezzo a grida e ad esclamazioni numerose:”Ascoltatemi” diceva “alberi e tutta la vegetazione di questa terra! Il figlio di Hammedatha vuole salire nell’ Alessandria del figlio di Panthera! Accorrete tutti, ascoltate la mia risoluzione, e vedrete la testa di Haman a quaranta braccia al di sopra di voi”

Il figlio di Panthera, Bar Panthera, come noto, è uno dei nomi talmudici del Nazareno.

‘L’Alessandria del figlio di Panthera’ di cui è questione nel testo ebraico è l’Alessandria della mascherata, l’Alessandria in cui un folle, amara caricatura di Gesù Barabba ovvero il talmudico figlio di Panthera, fu innalzato su un palco-patibolo elevato (μετέωρον) alla vista di tutti i giudei alessandrini, e fu abbigliato come un Re-Messia.

Ad Alessandria fu inscenata la sarcastica parodia di quanto avvenne realmente nel 36 A.D. al Messia crocifisso da Ponzio Pilato.

Haman, ormai rassegnato alla sua sorte verrà anacronisticamente giustiziato su un patibolo tanto in alto quanto lo fu ad Alessandria, la caricatura del figlio di Panthera, il folle Karabas/Barabas.

Wagenseil ci dice che nonostante abbia chiesto sulla frase in questione chiarimenti ai rabbini di mezza Europa “in nessuno di questi luoghi io ho potuto trovare qualcuno che mi fornisse l’ombra di una spiegazione.”

Le perplessità di Wagenseil non furono le sole, Paulus Cassel, nel 1888, andando contro il parere di Jacob Levy (Chaldaisches Wörterbuch über die Targumim und einen grossen Theil des rabbinischen Schriftthums, 1881, pag.31) propose una differente lettura del brano.

La parola ebraica fin lì tradotta con Alessandria, diventava sopprimendo una lettera ed un interpunzione “sala di lettura” e il brano doveva quindi tradursi: "Ascoltatemi” diceva “alberi e tutta la vegetazione di questa terra! Il figlio di Hammedatha vuole salire nella sala di lettura del figlio di Panthera.

La stessa interpretazione fu seguita da Dalman e Laible e più tardi anche da G.R. Mead nel suo ‘Did Jesus Live One Hundred B. C. ?’ il quale ci dice a proposito della controversa traduzione della parola: “Qui Laible sembra dare alla parola il suo significato più appropriato (cioè sala di lettura), perché cosa ha a che vedere Alessandria in questo contesto?”

Nella traduzione proposta da F. Manns , secondo il manoscritto Urbinati 1, ritengo non vi sia alcun dubbio, sul fatto che l’autore del Targum, si stia riferendo alla crocifissione di Haman e che in qualche maniera intenda paragonarla a quella del Cristo, o meglio a quella della sua caricatura alessandrina, dove l’altezza di questo patibolo doveva essere la pietra di paragone tra le due esecuzioni.

“Io ti supplico, o mio giusto Signore Mordecai. Non cancellare immediatamente il mio nome come quello del mio antenato Amalech. Non crocifiggere la mia testa grigia alla croce. Ma se tu hai deciso di uccidermi taglia la mia testa con la spada di re, con la quale tutti i nobili delle province sono uccisi. Allora Haman cominciò a gridare e a piangere, ma Mordecai non vi prestò attenzione. Allora Haman comprese che le sue parole non erano ascoltate. Cominciò a piangere e a lamentarsi per se stesso in mezzo al giardino del palazzo. Continuò e disse “Ascoltatemi, voi alberi e piante che io ho piantato dai tempi antichi”. Quando il figlio di Hammedatha volle salire nell’Alessandria di Bar Panthera, tutti gli alberi si riunirono e tennero consiglio. Quello con cinquanta cubiti di altezza, Haman vi sarà crocifisso.

L'argomento Gesù-Haman merita molto più di queste poche righe e presenta una serie di implicazioni davvero molto importanti sotto molti punti di vista.

Per una panoramica sui possibili approfondimenti consiglio a tutti la lettura di questo breve ma intessantissimo articolo:

http://www.myjewishlearning.com/holidays/J...man-cross.shtml
 
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Hard-Rain
view post Posted on 18/7/2010, 06:23     +1   -1




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Questa affermazione non è scandalosa né blasfema all'orecchio ebraico: l'ebreo si definisce "Ben Elohim" e il Popolo d'Israel "B'nè Elohim".
Questa accusa è una forzatura del redattore del vangelo

Definirsi "figlio del padre (= di Dio)" non è scandaloso neppure nella cultura greco-romana. Persino a partire dai poemi omerici (il) Dio (Zeus) è chiamato "padre" degli dèi e di tutti gli uomini, un titolo che viene ripreso in Platone, si trova nell'inno a Zeus di Cleante (un verso del quale è riportato anche nel Nuovo Testamento), è usato massiccimente nella stoà antica e particolarmente in quella romana. La presunta originalità del chiamare Dio come proprio padre è assolutamente una non originalità nella cultura greco-romana. Semmai, forse, lo è la parola ABBA che più che padre, un nome solenne, cioè il greco πατηρ, significherebbe "paparino", "babbo", "papà", qualcosa di più intimo, come quando i bambini si rivolgono al loro papà. D'altra parte i vangeli greci hanno poi sempre πατηρ, a parte quell'uno o due casi in cui abbiamo la traslitterazione αββα, ripresa anche in S. Paolo.
 
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view post Posted on 18/7/2010, 09:32     +1   -1
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אריאל פינטור

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Semmai, forse, lo è la parola ABBA che più che padre, un nome solenne, cioè il greco πατηρ, significherebbe "paparino", "babbo", "papà", qualcosa di più intimo, come quando i bambini si rivolgono al loro papà. D'altra parte i vangeli greci hanno poi sempre πατηρ, a parte quell'uno o due casi in cui abbiamo la traslitterazione αββα, ripresa anche in S. Paolo.

Infatti è assolutamente così.
"Padre" è"Av",
mentre "Abba" è il nome con cui i bambini (ma anche i figli adulti) oggi chiamano: Babbo o Papà.
 
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Saulnier
view post Posted on 20/7/2010, 10:27     +1   -1




Per i rabbini il Cristo fu anche Ben Nezer.

Kethubhot 51b (traduzione dall’ebraico in latino di john lightfood)

Tradunt Rabbini: Capti a regno, ecce sunt sicut captivi, at capti a latronibus non sunt sicut captivi.
Traditio est distinguenda. Quoad regnum et regnum non est difficultas. Ast est quoad regnum Ahashueri, et regnum Ben Nezer. Quoad latrones et latrones, non est difficultas, ast est quoad Ben Nezer, et latrones mundi. Illic Ben Nezer vocatur Rex, Hic vocatur latro.


Tramandano i rabbini: coloro che sono estromessi dal regno, ecco essi sono propriamente prigionieri, ma coloro che sono presi dai ladri, non devono essere chiamati prigionieri. L’insegnamento deve essere distinto. Fintantoché i regni sono identici non vi è alcuna difficoltà, ma tra il regno di Ahashuerus e il regno di Ben Nezer ve n’è. Fintantoché i ladroni sono identici non vi è alcuna difficoltà, ma tra Ben Nezer e il ladro comune ve n’è. Lì Ben Nezer è chiamato Re, qui è chiamato ladro.

Una glossa di Rabbi Solomon – Raschi (XII secolo) spiega:

Ben Nezer latro fuit, et cepit urbes, et regnavit iis, et factus est Dux latronum.

Ben Nezer fu un ladro e prese delle città e governò su di esse, e divenne il capo dei ladri.


Dux latronum...prese delle città e governò su di esse.

Curiosamente la parola 'ladro' nel testo e nel commento di Rashi è lestes traslitterato in ebraico.
Come se la fonte originaria di questo passaggio, fosse un’opera scritta in greco (Giuseppe Flavio?)

Ben Nezer non fu un ladro qualsiasi, fu un ribelle, uno zelota e su questo personaggio i cristiani incarnarono il loro Dio.
Rabbi Abenezra (1089-1164) nel suo commentario biblico in Genesi 27,v.40:

Fuerunt autem homines per pauci, qui crediderunt virum, quem ipsi constituerunt Deum. Et quando credidit Roma in diebus Constantini, qui renovavit universam Legem, posuitque super vexillo suo imaginem suspensi per manum Monachi Edomaei, et non fuerunt in Mundo observarent Legem novam praeter Edomaeos paucos, ideo Roma vocata est regnum Edomi.

Ma furono pochissimi gli uomini che credettero nell’uomo e che lo fecero Dio. Fino a quando credette Roma ai tempi di Costantino, che rinnovò tutta la Legge e pose sopra il suo vessillo l’immagine del sospeso attraverso la mano di un monaco Edomita, e non furono più pochi nel mondo ad osservare la nuova Legge oltre agli Edomiti, per questo motivo Roma è chiamata il regno di Edom.


Il re di questo regno è Ben Nezer, diventato Dio al tempo di Costantino per opera di scriba (per manum Monachi Edomaei).
Ma per i rabbini la verità storica rimane:

Illic Ben Nezer vocatur Rex, Hic vocatur latro.

Lì Ben Nezer è chiamato Re, qui è chiamato lestes.


Non un ladro qualunque certo, un ribelle, uno zelota, screditato a causa del fallimento della sua missione messianica.

Il soprannome Ben Nezer per Gesù lo ritroviamo anche in Bereschit Rabba, 76, V, II (Buxtorf dall’ebraico in latino)

Libera me de manu fratris mei, de manu Esavi. [Gen. 32,11] Libera postero meos tempore futuro de manu posterorum eius. Qui venient contra eos ex potentia Esavi. Hoc est quod scriptum est: Considerabam cornua, et ecce cornu aliud parvum ascendebat inter ea, Dan.7.8. Hic est Ben Nezer...Et tria ex cornibus prioribus avulsa fuerunt a conspectu eius. Et ecce oculi hominis in cornu isto, et os loquens grandia. Hoc est regnum impium etc.

Salvami dalla mano di mio fratello, dalla mano di Edom. [Gen.32,11]. Salva in futuro i miei discendenti dalla mano dei suoi discendenti, che verranno contro di essi con la potenza di Edom. Come è scritto, Dan.7.8. Stavo osservando queste corna, quand'ecco spuntare in mezzo a quelle un altro corno più piccolo. Questo è Ben Nezer...Davanti al quale tre delle prime corna furono divelte: vidi che quel corno aveva occhi simili a quelli di un uomo e una bocca che parlava con alterigia. Questo è il regno empio che diffonde la sua tirannia su tutte le nazioni della terra.


Quanto profetico si è rivelato questo passo per il popolo ebraico!
Quanto sangue versato in quasi duemila anni a causa dei discendenti di Edom!

Commentando questo passo Isaac Abarbenel, il grande rabbino di Lisbona (XV secolo) ci dice
(Jalkut in Danielem, fol. 66, 2) (Buxtorf dall’ebraico in latino)

Attende, qua ratione exponant cornu illud ultimum parvum de Ben Nezer, qui est Jeshu Hannozri et iuxta seriem contextus cum eo coniungunt Regnum impium, quod est Regnum Edom: Edom vero est populus Jeshu.

Nota bene in quale maniera essi spiegano che quell’ultimo piccolo corno è Ben Nezer, che è Yeshu Hannozri e subito di seguito nello stesso contesto vi uniscono il Regno Empio, che è il Regno di Edom. Infatti Edom è il popolo di Yeshu.


Nell’Aruch, la monumentale opera di rabbi Nathan ben Jehiel (XII secolo) a proposito di questo corno leggiamo:

“Venne tra essi un altro piccolo corno”. Questi è il regno dei Cuthiti.

Cuth era un’antica città della Mesopotamia, prossima a Babilonia.

I suoi abitanti si stabilirono in Samaria e vi introdussero la divinità di Nergal, già adorata a Babilonia. Cuthita è sinonimo di idolatra, il nuovo regno dei Cuthiti è sempre il regno del lestes Ben Nezer.

In Midrash Shir, il commentario sui Cantici al fol.17.2, leggiamo:

“L’inverno è passato” [Cant.ii.11]; Questo è il regno dei Cuthiti.

E poco dopo:

“Il tempo è prossimo, quando il regno di Cuth sarà distrutto, e il regno dei cieli sarà rivelato”.
 
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view post Posted on 20/7/2010, 21:03     +1   -1
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אריאל פינטור

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Saulnier, parlando con Abramo (che appena ha un attimo di tempo, riprenderà con te il problema delle lettere ingrandite), mi ha fatto notare un'altra possibilità rispetto a "Barkof".
Oltre che "kof" scimmia, si può leggere anche Kuf", foro, buco, cruna dell'ago.
"Bar-Kuf": figlio del buco, per esempio di qualcosa che dà una perdita, che "fa acqua"?
 
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