CITAZIONE (a_ntv @ 6/3/2012, 21:33)
Relativamente all'evento culminante del 1054 (la scomunica posta il 16 luglio 1054 dal legato papale Umberto di Silva Candida sull'altare di Santa Sofia), tale scomunica era assolutamente nulla, perché Papa Leone IX era già morto da qualche mese e quindi Umberto di Silva Candida non era più legato papale e non aveva più alcun potere.
Come ben evidenziato dalla critica moderna, la vecchia questione sulla validità di tali scomuniche va comunque ridimensionata. In M. G. D'Agostino,
Il Primato della sede di Roma in Leone IX (1049-1054). Studio dei testi latini nella controversia greco-romana nel periodo pregregoriano, ed. San Paolo, 2008, puoi vedere nel dettaglio (intorno a pag 200-220, te lo direi con precisione se non fossi a Zanzibar ora) come possa essere sostenuta sia la tesi della validità che quella dell'invalidità. Di certo le scomuniche erano rivolte ad alcuni personaggi precisi (Michele Cerulario, Leone d'Ocrida, Niceta Pettorato e altri) e non alla Chiesa tout-court. Va pure ricordato che anche dopo la morte di Leone, Umbeto rimarrà ai medesimi uffici e comunque che la morte del papa comporti ipso facto l'invalidità di un atto conferito con una podestà che non è stata revocata è tutto da dimostrarsi. Si potrà forse convenire con d'Agostino che la cosa più sensata da fare è osservare la cosa non con categorie canoniche (terreno scivoloso) quanto con categorie storiche (ricezione). E in tal senso la tua conclusione :
CITAZIONE
Però gli Ortodossi hanno pompato tale atto al di fuori di ogni ragionevole senso per essere indipendenti e servire meglio i loro referenti politici (prima gli imperatori bizantini, poi i sultani ottomani -leader religiosi islamici- a cui i patriarchi di Costantinopoli hanno sempre giurato fedeltà).
Sembra fondarsi più su un pregiudizio di marca latina che non su qualche base storica, infatti suona coma una sparata completamente gratuita, e come tale da restituire al mittente con un "quod gratis adfirmatur, gratis negatur".
Di più in quel contesto sembra vero il contrario, visto che Costantino e Leone erano pressoché d'accordo in vista di un'alleanza anti-normanna, e dunque non avevano nessun interesse a mettersi in una bega teologica più dannosa che inutile fomentata da un pazzo come Silvacandida e un personaggio non meno ambiguo come il Cerulario. Quest'ultimo, anzi, fu più volte sanzionato dal Monomaco per la sua stupida indipendenza in questa faccenda, stante comunque che la cosa non ebbe allora l'eco e l'importanza che gli furono date in seguito, specialmente dopo Firenze.
Non si può comunque ignorare che tale gesto è storicamente rilevante non tanto per la sua valenza canonica (che ritengo prossima allo zero), quanto perché è una fonte della enorme distanza teologica (non liturgica, non pragmatica) che già all'inizio del secondo millennio esisteva tra la chiesa latina e tutte le altre. Ricordiamoci infatti che ciò che la storiografia dei vincenti ha imposto come lo "Scisma d'Oriente" è in realtà lo scisma del patriarcato di Roma rispetto alla tradizione degli altri 4 patriarcati, rimasti da allora fino ad oggi pienamente ortodossi.
Una serena analisi delle fonti, infatti, rivelerà che ogni deviazione teologica latina denunciata da Leone d'Ocrida come da Fozio prima di lui è difesa dai latini sulla base delle false decretali pseudo-isidoriane, forgiate ad arte in età carolingia e oggi ampiamente studiate e pubblicate (si veda il progetto pseudo-isidor, in tedesco ma con tutti i testi in latino) e sopratutto riconosciute pacificamente per ciò che sono, dei falsi.
Dunque, prima di lanciarci in invettive storicamente traballanti, si può pensare di circoscrivere un argomento e se ne può parlare con calma e con le fonti alla mano.