Studi sul Cristianesimo Primitivo

Mauro Pesce: Gesu' non fondo' il cristianesimo, discontinuita' tra il maestro e la Chiesa

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view post Posted on 3/2/2012, 16:40     +1   -1
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Sto provando a seguirvi. Non credo che Way possa a ver scritto quella cosa della mappa mentre aveva mal di denti. Ritengo invece più probabile che il mal di denti gli sia venuto per la storia della mappa

Passo poi a Weiss:
<<un modello del modello di giudaismo di un modello di giudeo nel nostro modello di giudaismo>>

nerd

Questa discussione miete più vittime di montezuma: dopo la polmonite di Elijah e il mal di denti di Way, ora abbiamo anche il mal di testa di Talità. ^_^

Non riesco ancora a comprendere a fondo il problema del rapporto tra l’autocomprensione di Gesù e la sua relazione col giudaismo, cui egli apparteneva. Dopo aver dimostrato (o, più prudentemente, assumendo) che ogni detto ed azione di Gesù trova corrispondenze nel giudaismo dell’epoca, e che le cristologie protocristiane nascono su categorie proprie dell’ebraismo/i del II tempio (si va dall’AT ai testi enochici, al qumranesimo, essenismo, fariseismo, zelotismo, letteratura intertestamentaria, etc.) – forse si potrebbe riconoscere anche a Gesù un pensiero “originale” proprio, così come ad esempio lo riconosciamo a Paolo. Perché Paolo può essere originale, creativo, ostinato e visionario, mentre Gesù storico dev’essere per forza risultare una sorta di "automa" incasellato, privo di originalità di pensiero? La differenza in questo caso starebbe unicamente nel fatto che Gesù pensasse determinate cose “riguardo a sé stesso”, ma credo che un’autocomprensione messianica assolutamente “ebraica” – e tuttavia originale, vedi Paolo - possa comuqnue comportare implicazioni diciamo così “ontologiche” al tempo inesplorate.

E il mal di testa è peggiorato :blink:

Ciao, buon week end!
Talità
 
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view post Posted on 8/2/2012, 19:41     +1   -1
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QUOTE (Talità kum @ 3/2/2012, 16:40) 
forse si potrebbe riconoscere anche a Gesù un pensiero “originale” proprio, così come ad esempio lo riconosciamo a Paolo.

Riparto dal mio post precedente (che rileggendolo mi sembra assai "conservatore"), per mostrare come una simile opinione sembri essere condivisa da chi meno "conservatore" proprio non può proprio essere: Gerd Ludemann.

Dopo un'asciutta e severa analisi storico-critica di tutti i passi evangelici (un vero e proprio commentario), chiude il suo lavoro " Jesus After 2000 Years: What He Really Said and Did " (Prometheus Books, May 2001) con le proprie conclusioni sulla vita di Gesù.

Ecco i passi di interesse (mi perdonerete se la traduzione dall'inglese è sbrigativa):

<<jesus fulfilled an ardent hope that God would soon keep his promise. And in the course of his activity - after his departure from John the Baptist - he became convinced that he himself had to play the most significant role in this final drama. Here too the parallel with Paul is striking and illuminating, since Paul, too, a few years later, thought that he was the incorporation of the Gentiles into the future kingdom of God was up to him (cf. Rom. I t.13-36).>>

<<gesù realizzava l'ardente speranza che Dio avrebbe presto mantenuto la sua promessa [l'instaurazione del Regno, la nuova Gerusalemme, etc.]. E nel corso della sua attività - dopo la sua dipartita da Giovanni Battista - si convinse che lui stesso avrebbe dovuto svolgere il ruolo più significativo in questo dramma finale. Anche qui il parallelo con Paolo è sorprendente e illuminante, dal momento che lo stesso Paolo, qualche anno più tardi, pensò che l'incorporazione dei Gentili nel futuro regno di Dio fosse sua responsabilità (cf. Rm. I T.13-36).>>

E prosegue :

<<in its decisive phase, Jesus' life was shaped by the unshakable faith that he had to interpret God's law authoritatively in God's name. Broadly speaking, his interpretation was to be perceived as an accentuation of the will of God. Thus he forbade divorce with an appeal to God's good creation, by which in marriage man and woman irrevocably have become one flesh (Mark io.8). He focussed the commandment to love on the demand to love one's enemy (Luke 6.27). He forbade judging (Matt. 7.1) and swearing (Matt. 5.34). Now and then he reduced the law in a sweeping manner and by so doing in fact made the food laws irrelevant (Mark 7.15); he focussed the sabbath on human well-being (Mark 2.27). But anything that - in modern terms - looked like autonomy was grounded in theonomy. Jesus could ordain this free and at the same time radical interpretation of the law only because he had received the authority to do so from God, whom he addressed lovingly, as Paul did later, as Abba (a term denoting deep intimacy and affection). At this point Jesus and his heavenly Father were almost one, and that must have been most offensive to his Jewish hearers.>>

<<nella sua fase decisiva, la vita di Gesù è stata caratterizzata dalla fede incrollabile di dover interpretare la legge di Dio autorevolmente, in nome di Dio. In generale, la sua interpretazione doveva essere percepita come un'accentuazione della volontà di Dio. Così egli proibiva il divorzio con un appello alla creazione di Dio, per cui nel matrimonio l'uomo e la donna irrevocabilmente diventano una sola carne (Mc 10.8). Ha focalizzato il comandamento di amare sulla necessità di amare il proprio nemico (Lc 6,27). Proibì di giudicare (Mt 7,1) e di giurare (Mt 5,34). Di tanto in tanto ha ridotto la legge in modo radicale e, così facendo, ha di fatto reso le norme alimentari irrilevanti (Mc 7,15), ha incentrato il sabato sul benessere dell'uomo (Mc 2,27). Ma tutto ciò che - in termini moderni - sembrava "autonomia" era in realtà fondata su una "teonomia". Gesù poteva comandare un'interpetazione della legge libera e al tempo stesso radicale, solo perché aveva ricevuto l'autorità per farlo da Dio - al quale si rivolgeva con amore, come Paolo ha fatto in seguito, chimandolo Abba (un termine che denota profonda intimità e affetto). A questo punto Gesù e suo Padre celeste erano quasi uno, il che doveva suonare assai offensivo ai suoi ascoltatori ebrei.>>

La frase conclusiva è la seguente:

<<in his confident dialogue with God, Jesus seems to me to be almost ridiculous, for here he makes the mistake of so many religious people: he sees himself at the centre of the world>>

<<nel suo dialogo fiducioso con Dio, Gesù mi sembra essere quasi ridicolo, perché compie l'errore di tante persone religiose: vede se stesso al centro del mondo>>

Se quest'analisi storica, nel suo complesso, può essere corretta allora si capisce anche come questo modo di porsi da parte di Gesù possa aver gettato solide basi per le diverse cristologie post-pasquali.

Ciao,
Talità
 
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view post Posted on 10/2/2012, 12:07     +1   -1
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Rispondendo all'invito di Weiss a trovare elementi di cristologia alta nelle fonti dei sinottici, in passato su questo thread avevo risposto

In passato riflettevo, ad esempio, sulla formulazione di Q 4,12 dove l'estensore di tale fonte sembra lasciar intendere che quel κύριον τὸν θεόν possa essere ambiguamente applicato a Gesù parlante;

A beneficio dei foristi – e di chi altrove chiede delle tentazioni – riporto brevemente il brano in questione,

Mt 4,5-7
5 Allora il diavolo lo condusse con sé nella città santa, lo depose sul pinnacolo del tempio 6 e gli disse: «Se sei Figlio di Dio, gettati giù, poiché sta scritto:
Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo,
ed essi ti sorreggeranno con le loro mani,
perché non abbia a urtare contro un sasso il tuo piede».
7 Gesù gli rispose: «Sta scritto anche:
Non tentare il Signore Dio tuo».

Lc 4,9-12
9 Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul pinnacolo del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, buttati giù; 10 sta scritto infatti:
Ai suoi angeli darà ordine per te,
perché essi ti custodiscano;
11 e anche:
essi ti sosterranno con le mani,
perché il tuo piede non inciampi in una pietra».
12 Gesù gli rispose: «È stato detto: Non tenterai il Signore Dio tuo».

[Se qualcuno volesse il testo ricostruito di Q lo chieda, perché lo dovrei riscrivere a mano]

Ebbene qui Q sembra creare un'ambiguità, perché nel paragone suggerito con Deut si dice di non tentare Dio, qui invece è Gesù che viene tentato, uno slittamento che non può non essere notato e che tuttavia in maniera forse un po' sbrigativa Weiss liquida con:

CITAZIONE (JohannesWeiss @ 28/1/2012, 22:46) 
la lettura che proponi di κύριον τὸν θεόν di Q 4,12 non mi sembri sostenibile nel contesto del brano delle tentazioni,

Tuttavia spiluccando qua e là mi sono accorto di non essere il solo a vedere una cristologia alta nelle tentazioni in generale. Infatti proprio in una delle principali monografie su Q possiamo leggere:

First, the author of Q rearranges the characters [...] the author of Q has the devil try to get Jesus to take ok the role of God in the firts temptation [...] in the first temptation the devil suggests that Jesus take the place of God by turning stones into bread [...] (H. Fleddermann. Q. A reconstruction and commentary, Peeters, 2005, 256) If God can raise up children from "these stones"then Jesus as the Son of God can turn "these stones" into bread. The devil suggests that Jesus jas the same miracle-working power of God. (ibid, 258)

Questi indizi, forse marginali, in realtà mi sembrano inserirsi a pieno titolo nella teologia di Q, una teologia posteriore a quella che già si era formata nell'ambito cultuale. Dice lo stesso autore a proposito del titolo "Figlio dell'Uomo" e all'introduzione del titolo κύριος in Q 6,46:

... the expression reflects the κύριος-cult of early Christianity in wich the community addresses the risen Jesus as "lord" in worship. The title Lord is reserved for God in the Old Testament, and Q also refers to God as Lord (Q 4,12.8; 10,2.21), so in using the title for Jesus we have an example of Q transferring to Jesus one of God's titles. (ibid, 133)

Dunque l'idea della divinità di Cristo si forma nel culto, da qui passa in Q e si può vedere qualche esito di questa operazione nei sinottici. Dunque chi vuole cercare i germi della cristologia alta (ad es. giovannea) nei sinottici sbaglia la mira, perché il suo sitz-im-leben è nel culto, come suggerivo alcune pagine fa citando l'Inno di Filippesi. Di più, si potrebbe arrivare a dire che i redattori dei sinottici abbiano operato una "disamplificazione" di quanto nell'ambito cultuale era già pienamente espresso, forse per la permanenza nelle comunità protocristiane di ampie enclavi giudeo-cristiane che avrebbero potuto scandalizzarsi di dichiarazioni troppo esplicite sulla divinità di Cristo? Mi sembra un terreno sul quale si potrebbe indagare.
 
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92 replies since 17/1/2012, 12:57   3740 views
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