Studi sul Cristianesimo Primitivo

Bruce Manning Metzger: right or wrong?

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maquanteneso
view post Posted on 28/4/2014, 11:16     +1   -1




A proposito dei testi Vetus Latina, ecco una citazione di Metzger riportata da Hard-Rain

CITAZIONE
"lo stile legnoso e letterale che caratterizza molte di queste versioni fa ritenere che le prime copie fossero allestite sotto forma di traduzioni interlineari dal greco" (B.M. Metzger, Il testo del Nuovo Testamento, ed. Paideia, 1996, a pag. 75)

ha ragione o ha torto?
per verificarlo, propongo un "gioco": un utente dice un numero e l'utente successivo riporta un brano di un manoscritto scelto da lui, di un vangelo scelto da lui, di un capitolo corrispondente al numero scelto dall'utente precedente.
La ratio del "gioco" è impedire scelte troppo favorevoli rispetto alla propria tesi.

Comincio io: numero 8 (cioè chi sceglie il primo brano deve prenderlo da un capitolo 8 di un vangelo di un manoscritto vetus latina e poi confrontarlo con il testo greco).
 
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Hard-Rain
view post Posted on 29/4/2014, 11:11     +1   -1




Nel frattempo alcune piccole considerazioni tratte da documenti accessibili in rete:

Qui affermano: "il carattere del latino nella Vetus Latina corrisponde in generale al greco dei Settanta e del Nuovo Testamento. Si tratta di una traduzione letterale, di carattere volgare, non libera da errori grammaticali, di stile non ricercato, infiltrata da numerosi semitismi" Fonte: www.sbc.org.pl/Content/83967/16.pdf

Altre informazioni qui: http://new.lettere.unina2.it/Didattica1/Di...20CRISTIANO.pdf

Notevole anche questo esempio (tratto da http://tdtc.bytenet.it/comunicati/lezione%...ca%20latina.pdf):

"Il greco, come l’ebraico (e a differenza del latino e dell’aramaico) aveva l’articolo determinativo (ὁ, ἡ, τό). Ignorare questo dato grammaticale nella traduzione di un testo sacro, parola di Dio, non era pensabile. Per rispettare il più possibile il testo di partenza nella traduzione in latino della Bibbia e dei Vangeli talvolta l’aggettivo dimostrativo ille, illa, illud fu utilizzato per tradurre l’articolo determinativo greco. Per rendere più comprensibile questo concetto ci serviamo di un esempio tratto dal Vangelo di Giovanni (Gv., 6, 67). Il passo greco è:

ἔλεγεν τοῖς δώδεκα μαθεταῖς

ovvero

“disse ai dodici discepoli”.

In questa frase è presente l’articolo determinativo greco al caso dativo maschile plurale τοῖς, da tradurre in italiano con la preposizione articolata ai (a+i). Se dovessimo tradurre questa frase dal greco in latino, non dovremmo tener conto dell’articolo e avremmo:

“dixit duodecim discipulis”.

Nell’Itala, invece, la frase fu tradotta nel modo seguente: “dixit illis duodecim discipulis”. Nel tentativo di attenersi il più possibile alla lettera del testo sacro, il traduttore non trascurò l’articolo greco τοῖς e lo rese con l’aggettivo dimostrativo latino illis. A questo uso dell’aggettivo dimostrativo latino ille, illa, (illud), a metà tra l’uso aggettivale e l’uso determinativo, gli studiosi hanno dato il nome di articoloide"

Tra l'altro mi sembra che queso discorso dell'articolo "ille" per cercare di rendere l'articolo greco, se vedo bene, compare anche in passi del NT quali Lc 15,22 e Mt 8,27, tra l'altro il fenomeno è presente in alcuni mss. latini e in altri no (a ulteriore conferma che si tratta di una traduzione da greco a latino e non viceversa).

In questo articolo, invece, danno il seguente esempio:

"Né la cosiddetta Vetus Latina, nel suo sforzo di tradurre il Vangelo, sfugge a scivoloni impressionanti, prova che il greco del Nuovo Testamento, facile e piano che fosse, non sempre era alla portata dei pur volonterosi traduttori: così l’esortazione a considerare la propria bellezza (idou ei kale) si tramuta in frase ipotetica (vide si speciosa) perché chi fa la versione confonde la seconda persona del presente indicativo di eimi con ei congiunzione" fonte: http://riviste.unimi.it/index.php/DoctorVi...viewFile/80/136

Edited by Hard-Rain - 29/4/2014, 13:38
 
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view post Posted on 29/4/2014, 11:18     +1   -1
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Per capire chi traduce che basta vedere gli errori di traduzione. Credo che una banale ricerca possa evitarci di rivedere un vecchio film.
 
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Hard-Rain
view post Posted on 29/4/2014, 11:21     +1   -1




A memoria non conosco nessuno che sostenga che il vangelo sia stato scritto in latino e tradotto in greco (!). Magari mi sbaglio...
 
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maquanteneso
view post Posted on 30/4/2014, 11:06     +1   -1




CITAZIONE (Teodoro Studita @ 29/4/2014, 12:18) 
Per capire chi traduce che basta vedere gli errori di traduzione.

sì, basta che la ricerca non sia a senso unico (cioè basta che non si presuma sempre un errore dal greco nei testi latini e un errore dall'aramaico nei testi greci)
CITAZIONE (Teodoro Studita @ 29/4/2014, 12:18) 
Credo che una banale ricerca possa evitarci di rivedere un vecchio film.

CITAZIONE (Hard-Rain @ 29/4/2014, 12:21)
A memoria non conosco nessuno che sostenga che il vangelo sia stato scritto in latino e tradotto in greco (!).

vecchio film o prima visione?
 
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maquanteneso
view post Posted on 30/4/2014, 11:34     +1   -1




CITAZIONE (Hard-Rain @ 29/4/2014, 12:11) 
Tra l'altro mi sembra che queso discorso dell'articolo "ille" per cercare di rendere l'articolo greco, se vedo bene, compare anche in passi del NT quali Lc 15,22 e Mt 8,27, tra l'altro il fenomeno è presente in alcuni mss. latini e in altri no (a ulteriore conferma che si tratta di una traduzione da greco a latino e non viceversa).

Mt 8, 27 nel codice bobbiese non ha "ille"; e in generale nel codice bobbiese non ho notato questo uso di ille.
Comunque non discuto che qualche manoscritto latino possa essere una traduzione dal greco, diciamo che io sono "concentrato" sul codice bobbiese (e, eventualmente, codici vicini)

Domanda leggermente OT: il latino ha una struttura grammaticale "russa" (niente articoli, 6 casi); c'è una spiegazione del perché le lingue neolatine abbiano una grammatica così diversa (articoli, niente casi)? cioè, esiste qualcuno che si è posto il problema e ha trovato delle spiegazioni?

CITAZIONE
"Né la cosiddetta Vetus Latina, nel suo sforzo di tradurre il Vangelo, sfugge a scivoloni impressionanti, prova che il greco del Nuovo Testamento, facile e piano che fosse, non sempre era alla portata dei pur volonterosi traduttori: così l’esortazione a considerare la propria bellezza (idou ei kale) si tramuta in frase ipotetica (vide si speciosa) perché chi fa la versione confonde la seconda persona del presente indicativo di eimi con ei congiunzione" fonte: http://riviste.unimi.it/index.php/DoctorVi...viewFile/80/136

è una frase del cantico dei cantici (Ct 1,15), che il pur volonteroso Roberto Giacomelli abbia commesso uno scivolone impressionante?

Edited by maquanteneso - 30/4/2014, 14:16
 
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maquanteneso
view post Posted on 30/4/2014, 13:42     +1   -1




Tempo fa avevo letto degli articoli sulla latinità di Marco, ma poi non sono più riuscito a ritrovarli, così mi era quasi venuto il dubbio di essermeli sognati; invece esistono

www.biblicalstudies.org.uk/pdf/jts/029_375.pdf

in questo articolo Burkitt si riferisce ad un lavoro di Couchoud, dovrebbe essere questo: www.radikalkritik.de/COUCHOUDEvMarc.pdf

mi ha colpito il discorso su Mc 9, 50 ("Buona cosa il sale; ma se il sale diventa senza sapore, con che cosa lo salerete? Abbiate sale in voi stessi e siate in pace gli uni con gli altri" (C.E.I.))

nel codice bobbiese c'è scritto
BONUMEST.SALSETSISALSFATUM (fine della pagina)
FATUMFUER.INQUODILLUTCONDIS
TIS HABETISINUOBISPANEM.PACA
TIESTOTEINILLAUICEM ETINDEPRO

fatum (fatuum) è ripetuto due volte, così la traduzione verrebbe "il sale è buono, ma se il sale è senza sapore, sarà senza sapore ciò nel quale lo metterete", che è decisamente meno criptico rispetto alla versione standard.
Però Burkitt dice che il fatto che "fatum" sia l'ultima parola di una pagina e la prima parola della pagina successiva fa pensare ad un errore dello scriba.
Quindi cosa si fa?
Questo passaggio dimostra che all'inizio c'era "fatum fatum", poi qualcuno ha trascritto un "fatum" solo e poi c'è stata la traduzione in greco, oppure dimostra che i copisti latini scrivevano parole un po' a caso?
Per decidere chi ha sbagliato a tradurre, bisogna prima decidere qual è la frase originale.

Edited by maquanteneso - 30/4/2014, 14:56
 
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Hard-Rain
view post Posted on 30/4/2014, 13:55     +1   -1




La frase sul sale in Marco è stata studiata anche con l'ipotesi di un detto in ebraico (v. Carmignac e altri).
 
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view post Posted on 1/5/2014, 09:58     +1   -1
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Scusate la fretta ma è il primo maggio pure qui a Parigi e devo preparare un'insalata di riso per andare al parco cogli amici...

CITAZIONE
Domanda leggermente OT: il latino ha una struttura grammaticale "russa" (niente articoli, 6 casi); c'è una spiegazione del perché le lingue neolatine abbiano una grammatica così diversa (articoli, niente casi)? cioè, esiste qualcuno che si è posto il problema e ha trovato delle spiegazioni?

Puoi leggerti questa dispensa di storia del latino che viene data agli studenti di Ca'Foscari. Vai al par. 212 dove si parla dell'evoluzione dal sistema dei casi al nostro:

http://venus.unive.it/matdid.php?utente=mo...FU.pdf&cmd=file

al par. 199 per ironia della sorte si parla pure della Vetus Latina e dei suoi strafalcioni.

Comunque in sintesi: il latino aveva un sistema misto, dove i complementi si esprimevano a volte con la sola flessione nominale, a volte con l'aggiunta di preposizioni. In genere però, ciò che può venire espresso dalla sola flessione nominale, può venire ugualmente detto con forme più analitiche che includano preposizioni. Ciò alla lunga ha reso obsoleti i casi, specie tra il popolo poco istruito che li teneva difficilmente a mente, e s'è fatto sempre più ricorso alle preposizioni. Col venire meno dei casi, c'è stato bisogno di aggiungere gli articoli, ed il nostro articolo "il" deriva proprio da una metamorfosi del dimostrativo "ille", di cui qui s'è parlato.

Qui tutti gli altri capitoli di questa dispensa (che è fatta benissimo):

http://venus.unive.it/matdid.php?utente=mo...a+6+CFU&cmd=dir

CITAZIONE
"fatum (fatuum) è ripetuto due volte, così la traduzione verrebbe "il sale è buono, ma se il sale è senza sapore, sarà senza sapore ciò nel quale lo metterete", che è decisamente meno criptico rispetto alla versione standard."

Avere a che fare con una frase più comprensibile non indica di solito che si ha a che fare con l'originale, ma il contrario.

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maquanteneso
view post Posted on 3/5/2014, 17:51     +1   -1




CITAZIONE (Polymetis @ 1/5/2014, 10:58) 
Comunque in sintesi: il latino aveva un sistema misto, dove i complementi si esprimevano a volte con la sola flessione nominale, a volte con l'aggiunta di preposizioni. In genere però, ciò che può venire espresso dalla sola flessione nominale, può venire ugualmente detto con forme più analitiche che includano preposizioni. Ciò alla lunga ha reso obsoleti i casi, specie tra il popolo poco istruito che li teneva difficilmente a mente, e s'è fatto sempre più ricorso alle preposizioni. Col venire meno dei casi, c'è stato bisogno di aggiungere gli articoli, ed il nostro articolo "il" deriva proprio da una metamorfosi del dimostrativo "ille", di cui qui s'è parlato.

ho già sentito in passato questo tipo di spiegazione, ma non la trovo convincente; per esempio, se i casi sono così difficili da tenere a mente, perché sono nate le lingue con i casi? e se l'evoluzione naturale di una lingua è eliminare i casi, perché esistono ancora lingue con i casi? e ancora: siamo sicuri che il popolo parlasse latino? questi dubbi mi nascono dalla considerazione di esempi relativamente più recenti.
Il primo esempio che vorrei considerare è l'antico inglese: era una lingua germanica e aveva i casi, si è evoluto nell'inglese moderno sotto l'influenza dei normanni che parlavano una lingua romanza senza casi. Quindi mi domandavo se anche le lingue romanze a loro volta potessero essere nata dall'incrocio tra latino e altre lingue (eventualmente quali? da qui la mia domanda).
Il secondo esempio che vorrei considerare è l'italiano moderno: è nato circa 500 anni fa, ma ancora nella prima guerra mondiale la stragrande maggioranza dei soldati non riusciva a capirsi, cioè gli italiani parlavano lingue non mutuamente comprensibili tra di loro (per esempio, il milanese, il piemontese, il napoletano, il sardo, il siciliano, il veneto, il friulano, il romagnolo); eppure l'italiano esisteva, era lingua ufficiale da mezzo secolo e più o meno era sempre quello da 400 anni, e quindi il fatto che il popolo fosse poco istruito ha inciso poco o nulla sul suo uso da parte dei letterati. E allora quello che mi domando è: perché per il latino sarebbe dovuto andare diversamente? e poi siamo sicuri che ai tempi dell'impero romano la gente comune parlasse latino? come è possibile, considerando l'estensione dell'impero, la mancanza della scuola dell'obbligo e l'assenza della tv?
CITAZIONE
Avere a che fare con una frase più comprensibile non indica di solito che si ha a che fare con l'originale, ma il contrario.

le euristiche sono giustificate dalle loro ratio; nel caso della tua euristica, la ratio è data dal fatto che i copisti, davanti a frasi poco comprensibili, talvolta effettuano una correzione al fine di rendere più semplice la lettura.
Non è questo il caso, o meglio, se questo fosse il caso, saremmo in presenza di un genio: il copista, di fronte alla poca comprensibilità della frase, avrebbe congetturato che la poca comprensibilità era dovuta ai copisti precedenti che avevano compresso una parola doppia e avrebbe quindi raddoppiato tale parola per ripristinare il testo da lui ritenuto originario.
Teoria interessante, ma c'è il problema che il copista del codice k viene quasi unanimemente considerato un pirla, a causa dei numerosi errori di scrittura presenti nel testo, infatti Burkitt spiega il doppio fatum semplicemente come un errore causato dal cambio di pagina (ma così il fatto che la frase acquisti maggior senso diventa una casualità; è vero che le casualità ogni tanto possono capitare, però...)
 
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view post Posted on 4/5/2014, 23:08     +1   -1
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ho già sentito in passato questo tipo di spiegazione, ma non la trovo convincente;

Guarda che quello che sto dicendo è una cosa perfettamente documentabile e documentata. Non è una cosa su cui ci sia dibattito. Grazie al cielo l'evoluzione dal latino ai volgari romanzi è una cosa su cui abbiamo tutta la documentazione che ci serve che ci permette di tenere d'occhio l'evoluzione della lingua in maniera diacronica.

CITAZIONE
per esempio, se i casi sono così difficili da tenere a mente, perché sono nate le lingue con i casi? e se l'evoluzione naturale di una lingua è eliminare i casi, perché esistono ancora lingue con i casi?

Scusa ma io non ho detto che l'evoluzione naturale di una lingua è di eliminare i casi. Ho detto che in presenza di unalingua mista, dove i complimenti siano esprimibili o coi soli casi, o con un sistema analitico alternativo fatto di preposizioni, uno dei due sistemi è superfluo, e dunque il più difficile tende ad essere soppiantato dal più semplice, specie in caso di bassa scolarità. Questo non implica che ciò avvenga in ogni lingua coi casi, infatti non tutte le lingue coi casi hanno il sistema doppio da me descritto, e non tutte le lingue coi casi hanno visto il crollo all'interno della loro storia della compagine statale che garantiva con l'istruzione un mantenimento dello standard. Ci sono lingue coi casi che si sono mantenute di più perché banalmente il sistema scolastico dietro a quella lingua non è andato in crisi come il sistema scolastico romano nell'alto medioevo. Ad esempio il greco bizantino, anche nel parlato, ha tenuto i casi, perché, tra le altre cose, l'impero romano d'Oriente è rimasto in piedi a differenza di quello d'Occidente.

CITAZIONE
e ancora: siamo sicuri che il popolo parlasse latino? questi dubbi mi nascono dalla considerazione di esempi relativamente più recenti.

Dipende dalle zone. Sono tutte cose che vengono abbondantemente spiegate nella dispensa di Mondin che ti ho linkato. Ci sono per il latino varianti sia diatopiche, sia diafasiche, sia distratiche. Già i grammatici romani dell'epoca si ponevano il problema della differenza tra l'ideale del latino delle élite cittadine (l'urbanitas), e il latino decentrato (rusticitas) [parr. 91-92 della dispensa di Mondin]
Il latino, nelle sue varianti provinciali ovviamente, s'è diffuso ed ha effettivamente soppiantato facendole sparire altre lingue autoctone, come l'osco o l'etrusco. Questo è stato in gran parte dovuto al sistema scolastico, e al desiderio di integrarsi nella nuova compagine romana. Tutto ciò è ampiamente spiegato nella dispensa di Mondin al par. 77.
CITAZIONE
Il primo esempio che vorrei considerare è l'antico inglese: era una lingua germanica e aveva i casi, si è evoluto nell'inglese moderno sotto l'influenza dei normanni che parlavano una lingua romanza senza casi. Quindi mi domandavo se anche le lingue romanze a loro volta potessero essere nata dall'incrocio tra latino e altre lingue (eventualmente quali? da qui la mia domanda).

Ovviamente. E' quello che in linguistica si chiama azione di sostato (cioè gli influssi che il latino ebbe dalle lingue che soppiantò), ed influssi di superstrato (cioè gli influssi che il latino ebbe dalle lingue delle genti che transitarono sui territori dell'impero dopo che il latino s'era già insediato). Ad esempio noi in Italia abbiamo avuto diverse invasioni germaniche, di cui tutti ricorderanno quella longobarda. Abbiamo moltissime parole che sono prestiti da dialetti germanici a causa di queste migrazioni di popoli.

CITAZIONE
Il secondo esempio che vorrei considerare è l'italiano moderno: è nato circa 500 anni fa, ma ancora nella prima guerra mondiale la stragrande maggioranza dei soldati non riusciva a capirsi, cioè gli italiani parlavano lingue non mutuamente comprensibili tra di loro (per esempio, il milanese, il piemontese, il napoletano, il sardo, il siciliano, il veneto, il friulano, il romagnolo); eppure l'italiano esisteva, era lingua ufficiale da mezzo secolo e più o meno era sempre quello da 400 anni, e quindi il fatto che il popolo fosse poco istruito ha inciso poco o nulla sul suo uso da parte dei letterati. E allora quello che mi domando è: perché per il latino sarebbe dovuto andare diversamente? e poi siamo sicuri che ai tempi dell'impero romano la gente comune parlasse latino?

Noi abbiamo solo della documentazione scritta, magari epigrafica, su cui basarci per ricostruire. Non parlo ovviamente solo di testi incisi sui monumenti ufficiali, ma su qualsiasi supporto e da chiunque: un incantesimo scritto su un amuleto a Londinium o una frase erotica scritta sulle mura di un bordello a Pompei.
Comunque ci sono mille casi diversi, e ogni zona fa storia a sé: in genere l'oriente è rimasto grecofono, l'Occidente s'è latininizzato. E, ove s'è latinizzato, lo ha fatto spontaneamente, grazie anche al servizio militare, alla volontà di integrarsi, e alla scuola. Ciò non esclude l'esistenza di altre lingue locali parlate insieme al latino (ma come ripeto dipende dalla zona, ad esempio lingue antiche come l'etrusco sparirono)

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maquanteneso
view post Posted on 7/5/2014, 18:31     +1   -1




CITAZIONE (Polymetis @ 5/5/2014, 00:08) 
l'evoluzione dal latino ai volgari romanzi è una cosa su cui abbiamo tutta la documentazione che ci serve che ci permette di tenere d'occhio l'evoluzione della lingua in maniera diacronica.

secondo me no; per esempio, conosciamo le lingue parlate 1000-2000 anni fa in Francia, Italia del Nord, penisola iberica?
non mi risulta

CITAZIONE
Scusa ma io non ho detto che l'evoluzione naturale di una lingua è di eliminare i casi. Ho detto che in presenza di unalingua mista, dove i complimenti siano esprimibili o coi soli casi, o con un sistema analitico alternativo fatto di preposizioni, uno dei due sistemi è superfluo, e dunque il più difficile tende ad essere soppiantato dal più semplice, specie in caso di bassa scolarità.

col russo e col tedesco non è successo
CITAZIONE
Questo non implica che ciò avvenga in ogni lingua coi casi, infatti non tutte le lingue coi casi hanno il sistema doppio da me descritto, e non tutte le lingue coi casi hanno visto il crollo all'interno della loro storia della compagine statale che garantiva con l'istruzione un mantenimento dello standard.

la compagine statale è qualcosa di rilevante solo negli ultimi 100-200 anni, con l'istruzione di massa, ma prima era irrilevante; infatti per esempio l'italiano è nato, si è sviluppato ed è rimasto sostanzialmente stabile senza una compagine statale dietro; sono altri i fattori che rendono una lingua più o meno stabile
CITAZIONE
Ci sono lingue coi casi che si sono mantenute di più perché banalmente il sistema scolastico dietro a quella lingua non è andato in crisi come il sistema scolastico romano nell'alto medioevo. Ad esempio il greco bizantino, anche nel parlato, ha tenuto i casi, perché, tra le altre cose, l'impero romano d'Oriente è rimasto in piedi a differenza di quello d'Occidente.

secondo me non è andata così
CITAZIONE
Dipende dalle zone. Sono tutte cose che vengono abbondantemente spiegate nella dispensa di Mondin che ti ho linkato. Ci sono per il latino varianti sia diatopiche, sia diafasiche, sia distratiche. Già i grammatici romani dell'epoca si ponevano il problema della differenza tra l'ideale del latino delle élite cittadine (l'urbanitas), e il latino decentrato (rusticitas) [parr. 91-92 della dispensa di Mondin]
Il latino, nelle sue varianti provinciali ovviamente, s'è diffuso ed ha effettivamente soppiantato facendole sparire altre lingue autoctone, come l'osco o l'etrusco. Questo è stato in gran parte dovuto al sistema scolastico, e al desiderio di integrarsi nella nuova compagine romana. Tutto ciò è ampiamente spiegato nella dispensa di Mondin al par. 77.

sì, va bene, ma non è che Mondin ha la macchina del tempo e ci è andato di persona...
per esempio, quando si parla di città e campagna, si intende della città di Roma o si intende in generale? nel secondo caso vorrebbe dire che a Mantua si parlava un latino perfetto, mentre in provincia (per dire, Hostilia) si parlava in maniera approssimativa.

CITAZIONE
E' quello che in linguistica si chiama azione di sostato (cioè gli influssi che il latino ebbe dalle lingue che soppiantò), ed influssi di superstrato (cioè gli influssi che il latino ebbe dalle lingue delle genti che transitarono sui territori dell'impero dopo che il latino s'era già insediato). Ad esempio noi in Italia abbiamo avuto diverse invasioni germaniche, di cui tutti ricorderanno quella longobarda. Abbiamo moltissime parole che sono prestiti da dialetti germanici a causa di queste migrazioni di popoli.

questi prestiti non sono poi così tanti... e non è nemmeno detto che siano così antichi... per esempio, il veneto "schei" risale alla dominazione austriaca... comunque a me interessa di più il sostrato
CITAZIONE
Comunque ci sono mille casi diversi, e ogni zona fa storia a sé: in genere l'oriente è rimasto grecofono, l'Occidente s'è latininizzato. E, ove s'è latinizzato, lo ha fatto spontaneamente, grazie anche al servizio militare, alla volontà di integrarsi, e alla scuola. Ciò non esclude l'esistenza di altre lingue locali parlate insieme al latino (ma come ripeto dipende dalla zona, ad esempio lingue antiche come l'etrusco sparirono)

la scuola riguardava una parte irrilevante della popolazione, il servizio militare idem, la "volontà di integrarsi" mi sembra qualcosa di difficilmente quantificabile; non nego la "latinizzazione" delle lingue in europa occidentale, solo che la spiegazione secondo me dev'essere un'altra.
 
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view post Posted on 7/5/2014, 21:02     +1   -1
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Maq, se proprio devi essere assertivo, almeno argomenta. Specialmente quando (come nel tuo ultimo post) affermi senza ombra di dubbio che l'intera ecumene di linguisti e filologi degli ultimi 150 anni non ha capito nulla di nulla.
Per carità magari hai ragione e dobbiamo tutti cambiare mestiere.
O magari no.
 
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maquanteneso
view post Posted on 7/5/2014, 21:19     +1   -1




CITAZIONE (Teodoro Studita @ 7/5/2014, 22:02) 
Maq, se proprio devi essere assertivo, almeno argomenta.

ma assertivo cosa?
ho argomentato tutto, tranne in un'occasione dove ho fatto una domanda per avere una chiarificazione...
come dite voi a Roma, me stai a cojona'?
 
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view post Posted on 7/5/2014, 21:57     +1   -1
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Dici di non essere assertivo. Alla faccia! Nel tuo ultimo post dichiari, nell'ordine che:

1. Non conosciamo l'evoluzione dal latino alle lingue romanze (argomento altrettanto assertivo "non conosciamo le lingue parlate 1000-2000 anni fa in Francia, Italia del Nord, penisola iberica")
2. Che è falso che la tendenza delle lingue è quella di semplificare. (argomento altrettanto assertivo "col russo e col tedesco non è successo")
3 Che l'esistenza di uno stato che garantisce l'istruzione "è qualcosa di rilevante solo negli ultimi 100-200 anni" (argomento: "infatti per esempio l'italiano è nato, si è sviluppato ed è rimasto sostanzialmente stabile senza una compagine statale dietro")
[ometto le cose meno rilevanti nel mezzo]
4. la scuola riguardava una parte irrilevante della popolazione, il servizio militare idem

Intanto quod gratis adfirmatur, gratis negatur, ragazzo mio.
In secondo luogo tutto ciò che hai detto è falso.

1. Già ai tempi del Tagliavini (Le origini delle lingue neolatine, 1949, dove puoi trovare vetusta bibliografia) c'erano dati in abbondanza per affermare il contrario. Siamo molto informati. E lo siamo perché ci sono migliaia di testimoni sia diretti (ad es. i lessici medioevali) che indiretti (glosse, marginalia, graffiti, iscrizioni, etc.). Solo due o tre anni fa io stesso ho pubblicato un manoscritto greco che aveva annotazioni in italiano del Salento del XII secolo, e come quello ce ne sono a centinaia.
2. Non posso parlare per il tedesco, ma per il russo (ho studiato paleoslavo al P.I.O.) è successo esattamente quello che descrive Poly: i casi sono passati da 7 a 6, ma sono diminuiti anche i segni alfabetici e si è semplificata la sintassi. [Dettagli in B.Comrie (ed.) The slavonic languages, 2006(3)]
3. Qui basta aprire veramente qualsiasi monografia sul tema, e ce ne sono a dozzine. Per la parte greca, di cui mi occupo io, posso consigliare G.Cavallo, Leggere a Bisanzio, 2006, ma per la parte occidentale la questione è ben più rilevante, perché se è vero che nel medioevo greco l'istruzione era sostanzialmente limitata a pochi ambienti, nell'impero romano esisteva un sistema scolastico vero e proprio diffuso con una certa capillarità.
4. Il servizio militare nell'impero romano era tutt'altro che irrilevante. Nella prima metà della storia di Roma un cittadino romano maschio passava una media di vent'anni sotto le armi. È solo col tempo che la leva viene gradualmente sostituita (mai del tutto in occidente) ma se hai presente l'entità numerica dell'esercito romano, non si può certo dire che fino al III secolo (dopo aumenta notevolmente la componente di barbari mercenari) il servizio militare fosse un fenomeno irrilevante. Su questo si può leggere, ad esempio, A.Milan, Le forze armate nella storia di Roma antica, 1993

E con questo ho finito di usare il mio tempo per dimostrare che i coccodrilli non volano.
 
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