| Su questa discussione rimasta impiccata vorrei fare alcune considerazioni.
Mi è capitato di leggere un testo del 1776, “Istoria Ecclesiastica” scritto dal cardinale Giuseppe Agostino Orsi, dell’ordine dei predicatori . Trattandosi di uno scritto di parte va ovviamente preso con un certo beneficio d’inventario, ma sull’argomento riporta molte notizie interessanti.
Innanzitutto conferma quanto sostenuto da Teodoro riguardo al papa Leone IX: quando il 12/03/1054 partì da Benevento era già quasi moribondo; sostò 12 giorni a Capua, poi fu accompagnato a Roma, a palazzo di Laterano, dall’abate di Monte Cassino e quindi, sentendo la morte imminente, si fece accompagnare a S.Pietro, dove ricevette l’estrema unzione e morì poco dopo. Non si trattava certo di un uomo in grado di prendere decisioni, soprattutto così importanti.
La questione con Cerulario inizia già verso la fine del 1053, quando questi scrisse una lettera (insieme a Leone arcivescovo di Acrida) alle chiese dell’Italia meridionale sottoposte al “Greco Augusto”, in particolare a Giovanni, vescovo di Trani e ad Argiro Catapano dei Greci in Italia, nella quale accusa la chiesa di Roma di molte eresie (l’uso di pane azzimo, il digiuno nel sabato di Quaresima, il far uso del sangue nel cibo, il non cantare l’Alleluja nel tempo di quaresima; curiosamente non si fa menzione della questione del filioque) e chiede a queste chiese di venire dalla sua parte. Senonché Argiro, che aveva un buon rapporto con il papa, gli fece avere una copia di questa lettera, poi tradotta in italiano da Umberto di Selva Candida, uomo di notevole cultura, che sarà anche uno dei Legati.
Il papa risponde con una lettera, molto dura, indirizzata sia a Michele Cerulario di Costantinopoli che a Leone di Acrida e Michele Cerulario, di fronte a tanta durezza e considerando che l’appoggio di Roma gli è necessario per conservare quelle poche chiese greche che restavano in Puglia e Calabria e forse spinto anche dall’imperatore Costantino Monomaco (che scrive a sua volta al papa invitandolo ad inviare del Legati a Costantinopoli, per un confronto), scrive una nuova lettera dichiarando di volere l’unità e la pace.
Il papa, visto che c’erano speranze di accomodamento, invia i suoi Legati (il già citato Umberto di Selva Candida, Federico arcidiacono, cancelliere del papa e Pietro, arcivescovo di Amalfi), dando loro due lettere da consegnare una all’Augusto Costantino Monomaco e l’altra a Michele Cerulario (perciò nessuna bolla di scomunica). Nella lettera a Cerulario il papa, pur ringraziandolo per il suo desiderio di unità e pace, che offre anche da parte sua, gli contesta di avere sentito cose molto gravi nei suoi confronti: che essendo neofito sia stato impropriamente promosso alla dignità episcopale, che vuole scavalcare i patriarchi di Alessandria e Antiochia, che si arroga il ruolo di Patriarca universale, che decide cosa sia eretico e cosa no senza confrontarsi con Roma e lo invita a spiegare la sua posizione.
I Legati vengono accolti con ogni onore dall’imperatore, mentre invece Cerulario si nega ad ogni confronto. Inizialmente i Legati incontrano un monaco, tale Niceta detto il Pettorato, che aveva fatto uno scritto in difesa delle idee di Cerulario e Umberto confuta i vari punti, evidentemente in maniera convincente perché, in data 24/06/1054 (quindi ben dopo la morte del papa Leone IX) questi decide di ritrattare pubblicamente il suo scritto.
La confutazione scritta di Umberto viene fatta tradurre in greco dall’imperatore, ma Cerulario continua ostinatamente a sfuggire il confronto, anzi nega anche ai Legati una chiesa per celebrare messa ed interdice le chiese latine in Costantinopoli, definendo spregiativamente Azimiti gli stessi Latini, per cui Umberto decide, nella chiesa di Santa Sofia ed in presenza di tutto il clero di lasciare una carta di scomunica, nei confronti sia di Michele Cerulario che di Leone di Acrida ed il 18 luglio 1054 i Legati lasciarono Costantinopoli, per far ritorno in Italia.
Ci sarà poi un lungo seguito, con i Legati che vengono richiamati a Costantinopoli, la lettera di Umberto che viene tradotta in greco anche da Cerulario (e, secondo l’autore del libro, la traduzione viene opportunamente adulterata dal Cerulario, per ricavarne una immagine negativa dei Latini e sollevare il popolo), con tanto di controscomunica.
“Le prove di queste frodi” dice il testo “si trovano nel carteggio conservato da Pietro Patriarca di Antiochia, pubblicato dal Cotelerio". Vedrò se riesco a trovare qualcosa su questo ultimo punto.
Senza addentrarci troppo nelle questioni di parte, che possono alterare anche non di poco le due posizioni, appare comunque chiaro, per quanto attiene al tema, la pressoché totale estraneità di Leone IX.
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