Studi sul Cristianesimo Primitivo

Lc 11,28, Mettere in pratica o custodire?

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view post Posted on 8/10/2011, 20:53     +1   -1
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Spesso tradotto : beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica

Piccola riflessione su φυλάσσοντες, di Marcuccio, il quale difende questa resa:

CITAZIONE
[...] il contesto parla di una divisione fra credenti ed increduli così come si vede nella parabole del seminatore che Luca conclude con l'episodio della contrapposizione fra i parenti che sono increduli e il macarismo in oggetto (Cf. V. Fusco, sub voce "Luca" in Nuovo Dizionario di Teologia Biblica, P. Rossano - G. Ravasi - A. Girlanda [curr.], San Paolo, Cinisello Balsamo [Mi], 1988); così come è contestuale il fatto che il Cristo è incarnazione storica della "legge di Dio". Nell'accezione di "cose legali" φυλάσσω ha il significato anche di "osservo", "pratico". La bontà di tradurre φυλάσσω di Lc 11, 28 così come ho fatto poi è anche qui http://concordances.org/greek/phulassontes.htm e così pure in L. ROCCI, Vocabolario Greco-Italiano, Società Editrice Dante Alighieri, Roma 1991, 36 ed., p. 1989 - 1990; hai visto poi tra le altre che dice lo Spicq in Note di lessicografia neotestametaria, Paideia, Brescia 1994?)

Come sappiamo φυλάσσω significa principalmente "custodire", proprio nel senso di "fare la guardia" (specialmente la notte, precisa il LS), qui ovviamente da intendersi in senso metaforico.
Personalmente non mi piace la traduzione "mettere in pratica" per due motivi:

- Se possibile cerco di evitare di tradurre una parola con tre parole
- La resa "mettere in pratica" trasforma un macarismo in una sentenza legale, ma non mi sembra che si stia parlando di "fare", quanto piuttosto di una condizione di ascolto e presa di coscienza.

In altre parole, se è chiaro che in genere nel NT l'espressione "custodire la Legge" vuol dire metterla in pratica, qui non si parla strictu sensu di νόμος (come in At 7,53; 21,24, per restare a Luca), ma di λόγος τοῦ θεοῦ che, nel materiale L (questo macarismo non è da Q) può senz'altro indicare qualcosa da mettere in pratica, ma non con questo verbo. Infatti il parallelo più significativo mi pare essere questo:

Μήτηρ μου καὶ ἀδελφοί μου οὗτοί εἰσιν οἱ τὸν λόγον τοῦ θεοῦ ἀκούοντες καὶ ποιοῦντες.

«Mia madre e miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica». (Lc 8,21)

Qui, come si vede, abbiamo il verbo ποιέω che non lascia dubbi circa il mettere in pratica.

Nel caso del macarismo, invece, io credo che abbiamo a che fare con qualcosa di più profondo di "mettere in pratica un insegnamento", ma custodire nel senso di accogliere la Parola latu sensu. Senza voler caricare l'espressione di echi giovannei, credo che rendere "mettere in pratica" restringa il senso del macarismo riducendolo a una specie di prescrizione legale, cosa che non mi pare essere.
Per questi motivi personalmente preferisco la versione : «beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la custodiscono».

Ogni commento è il benvenuto.

Edited by Teodoro Studita - 8/10/2011, 22:57
 
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view post Posted on 8/10/2011, 21:33     +1   -1
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Commento ulteriore di Marcuccio:

CITAZIONE
E poi, se si volesse fare una traduzione letterale (posto che la si possa fare) - e non era nemmeno lo scopo della citazione del versetto in questione -, avrei tradotto con "la custodiscono", ma da lì - sempre per il contesto - sarebbe necessaria una spiegazione. La lettera sostiene il Targum, il Targum illumina la lettera. Quindi anche a seconda dello scopo per cui si traduce si preferisce la traduzione di un lessema in un modo piuttosto che in un altro. Quindi non ho problemi a dirti che il tuo "la custodiscono", "la sorvegliano", "le fanno la guardia" sia corretto, ma non trovo difficoltà sostanziali di metodo - visto il fine - a tradurre φυλάσσοντες in questa pericope con "la mettono in pratica", "la osservano"

Rispondo:

Come dicevo, per me la "difficoltà sostanziale" sta nel fatto che non si possono rendere allo steso modo 8,21 e 11,28 perché l'agiografo usa due verbi diversi.Questa operazione di livellamento è completamente abusiva, perché se Lc avesse voluto armonizzare, banalmente avrebbe usato il medesimo verbo, e non mi si venga a dire che è un esempio di variatio, perché in mezzo ci sono tre capitoli. Certo riflettendo sull'uso liturgico di questa traduzione, forse si possono intuire alcune ragioni per la scelta, ma voglio fare filologia non polemica, che peraltro sarebbe come sparare sulla Croce Rossa...

Edited by Teodoro Studita - 8/10/2011, 22:58
 
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Hard-Rain
view post Posted on 9/10/2011, 08:10     +1   -1




E' vero che il senso di φυλασσω (nella diatesi attiva) è quello evidenziato e che i testi militari sono pieni di piazzeforti, torri o intere città "custodite", "difese" o "presidiate" da guarnigioni di soldati, però è anche vero che si può dire ad es. "rispettare un giuramento" oppure "mantenere la parola data", "attuare una vendetta" sempre usando il verbo φυλασσω. Perchè allora non usare un traducente meno forte di "faccio/compio", come ad esempio "osservo" (nel senso di "mi attengo a"), come fa ad esempio la vecchia traduzione CEI 1974? Il verso tradotto sarebbe quindi: "Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano" (nel senso che sottomettono le proprie azioni al codice morale definito da questa "parola di Dio"). E' vero che ποιεω, πρασσω e verbi simili sono utilizzati per compiere delle azioni, come vediamo in Lc. 11:28, per cui tradurre con "mettere in pratica" è forse molto forte. Io penso piuttosto a "osservare"/"attenersi a", cioè fare entrare la parola di Dio nella propria vita come un corpus di precetti in più in base ai quali regolare la propria vita quotidiana. Uno non fa "cose in più", per così dire, ma semplicemente regola le proprie azioni sulla base della parola di Dio. Dopotutto quando Gesù elenca i comandamenti al giovane ricco, costui gli risponde: "Tutte queste cose io le ho osservate fin dalla mia gioventù" cioè, nel testo greco: ταυτα παντα εφυλαξα εκ νεοτητος (Lc. 18:21 // Mt. 19:20 // Mc. 10:20 che usa la diatesi media. Sebbene prob. Luca riprenda da Marco o da Q l'espressione, tuttavia non cambia la radice del verbo, pur correggendo giustamente la diatesi risp. a Marco, come fa invece in altri casi quando si avvale di materiale altrui per correggere una espressione che gli sembra non corretta o popolare) dove compare proprio il verbo φυλασσω. Concludendo: se la parola di Dio mi dice "aiuta i poveri", con la traduzione "mettere in pratica" mi viene da dire che uno deve uscire per le strade, cercare tutti i poveri del quartiere e dargli una mano come può! Invece con la traduzione "osservare" mi viene da dire che se nella propria vita capita per caso di incontrare un povero che ha bisogno (senza andarselo a cercare per forza in una sorta di iper attivismo!), bisogna aiutarlo.

Edited by Hard-Rain - 9/10/2011, 09:25
 
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thebigoak
view post Posted on 9/10/2011, 11:52     +1   -1




CITAZIONE (Teodoro Studita @ 8/10/2011, 21:53) 
Spesso tradotto : beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica

Piccola riflessione su φυλάσσοντες, di Marcuccio, il quale difende questa resa:

CITAZIONE
[...] il contesto parla di una divisione fra credenti ed increduli così come si vede nella parabole del seminatore che Luca conclude con l'episodio della contrapposizione fra i parenti che sono increduli e il macarismo in oggetto (Cf. V. Fusco, sub voce "Luca" in Nuovo Dizionario di Teologia Biblica, P. Rossano - G. Ravasi - A. Girlanda [curr.], San Paolo, Cinisello Balsamo [Mi], 1988); così come è contestuale il fatto che il Cristo è incarnazione storica della "legge di Dio". Nell'accezione di "cose legali" φυλάσσω ha il significato anche di "osservo", "pratico". La bontà di tradurre φυλάσσω di Lc 11, 28 così come ho fatto poi è anche qui http://concordances.org/greek/phulassontes.htm e così pure in L. ROCCI, Vocabolario Greco-Italiano, Società Editrice Dante Alighieri, Roma 1991, 36 ed., p. 1989 - 1990; hai visto poi tra le altre che dice lo Spicq in Note di lessicografia neotestametaria, Paideia, Brescia 1994?)

Come sappiamo φυλάσσω significa principalmente "custodire", proprio nel senso di "fare la guardia" (specialmente la notte, precisa il LS), qui ovviamente da intendersi in senso metaforico.
Personalmente non mi piace la traduzione "mettere in pratica" per due motivi:

- Se possibile cerco di evitare di tradurre una parola con tre parole
- La resa "mettere in pratica" trasforma un macarismo in una sentenza legale, ma non mi sembra che si stia parlando di "fare", quanto piuttosto di una condizione di ascolto e presa di coscienza.

[...]

Μήτηρ μου καὶ ἀδελφοί μου οὗτοί εἰσιν οἱ τὸν λόγον τοῦ θεοῦ ἀκούοντες καὶ ποιοῦντες.

«Mia madre e miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica». (Lc 8,21)

Qui, come si vede, abbiamo il verbo ποιέω che non lascia dubbi circa il mettere in pratica.

Il "custodire" mi pare più un atteggiamento per così dire "geloso" (per come suone nelle mie corde, attenzione), cioè un qualcosa che tengo stretto all'interno della mia persona. Mentre invece questa frase l'ho sempre sentita come una proposta da parte di Gesù ad essere coerenti con quanto si ascolta dalla Parola e che questa cosa abbia un effetto concreto: ascolti che bisogna amare Dio con tutto il cuore etc... e il prossimo? Bene: fallo.

Certo però che dalla riflessione di Teodoro su Marcuccio a livello di tecnica di traduzione mette in evidenza quel "disaccordo" tra Lc 8,21 e Lc 11,28.

Si è parlato di variatio. Posso chiedere che cos'è e se, visto che "ci sono tre capitoli in mezzo", esiste in questo caso? D'accordo per adesso con Teodoro, ma anche con Marcuccio e Hard Rain.

L'argomentazione che però adesso mi sembra più forte è quello del "contesto".
Tra i libri che ho trovo questo passo in lettura di Ravasi. Ne riporto qualche passo: "Eccoci poi alla beatitudine pronunciata ancora da Elisabetta: 'Beata colei che ha creduto'. [...] Maria: colei che crede per eccellenza. E a che cosa crede? 'All'adempimento delle parole del Signore'. Qui il ricordo va a un altro passo evangelico. Luca c. 11. Mentre Gesù sta camminando e una folla lo circonda, una donna dice: 'Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato' e Gesù dice: 'No. Piuttosto: Beati quelli che ascoltano la parola di Dio e la osservano' ".
Cioè vedo, ma non sono un grecista, che Gesù vuole mettere di proposito una contrapposizione. Non quelli che mi tengono all'interno, nel grembo sono beati, ma quelli che tenendomi dentro poi fanno, osservano. Come se il custodire sia implicito nell'osservare. Ma ripeto, è solo una sensazione e nulla di più. Qui si fa filologia e quindi... alzo le mani.

TBO
 
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Hard-Rain
view post Posted on 9/10/2011, 12:11     +1   -1




Si tratta solo di come esprimere il concetto nella lingua italiana. Che cosa evoca in voi il concetto di "custodire"? Ha vari sensi. Penso che neppure Teodoro voglia dire che Gesù in Lc. 11:28 stia affermando che si debba "custodire" la parola di Dio senza che ciò abbia alcuna implicazione di ordine pratico, come uno potrebbe "custodire" i precetti del codice di Hammurabi (!), cioè conoscerli, studiarli, insegnarli, ritenerli importanti ma poi non applicarli mai in nessuna circostanza. Quindi un minimo di messa in pratica dovrebbe essere esplicitata nella traduzione. Se appunto "mettere in pratica" in italiano forse evoca qualcuno eccessivamente zelante, ecco che "osservare" (nel senso di "attenersi a") è forse più consono, come del resto avviene in Lc. 18,21 (passo che come abbiamo visto ha paralleli negli altri vangeli, dove però Luca ha confermato il verbo φυλασσω non senza averne prima modificato la diatesi risp. a Marco). Il verbo φυλασσω è utilizzato ad esempio in greco per l'osservanza di patti e giuramenti: uno si attiene a un giuramento quando si presta l'occasione di doverlo fare, non va a cercare in modo zelante delle occasioni per far vedere che rispetta il giuramento.
 
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view post Posted on 9/10/2011, 12:23     +1   -1
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Allora qui abbiamo a che fare con due problemi diversi, uno che ha a che fare con la scienza della traduzione e uno con l'esegesi.

Ma intanto rispondo alla domanda sulla variatio. Si tratta di un comunissimo espediente retorico che comporta l'utilizzo di un sinonimo per evitare la ripetizione di un termine già usato in precedenza, o semplicemente anche quando non sarebbe richiesto dal contesto immediato per variare - appunto - lo stile, il registro, etc. Penso che se wikipedia funziona puoi trovare esempi a iosa, io sto scrivendo dall'ipad quindi mi fermo.

Tornando a noi, del problema traduttivo ho già parlato, e riguarda sia il sovraccarico di parole (evitabile) che la versione del passo parallelo che ha ποιειν. Questi elementi rendono oggettivamente sconsigliabile la resa "mettere in pratica".

Il problema esegetico ha invece a che fare con la nostra sensibilità. In generale in occidente noto una mentalità molto legata al fare, spesso con chiara connotazione legalistica, tale che nelle grandi masse la religione stessa è spesso percepita come un gigantesco pacchetto etico di cosa da fare e da non fare, dunque non molto dissimile dall'ortoprassi dei nostri cugini ebrei.
In oriente prevale una mentalità che più che "del fare" definirei "dell'essere": non è un caso che tutti gli gnosticismi e il manicheismo che da questi tanto prende, abbiano avuto enorme diffusione in oriente e relativamente scarsa in occidente, mentre eresie a sfondo più pratico, come il donatismo o il catarismo, siano fenomeni tutti occidentali. Analogamente tutti conoscono l'approccio apofatico orientale contro quello catafatico occidentale nella teologia biblica, giusto per restare in tema. Sono tutte declinazioni, a mio avviso, di una diversa sensibilità religiosa che ha i suoi risvolti anche - ovviamente, si dirà - nell'esegesi.
Così personalmente io non vedo nel passo lucano alcun motto mazziniano del tipo "pensiero e azione", ma una presa di coscienza. Peraltro è lo stesso genere del macarismo a suggerirmi questa lettura di chi ascolta la parola e, meditandola, la fa sua e la custodisce:

1 Beato l'uomo che non cammina secondo il consiglio degli empi,
che non si ferma nella via dei peccatori;
né si siede in compagnia degli schernitori;
2 ma il cui diletto è nella legge del Signore
e su quella legge medita giorno e notte.

Dice il Salmo 1, fornendo un esempio di ciò che vado dicendo in una categoria morfocritica assai affine al loghion lucano.

Questo non toglie che le altre letture siano possibili, ovviamente.
La migliore sintesi per rispettare la polisemia del testo, mi pare perciò proprio "custodire", perché se ho fatto mia la Parola, è del tutto conseguente che la metterò anche in pratica, ma qui il testo non si focalizza sul fare (non c'è ποιειν) quanto piuttosto sul "ruminare" - passatemi il medioevismo -, al modo del salmo 1, questa è la mia impressione.
 
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Lucifero ~Sapere Aude~
view post Posted on 10/10/2011, 00:36     +1   -1




Concordo con Hard quando suggerisce che la resa traduttiva "osservare" sia quella più consona e contenga sia l'idea dell'azione che quella dell'ascolto, del volgere l'attenzione. Custodire, benchè sia appropriata in diversi contesti, mi dà invece l'idea, sempre come diceva Hard, di un'implicazione al fatto che bisogna conoscerla questa parola ma non necessariamente applicarla.

Esegeticamente parlando penso sia molto scontato che Gesù nel suo insegnamento implichi l'attuazione della parola di Dio e non la semplice custodia di essa. Quindi in linea generale sarei portato a concludere che se anche fosse vero che in Lc11:28 non venisse detto esplicitamente di praticare la parola, questo sarebbe implicitamente sostenuto (come nel già appunto citato Lc8:21).


Saluti
 
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thebigoak
view post Posted on 10/10/2011, 10:05     +1   -1




CITAZIONE (Lucifero ~Sapere Aude~ @ 10/10/2011, 01:36) 
Custodire, benchè sia appropriata in diversi contesti, mi dà invece l'idea, sempre come diceva Hard, di un'implicazione al fatto che bisogna conoscerla questa parola ma non necessariamente applicarla.

Lucifero, quanto tempo! Scusa ma dove l'hai letta sta cosa? Lo chiedo perché siccome era l'impressione mia... Hard invece ha poi risposto che anche custodire implica la pratica nel senso descritto da Teodoro... o mi sbaglio?

TBO
 
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view post Posted on 10/10/2011, 14:09     +1   -1
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Continuiamo ad approfondire la semantica di φυλάσσω. Nella fattispecie, vorrei per quanto possibile evitare di entrare nel soggettivismo tipico dell'esegesi e focalizzare, piuttosto, l'attenzione sul sensus auctoris. Vorrei, in altre parole, rispondere alla domanda: perché Lc ha scelto questo verbo e non altri? Quanto è presente la dimensione del "fare" in questo pseudo-loghion?

Non abbiamo ancora parlato di etimologia. φυλάσσω viene da φύλαξ, di etimo incertissimo. L'unica cosa che ho trovato e che potrebbe averci qualcosa a che fare è la voce latina arcaica bubulcus (da bos), cioè "bovaro", "guardiano delle vacche". Insomma potrebbe essere una voce agreste, come spessissimo accade. Da questo senso originario di qualcuno che fa la guardia al bestiame, si è passati a qualcuno che fa genericamente la guardia, che "osserva" (ma sempre nel senso di fare la guardia, non in quello di "vedere").

Secondo il Kittel il senso di "portare" del v.27 è ciò che apre al parallelismo del 28: al ventre che porta il Salvatore corrisponde la persona che porta (cioè custodisce) la Parola, da non intendersi qui con il rispetto della Legge: "God's word can hardly be understood as the Torah" (Kittel, IX, 240). Nel passo marciano del giovane ricco, viceversa, abbiamo a che fare proprio con una "Legal piety" (ibid, 239). Analogo accento sul "fare" nel passo Matteano

Πᾶς οὖν ὅστις ἀκούει μου τοὺς λόγους τούτους καὶ ποιεῖ αὐτοὺς (7,24)

Ma anche qui c'è ποιέω.

Per capire cosa aveva in mente l'agiografo, si può anche andare a vedere l'uso nella LXX, dove il verbo ricorre 471 volte, di cui 379 rende שמר (osservare). Il senso di osservare una prescrizione legale è attestato (ad es. in dt 16,1) ma è piuttosto minoritario rispetto a quello di osservare per fare la guardia a qualcosa o qualcuno.

Dunque la domanda è: abbiamo qui a che fare con una prescrizione legale (donde φυλάσεειν = ποιεῖν) oppure con un macarismo più "gnosticizzante" (in senso Clementino, non eretico!), donde φυλάσεειν = τηρεῖν?
 
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Lucifero ~Sapere Aude~
view post Posted on 11/10/2011, 00:45     +1   -1




CITAZIONE
Lucifero, quanto tempo! Scusa ma dove l'hai letta sta cosa?

Da nessuna parte, era solo una mia impressione personale. Stavo semplicemente dicendo di associarmi all'idea di Hard, laddove egli scrive che uno ad esempio potrebbe in teoria potenzialmente leggendo "custodia dei codici di Hammurabi" intendere con questa espressione il mero studio e non la messa in pratica di tali atti. Almeno questo è il senso che ne ho ricavato leggendo il suo post. Ho avuto diversi impegni con l'uni per questo rispondo in maniera molto piu' sporadica.



Saluti
 
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9 replies since 8/10/2011, 20:53   271 views
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