Studi sul Cristianesimo Primitivo

Recensione: La Bibbia prima del dogma

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view post Posted on 2/3/2014, 19:02     +1   -1
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Rifiutata da ogni rivista scientifica del regno, posto qui una mia recensione a questo capolavoro.
Nel caso qualcuno (ad es. gli autori) volesse commentare, può farlo in questo post.


F. Arduini, S. Pizzorni, La Bibbia prima del dogma. La Traduzione del Nuovo Mondo come paradigma dell’ermeneutica biblica. Aracne, Roma, 2013.

La Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture (d'ora in poi NM) è il nome della versione del testo biblico in uso presso la Congregazione dei Testimoni di Geova. La NM, tradotta dapprima in inglese a partire dagli anni '50 del secolo scorso e apparsa in italiano a partire dal 1963, è da sempre oggetto di trasversali critiche per le sue scelte traduttive, giudicate perlopiù orientate teologicamente fino al limite della falsificazione. Per la prima volta tale polemica, fino ad oggi confinata all'ambito dell'apologetica confessionale, prova ad affacciarsi al mondo dell'editoria scientifica. In questo agile saggio edito da Aracne gli autori si pongono il non banale obiettivo di elevare la NM a "paradigma dell'ermeneutica biblica", missione resa ancor più interessante dal fatto che né Arduini né Pizzorni sono specialisti nell'ambito della scienza della traduzione o della filologia biblica.
Il lavoro si apre con una condivisibile introduzione sui criteri di traduzione (pp. 13-23) che enuncia, tra l'altro, i principi sottesi all'opera dell'anonimo traduttore della NM. Appena si entra nel vivo della trattazione, tuttavia, iniziano a manifestarsi alcune contraddizioni: alle pp.17-18, ad esempio, sono gli stessi autori a disattendere i principi appena enunciati quando difendono la traduzione di Gv 1,1 “la Parola era un dio” (NM), a motivo dell'assenza dell'articolo davanti a θεός salvo poi rendere "La legge" invece di "legge / una legge" nel caso sintatticamente analogo (ma teologicamente irrilevante) di Rm 3,28. Analogamente, le considerazioni sull'uso corretto dell'equivalenza formale secondo cui “Il significato di una parola o di un’espressione può cambiare a seconda del contesto in cui viene usata” (p. 38), come pure rimarcato nella prefazione, sembrano non applicarsi a נֶפֶשׁ (che la NM rende costantemente "anima") per una precisa scelta dottrinale, proprio il motivo che autori e prefattore sostengono costituisca il principale elemento distorsivo delle traduzioni diverse dalla NM.
Ancora, gli autori presentano la NM come opera di un non meglio precisato "comitato internazionale di studiosi" (p. 24) laddove è stato da anni acclarato che nessuno dei cinque traduttori potesse vantare alcuna competenza specialistica nell'ambito delle lingue bibliche. Le fotografie che questo comitato fece del papiro Fouad 266 vengono presentate come un elemento cruciale di questo processo, sebbene tale testimone sia rilevante unicamente per la questione della presenza del tetragramma in alcune recensioni della versione greca dell'AT, valutazione soprendente almeno quanto quella in cui si afferma che il codice di Leningrado “è conservato nell'URSS” (sic, p. 27).
Procedendo oltre, gli autori ricordano che nelle note della NM il lettore “viene inoltre indirizzato a testi specialistici dove è possibile approfondire gli eventuali problemi traduttivi” (p. 33) senza tuttavia specificare che tali opere di rimando sono selezionate unicamente tra quelle che possono in qualche modo essere citate a sostegno delle scelte della NM quando esse si discostino significativamente dal consensus accademico. Analogamente, Arduini e Pizzorni menzionano il fatto che la NM riporti in calce le lezioni varianti dai principali testimoni manoscritti per consentire al lettore di farsi un'idea (p. 40) portando l'esempio di At 20,28, sebbene proprio in quel passo non sia affatto riportata la variante, ma la lezione autentica, mentre la variante (che per di più è un emendamento congetturale!) è inserita in textu.
Nel secondo capitolo si trattano alcune importanti questioni sull'AT. Stupisce qui il modo sbrigativo con cui agli autori liquidano la scelta dei traduttori della NM di ignorare un principio elementare della sintassi ebraica come il waw inversivo (p. 41), ma soprattutto colpisce il grande spazio dedicato alla scelta della NM di introdurre forzosamente il tetragramma anche nel NT, rifacendosi a vecchie teorie ampiamente rifiutate dalla pressoché unanime totalità degli studiosi. In questo frangente, gli autori sollevano obiezioni all' interpretazione corrente di A.Pietersma secondo cui la LXX non contenesse il tetragramma se non nelle sue revisioni giudaizzanti e, pur accennando ai testi di Qumran, dimenticano di ricordare che proprio quei testi hanno fornito ulteriore evidenza della caduta in disuso del tetragramma in un ambiente ebraico e non certo ellenizzante come nella vulgata delle pubblicazioni della Società Torre di Guardia. Purtroppo in questo caso gli autori si spingono alla vera e propria falsificazione, citando un autorevole studio di Tov per fargli affermare il contrario di quanto dica sull'uso dei tetrapuncta (pp. 68-69) proprio in sostituzione del nome divino.
Sulla scorta di tali premesse e su quella — ancor più problematica — che tutti i 27 libri del NT siano stati composti entro il I secolo e in ambiente giudaico palestinese (p. 70), gli autori affermano che “è naturale pensare che, con tutta probabilità, gli scrittori del NT consultassero copie della LXX in cui il nome divino non era stato ancora sostituito da κύριος” (p. 64), donde l'ardua apologia dell'interpolazione del tetragramma nel NT.
L'anelito all'approccio scientifico enunciato nell'introduzione sembra lasciare il passo ad un approccio apologetico nella sostanza quando il testo inizia ad affrontare la traduzione di brani significativi per la cristologia. Gli autori, ad esempio, ricordano in più occasioni che in brani come Fil 2,11 e Gv 1,1 l'intento dell'autore non fosse quello di identificare Gesù con YHWH (p. 82 e scc.) o “l’identificazione del Gesù biblico con il Dio dell’AT” (p. 280) dimenticandosi, tuttavia, che tale lettura teologica di marca modalista non sia sostenuta da alcuno nel panorama degli studi. Più in generale, Arduini e Pizzorni affermano che quando si ha a che fare con passi biblici che possono riguardare la divinità di Cristo tutti i traduttori – salvo quelli della NM – sarebbero influenzati dalla loro cristologia (p. 108), sebbene non menzionino il fatto che anche le traduzioni scientifiche e non confessionali, che difficilmente possono essere accusate di pregiudizio teologico, operano di norma in una direzione nettamente divergente rispetto a quella della traduzione geovista.
Nel terzo capitolo il saggio rende ragione delle scelte traduttive della NM nei passi dove il lessema θεός può esser riferito a Cristo. Tale scelta stupisce, dal momento che le critiche verso la NM riguardano solo una piccola parte di questi. Anche in questo caso si assiste a una certa distorsione nella presentazione dell'obiettività, come quando gli autori evocano Moulton per sostenere l'idea che τοῦ ἰδίου in At 20,20 possa sottintendere "Figlio" (p. 112) cosa che, tuttavia, Moulton non ha mai affermato. Relativamente a questi brani, gli autori si limitano ad ammettere la marginalità della scelta della NM e a giustificarla come "non impossibile" sotto il profilo teorico.
Proseguendo nella lettura, ci si imbatte ancora in qualche difficoltà, come quando gli autori, commentando la traduzione di Gv 14,14 dichiarano: “si sottolinea che l’edizione critica di riferimento di Nestle e Aland, rende esattamente come la CEI” (p. 153), paragone – tra un'edizione critica e una versione italiana – difficile a intendersi, seguito poi da un pasticcio nella presentazione delle varianti testuali di Gv 1,18 (p. 160) con fonti omesse e grande disordine concettuale.
Per finire, si deve notare che l'ortografia dei pur pochi lessemi greci presenta problemi nei diacritici (θεὸς in luogo di θεός ripetuto una quindicina di volte; due occorrenze di οὗτος con due accenti). I testi ebraici, infine, sono presentati in interlineare da sinistra a destra e senza diacritici. Queste dimenticanze, oltre alla presenza di alcune note incomplete (e.g. n. 254) lascerebbero pensare all'uso di materiale di seconda mano e ad una certa disinvoltura nelle tecniche di cut-paste.

A parte va considerata l'ultima sezione del libro, dedicata al tentativo di giustificare il rifiuto di tutta la letteratura geovista (ivi compresa la Traduzione del Nuovo Mondo) di riconoscere la croce quale strumento del supplizio di Gesù, a favore di un semplice palo verticale. Il capitolo è affidato al dr. Simone Frattini, di cui sappiamo solo essere il titolare del sito testimonidigeova.net e non avere pubblicazioni al suo attivo. La sezione sulla crocifissione si apre con una nota di metodo con la quale l'autore prende le distanze dalla letteratura "di parte cattolica" o "di matrice cattolica" (p. 195) ponendosì così in ottica manifestamente apologetica. Il testo, che tenta di presentare le fonti sulla crocifissione romana, risulta fortemente problematico sul piano metodologico e disastroso su quello dell'ortografia al punto che delle molte fonti greche citate, nessuna è esente da vistosi errori di trascrizione. Tra i più curiosi si possono citare κύλον (p.194 per ξύλον, ripetuto in larga parte delle successive citazioni del lessema), σταυροϋν e άνε (p. 227) e ancora il "verbo ἀνεσταυροῦν" (p. 228), ὐντες (nota 415), τριακοσίονς, πρώτονς, ἔμφντον, αὑὐτοῦ, ἐστe (sic, p. 252, mentre si discute di una "equivalenza alle lettere greche JE"), πρὁσδήσας (p. 266), ξύλος (p. 275). Non mancano, infine, traslitterazioni fantasiose (e.g. anastauro'o, p. 195), ed errori di latino (um pro dum, p. 217), il tutto unito a qualche svista tipografica (e.g. il lessema crux scritto talora in italico, talora in tondo).

L'autore, soprattutto, sembra non avere particolar confidenza con la presentazione e l'esegesi di un testo antico. Il risultato è una metodologia di utilizzo delle fonti piuttosto bizzarra che prende come riferimento la datazione dei testimoni manoscritti o la "rilevanza storica" attribuita a seconda che l'autore descriva avvenimenti storici o meno. Così, a puro titolo di esempio, l'Oneirocritica di Artemidoro è destituta da Frattini di ogni utilità poiché non descrive un caso concreto di crocifissione. Sono stranamente omesse alcune fonti fondamentali (come Luciano), e nelle altre emerge il notevole pregiudizio di stampo teologico (i Testimoni di Geova stigmatizzano filosofi e autori pagani come manifestazioni sataniche) con cui le fonti sono affrontate. A proposito di Firmico Materno si leggerà, ad esempio: “il testo in questione è altamente filosofico, non cristiano, e chiaramente influenzato da religioni pagane”. Emblematica di questo metodo complessivo l'affermazione, tra le conclusioni della sezione, secondo cui l'identificazione dello stauròs del NT con una croce a due bracci “sarebbe basata non su fonti propriamente storiche, bensì sulle visioni mistiche dello pseudo Barnaba, di Giustino e, molto più tardi, di Tertulliano, direttamente legate al logos e alla forma del X platonici (sic) oltre che al simbolismo mistico cristiano del loro ambiente” (p. 276).
Delle circa 170 voci di bibliografia (che non distingue fonti da studi), una trentina abbondante sono fonti – indicizzate in modo davvero sui generis – o traduzioni di fonti, una quindicina sono opere di critica alla NM, e una dozzina tra lavori ottocenteschi e altri comunque di almeno 70 anni fa. Di ciò che resta, notevole è il peso attribuito a opere marginali e totalmente irrilevanti nel panorama degli studi: significativi in tal senso, oltre i ben sette titoli editi dalla ditta di pulizie (sic!) Azzurra7, anche il ricorso a una oscura tesi dottorale inedita del 1961 il cui unico pregio sembrerebbe essere quello di affermare qualcosa di simile a ciò che gli autori cercavano.
Fra tutti i problemi del testo, quest'ultimo è forse il più vistoso: non presentare lo stato dell'arte ma una selezione bibliografica orientata a sostenere in modo capzioso tesi del tutto minoritarie e destituite di ogni credibilità nell'attuale panorama degli studi.
L'impressione complessiva, per concludere, è quella di un'opera sostanzialmente dilettantistica, sensazione accentuata da un ampio ricorso ad una terminologia di stampo confessionale (e.g. "theos anche per esseri diversi da Dio Onnipotente", p. 144; "l'Iddio Onnipotente", p.152 e passim; “mediare tra gli uomini e la lingua divina, compito arduo perché sulla lingua umana pesa "la maledizione divina". ”, p. 280). Pur dunque nel lodevole tentativo di smarcarsi dal settarismo per affacciarsi alla letteratura scientifica, il saggio di Arduini e Pizzorni sembra fallire sostanzialmente il suo obiettivo.
 
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Serveto
view post Posted on 3/3/2014, 15:01     +1   -1




Caro Teodoro,

A parte il tono presuntuoso e arrogante che sembra contraddistinguerti quando solo si prova ad accennare alle minoranze religiose, ed in particolare ai testimoni di Geova, mi verrebbe da chiederti se stai scherzando, perché io ho letto quel libro con una certa attenzione, ma francamente confrontandolo con questa tua tirata polemica non capisco se abbiamo letto lo stesso testo, perché (forse a parte qualche leggerezza nella redazione del testo greco) non dice nulla di quello che tu gli rimproveri. Più che una recensione mi pare di leggere un tuo sfogo personale, un riassuntino delle classiche obiezioni di stampo teologico, più che grammaticale, che troviamo in tanta letteratura apologetica anti-geovista.

E' davvero un peccato che tu ti riduca ad usare la recensione di un testo, a mio parere interessante perché introduce in Italia le tesi di autori ancora poco conosciuti e poco dibattute, per fare solo della propaganda ideologica e con la scusa dell'accademia diffondere quelli che sono pregiudizi religiosi. Non so se gli autori, che per altro conosco personalmente e stimo, risponderanno mai a quello che scrivi, ma a mio parere qui c'è solo un grossolano fraintendimento delle intenzione degli autori.

IMHO

Edited by Serveto - 3/3/2014, 18:19
 
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view post Posted on 3/3/2014, 19:45     +1   -1
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Serveto, parlo da forumista che non ha letto il libro in questione, e devo ammettere che la recensione di Teo appare assai ben dettagliata nell'indicare pagina e contenuti degli argomenti oggetto di critica, e in particolare di critica tecnica.

Per contro, la tua risposta appare un pò vaga - parlando di "classiche obiezioni di stampo teologico" e di "qualche leggerezza nella redazione del testo greco" - senza tuttavia affrontare nello specifico le presunte lacune individuate dalla recensione.

Se di dibattito tecnico si tratta, allora mi aspetto di leggere approfondimenti tecnici riguardo alle obiezioni di Teo (il quale invita apertamente alla discussione proprio all'inizio del post).

Ciao,
Talità
 
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jwfelix2
view post Posted on 3/3/2014, 21:19     +1   -1




CITAZIONE (Teodoro Studita @ 2/3/2014, 19:02) 
Rifiutata da ogni rivista scientifica del regno, posto qui una mia recensione a questo capolavoro.
Nel caso qualcuno (ad es. gli autori) volesse commentare, può farlo in questo post.

Teo non è che l'hanno rifiutata perché non degna di considerazione? :huh:
 
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view post Posted on 3/3/2014, 22:39     +1   -1
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Ogni affermazione è circostanziata da un preciso riferimento alla pagina, dunque se c'è qualcosa da obiettare, basta indicare dove avrei fatto affermazioni errate e se ne può parlare liberamente (oddio, non è proprio che l'idea mi esalti, ma sono disposto a farlo per questione di deontologia professionale).
Quanto a Felix, gli editori hanno risposto chiaramente che il problema risiede nel fatto che il libro in questione non merita una recensione. Più chiaro di così... Insistendo un po' sono riuscito ad ottenere una "segnalazione" di 1500 caratteri, poco meglio di nulla. Tant'è.
Attendo le vostre,
 
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Serveto
view post Posted on 3/3/2014, 23:11     +1   -1




Caro Talità,

CITAZIONE
Serveto, parlo da forumista che non ha letto il libro in questione, e devo ammettere che la recensione di Teo appare assai ben dettagliata nell'indicare pagina e contenuti degli argomenti oggetto di critica, e in particolare di critica tecnica

Conosciamo bene l'atteggiamento apertamente intollerante di Teodoro nei confronti delle minoranze religione, in particolare dei testimoni di Geova, il punto è che basta dare un''occhiata al testo per rendersi conto che i contenuti indicati come oggetto delle sue critiche non hanno nulla a che vedere con quello che dice il testo. La cosa, ti confesso, mi ha lasciato completamente basito, perché non posso capacitarmi che uno sedicente studioso possa arrivare a tanto...

CITAZIONE
Per contro, la tua risposta appare un pò vaga - parlando di "classiche obiezioni di stampo teologico" e di "qualche leggerezza nella redazione del testo greco" - senza tuttavia affrontare nello specifico le presunte lacune individuate dalla recensione

Posso benissimo entrare nello specifico, ma basta dare un'occhiata al testo per rendersi conto di che cosa parlo.

Saluti
 
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view post Posted on 3/3/2014, 23:22     +1   -1
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CITAZIONE (Serveto @ 3/3/2014, 23:11) 
Posso benissimo entrare nello specifico, ma basta dare un'occhiata al testo per rendersi conto di che cosa parlo.

E allora è il caso che tu lo faccia perché questo è un forum scientifico, non un palco per sparate ad personam, quindi andiamo ai fatti. Finora non ne abbiamo visti.
 
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Serveto
view post Posted on 3/3/2014, 23:39     +1   -1




Caro Teodoro,

CITAZIONE
Ogni affermazione è circostanziata da un preciso riferimento alla pagina, dunque se c'è qualcosa da obiettare, basta indicare dove avrei fatto affermazioni errate e se ne può parlare liberamente (oddio, non è proprio che l'idea mi esalti, ma sono disposto a farlo per questione di deontologia professionale)

Cerchiamo di essere seri, i tuoi "precisi riferimenti", ad essere generosi, a me paiono dei grossolani fraintendimenti. Ti posso fare un esempio per tutti, macroscopico. Ad un certo punto tu dici:

"...valutazione soprendente almeno quanto quella in cui si afferma che il codice di Leningrado “è conservato nell'URSS” (sic, p. 27)"

A parte l'errore di ortografia, qui ironizzi sugli autori che avrebbero scritto "URSS", senza renderti neppure conto che quella è solo una citazione dell'introduzione della TNM scritta nel 1984. L'errore è reso anche più macroscopico dal fatto che tu, avendo scritto un testo monografico sulla TNM da pochi anni, quell'introduzione in cui sono spiegate le caratteristiche della traduzione, avresti dovute conoscerla benissimo.

Non voglio dilungarmi oltre, come detto se gli autori vorranno replicheranno certamente con più competenza di me alla tua recensione.

Ad maiora
 
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view post Posted on 4/3/2014, 01:14     +1   -1
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Caro Barnabino,
Il paragrafo in questione non ha una nota che dice che quella sia una citazione, dunque se gli autori hanno fatto copia-incolla di quattro pagine sane dall'Introduzione della NM – operazione già di per sé abbastanza discutibile –, almeno avrebbero dovuto mettere le note al punto giusto, altrimenti il lettore non ha alcuno strumento per capire che si tratta di una citazione verbatim. Come giustamente ricordi, se non mi sono accorto io che era una citazione letterale, perché mai dovrebbe avvedersene un lettore qualsiasi? Le note servono a questo, infatti, e anche dall'uso delle note e delle citazioni si distingue una pubblicazione scientifica da una amatoriale.

A nessuno infatti verrebbe mai in mente di fare un copia-incolla di 4-5 pagine a meno che non si tratti di qualcosa di estrema rarità e che le biblioteche non hanno. Certo non è questo il caso di un'opera di larghissima diffusione come la TNM. Ma se proprio bisogna farlo (e, credimi, non trovo alcun motivo sensato per farlo), almeno questo va indicato chiaramente con una nota posta alla fine di ogni sezione citata. Se gli autori ignorano questi elementari princìpi redazionali è con loro che devi prendertela, giacché questo non fa altro che confermare la tesi di fondo della mia recensione: che si tratti di un lavoro dilettantesco.
Se questo sarebbe l'errore "macroscopico" non voglio immaginare gli altri.
 
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Hard-Rain
view post Posted on 4/3/2014, 08:25     +1   -1




CITAZIONE
ad esempio, sono gli stessi autori a disattendere i principi appena enunciati quando difendono la traduzione di Gv 1,1 “la Parola era un dio” (NM), a motivo dell'assenza dell'articolo davanti a θεός

Ma non è ancora chiaro che:

- la presenza/assenza dell'articolo in quel caso (= 2 sostantivi + verbo copulativo) serve a distinguere tra soggetto grammaticale e predicato nominale, se avesse messo l'articolo davanti a Θεος io avrei capito "e Dio era la parola"; ad ogni modo il caso di Romani 3,28 è diverso da questo (preposizione + sostantivo, come ben sottolinea la grammatica di Porter - ma anche quella di Robertson - non c'è alcuna indeterminazione in un caso di preposizione + sostantivo senza articolo).

- non c'è alcuna prova che l'autore di quel vangelo credesse nel politeismo per cui quel θεος non può essere "uno degli dèi" o "una divinità", anzi è del tutto verosimile che l'autore del vangelo si riferisse all'unico Dio della tradizione giudaico-cristiana, vale a dire JHWH

- si potrebbe al più sostenere che "la parola aveva qualità divine" (non che fosse un Dio a parte), anche se va notato che in greco non mancano gli aggettivi opportuni per esprimere questo concetto, perchè andarsi a invischiare in un altamente probabile fraintendimento?

- come rilevato, se dovessimo applicare questo modo di tradurre meccanicamente, otterremmo degli assurdi nello stesso testo. Che dire per esempio di questa frase di quel vangelo, dove Gesù sta parlando ai Giudei: ὁ πατήρ μου ὁ δοξάζων με, ὃν ὑμεῖς λέγετε ὅτι θεὸς ἡμῶν ἐστιν (con θεὸς privo dell'articolo)? Salterebbe fuori che il padre di Gesù era uno degli dèi in cui credevano i Giudei (!). In realtà le cose non stanno così, in queste frasi la presenza/assenza dell'articolo sottolinea solo chi svolge la funzione di predicato nominale e chi svolge la funzione di soggetto grammaticale. P.s.: in un altro passaggio sempre di questo vangelo Gesù parla di colui che è (contemporaneamente) suo padre, Dio suo e Dio (= JHWH) dei Giudei (notoriamente i Giudei avevano ed hanno uno ed un solo Dio! La blasfemia di Gesù consiste nel farlo suo padre).

CITAZIONE
Ancora, gli autori presentano la NM come opera di un non meglio precisato "comitato internazionale di studiosi"

In effetti un traduttore professionale, competente e orgoglioso della sua fatica ci terrebbe eccome a rimarcare la proprietà intellettuale. E l'opera stessa ne guadagnerebbe in autorità, se fosse stata prodotta da traduttori di alto livello, professionali e autorevoli. Perchè, dunque, questi nomi non sono noti? O lo sono?

CITAZIONE
Gv 1,1 l'intento dell'autore non fosse quello di identificare Gesù con YHWH

In quel verso poi al più si dice che "la parola" era Dio non che Gesù fosse Dio. Peraltro nella tradizione ebraica non esistono mediatori divini tra Dio e l'essere umano, o si è Dio oppure si è un essere umano. Angeli o esseri del genere non esistono e la tradizione rabbinica li interpreta in ben altro modo.

Edited by Hard-Rain - 4/3/2014, 09:52
 
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view post Posted on 4/3/2014, 10:53     +1   -1
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CITAZIONE (Hard-Rain @ 4/3/2014, 08:25) 
il caso di Romani 3,28 è diverso da questo (preposizione + sostantivo, come ben sottolinea la grammatica di Porter - ma anche quella di Robertson - non c'è alcuna indeterminazione in un caso di preposizione + sostantivo senza articolo).

Mi dai modo di spiegare nel dettaglio ciò che per mere ragioni di spazio ho dovuto comprimere in una frase:

CITAZIONE
sono gli stessi autori a disattendere i principi appena enunciati quando difendono la traduzione di Gv 1,1 “la Parola era un dio” (NM), a motivo dell'assenza dell'articolo davanti a θεός salvo poi rendere "La legge" invece di "legge / una legge" nel caso sintatticamente analogo (ma teologicamente irrilevante) di Rm 3,28.

Allora, nel caso in questione abbiamo:

λογιζόμεθα γὰρ δικαιοῦσθαι πίστει ἄνθρωπον χωρὶς ἔργων νόμου.
Noi riteniamo infatti che l'uomo è giustificato per la fede indipendentemente dalle opere della legge. (CEI)

Non vedo peraltro preposizioni qui, perché χωρὶς non si riferisce a νόμου ma a ἔργων.

Stando al ragionamento di Arduini dal momento che νόμου non ha articolo, si dovrebbe tradurre "una legge", sicché ne verrebbe fuori

Noi riteniamo infatti che l'uomo è giustificato per la fede indipendentemente dalle opere di legge (oppure: di una legge)

In questo caso, tuttavia, siamo di fronte a uno dei due casi eccezionali. Il primo è proprio quello di Gv 1,1 e cioè quando si ha a che fare con l'aspetto qualitativo (in tale senso l'autore non stava dicendo: "la Parola era YHWH", ma "la parola aveva qualità divina"), mentre il secondo riguarda perlopiù gli oggetti astratti (La Sapienza, la Legge, oppure per stare nel lessico paolino "la conoscenza" in Rm 3,20, oppure "la discordia" in 1Cor 3,3). Su questo si può vedere L.Cignelli, G.C. Bottini, L'articolo nel greco biblico, LA 41 (1991) 159-199. Si descrivono queste dinamiche a p. 171. In questi casi ci si deve comportare come se ci fosse un articolo determinativo, talché avremmo "la Parola era "il" Dio" (ma qui è l'italiano che non usa l'articolo davanti a "Dio") e "le opere della Legge". In entrambi i casi, inoltre, non abbiamo a che fare con nomi astratti comuni, ma con enti che di per sé l'uditore riesce a identificare con un oggetto preciso e inequivocabile indipendentemente dall'uso dell'articolo, il che rafforza ulteriormente quanto detto.

In conclusione, è del tutto manifesto che il criterio che Arduini utilizza per tradurre non è quello della grammatica, che gli imporrebbe di comportarsi nello stesso modo per i due casi in questione, ma quello della teologia.
Q.E.D.
 
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Serveto
view post Posted on 4/3/2014, 11:27     +1   -1




Caro Hard Rain,

CITAZIONE
Ma non è ancora chiaro che:

- la presenza/assenza dell'articolo in quel caso (= 2 sostantivi + verbo copulativo) serve a distinguere tra soggetto grammaticale e predicato nominale, se avesse messo l'articolo davanti a Θεος io avrei capito "e Dio era la parola"; ad ogni modo il caso di Romani 3,28 è diverso da questo (preposizione + sostantivo, come ben sottolinea la grammatica di Porter - ma anche quella di Robertson - non c'è alcuna indeterminazione in un caso di preposizione + sostantivo senza articolo).

- non c'è alcuna prova che l'autore di quel vangelo credesse nel politeismo per cui quel θεος non può essere "uno degli dèi" o "una divinità", anzi è del tutto verosimile che l'autore del vangelo si riferisse all'unico Dio della tradizione giudaico-cristiana, vale a dire JHWH

- si potrebbe al più sostenere che "la parola aveva qualità divine" (non che fosse un Dio a parte), anche se va notato che in greco non mancano gli aggettivi opportuni per esprimere questo concetto, perchè andarsi a invischiare in un altamente probabile fraintendimento?

- come rilevato, se dovessimo applicare questo modo di tradurre meccanicamente, otterremmo degli assurdi nello stesso testo. Che dire per esempio di questa frase di quel vangelo, dove Gesù sta parlando ai Giudei: ὁ πατήρ μου ὁ δοξάζων με, ὃν ὑμεῖς λέγετε ὅτι θεὸς ἡμῶν ἐστιν (con θεὸς privo dell'articolo)? Salterebbe fuori che il padre di Gesù era uno degli dèi in cui credevano i Giudei (!). In realtà le cose non stanno così, in queste frasi la presenza/assenza dell'articolo sottolinea solo chi svolge la funzione di predicato nominale e chi svolge la funzione di soggetto grammaticale. P.s.: in un altro passaggio sempre di questo vangelo Gesù parla di colui che è (contemporaneamente) suo padre, Dio suo e Dio (= JHWH) dei Giudei (notoriamente i Giudei avevano ed hanno uno ed un solo Dio! La blasfemia di Gesù consiste nel farlo suo padre

Tu hai ragione, ma il punto è che basta dare un'occhiata anche superficiale a testo per rendersi conto che gli autori non solo sono del tutto coscienti di questi problemi (che vengono discussi nel capitolo III) ma che non hanno mai scritto da nessuna parte, come sostiene il Polidori, che la traduzione di Gv 1,1 “la Parola era un dio” è giustificata solo dall'assenza dell'articolo davanti a θεός! Il fatto è che Polidori aveva pronta nel cassetto la sua brava stroncatura ancora prima di leggere il testo e non ha fatto altro che creare un perfetto "uomo di paglia". Dico perfetto perché giocando sui pregiudizi chiunque (anche tu, che non hai letto il libro) non ha difficoltà a credere a quello che Polidori scrive, salvo accorgersi che il pensiero degli autori è (a mio parere, poi dovete sentire loro) diametralmente opposto a quello che viene descritto nella recensione.

CITAZIONE
In quel verso poi al più si dice che "la parola" era Dio non che Gesù fosse Dio

Se ti può confortare questo è esattamente quello che, ad un certo punto, viene ricordato dagli autori. Ben inteso, non sono qui a fare l'avvocato d'ufficio di nessuno. Ho parlato con un autore e mi ha detto che sono molto entrambi molto stupiti dal leggere questa recensione e che quanto prima pubblicheranno una loro risposta sul sito isagogica.it. Quella che io vorrei ristabilire è solo la dimensione delle cose, un conto è muovere critiche, un altro è mettere in bocca degli autori cose che non hanno mai scritto basandosi, per di più, sul pregiudizio verso una minoranza religiosa. Questo lo trovo francamente molto scorretto e poco scientifico.

Shalom
 
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Hard-Rain
view post Posted on 4/3/2014, 11:41     +1   -1




CITAZIONE
non hanno mai scritto da nessuna parte, come sostiene il Polidori, che la traduzione di Gv 1,1 “la Parola era un dio” è giustificata solo dall'assenza dell'articolo davanti a θεός!

Allora perdonami ma non ho capito se traducono o non traducono con "la Parola era un dio", potresti precisare? Oppure è il Polidori che riporta erroneamente la traduzione?

Se traducono con "la Parola era un dio" e la questione dell'articolo è irrilevante se presa da sola, sulla base di cosa allora motivano quella resa?
 
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Serveto
view post Posted on 4/3/2014, 11:43     +1   -1




Caro Teodoro,

Usa il mio nick correttamente, per piacere, questo atteggiamento la dice lunga.

CITAZIONE
Il paragrafo in questione non ha una nota che dice che quella sia una citazione, dunque se gli autori hanno fatto copia-incolla di quattro pagine sane dall'Introduzione della NM – operazione già di per sé abbastanza discutibile –, almeno avrebbero dovuto mettere le note al punto giusto, altrimenti il lettore non ha alcuno strumento per capire che si tratta di una citazione verbatim.

La nota c'è ed è la numero 28, inoltre la citazione riguardante i testi base è scritta con un carattere differente dal testo. Ma quello che lascia esterrefatti è che chi sostiene di aver scritto il primo testo scientifico sulla TNM in Italia non si renda neppure conto che quella citata è l'introduzione del testo di cui lui dovrebbe essere un esperto. Il punto è che se volevi fare della facile ironia, come fai adesso insistendo sull'aggettivo "amatoriale" non ci sei riuscito. Semmai è la tua recensione che appare molto discutibile.

CITAZIONE
Se questo sarebbe l'errore "macroscopico" non voglio immaginare gli altri

Come ho detto non sono l'avvocato difensore d'ufficio di nessuno, volevo solo ristabilire un po' la dimensione delle cose ed evidenziare la fallacia dei tuoi argomenti. L'uso dell'uomo di paglia si adatta più alla politica che alla scienza, lascio comunque agli autori replicare in maniera sicuramente più articolare e competente di quanto possa fare io, ho parlato con uno degli autori che aveva già visto la recensione e mi ha detto che a breve scriveranno una replica sul loro sito isagogica.it.

Ad maiora
 
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Hard-Rain
view post Posted on 4/3/2014, 11:50     +1   -1




Comunque leggo questa versione:

"In principio era la Parola e la Parola era con Dio e la Parola era un dio" (fonte: www.jw.org/it/pubblicazioni/bibbia/nwt/libri/giovanni/1/)

Per me è una traduzione un po' scorretta, qui il verbo essere ha senso di esistere "c'era/esisteva la Parola" in italiano è orribile scrivere "era la Parola".

Secondo punto, per caso προς + accusativo funge da complemento di compagnia? Perchè "era con Dio"???? Boh?

Infine la solita cosa che non condivido per nulla, cioè che "la Parola era un dio" (con la d minuscola...). Mah...
 
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65 replies since 2/3/2014, 19:02   2217 views
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