| In Gv. 1:3, il NA28 mostra una variante del verso che mi ha colpito:
πάντα δι' αὐτοῦ ἐγένετο, καὶ χωρὶς αὐτοῦ ἐγένετο *οὐδὲ ἕν*, ὃ γέγονεν
ουδεν] P66 א*, D, f1, ClexTheod
Ciò che non riesco a capire è quale delle due lezioni sia da preferire. A favore della variante preferita dal NA28, si può dire che è più probabile che uno scriba, per una svista o per una ellissi (ovvero, ουδ'εν), abbia trasformato ουδε εν in ουδεν. Tuttavia, va notato che:
P66 e א appartengono alla Classe I ed alla Famiglia Alessandrina*, quindi sono dei manoscritti molto affidabili. Il primo è del III sec., mentre il secondo del IV. Il Papiro 66 non presenta la famosa pericope dell'adultera, e neanche א. D è della Famiglia Occidentale e della Classe IV, e quindi testimonia che questa variante non è propria solo del gruppo testuale alessandrino. Appartiene al V sec. f1 è una famiglia di manoscritti che hanno la pericope dell'adultera in fondo al Vangelo di Giovanni, quindi probabilmente hanno un testo alquanto antico, sebbene siano del XII-XV sec. Le citazioni di Clemente Alessandrino sono del III secolo. Insomma, le fonti sembrano abbastanza antiche e valide, però mi sembra implausibile che ουδε εν si sia trasformato in ουδεν.
Che ne pensate?
*Secondo i fratelli Aland (K. ALAND, B. ALAND. The Text of the New Testament: An Introduction to the Critical Editions and to the Theory and Practice of Modern Textual Criticism. Eerdmans, 1995 Grand Rapids. Pag. 101), P66 non è proprio alessandrino.
Edited by Lorenzo M - 23/11/2016, 15:07
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