Studi sul Cristianesimo Primitivo

I fratelli del Signore e la verginità di Maria

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Polymetis
view post Posted on 21/5/2011, 11:51 by: Polymetis     +1   -1
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CITAZIONE
"Domanda: se fossero stati fratellastri, ovvero per esempio figli di un precedente matrimonio di Giuseppe, la madre di Gesù non sarebbe passata comunque sotto la loro tutela?"

Ci vorrebbe un esperto di diritto ebraico per risponderti, io non ne ho idea. Valutare queste faccende è problematico perché ci si deve spesso rifare a tradizione giuridiche attestate in opere successive come il Talmud, e che costituiscono la base dell'attuale diritto rabbinico, ma che non è automatico stabilire risalgano sempre così indietro nel tempo. Sicché ogni attestazione giuridica proveniente dal diritto talmudico successivo va valutata caso per caso per sapere se è applicabile all'epoca che ci interessa, perché la volontà di sistematizzazione spesso oscura la varietà delle epoche precedenti.
Comunque, sia che non la abbia affidata loro perché solo cugini, sia che non l'abbia fatto perché erano solo fratellastri non figli di Maria, il risultato non cambia, cioè Maria non aveva dei figli che potesse accudirla.

CITAZIONE
" Peraltro, essendo Gesù il 'paterfamilias'(termine scorretto, ma per capire), non sarebbe stata sua comunque la piena potestà sulle donne della famiglia, quindi anche la madre? Nel secondo caso, quindi, Gesù avrebbe tranquillamente e legalmente potuto affidare la madre ai suoi discepoli, nella fattispecie Giovanni."

Il diritto di un paterfamilias sulla croce non esiste, né del resto, neppure a Roma, poteva avere un potere simile. Se c'erano dei figli in vita semplicemente la patria potestà della donna a Roma si trasferiva sul parente maschio più prossimo, non c'era alcun potere di affidarla ad altri fuori dalla famiglia (cosa per altro molto sconveniente), a meno di non venderla come schiava!

Vi cito cosa dice il Blinzler dell’episodio della crocifissione nel suo classico “I Fratelli e le sorelle di Gesù:

“Infine, se Maria avesse avuto altri figli (e figlie) dopo Gesù sarebbe eccezionalmente singolare che Gesù morente avesse affidato la madre al suo discepolo più caro (Gv 16,26 s.) . A onta di tutto quello che si è scritto per spiegare questa singolarità, l'unica interpretazione del fatto che veramente soddisfi e si imponga a chiunque non sia prevenuto è quella data già dai padri della Chiesa. Gesù non deve lasciare sua madre veramente sola, cioè senza figli reali che si prendano cura di lei; perciò egli impegna il più fidato dei suoi discepoli ad aver cura di Maria come della sua propria madre. La spiegazione che Gesù non abbia pensato ai suoi fratelli - intesi come veri fratelli - a motivo della loro incredulità, è inverosimile perché poco tempo dopo, già dopo l'ascensione, questi fanno parte della comunità dei credenti (At 1,14) . Inoltre non si tratta soltanto di chiedersi perché Gesù abbia affidato Maria alle cure del discepolo preferito invece che i fratelli, ma soprattutto perché egli abbia considerato necessario prendere in extremis una decisione riguardo a Maria. Questa disposizione è comprensibile che Gesù era l'unico figlio di Maria, ma sarebbe sembrata molto strana sia che fossero stati altri quattro figli di Maria, con i quali essa, come aveva rapporti precedenti (Gv 2,12; Mc 3,31-35), continuò ad averne anche dopo (At 1,14). Con tale atto Gesù non avrebbe fatto altro che togliere a quattro uomini adulti, che come lui erano veri figli di Maria e che finora erano state strettamente legati a lei, il diritto di continuare a vedere in lei la loro madre; e questo perché avevano dimostrato di non comprendere fino in fondo la sua persona - non Maria! Che atteggiamento si vuole attribuire a Gesù morente! Questo argomento non perde valore anche se si pone in discussione la storicità della scena. Infatti anche se fosse una leggenda, il racconto rispecchia la convinzione della Chiesa che Gesù morì sapendo di lasciare Maria senza un vero figlio. La Chiesa antica visse in questa convinzione, quantunque a quel tempo i cosiddetti fratelli di Gesù avessero una posizione eminente in essa e fossero noti a tutti.” (pp. 84-85)

Quello che il Blinzler dice sostanzialmente è che non esiste alcun diritto per cui Gesù avrebbe potuto far sì che degli altri figli di Maria non si occupassero di lei dopo la sua morte, e che soprattutto questi figli di Maria al massimo erano increduli verso Gesù, ma nulla gli aveva resi incapaci di accudire la loro propria madre. La fede di una persona non ha assolutamente nulla a che fare con la sua capacità di essere un bravo figlio. Tanto più che non si capisce per quale motivo si supponga che i fratelli di Gesù siano diventati credenti soltanto dopo la risurrezione. È stato ampiamente dimostrato che le apparizioni pasquali del risorto non sono atti volti a prendersi una rivincita verso chi non aveva creduto, altrimenti Gesù sarebbe apparso a Pilato o a Caifa. Le apparizioni di Gesù servono per confermare nella fede che aveva creduto in lui, e il fatto che noi sappiamo da 1Cor 15,7 che Gesù apparve a Giacomo a capire che egli già prima della risurrezione credeva in lui.
La figliolanza e fratellanza spirituale non c’entra nulla con quella biologica, ed erano i figli biologici, e non quelli spirituali, che dovevano occuparsi di Maria, anzi, che avevano il dovere di farlo, qualora fossero esistititi ovviamente
Io mi schiero comunque per la storicità dell’episodio, che ha l’aspetto di un caldo e intimo ricordo personale dell’evangelista che egli stesso, o la comunità giovannea elaboratrice del Vangelo, ha raccolto e trasmesso.

Per Chimiofalà

CITAZIONE
“Uno logico-razionale, ed è fondamentalmente questo il motivo per cui chi è scettico non crede alla verginità perpetua di Maria, perché è una panzanata priva di ogni logicità, chi crede a questo può credere praticamente a tutto, pure all'asina parlante di Balaam, infatti la chiesa è dovuta intervenire su questo a colpi di dogmi!”

Ma non c’è nulla di illogico e neppure di miracolistico nell’idea che una donna rimanga vergine tutto la vita, è ben diverso dall’idea di un’asina che parli.

CITAZIONE
“In questo caso voi prediligete ricerche di substrati semitici o solamente greci che avallano una disambiguità del termine: "fratelli (ἀδελφοί )" inteso come "cugini" o in altri modi, ed è giusto, ma è giusto anche che il termine "fratelli" viene inteso soprattutto in senso carnale, voi escludete e non inglobate, è questo il problema che non volete riconoscere, del resto svariate confessioni, a parte i cattolici, lo intendono e l'accettano in varie declinazioni.”

Non si sceglie di interpretare “adelphos” come cugino per capriccio, ma che Maria sia rimasta vergine è un’antichissima tradizione, già attestata dal II secolo, e pare confortata da dati interni al NT stesso, cioè che questi cosiddetti fratelli di Gesù sono detti figli di altre donne, e dunque non di Maria, e pure il fatto che già autori giudeo cristiani di fine I secolo come Egesippo ci dicono pure essi quali fossero i genitori di questi fratelli.
La teoria dei cugini non salta fuori con Girolamo ma col suaccennato Egesippo, autore originario della Palestina, conosceva il greco, l’ebraico e il siriano, e apparteneva alla prima generazione degli apostoli (Eus. Hist. Eccl. 2,23,3), morto a inizio II secolo, costui è il primo a dirci che due dei “fratelli” di Gesù, cioè Simone e Giacomo, sono suoi cugini:

“Dopo che Giacomo il Giusto aveva subito il martirio per lo stesso motivo del Signore, fu insediato vescovo (di Gerusalemme) ancora il figlio di uno zio dello stesso, Simeone, figlio di Cleofa, gli diedero tutti la preferenza, perché era un secondo cugino del Signore” (Egesippo cit. in Eus, Hist. Eccl. 4,22,4)

Questo testo ci dice che fu fatto vescovo per la seconda volta un figlio di uno zio di Gesù, il primo era Giacomo, il secondo Simeone.
Si noti che nella frase “ancora il figlio di uno zio dello stesso”, quel “dello stesso” vuol dire “di Gesù”, è impossibile che voglia dire “ancora il figlio di uno zio di Giacomo”, perché poi si dice che Simeone è stato eletto perché era un secondo cugino di Gesù dopo Giacomo, quindi “il figlio di uno zio dello stesso” vuol dire “il figlio di uno zio di Gesù).

Si noi poi che Egesippo confuta l’altra ridicola accusa di chi dice che siccome il NT usa anche anepsios, cioè cugino, allora non è possibile che venga utilizzato adelphos per parlare di cugini, visti che gli autori dimostrano di conoscere anche il termine greco specifico.
Tutta questa vana chiacchiera è confutata dal fatto che qui Simone è chiamato “cugino”(anepsios), ed è affascinate vedere come sempre in Egesippo, che pur dimostra di conoscere il termine cugino, Giacomo, da lui appena detto figlio di uno zio di Gesù e cugino di Gesù, è detto anche fratello di Gesù: “Giacomo, il fratello del Signore, che tutti chiamavano il giusto” (Egesippo in “Eus. Hist. Eccl. 2,34,4).

Similmente nel NT. Comunque l’argomentazione che siccome esiste un termine specifico (anepsios) allora non se ne può usare uno generico era già una banalità prima di leggere Egesippo. Non si vede infatti perché se esiste un termine generico e uno più ristretto, ciò implica che si debba per forza usare quello ristretto. Non si può forse dire che tuo cugino è “tuo parente” solo perché esiste il termine cugino?

Quanto al passo di Egesippo che dice che Giacomo è un figlio di uno zio di Gesù, Blinzler commenta giustamente che sarebbe difficile concepire che già al principio del II secolo avesse potuto farsi luce ed affermarsi la dottrina della perpetua verginità di Maria, se eminenti membri della Chiesa delle origini, fra i quali il vescovo di Gerusalemme, fossero stati figli carnali di Maria e universalmente riconosciuti come tali, è specialmente impossibile che sia affiorata in un palestinese come Egesippo. (Blinzler, op. cit. pag. 159)

Ad maiora
 
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