CITAZIONE (-Waylander- @ 2/12/2011, 10:02)
Grazie JW della segnalazione, cercherò di procurarmelo. Certo Lemche fa parte (ne è l'esponente più illustre) della scuola di Copenaghen, così come anche Thomas L. Thompson (cf. T.L. THOMPSON: The Bible in History. How Writers Create a Past; London, Cape 1999) o Ingrid Hjelm, tanto per fare altri nomi presenti. Essi sono tutti rappresentanti del minimalismo biblico, che contesta la storicità della bibbia, riducendola a poca cosa, sulla falsariga di Finkelstein, anche se quest'ultimo nega di appartenere a questa corrente. Difficile dire quanto questa corrente goda oggi di buona salute (cf. Y. Garfinkel: The Birth and Death of Biblical Minimalism; BAR May/Jun 2011), ma è interessante questo suo collegarsi alle posizioni scettiche riguardo alla figura storica di Gesù tangenti quelle mitologiche, ovvero quello che Price chiama "Jesus agnosticism". La cosa peraltro non è nuova, non solo costoro si sono già incontrati proprio nel Jesus Project ma proprio Thompson ha scritto un libro in questo senso: T.L. THOMPSON: The Messiah Myth. The Near Eastern Roots of Jesus and David; New York, Basic Books 2005.
Quello che sconcerta un pochino inoltre non è solo la presenza appunto di Price, ma anche di uno come Verenna, apertamente mitologista (T.S. VERENNA: Of Men and Muses. Essays on History Letterature and Religion; Lulu.com 2009) che non mi risulta avere titoli accademici tali da potersi affiancare a costoro. Indice questo che si tratta appunto di una riproposizione libraria, certo meglio concepita del Sources of the Jesus Tradition, di un gruppo eterogeneo (come lo era del resto il Jesus project), che carica a bordo persone di posizioni assai differenti (come hai giustamente notato non tutti sono miticisti o minimalisti) pur di fare massa. Se da una parte questo è indice di debolezza, assieme al fatto di essere pubblicati dalla Equinox piuttosto che dalla Oxford University Press, tanto per dirne una, dall'altro indica una certa scaltrezza e testardaggine nel perseguire i propri obiettivi, ovvero la demolizione della figura storica di Gesù, aggregando persone con posizioni diverse per accreditarsi (ovvero accreditare tale teoria) nel mondo accademico. L'accento infatti sugli aspetti e le funzioni letterarie dei testi neotestamentari ha l'aria di essere surrettizia rispetto all'obiettivo di cui sopra. Certo può essere una strada interessante e da percorrere, ma la sensazione che ho è che tutto questo abbia lo scopo di portare la figura di Gesù sino a un "vanishing point", dove la storia lascia lo spazio alla pura narrazione, l'affabulazione, il mito.
Accipicchia, sei veramente informatissimo!
Pensi che potremmo aggiungere alla lista dei "biblical minimalists" (oltre a Philipp Davies di Sheffield) anche i nostrani Liverani e Garbini?
Io francamente conosco poco gli studi sull'Israele antico, ad ogni modo schiatto dal ridere ogni volta che guardo questo esilarante montaggio del celebre NT Wrong, dove sono raffigurati appunto Lemche, Davies, Thompson e altri:
http://ntwrong.wordpress.com/2008/05/25/the-infamous-five/(per non parlare dell'altra immagine, subito a fianco, su "Bishop Potter and the Undead of Jerusalem", che è un'autentica opera di genio)
Quanto ad un eventuale corrente di studi minimalisti su Gesù, anch'io come Poly non mi stupirei troppo, anzi, dopo trent'anni di incessante, lussureggiante, ipertrofica produzione sul Gesù storico, mi sembrerebbe perfettamente fisiologico, e perfino un tantino tardivo, un fenomeno di riflusso scettico su Gesù.
A dirla tutta, poi, trovo che un certo agnosticismo circa la conoscibilità del Gesù storico (e nient'affatto la negazione della sua storicità) sia una posizione del tutto rispettabile. E' innegabile che il Gesù delle nostre (abbondanti) fonti sia
anzitutto una costruzione funzionale agli interessi teologici, alla identità sociale e alle situazioni storiche delle comunità che vi si rispecchiavano.
Se a questo si aggiungono problematizzazioni epistemologiche come quelle su cui insiste, ad es., l'ultimo Allison, secondo il quale i tradizionali criteri di autenticità storica non sono assolutamente capaci di opporre resistenza alla soggettività degli interpreti che, consapevolmente o meno, riescono sempre ad impiegarli per arrivare esattamente là dove volevano arrivare - ecco allora che non si può biasimare completamente un certo grado di agnosticismo gesuano.
Per lo meno - in attesa di leggere questi contributi - posso dire di trovarmi istintivamente simpatetico all'idea che la storicità di Gesù possa essere perfettamente messa tra parentesi (se lo si desidera) sia nello studio dei testi neotestamentari, sia in quello della nascita del cristianesimo (pur restando indubbiamente il presupposto di entrambi). E qui non credo di dire un'eresia, ma una banalità: non ho bisogno del Gesù storico per studiare il modo in cui il Vangelo di Matteo è un prodotto della peculiare situazione sociale della comunità matteana, ovvero della sua competizione con un emergente giudaismo normativo farisaico-rabbinico, competizione che la vedeva ormai perdente e marginalizzata.