Studi sul Cristianesimo Primitivo

La diaconessa nel NT, Problemi traduttivi

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Hard-Rain
view post Posted on 2/9/2011, 07:55     +1   -1




L’opinione della prof.sa è che “diakonos” in quel verso riguardi proprio la carica di diacono, di cui Paolo parla altrove anche in altre lettere. Il termine ha dunque un ben preciso significato tecnico nelle comunità cristiane primitive. Il testo greco non ha il participio “colui che serve” (diakonwn, il femminile “colei che serve” è diakonousa), ma una parola come “diakonos” che è usata per un preciso incarico. “Colui/colei che serve” o “colui/colei che svolge un servizio” è una formula troppo generica e potrebbe alludere a qualunque servizio, per esempio pulire per terra. Ma “diakonos” dovrebbe alludere proprio alla carica di diacono delle comunità antiche. Pertanto si deve trovare il modo di renderlo in italiano. Già in greco la parola è di solo genere maschile, per cui se proprio dà fastidio il termine “diaconessa”, sebbene riportato da alcuni vocabolari della lingua italiana, si sarebbe potuto allora tradurre “Febe, diacono” oppure, con una formula più precisa risp. alla versione CEI 2008, “Febe, che svolge il servizio di diaconato”. E poi non ha senso dire che poiché una parola non esiste nel vocabolario italiano allora non la si può utilizzare. Forse sarebbe il caso di pensare che “diaconessa” non esiste perché si ritiene impossibile che una donna potesse svolgere un simile incarico, proprio male interpretando Romani 16,1. Forse, sarebbe il caso di aggiornare alcuni vocabolari della lingua italiana.

QUOTE
Vi raccomando Febe, nostra sorella, Caporala .. no, Caporalessa, ... 'azz ....... che presta servizio presso la caserma di Cencre!

Infatti caporale è una precisa parola tecnica della gerarchia militare mentre invece la frase "che presta servizio presso la caserma" è troppo vaga e generica, un soldato semplice, un caporale, un tenente oppure un capitano prestano tutti quanti servizio, ma il grado è ben diverso.

Edited by Hard-Rain - 2/9/2011, 09:41
 
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view post Posted on 2/9/2011, 09:10     +1   -1
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E' una questione vecchissima. Si discute da sempre se il diaconato femminile fosse una semplice funzione ministeriale (cioè di servizio), o qualcosa che dipendesse da un'ordinazione sacramentale.
Non tradurre con "diaconessa" in Occidente può essere una buona idea, perché in Occidente il diaconato è un grado dell'ordine, e dunque chi vedesse scritto "diaconessa" penserebbe inevitabilmente ad un corrispettivo femminile del ruolo maschile. La posizione cattolica è che invece queste donne nell'epoca apostolica non venissero affatto ordinate, o, se lo erano, facessero solo un ministero di carità, e non funzioni sacramentali (cioè non potevano accedere al presbiterio).
In Occidente non sono attestate ordinazioni diaconali femminili, in Oriente sono attestate nel primo millennio, poi sono sparite, e di recente sono ricomparse. Anche in questo caso i testi delle ordinazioni femminili sono molto diversi da quelli maschili perché si parla solo del servizio di carità, in sostanza l'esegesi cattolica ritiene che fossero delle "laiche".
In realtà il dibattito tra protestanti e cattolici in questo caso è tra sordi, perché i protestanti ritengono che tutte le cariche ecclesiastiche nel I secolo fossero laiche, cioè che la concezione "sacrale" dell'ordine sia postuma.
Sia come sia, a prescindere dal fatto che esistesse o meno una concezione sacrale, dai dati del I millennio si vede chiaramente che le diaconesse o non esistono, o fanno quello che operano le suore cattoliche oggi, cioè ministero di carità. Per questo credo si sia evitato di tradurre con "diaconessa", perché una traduzione deve badare anche alla sincronia, cioè a quello che una parola suscita nel lettore contemporaneo, e io ho la netta impressione che tradurre con "diaconessa" possa dare l'errata idea che costoro fossero le copie femminili dei diaconi maschi, cogli stessi ruoli. Questo non è mai avvenuto, né in Oriente né in Occidente, ma simili traduzioni hanno fatto sì che alcune donne, ignare del magistero ecclesiastico e basandosi sulla loro mera comprensione della Scrittura in stile protestante, si siano messe a manifestare per il conferimento del "diaconato femminile" (che nelle loro intenzioni doveva essere identico a quello maschile).

Quanto all'altra discussione, e ciò la canonicità di Giacomo nei testi antichi, stendiamo un velo pietoso sull'utilizzo improprio di citazioni scritturistiche per accreditare un testo come canonico, visto che di liste non ce ne sono proprio. Chi redige elenchi di autori che approverebbero la canonicità di qualcosa va dietro ad indicatori come la formula gegraptai ("Sta scritto"), che in realtà, come è stato ampiamente documentato da cinquant'anni, da sole non provano nulla.

Edited by Polymetis - 2/9/2011, 10:31
 
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Hard-Rain
view post Posted on 2/9/2011, 09:14     +1   -1




QUOTE (rocny_24 @ 2/9/2011, 09:58) 
o Hard, o Lucifero, ma leggete bene quel che ho scritto....
QUOTE
Non metto in dubbio che diaconessa sia una traduzione migliore, ma come sempre io dubito delle "teorie complottistiche"

Piccolo esempio di sillogismi:
- Aristotele è un maschio + i maschi hanno un pene = Aristotele ha un pene
- Aristotele è un maschio + i maschi pensano sempre al sesso = Aristotele pensa sempre al sesso
- La traduzione CEI è sbagliata + la CEI vuole manipolare la fede = la traduzione CEI vuole manipolare la fede

Solo il primo è un sillogismo corretto.
se non capiamo questo punto, è inutile definirsi "scientifici".
Bye bye

Io non ho scritto da nessuna parte che la CEI voglia manipolare le traduzioni per far pensare che Dio è sempre buono oppure che le donne non abbiamo mai avuto accesso ad incarichi rilevanti nelle comunità cristiane. Ho semplicemente riportato l'opinione di una professoressa di letteratura cristiana antica, opinione che personalmente condivido. Se lei non la condivide, ci dica perchè ritiene di dover tradurre dal greco in quel modo, non essendo presente nel testo originario alcun participio o formula vaga, ma una parola per la quale abbiamo elementi per dire che definiva una ben precisa carica. Oppure perché non si dovrebbero allora tradurre con espressioni vaghe tutte le occorrenze di “diakonos” applicato a figure maschili?
 
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Hard-Rain
view post Posted on 2/9/2011, 09:41     +1   -1




QUOTE
Non tradurre con "diaconessa" in Occidente può essere una buona idea, perché in Occidente il diaconato è un grado dell'ordine, e dunque chi vedesse scritto "diaconessa" penserebbe inevitabilmente ad un corrispettivo femminile del ruolo maschile.

OK Polymetis però un minimo di intelligenza critica al lettore bisogna pure concedergliela. E' chiaro che deve leggere "diaconessa" contestualizzando a quel periodo in cui fu scritta quell'epistola. E che deve fare la stessa cosa anche per gli incarichi maschili, però. Se davanti ad un testo di Tucidide o di Arriano o altri traduciamo "strategos" con la parola "generale" (come si fa di solito in quei contesti) non ci stiamo a porre il problema che l'esercito greco di quel tempo non è paragonabile a quello italiano del nostro tempo per cui al lettore potrebbero venire in mente idee anacronistiche sul numero di uomini comandati, sugli incarichi, ecc..., deducendoli dall'esercito italiano (!).

Edited by Hard-Rain - 2/9/2011, 11:17
 
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view post Posted on 2/9/2011, 10:44     +1   -1
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CITAZIONE
"OK Polymetis però un minimo di intelligenza critica al lettore bisogna pure concedergliela."

Beh, a dire il vero questa è una traduzione per la lettura liturgica, e non per lo studio biblico di coloro che hanno "senso critico". Dai un po' troppo per scontato che la gente sappia fare i distinguo concettuali che tu hai in mente: la gente comune al contrario esperisce il testo così come lo legge, e nella mia esperienza pastorale come relatore al corso biblico che tenevo nella mia parrocchia mi sono effettivamente sentito chiedere perché la Chiesa Cattolica non ammette il diaconato femminile visto che San Paolo ne parla: evidentemente ipotizzare che quel tipo di diaconato non fosse il corrispettivo di quello che noi chiamiamo "diaconato" maschile, e che dunque la richiesta era problematica, non sfiorò le loro menti, proprio perché non conoscevano il dibattito sulla natura del diaconato femminile.
Quanto al senso critico degli italiani nel discernere e contestualizzare le cariche ti ricordo che persino quelli che fanno i licei, cioè la futura classica dirigente, traducono immancabilmente, se capita loro nelle versioni di latino, "Gaius Iulius Caesar imperator erat" con un "Gaio Giulio Cesare era imperatore", suscitando l'ilarità generale dei professori...
CITAZIONE
"E' chiaro che deve leggere "diaconessa" contestualizzando a quel periodo in cui fu scritta quell'epistola."

Che a te sia chiaro è ovvio, che lo debba essere a chi sente quel brano dal pulpito lo è molto meno. Se l'ipotesi alla base, del tutto scientifica, è che queste diaconesse facessero del servizio ministeriale di carità, allora la traduzione non falsa il loro compito, ed evita l'improprio accostamento ai diaconi maschi. Se avessimo la certezza che il pubblico fosse al corrente della problematica, ovviamente sono d'accordo con te nel fatto che dovremmo darci alla traduzione letterale, così come sono d'accordo sul fatto che nelle traduzioni per fini non liturgici si possa lasciare "diaconessa". La CEI però è una traduzione ad usum Delphini, con innegabili pregi di stile, ma che certo non può essere la base per uno studio biblico individuale, visto il suo pubblico. Per simili cose ci si rivolgerà invece opportunamente alla Nuovissima o alla Nuova Riveduta.

Ad maiora
 
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Hard-Rain
view post Posted on 2/9/2011, 10:50     +1   -1




Allora se non è scontato che la gente non sappia contestualizzare bisogna concludere che è sbagliato tradurre con "diacono" anche il diakonos delle cariche maschili. La gente potrebbe pensare che l'incarico fosse esattamente identico a quello maschile di oggi, così come definito nella Chiesa moderna. E avremmo enormi problemi anche per tutti gli altri incarichi, no? Poi non è chiaro perchè qui la traduzione voglia comunicare un senso di incertezza mentre invece poi, sempre parlando di Paolo e la questione femminile, è perentoria nel far comparire un inesistente "velo" nel cap. 11 della 1 Corinzi: il testo greco non ha la parola kalumma (o equivalente).
 
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view post Posted on 2/9/2011, 11:01     +1   -1
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Argomento interessante che, in una più ampia prospettiva, includerebbe anche la figura di Giunia (che guardacaso è anche una nuova iscritta ^_^ ). Probabilmente sarebbe meglio aprire un thread dedicato.

Nel frattempo, ecco un link al blog di Giovanni Bazzana dove si tratta proprio di quest'argomento (diakonos e traduzione CEI 2008, con annessa risposta della nostra Frances ^_^ )

http://ta-biblia.blogspot.com/2009/09/febe...iane-della.html

Quindi.. attenzione alla traduzione di prostatis, che rimetterebbe in discussione il ruolo della "diaconessa"

Se lo ritenete un argomento interessante, apro un nuovo thread.

Ciao!
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view post Posted on 2/9/2011, 16:32     +1   -1
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Allora se non è scontato che la gente non sappia contestualizzare bisogna concludere che è sbagliato tradurre con "diacono" anche il diakonos delle cariche maschili. La gente potrebbe pensare che l'incarico fosse esattamente identico a quello maschile di oggi, così come definito nella Chiesa moderna. E avremmo enormi problemi anche per tutti gli altri incarichi, no? Poi non è chiaro perchè qui la traduzione voglia comunicare un senso di incertezza mentre invece poi, sempre parlando di Paolo e la questione femminile, è perentoria nel far comparire un inesistente "velo" nel cap. 11 della 1 Corinzi: il testo greco non ha la parola kalumma (o equivalente).

E' un problema interessante quello delle altre cariche, e neppure del tutto ovvio, visto che ci sono davvero alcune traduzioni che non rendono episkopos con "vescovo" ma preferiscono ricalcare l'etimo (epi-skopeo "guardo sopra") e traducono "sorvegliante" (colui che veglia sopra).
La scelta di non rendere diaconessa viene dall'esigenza di distinguere il diaconato maschile da quello femminile, cioè di non far credere ai lettori che queste diaconesse siano il corrispettivo presso le donne delle stesse funzioni svolte dai diaconi. Se si è tenuto "diacono" al maschile è perché evidentemente c'è dietro la presunzione, da me del tutto condivisa, che davvero la carica antica sia omologabile a quella contemporanea, sua diretta discendente, e che invece la resa al femminile, in orecchi non più avvezzi all'etimo greca, avrebbe fatto insorgere nel pubblico l'idea dell'esistenza di un diaconato femminile parallelo a quello maschile con le stesse funzioni.

Quanto alla prostatis, entrambe le accezioni sono documentate, e comunque nulla di strano ci sarebbe nell'idea che Paolo abbia riconosciuto autorità ad una donna, ma dipende da cosa significa. Sappiamo ad esempio che Apollo fu ammaestrato anche da una donna perché la sua fede era incompleta. In quel caso Apollo avrebbe potuto rivolgersi a questa donna come sua maestra, che l'aveva istruito, anche se in modo informale, senza che essa avesse una carica.
 
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