Studi sul Cristianesimo Primitivo

Nicodemo, Giuseppe d'Arimatea e Lazzaro

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Lorenzo M
view post Posted on 22/2/2017, 19:58     +1   -1




CITAZIONE (feanor74 @ 22/2/2017, 09:46) 
Si, come dice Luis, si vuole tentare di stabilire un collegamento tra Nocodemo, Giuseppe d'Arimatea, Lazzaro di Betania e la redazione dei vangeli.
Oltre a questi personaggi aggiungerei anche Mattia apostolo, che secondo la tradizione ortodossa fu allievo di Simeone il Vecchio, traduttore della Septuaginta.

Come ho già detto, non ho trovato prove di questo collegamento... solo qualche indizio.

Abbiamo tuttavia un Vangelo di Matteo che secondo Papia di Ierapoli fu scritto originariamente in ebraico (dato confermato dalla tradizione patristica)
e che presenta numerosi collegamenti all'Antico Testamento, e abbiamo alcuni discepoli (passati alla storia come discepoli nascosti di Gesù) ed un apostolo
che probabilmente conoscono molto bene l'ebraico e le scritture.

Mi sembra plausibile vedere dei collegamenti, delle connessioni...
E' plausibile anche secondo voi?

Quanto alla relazione tra i tre ed i Vangeli, mi sembra difficile stabilire un qualsiasi collegamento, per un semplice motivo. I quattro testi a nostra disposizione sono la ricollezione, organizzazione, traduzione, rielaborazione e messa per iscritto di una serie di tradizioni orali su Gesù che cominciarono molto presto a circolare, storiche o non storiche che fossero. Se anche questi tre individui avessero contribuito alla formazione di queste tradizioni orali, noi non potremmo saperlo. Detto ciò, ribadisco che alcune delle tradizioni orali pervenuteci su di loro sono abbastanza difficili da ri-tradurre in aramaico, e fanno facilmente supporre d'essere nate in greco.
Quanto a Simeone traduttore della LXX, le cose sono due: o Simeone il Vecchio è immortale, o non si tratta dello stesso.
Infatti, la LXX è già menzionata nella Lettera di Aristea, datata al II secolo a. C., documento che a sua volta data la traduzione della LXX al tempo di Demetrio Falereo, ovvero tra il IV ed il III sec. a. C. Simeone sarebbe del I sec. d. C. (al meglio, della fine del I sec. a. C.), e sembra difficile che sia stato lui a tradurre la LXX.
Quanto al Vangelo di Matteo in ebraico, che cosa intendi quando dici che esso "presenta numerosi collegamenti all'Antico Testamento"? Non possediamo una copia del "Matteo ebraico", né sembra plausibile che Matteo sia stato scritto in ebraico. La stragrande maggioranza degli studiosi, in questo punto, ritiene che più plausibilmente Papia si riferiva ad una traduzione di Matteo dal greco in ebraico, e che credesse fosse quella originale, mentre non lo era.
Ribadisco che v'è assoluta incertezza sulla tesi proposta di Lazzaro = discepolo amato, nessuna certezza, considerando, ad esempio, che quando Lazzaro era morto egli si trovava in un'altra città rispetto a Gesù ed i suoi discepoli (Gv 11,1-16).
 
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view post Posted on 23/2/2017, 10:37     +1   -1
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Per quanto riguarda il Vangelo di Matteo, mi baso sulla tradizione della Chiesa che ritiene che i due testi greco ed ebraico del Vangelo di Matteo siano identici.
So bene che è un'ipotesi non più di moda ... ma ci sono ancora diversi biblisti che confermano la tradizione della Chiesa.
(cito in proposito questo articolo molto interessante sul legame tra il Vangelo di Matteo e la tradizione scribale giudaica: www.lapartebuona.it/approfondimenti...iele-malatacca/ e Jean Carmignac:
"L'apparenza e perfettamente greca, troppo greca per venire da persone che possedevano male questa lingua; ma la realtà è perfettamente semitica, talmente semitica da non poter provenire da persone che si esprimevano del tutto naturalmente nella loro lingua materna. Detto in altri termini: il greco dei Vangeli non e un cattivo greco, né un greco maldestro: è un buon greco di un traduttore rispettoso di un originale semitico, che ne conserva il sapore e il profumo", La nascita dei Vangeli Sinottici.)

Su Simeone il Vecchio, è vero... il dubbio c'è ma ci sono molti dubbi anche sul contenuto della lettera di Aristea e sulla datazione della septuaginta.
La tradizione ortodossa mi forniva qualche elemento in più sull'apostolo Mattia... ma non è poi così importante anche perchè secondo la tradizione
il Vangelo di Mattia era molto probabilmente un Vangelo gnostico, nulla a che vedere col vangelo di Matteo.
E' un dato di fatto però che la tradizione ha sempre fatto un po' di confusione tra i due apostoli...

Per quanto riguarda Lazzaro, in genere le obiezioni sono altre... si insiste nel ritenere che il discepolo amato sia stato l'apostolo Giovanni sulla base di una parte
della tradizione e sul fatto che Lazzaro non sia stato un discepolo di Gesù.

Tuttavia proviamo a rileggere la prima parte del capitolo 20 (www.intratext.com/) e la parte conclusiva del capitolo 21 del vangelo di Giovanni:

Capitolo 20
[1] Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand'era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro.
[2] Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: "Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!".
[3] Uscì allora Simon Pietro insieme all'altro discepolo, e si recarono al sepolcro.
[4] Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro.
[5] Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò.
[6] Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra,
[7] e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte.
[8] Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette.
[9] Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti.

Lazzaro, avendo fatto l'esperienza di risurrezione, non ha bisogno di molti dettagli per capire cosa è successo, che Gesù è risorto.
Vede le bende per terra ma non entra... probabilmente perchè ha già capito cosa è successo.
Poi entra, vede e crede.
Gli altri invece lo capiranno solo più tardi e con fatica riconosceranno il Cristo risorto.

Capitolo 21
[21] Pietro dunque, vedutolo, disse a Gesù: "Signore, e lui?".
[22] Gesù gli rispose: "Se voglio che egli rimanga finché io venga, che importa a te? Tu seguimi".
[23] Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: "Se voglio che rimanga finché io venga, che importa a te?".
Conclusione
[24] Questo è il discepolo che rende testimonianza su questi fatti e li ha scritti; e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera.
[25] Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù, che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere.

Se il discepolo amato è Lazzaro, la domanda di Pietro è legittima e ben si comprende anche la reazione degli apostoli.
Chi potrebbe poi dubitare della testimonianza di uomo risorto, che è ritornato dall'aldilà?

Per quanto riguarda il fatto che Lazzaro potesse essere un dottore della legge, si fa riferimento a questo passo sempre del Vangelo di Giovanni:

Capitolo 18
[15] Intanto Simon Pietro seguiva Gesù insieme con un altro discepolo. Questo discepolo era conosciuto dal sommo sacerdote e perciò entrò con Gesù nel cortile del sommo sacerdote;
[16] Pietro invece si fermò fuori, vicino alla porta. Allora quell'altro discepolo, noto al sommo sacerdote, tornò fuori, parlò alla portinaia e fece entrare anche Pietro.

Si ritiene che questo "altro discepolo" sia il discepolo amato e quindi Lazzaro... in riferimento al capitolo 20 dove l'"altro discepolo" è accostato al discepolo amato.
Lazzaro era un uomo benestante e abitava a Betania, località delle Giudea molto vicina a Gerusalemme:
è plausibile pertanto che potesse essere un dottore della legge.
L'evangelista tra l'altro ribadisce il fatto che il discepolo era noto al sommo sacerdote... perchè?

Questi sono i passi che solitamente citano i sostenitori di questa teoria che ha poi diversi risvolti interessanti.
Resta comunque una teoria.

Edited by feanor74 - 23/2/2017, 14:36
 
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Lorenzo M
view post Posted on 23/2/2017, 18:01     +1   -1




CITAZIONE
Per quanto riguarda il Vangelo di Matteo, mi baso sulla tradizione della Chiesa che ritiene che i due testi greco ed ebraico del Vangelo di Matteo siano identici.
So bene che è un'ipotesi non più di moda ... ma ci sono ancora diversi biblisti che confermano la tradizione della Chiesa.
(cito in proposito questo articolo molto interessante sul legame tra il Vangelo di Matteo e la tradizione scribale giudaica: www.lapartebuona.it/approfondimenti...iele-malatacca/ e Jean Carmignac:
"L'apparenza e perfettamente greca, troppo greca per venire da persone che possedevano male questa lingua; ma la realtà è perfettamente semitica, talmente semitica da non poter provenire da persone che si esprimevano del tutto naturalmente nella loro lingua materna. Detto in altri termini: il greco dei Vangeli non e un cattivo greco, né un greco maldestro: è un buon greco di un traduttore rispettoso di un originale semitico, che ne conserva il sapore e il profumo", La nascita dei Vangeli Sinottici.)

Quando si parla di "tradizione" della Chiesa in ambito storico, devi considerare due cose: (a) nel caso della questione della lingua originale di Mt, devi pensare che molto plausibilmente tutti i suoi riferimenti sono basati essenzialmente su quel frammento di Papia, che già da sé è di difficile interpretazione; (b) la Traditio sacra non è un manuale di storiografia cristiana, ma piuttosto viene vista, in ambito cattolico ed ortodosso (io sono protestante, quindi la studio come Traditio religiosa, ma non la ritengo teologicamente vincolante), come l'espressione della fede della Chiesa, detta in parole povere. Dunque, in materia di scienze, storia ed altre materie non inerenti la salvezza individuale, la Traditio, quale corpus di autori, credenze, dichiarazioni di fede etc., può errare, perché non è tale il suo scopo. Detto ciò, ritengo assai implausibile includere la storiella di Papia all'interno di quella che propriamente è la Sacra Traditio: detta in altri termini, non è che quello che uno o più Padri della Chiesa dicono diviene automaticamente Traditio, né dobbiamo sempre fidarci dell'onestà/informazione di questi Padri. Come sempre, vanno applicati criteri scientifici, che in questo caso sembrano puntare verso l'idea di una edizione greca.
Non ho avuto modo di spulciare bene le varie motivazioni che fanno ritenere Mt greco, ma me ne sono venute in mente due:
(A) Perché Matteo usa quasi sempre la LXX per le sue citazioni dell'AT, se il testo originale era aramaico o ebraico? Che senso avrebbe avuto, per un eventuale traduttore dall'ebraico/aramaico al greco, andarsi a pigliare la LXX invece di tradurre dal testo ebraico?
(B) Perché il testo greco di Matteo è così sorprendentemente prossimo al testo greco di Marco? Ammesso e non concesso che Matteo sia stato scritto in ebraico/aramaico (abbrevierò in "semitico" d'ora in poi, senza con ciò voler dare alcuna connotazione negativa al termine), considerato che Mc è tra le fonti di Mt, dobbiamo ipotizzare o che entrambi sono stati scritti dallo stesso autore (che poi li ha ritradotti entrambi in greco), o che il traduttore che li rese dall'ebraico al greco fu il medesimo. Entrambe le situazioni sembrano implausibili. Dico questo perché spesso tra i due vangeli v'è una forte concordanza nella scelta delle parole, dei tempi, etc., concordanza basata sul greco, non sul semitico: considerato che il greco offre una varietà assai più ampia del semitico sia nel lessico che nelle coniugazioni, l'idea che due diversi traduttori abbiano tradotto i due vangeli in modo così simile sembra poco verosimile. Per comprenderci meglio, abbiamo le seguenti possibilità:
1) Mt e Mc furono scritti entrambi in semitico dallo stesso autore che poi li tradusse in greco, e dunque li tradusse in modo simile.
2) Mt e Mc furono scritti in semitico, e poi il medesimo traduttore rese i due in greco, traducendoli in modo simile.
3) Mt e Mc furono scritti in semitico e tradotti da due differenti traduttori, i quali ebbero la "fortuna" di tradurli in modo sorprendentemente simile.
4) Mt fu scritto in greco, attingendo dall'edizione greca di Mc (se vi fosse anche un'edizione ebraica di Mc qui non importa granché).
Delle quattro, l'ultima sembra essere la più plausibile.
Ciò, sia chiaro, non significa che i singoli detti non possano avere derivazione semitica: alcuni, anzi, sembrano proprio avere più significato in semitico che in greco. Detto ciò, è estendere il discorso a tutto il vangelo (per non parlare dell'estenderlo a tutto il NT) che crea non pochi problemi, motivo per cui sembra più plausibile parlare di un testo originale in greco contenente alcuni passi di probabile origine semitica.
Quanto alle tesi di Carmignac, ti consiglio di leggere questa pagina del nostro utente Hard Rain, che come sempre offre dei lavori ben forniti e curati:
https://digilander.libero.it/Hard_Rain/Linguaggio.htm

CITAZIONE
Su Simeone il Vecchio, è vero... il dubbio c'è ma ci sono molti dubbi anche sul contenuto della lettera di Aristea e sulla datazione della septuaginta.

Ci potranno essere molti dubbi sulla datazione, ma di certo essa è anteriore a Simeone il Vecchio. Difatti, abbiamo mss. della LXX del I e II sec. a. C. (precisamente, 4Q119, 4Q120, 4Q121, 7Q2, 7Q1, 4Q122, Fouad 266, Rylands 458), i quali ci fanno ritenere che il testo fu tradotto probabilmente tra il III-II sec. a. C., dunque tempo prima di qualsiasi data attribuibile a Simeone.

CITAZIONE
Vede le bende per terra ma non entra... probabilmente perchè ha già capito cosa è successo.
Poi entra, vede e crede.

Se ha già capito, ci ha già creduto. Se entra, crede e vede vuol dire che prima non l'aveva capito.

CITAZIONE
Se il discepolo amato è Lazzaro, la domanda di Pietro è legittima e ben si comprende anche la reazione degli apostoli.
Chi potrebbe poi dubitare della testimonianza di uomo risorto, che è ritornato dall'aldilà?

Probabilmente, molte (se non tutte) delle prime comunità cristiane avrebbero preferito un apostolo, ad un risorto.

CITAZIONE
Si ritiene che questo "altro discepolo" sia il discepolo amato e quindi Lazzaro... in riferimento al capitolo 20 dove l'"altro discepolo" è accostato al discepolo amato.
Lazzaro era un uomo benestante e abitava a Betania, località delle Giudea molto vicina a Gerusalemme:
è plausibile pertanto che potesse essere un dottore della legge.
L'evangelista tra l'altro ribadisce il fatto che il discepolo era noto al sommo sacerdote... perchè?

E' più semplice credere che fossero conoscenti per altre ragioni. D'altronde, ripeto, questo passaggio implica il passaggio (perdonate la ripetizione) dall'ipotizzare che Lazzaro sia questo discepolo al concludere che, essendo egli questo discepolo, egli conosceva il sacerdote.
Di nuovo, come spiegheresti il fatto che in Gv 11 Lazzaro si trova da tutt'altra parte?
 
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view post Posted on 23/2/2017, 18:35     +1   -1
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Per quanto riguarda le fonti, se dobbiamo fidarci o meno dei Padri della Chiesa... che dire?
Abbiamo queste testimonianze e con esse dobbiamo confrontarci.
Delegettimare le fonti storiche è sempre un'operazione delicata:
il rischio di dare un'interpretazione ideologica è sempre molto alto.

Per quanto riguarda Matteo, occorrerebbe esplorare anche la possibilità che sia stato scritto prima Matteo e poi Marco.

Su Simeone, ripeto, ero a conoscenza del problema... ho citato la tradizione ortodossa più che altro per dire che Mattia
forse era uno scriba o un dottore della legge.

Per quanto riguarda il vangelo di Giovanni:
CITAZIONE
Vede le bende per terra ma non entra... probabilmente perchè ha già capito cosa è successo.
Poi entra, vede e crede.

Hai ragione. Io credo che quando vede le bende "intuisce" che cosa è successo.
Quando entra, vede e crede.
E' un dato di fatto in ogni caso che questo discepolo ha un approccio diverso rispetto a Pietro.

Non entro nel merito delle altre osservazioni perchè le ritengo molto soggettive.
 
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Lorenzo M
view post Posted on 23/2/2017, 22:21     +1   -1




Le fonti dei Padri non sono state deliberatamente delegittimate: c'è stato dietro un lungo ed intenso lavoro di secoli, che ha portato a separare le pecore dai capri, non so se mi spiego.
Quanto alla possibilità che Mt sia stato scritto prima di Mc vorrei dire due cose:
A. Non cambia nulla quanto alla questione del greco o semitico come lingua originale.
B. Che Mc sia una fonte di Mt, e non viceversa, è dato oramai acquisito. Ti offro delle mie riflessioni in merito:
1) Mt e Lc condividono molto materiale assente in Mc, ma talvolta sembra che sia Lc ad avere la versione più "arcaica" del detto, non Mt (come nel caso di Lc 11:30 par.), il che fa supporre la presenza di una fonte comune ai due (Q).
2) Mc possiede materiale comune in Mt e Lc, ma non sembra conoscere Q. Detta in altri termini, buona parte di Mc è presente in Mt, ma buona parte di Mt NON è presente in Mc.
3) Se Mc non contiene una buona porzione di Mt, lo scenario più verosimile e semplice (ricorda Ockham) suggerisce che Mc fu una delle fonti di Mt, che però usò anche altre fonti.
Che il discepolo prediletto abbia un atteggiamento diverso da Pietro non c'è dubbio: però, io propendo più per l'idea che Pietro abbia in questa scena una qualche "precedenza" sull'apostolo. Su questo però adesso non mi dilungo, perché sono stanco, domani ho un esame e devo pure lottare con problemi sentimentali....
 
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view post Posted on 24/2/2017, 11:33     +1   -1
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Tutte le volte che nello sviluppo di una qualsiasi teoria si fa ricorso all'eccessivo impiego di artifizi o alla continua revisione dei dati in partenza,
significa che l'istanza di sopravvivenza del modello teorico sviluppato, in virtù del consenso raggiunto, ha avuto il sopravvento sull'istanza di ricerca della verità.
Nel campo della fisica, l'introduzione del metodo sperimentale, da questo punto di vista, ha dato un contributo enorme, ha costituito una svolta importante
... ciononostante, siccome il lupo perde il pelo ma non il vizio, il problema si è verificato lo stesso (è interessante a tal proposiro il libro di Angelo tartaglia
"La Luna e il dito. Viaggio di un fisico tra scienza e fede").

Con questo che cosa intendo dire?

Che se non sappiamo interpretare i dati (sperimentali, storici, etc...) a nostra disposizione con le più avanzate conoscenze a nostra disposizione, non significa necessariamente che siano falsi:
è un'implicazione falsa sul piano logico e non si può mutare il suo valore logico attraverso il voto popolare o una qualsiasi maggioranza di consensi (ad esempio, nel campo della fisica
ci sono numerosi fenomeni che non si spiegano con i modelli standard ma nessun scienziato si sognerebbe mai di accusare i laboratori di ricerca perchè i dati sperimentali non soddisfano tali modelli).

Questo è un errore che nella storia umana è stato fatto innumerevoli volte... ma la verità in ultima istanza non ha bisogno di consensi, si regge da sola.

Nel campo dell'esegesi biblica, tutto questo si palesa spesso e volentieri con questo pregiudizio ideologico di fondo nei confronti delle fonti antiche ritenute non attendibili sul piano storico, etc...
così si arriva a dire che gli Atti degli apostoli non hanno valore dal punto di vista storico, Papia si sbagliava così come tutti i padri della Chiesa, Lazzaro, Nicodemo e Giuseppe d'Arimatea
erano personaggi di fantasia, etc... Non c'è da stupirsi poi se qualcuno (con un foltissimo seguito di lettori, seguaci, etc...) arrivi a dire che la Bibbia non parla di Dio soltanto perchè gioca
su una certa ambiguità tra monolatria e monoteismo presente nell'AT.

Io credo che si debba cambiare approccio... fortunatamente ci sono diversi biblisti, che adottando un approccio radicalmente diverso, hanno sviluppato modelli interpretativi coerenti con
le fonti storiche e con tutta la tradizione biblica dell'AT e NT... o almeno ci provano.
 
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Lorenzo M
view post Posted on 24/2/2017, 17:51     +1   -1




CITAZIONE (feanor74 @ 24/2/2017, 11:33) 
Tutte le volte che nello sviluppo di una qualsiasi teoria si fa ricorso all'eccessivo impiego di artifizi o alla continua revisione dei dati in partenza,
significa che l'istanza di sopravvivenza del modello teorico sviluppato, in virtù del consenso raggiunto, ha avuto il sopravvento sull'istanza di ricerca della verità.
Nel campo della fisica, l'introduzione del metodo sperimentale, da questo punto di vista, ha dato un contributo enorme, ha costituito una svolta importante
... ciononostante, siccome il lupo perde il pelo ma non il vizio, il problema si è verificato lo stesso (è interessante a tal proposiro il libro di Angelo tartaglia
"La Luna e il dito. Viaggio di un fisico tra scienza e fede").

Con questo che cosa intendo dire?

Che se non sappiamo interpretare i dati (sperimentali, storici, etc...) a nostra disposizione con le più avanzate conoscenze a nostra disposizione, non significa necessariamente che siano falsi:
è un'implicazione falsa sul piano logico e non si può mutare il suo valore logico attraverso il voto popolare o una qualsiasi maggioranza di consensi (ad esempio, nel campo della fisica
ci sono numerosi fenomeni che non si spiegano con i modelli standard ma nessun scienziato si sognerebbe mai di accusare i laboratori di ricerca perchè i dati sperimentali non soddisfano tali modelli).

Questo è un errore che nella storia umana è stato fatto innumerevoli volte... ma la verità in ultima istanza non ha bisogno di consensi, si regge da sola.

Nel campo dell'esegesi biblica, tutto questo si palesa spesso e volentieri con questo pregiudizio ideologico di fondo nei confronti delle fonti antiche ritenute non attendibili sul piano storico, etc...
così si arriva a dire che gli Atti degli apostoli non hanno valore dal punto di vista storico, Papia si sbagliava così come tutti i padri della Chiesa, Lazzaro, Nicodemo e Giuseppe d'Arimatea
erano personaggi di fantasia, etc... Non c'è da stupirsi poi se qualcuno (con un foltissimo seguito di lettori, seguaci, etc...) arrivi a dire che la Bibbia non parla di Dio soltanto perchè gioca
su una certa ambiguità tra monolatria e monoteismo presente nell'AT.

Io credo che si debba cambiare approccio... fortunatamente ci sono diversi biblisti, che adottando un approccio radicalmente diverso, hanno sviluppato modelli interpretativi coerenti con
le fonti storiche e con tutta la tradizione biblica dell'AT e NT... o almeno ci provano.


Parto con una considerazione di carattere metodologico: il procedimento che si trova alla base delle scienze sperimentali è diverso da quello su cui si fondano le scienze umanistiche ed antiche, quali, appunto, quelle inerenti lo studio del Cristianesimo primitivo. Come hai detto tu, nello studio sperimentale abbiamo la possibilità, appunto, di sperimentare, dunque di ripetere ciò che cerchiamo di comprendere. In aggiunta, nelle scienze sperimentali si ha spesso a che fare con principi universali e fissi (come la forza di gravità, quella di Coulomb, etc.), le quali frequentemente hanno alla loro base la matematica.
Nelle scienze antiche non si ha nulla di tutto ciò. Nulla può essere ripetuto, non c'è nulla di "fisso" o saldo, e non si ha a che fare con leggi universali e matematiche, ma col lavoro di persone di cui spesso e volentieri non conosciamo neanche il nome. Tutto questo è condito da una bella dose di documenti perduti, varianti filologiche, e chi più ne ha più ne metta. Confrontare dunque i due metodi è assai pericoloso, perché porta ad un procedimento a dire il vero assurdo e fuori da qualsiasi grazia di Dio. Passiamo ora alla questione delle parole dei Padri.
Innanzitutto, ci terrei a dire che, ben lungi dall'essere un "eccessivo impiego di artifizi", la soluzione oggigiorno ampiamente accettata dagli studiosi, per quanto contrasti coi Padri, risulta infine essere quella più semplice, e dal momento che, come dice il principio di Ockham (principio che a me pare così basilare che non intendo neanche ricordare di cosa tratti), nelle scienze è sempre da preferire la conclusione che richiede meno elementi, uno scienziato (perché tali sono anche quelli che studiano queste materie) è portato ad accettare questa soluzione come la più semplice. Ora, cerchiamo di andare per gradi, e partiamo osservando quali siano i fatti veri e propri. Quello che noi possediamo (ovvero, le nostre fonti) sono i tre vangeli greci di Matteo, Marco e Luca (Gv ora non interessa) e le citazioni dei Padri. Lasciamo queste da parte per un attimo e pensiamo ai tre sinottici. Ora, cosa possiamo dire della loro relazione? Possiamo dire che Mt e Lc contengono molto materiale che non è presente in Mc: quindi, o Mt è stato fonte di Lc (il contrario sembra implausibile, né è stato mai sostenuto da alcuno, per motivi che ora non sto a spiegare), o Mt e Lc hanno in comune una fonte perduta. Ora, siccome talvolta il materiale comune sembra avere una forma più primordiale in Lc che in Mt, sembra difficile credere che Mt abbia influenzato Lc: quindi, Mt e Lc condividevano una fonte perduta: Q. Detto ciò, come mettere in correlazione Mc? Era un prodotto dei due? Era una fonte? Quest'ultima sembra essere la soluzione più plausibile, per almeno due ragioni. Innanzitutto, Mc è meno dettagliato ed ampio di Mt e Lc in merito alla questione della distruzione del tempio, e sembra più plausibile che gli autori abbiano ampliato i racconti ricevuti, piuttosto che metterli a dieta. In secondo luogo, Mc non sembra conoscere Q, perché non ne riporta alcun passo. Ora, siccome Q è fonte sia di Mt che di Lc, sembra più plausibile che Mc sia stato fonte, assieme a Q, di Mt, invece di ritenere il contrario, ovvero che Mt fu fonte di Mc. La soluzione che ne risulta è "elegante" e semplice, per quanto possa sembrare altrimenti. Forse, questo schema può aiutare:
two-source-hypothesis
Ora, supponiamo invece che sia da preferire la teoria della prevalenza di Mt (tralasciamo per ora la questione della lingua). Cosa significa ciò? Significa che Mc ha usato Mt. E come spieghiamo la questione dell'assenza di Q? Possiamo spiegarlo in due modi: o Mc ha, per un motivo non specificato, pensato che una parte di Mt, sua fonte, fosse affidabile, mentre un'altra no (il che non sembra avere un vero e proprio significato), o bisogna supporre l'esistenza di un proto-Mt, privo del materiale di Q, da cui Mc prese il materiale. Questo proto-Mt si sarebbe poi trasformato in Mt con l'integrazione di Q. Lo scenario si complica, perché qui le fonti da supporre diventano due: proto-Mt e Q! Quindi, invero, la teoria moderna sembra infine essere più semplice.
Nel caso della lingua è lo stesso. Se crediamo che i sinottici furono fatti in greco, non abbiamo nessun problema filologico da trattare, in tal senso. Il testo quello è: punto. Ma se riteniamo che Mt fu scritto in ebraico, le domande da porsi sono almeno tre: anche gli altri furono scritti in ebraico, o solo Mt? E se Mt fu scritto in ebraico, perché il 99% delle volte cita la LXX? E perché Mt concorda così tanto col testo greco di Mc? Quanto alla prima, sembra difficile credere che tutti e tre i vangeli furono scritti in ebraico: soprattutto Lc, che non solo sembra essere l'autore più "ellenistico" dei tre, ma addirittura indirizza la sua opera ad un certo Teofilo, nome che tutto sembra tranne che ebraico. Quanto agli altri due, la situazione è sbrogliata con le altre due domande. Come ho detto, il testo di Mt e di Mc cita spesso la traduzione greca dei LXX, invece del TM o di un testo ad esso affine: talvolta, l'intero senso di un passo è fondato su una precisa traduzione septuagintica che discorda da quella ebraica: si pensi, giusto come esempio, alla riflessione di Mt in riferimento al termine παρθένος trovato in Is 7, 14 (LXX) // Mt 1, 18-24. Se il testo si fosse fondato su un'edizione ebraica dell'AT, per quel che ne sappiamo, l'intera narrazione di Mt 1 non avrebbe senso. Quanto alla seconda domanda, risulta un po' complicato ritenere che il testo ebraico di Mt, tradotto in greco, giunga poi ad essere così simile da Mc: se anche Mc fu scritto in ebraico, ciò significa addirittura che i due testi coincidevano in ebraico, e poi coincisero anche in greco! Altrimenti, va ritenuto che Mt prese da Mc greco, scrisse in ebraico, ma la sua traduzione, sorprendentemente, coincise con Mc greco. Come puoi vedere, ancora una volta la soluzione più semplice sembra essere quella che suppone che tutti i testi furono scritti in greco.
E non ho di certo trascurato la questione del rapporto di queste riflessioni con le fonti patristiche. Come la mettiamo con i Padri (sostanzialmente Papia e chi gli fece da pappagallo) che affermano che Mt fu scritto in ebraico? Bisogna considerare molteplici cose. Innanzitutto, ecco il passo per intero di Papia (sono stanco, quindi non l'ho tradotto io, ma ho preso la traduzione da: Bauckham, Richard (2006). Jesus and the Eyewitnesses: The Gospels as Eyewitness Testimony. pp. 417–437):
CITAZIONE
Therefore Matthew put the logia in an ordered arrangement in the Hebrew language, but each person interpreted them as best he could.

Come puoi vedere, qui Papia parla di una serie di detti (logia) messi in ordine in ebraico, e che furono "tradotti" o "interpretati" (il greco ha ἡρμένευσεν) da ciascuno come poté. Anche solo prendendo per buono quanto detto da Papia, non possiamo dire che il Matteo ebraico era il nostro Mt, perché era una raccolta ordinata dei detti di Gesù, che fu poi tradotta da molti in vari modi. Di versione greca di Mt ne abbiamo una (con le dovute varianti filologiche), non tante.
Dunque, anche prendendo per genuine le parole di Papia, non sembra difficile ritenere che egli intendesse qualche altro testo, anch'esso noto come Vangelo di Matteo, che però non era una traduzione ebraica di Mt. Questo non significa "screditare" le parole dei Padri: significa cercare di capire cosa abbiano visto o udito. Anche ammettendo la più profonda, sincera ed assoluta veracità dei Padri, noi non sappiamo cosa essi abbiano effettivamente visto: non è detto che loro si siano inventati le cose, potrebbero anche essersi semplicemente sbagliati.
Il problema con questo tipo di studi è che ogni volta che qualcuno prende una posizione, in qualsiasi senso, è screditato dalla fazione avversaria perché si ritiene che tale sia la sua idea per un motivo ideologico di fondo. E quindi, chi nella sua ricerca si avvicina alla visione tradizionalmente religiosa viene attaccato dagli atei in quanto sarebbe spinto a far ciò dalla sua fede; e quando un ateo tende verso una posizione più distante dalla concezione "tradizionale" viene attaccato dai credenti in quanto ateo. A nessuno viene in mente, dei non esperti (ma anche qualche studioso), che le posizioni che vengono prese vengono prese per ragioni accademiche, più che ideologiche: certo, il credo può influire (sapessi quanto mi ci è voluto, prima di poter trovare una soluzione che conciliasse inerranza biblica e ricerca storica!), e questo è fuori discussione, ma dire che una posizione che non concorda con la nostra è dovuta ad una generale ideologia di fondo è sostanzialmente brutto. Una tale azione, infatti, sebbene io sia sicuro che nella maggioranza dei casi ciò sia inconscio, mette automaticamente in discussione l'onestà epistemologica degli studiosi che meno ci aggradano, il che è tutto fuorché un comportamento da scienziati.
Inoltre mi domando: chi sono questi famosi biblisti che vengono così spesso menzionati, ma mai per nome?
Detto questo, credo che ci stiamo spostando dall'argomento principale, e vorrei invitare tutti (e con ciò includo me stesso) a ritornare al punto di partenza.
 
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view post Posted on 25/2/2017, 12:00     +1   -1
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Intanto non lasciamoci ingannare dal rigore delle formule matematiche... si tratta solo di relazioni tra grandezze fisiche, lettere che rappresentano numeri e non c'è nulla di fisso
perchè non esiste ancora una teoria del tutto che spiega simultaneamente macrocosmo (relatività) e microcosmo (fisica quantistica): abbiamo modelli matematici anche molto precisi
ma validi solo sotto certe condizioni al contorno e che comunque non riescono a spiegare tutti i fenomeni fisici.

Comunque il problema è proprio questo: è proprio questa commistione dei due approcci metodologici che mi lascia perplesso.
La questione sinottica infatti solitamente viene affrontata proprio attraverso un metodo di analisi di tipo insiemistico-quantitativo
(confrontando i versetti comuni, contandoli, analizzando concordanze e discordanze...) tipico proprio della matematica (algebra di boole):
Q alla fine non è altro che il risultato di operazioni tipicamente booleane.
Dal punto di vista logico Q è necessario affinchè il modello funzioni: ma quali sono le prove dell'esistenza di Q (fonti, documenti, etc...)?
L'esigenza di Q per la validazione del modello non è una prova dell'esistenza di Q! E' facile finire in ragionamenti tautologici.

In conclusione mi domando: è corretto questo approccio (booleano)? Siamo sicuri che le ipotesi di base siano corrette?
Gli evangelisti dunque sarebbero stati degli "assemblatori" di versetti?
Siamo così sicuri di sapere come ragionavano, che intenzioni e che finalità avevano, come scrivevano,...?

Non metto sicuramente in dubbio la buona fede dei ricercatori ma trovo inappropriato il metodo di analisi.

Trovo da questo punto di vista più corretta l'analisi che hanno fatto alcuni biblisti (ti cito solo quelli che conosco meglio e personalmente)
come don Giovanni Giuseppe Gamba (salesiano) e soprattutto don Silvio Barbaglia,
che sostanzialmente ha ripreso il lavoro di Carmignac ma adottando un approccio metodologico totalmente nuovo.

Edited by feanor74 - 25/2/2017, 12:49
 
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Lorenzo M
view post Posted on 25/2/2017, 18:12     +1   -1




CITAZIONE
Intanto non lasciamoci ingannare dal rigore delle formule matematiche... si tratta solo di relazioni tra grandezze fisiche, lettere che rappresentano numeri e non c'è nulla di fisso
perchè non esiste ancora una teoria del tutto che spiega simultaneamente macrocosmo (relatività) e microcosmo (fisica quantistica): abbiamo modelli matematici anche molto precisi
ma validi solo sotto certe condizioni al contorno e che comunque non riescono a spiegare tutti i fenomeni fisici.

Il punto della mia risposta era semplicemente che noi qui non abbiamo a che fare con principi matematici, ma con persone che spesso e volentieri non conosciamo, gente con una loro psicologia, una loro teologia, delle loro motivazioni. Abbiamo dunque a che fare con argomenti ben più delicati che con una mera formula.

CITAZIONE
Comunque il problema è proprio questo: è proprio questa commistione dei due approcci metodologici che mi lascia perplesso.
La questione sinottica infatti solitamente viene affrontata proprio attraverso un metodo di analisi di tipo insiemistico-quantitativo
(confrontando i versetti comuni, contandoli, analizzando concordanze e discordanze...) tipico proprio della matematica (algebra di boole):

Al di là del fatto che il discorso è un po' più complesso, si chiama filologia. Tutta la filologia si fonda su dei principi che, in fondo in fondo, sono semplici e lineari. Ma questo abbiamo: su cosa dovremmo basarci? Sull'astrologia?

CITAZIONE
Q alla fine non è altro che il risultato di operazioni tipicamente booleane.
Dal punto di vista logico Q è necessario affinchè il modello funzioni: ma quali sono le prove dell'esistenza di Q (fonti, documenti, etc...)?
L'esigenza di Q per la validazione del modello non è una prova dell'esistenza di Q! E' facile finire in ragionamenti tautologici.

Pensala un po' come l'esperimento di Rutherford: i raggi gamma attraversano la lamina, ma nessuno ha visto gli spazi tra le particelle subatomiche! Allo stesso modo, noi non abbiamo Q (forse, mi sono spesso chiesto se il vangelo della Didaché non possa essere una forma di Q, ma la formulazione del Padre nostro me lo fa dubitare), ma abbiamo la sua "impronta". Mi spiego. Mt e Lc raccontano spesso degli eventi simili con parole simili o uguali: dunque, ci dev'essere un'influenza di fondo. O Mt ha influenzato Lc, o Lc ha influenzato Mt, o i due hanno condiviso del materiale. La seconda sembra poco probabile, sia perché alcune forme del racconto sono probabilmente nella loro forma originale in Mt, sia perché Lc sembra essere un testo più sviluppato di Mt, e dunque sembra strano che Mt abbia tolto così tanti elementi da Lc. Quanto alla prima, bisognerebbe lottare col fatto che alcune forme del racconto sono più antiche nella forma di Lc invece che in quella di Mt (confronta, ad esempio, Lc 11:30 e Mt 12:39-40). La soluzione di Q, dunque, è semplicemente la più semplice.
Ora, detto questo, dobbiamo ricordare che, siccome parliamo del Mediterraneo del I sec., è possibile che ci fossero due differenti edizioni di Q, simili ma non identiche in tutto (questo non è difficile da immaginare, siccome ciò è testimoniato dal fatto che moltissimi libri antichi erano così).

CITAZIONE
In conclusione mi domando: è corretto questo approccio (booleano)? Siamo sicuri che le ipotesi di base siano corrette?

In realtà, la filologia è semplicemente logica applicata alle parole. O almeno così la vedo io.

CITAZIONE
Gli evangelisti dunque sarebbero stati degli "assemblatori" di versetti?

E che avrebbero dovuto fare, inventare? Gli autori non furono testimoni oculari, né pretendono d'esserlo, e quindi le loro fonti devono provenire da qualchedun altro. E quindi, checché uno ne voglia dire, ciò significa che essi furono "assemblatori di versetti" (anche se chiaramente aggiunsero il loro "tocco redazionale" a quel che ricevettero).

CITAZIONE
Siamo così sicuri di sapere come ragionavano, che intenzioni e che finalità avevano, come scrivevano,...?

Noi siamo sicuri che non sappiamo cosa avessero in mente di fare, perché non sappiamo neanche chi fossero. Ed è proprio per questo che non possiamo fidarci dei Padri, perché neanche loro lo sapevano. Spesso.

CITAZIONE
Non metto sicuramente in dubbio la buona fede dei ricercatori ma trovo inappropriato il metodo di analisi.

Trovo da questo punto di vista più corretta l'analisi che hanno fatto alcuni biblisti (ti cito solo quelli che conosco meglio e personalmente)
come don Giovanni Giuseppe Gamba (salesiano) e soprattutto don Silvio Barbaglia,
che sostanzialmente ha ripreso il lavoro di Carmignac ma adottando un approccio metodologico totalmente nuovo.

Io vorrei proprio sapere in cosa questo metodo consista, siccome non vedo alcuna alternativa ai metodi critici e filologici oggigiorno utilizzati.

Ribadisco che forse dovremmo tornare all'argomento iniziale.
 
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view post Posted on 27/2/2017, 10:41     +1   -1
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Non è la filologia in discussione ma come è stata condotta l'indagine filologica.

La teoria delle due fonti propone un modello interpretativo che dal punto di vista formale è indubbiamente corretto ma si basa su supposizioni
riguardanti l'intenzionalità, la finalità, la convenienza nel fare certe scelte, etc... degli autori, che sono legittime ma non necessariamente vere:
come possiamo esserne certi visto che non sappiamo chi siano stati gli autori, dove sono stati scritti i vangeli, quando, etc...?

Pertanto il modello interpretativo alla base della teoria delle due fonti non è necessariamente vero nè tanto meno univoco.
Richiede infatti una validazione che può avvenire soltanto in due modi possibili:
1) dimostrare che il modello interpretativo è valido ed unico e che è impossibile concepirne altri (piuttosta onerosa come dimostrazione!)
2) dimostrare l'esistenza di Q attraverso documenti storici, codici antichi (si dovrebbe inoltre trovare una fonte Q conforme alle previsioni della Teoria delle due fonti!)

Si tenga inoltre presente che la teoria delle due fonti ha comunque dei limiti interpretativi (non spiega ancora tutti i problemi a livello filologico) e si scontra col dato storico.

Dal momento che esistono modelli interpretativi diversi che sono in accordo con le fonti storiche e dal momento che non ci sono prove dell'esistenza di Q,
non possiamo pertanto affermare che i Padri della Chiesa si sbagliavano: è del tutto legittimo, anche guridicamente parlando, ritenere valida la testimonianza
dei Padri della Chiesa anche in considerazione dell'imponente documentazione che è giunta fino a noi.

In merito a questa affermazione:
CITAZIONE
Noi siamo sicuri che non sappiamo cosa avessero in mente di fare, perché non sappiamo neanche chi fossero. Ed è proprio per questo che non possiamo fidarci dei Padri, perché neanche loro lo sapevano.

Sulla prima affermazione sono ovviamente d'accordo ed è anche alla base del mio ragionamento.
Faccio fatica a vedere il collegamento logico con la seconda affermazione: è un'implicazione tutta da dimostrare...

Perchè mai noi moderni dovremmo saperne tanto quanto i Padri della Chiesa?
Essi potevano contare ancora su testimonianze orali, documenti che noi non abbiamo più...
D'altra parte i Padri della Chiesa hanno vissuto in un periodo storico molto più vicino alla data di composizione dei Vangeli.
Non possiamo essere sullo stesso piano. Non ha senso.

Ritorniamo pertanto sull'argomento senza contestare certe ipotesi sulla base di teorie, che, per quanto siano molto popolari, non sono ancora state validate e
che, non dimentichiamoci, sono in contrasto col dato storico.

Edited by feanor74 - 27/2/2017, 13:08
 
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Lorenzo M
view post Posted on 3/3/2017, 18:19     +1   -1




CITAZIONE
Non è la filologia in discussione ma come è stata condotta l'indagine filologica.

La teoria delle due fonti propone un modello interpretativo che dal punto di vista formale è indubbiamente corretto ma si basa su supposizioni
riguardanti l'intenzionalità, la finalità, la convenienza nel fare certe scelte, etc... degli autori, che sono legittime ma non necessariamente vere:
come possiamo esserne certi visto che non sappiamo chi siano stati gli autori, dove sono stati scritti i vangeli, quando, etc...?

No. Semplicemente, si basa sulla supposizione che siano stati esseri umani, non robot, a produrre i testi.

CITAZIONE
Pertanto il modello interpretativo alla base della teoria delle due fonti non è necessariamente vero nè tanto meno univoco.

Nessuno ha mai preteso che fosse l'unico modello interpretativo. Però, è il più semplice, e quello che sembra avere più senso sotto ogni punto di vista.

CITAZIONE
Richiede infatti una validazione che può avvenire soltanto in due modi possibili:
1) dimostrare che il modello interpretativo è valido ed unico e che è impossibile concepirne altri (piuttosta onerosa come dimostrazione!)

Nessuno pretende di dimostrare questo. Piuttosto, si pretende (e a ragione) di dimostrare che questo è ben migliore di quello proposto dai Padri della Chiesa che ritenevano che Matteo scrisse per primo, ed in ebraico!

CITAZIONE
2) dimostrare l'esistenza di Q attraverso documenti storici, codici antichi (si dovrebbe inoltre trovare una fonte Q conforme alle previsioni della Teoria delle due fonti!)

Ripeto, l'esistenza di una fonte Q sembra rivelarsi necessaria, siccome pare improbabile, per ragioni che ho in parte già spiegato, che Mt abbia preso da Lc o viceversa. Forse abbiamo citazioni di Q che non sappiamo essere tali.

CITAZIONE
Si tenga inoltre presente che la teoria delle due fonti ha comunque dei limiti interpretativi (non spiega ancora tutti i problemi a livello filologico) e si scontra col dato storico.

I limiti ci sono in ogni teoria scientifica, in quest'ambito. La t2f ha meno limiti di altre (inclusa quella dei Padri).
Per quel che concerne il "dato storico", vorrei ricordare che l'unico "dato storico" che abbiamo è una scarna citazione di Papia, il quale non solo sentì dire le cose di 3a o 4a mano, non solo fu citato in brevi frammenti che non ci permettono spesso di comprendere il senso generale di quello che voleva dire, ma questi frammenti sono spesso e volentieri incomprensibili, perché non riusciamo a capire neanche se Papia si riferisse, in quei testi, ai nostri vangeli, e non ad altri (e ce n'erano!). Quindi, l'unico "dato storico" che porti avanti è assai debole e malandato.
In più, ammesso e non concesso che Papia intendesse quel che intendi tu, non è detto che non si potesse sbagliare. Tutti possono errare, e l'imponente e spaventevole mole di prove scientifiche e tecniche sviluppate a partire dai testi stessi non può essere ignorata per una citazioncina scarna e non chiara.

CITAZIONE
Dal momento che esistono modelli interpretativi diversi che sono in accordo con le fonti storiche e dal momento che non ci sono prove dell'esistenza di Q,
non possiamo pertanto affermare che i Padri della Chiesa si sbagliavano: è del tutto legittimo, anche guridicamente parlando, ritenere valida la testimonianza
dei Padri della Chiesa anche in considerazione dell'imponente documentazione che è giunta fino a noi.

I "modelli interpretativi diversi" non solo non sono in accordo con le "fonti storiche" (che poi, da quel che comprendo, sarebbero quella breve, ridicola e malmessa citazione da Papia che or ora dicevamo), ma sollevano una quantità di problemi filologici che ben più grande della t2f. Attaccarsi così avidamente al testo dei Padri della Chiesa è semplicemente un modo di studiare le scienze antiche senza avere gli strumenti tecnici per farlo.

CITAZIONE
In merito a questa affermazione:
CITAZIONE
Noi siamo sicuri che non sappiamo cosa avessero in mente di fare, perché non sappiamo neanche chi fossero. Ed è proprio per questo che non possiamo fidarci dei Padri, perché neanche loro lo sapevano.

Sulla prima affermazione sono ovviamente d'accordo ed è anche alla base del mio ragionamento.
Faccio fatica a vedere il collegamento logico con la seconda affermazione: è un'implicazione tutta da dimostrare...

Semplice. Lo stesso Papia, praticamente l'unica fonte in merito, dice che le sue informazioni sono di 3a mano.

CITAZIONE
Perchè mai noi moderni dovremmo saperne tanto quanto i Padri della Chiesa?
Essi potevano contare ancora su testimonianze orali, documenti che noi non abbiamo più...
D'altra parte i Padri della Chiesa hanno vissuto in un periodo storico molto più vicino alla data di composizione dei Vangeli.
Non possiamo essere sullo stesso piano. Non ha senso.

Facendo questo ragionamento, potrei domandare: perché allora fidarci più degli studi di Bart Ehrman che non del Corano, dato che quest'ultimo fu scritto "solo" 500 anni dopo Gesù? Più antico non vuol dire più vero, siccome varie linee di tradizione possono essere, magari, più antiche e false, o meno antiche ma eredi di una tradizione orale vera. Esistono specifici criteri per determinare la storicità di un'affermazione. E questo è il problema di quando si fa storia senza conoscerli: si dà credito alle fonti senza discrimine.

Se d'altronde queste teorie sono così deboli, perché non apri un thread apposta in cui discuterne?
 
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view post Posted on 4/3/2017, 10:30     +1   -1
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L'esistenza di Q è funzionale alla teoria delle due fonti... Q è stato estrapolato dal testo mediante indagine filologica assumendo certe ipotesi (plausibili) sull'intenzionalità, etc... degli autori.
E' evidente pertanto che Q fa quadrare tutti i ragionamenti filologici (tutti i ragionamenti che hai fatto, sono assolutamente giusti!)! Deve essere per forza così... bisognerebbe stupirsi del contrario.
Tuttavia, e non è il sottoscritto a dirlo, finchè non si troveranno prove storiche (non attraverso la critica interna, altrimenti si finisce in ragionamenti tautologici!) dell'esistenza di Q,
non potremo mai mettere la parola fine sulla questione "come sono nati i Vangeli?": ci sono infatto numerosi biblisti (la minoranza) che non sono d'accordo con la teoria delle due fonti
e meritano rispetto come tutti gli altri.

In merito a Papia, sono stati scritti fiumi di parole ma al momento non possiamo dire con certezza assoluta che si sbagliasse anche perchè nessun Padre della Chiesa
ha mai messo in discussione le affermazioni di Papia... o almeno non mi risulta.
Non è certo poi che i Padri della Chiesa si basassero solo sulle affermazioni di Papia, probabilmente no ... è tutto da dimostrare.
Stando così le cose, è lecito considerare valide le affermazioni dei Padri della Chiesa.

In merito alla validità storica delle fonti, occorre essere molto prudenti.
Oggi va molto di moda mettere in discussione ogni cosa (teorie del complotto, etc...).

Anche il signor Bart Ehrman si può sbagliare.
Se leggi il libro "La luna e il dito. Viaggio di un fisico tra scienza e fede", ti accorgerai che nonostante i progressi scientifici sono stati commessi errori ancora in tempi recenti.
L'idea tante volte ha il sopravvento sulla realtà.

Ritorniamo pertanto sull'argomento senza monopolizzare la discussione.

Edited by feanor74 - 4/3/2017, 10:48
 
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view post Posted on 26/3/2017, 21:58     +1   -1
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Scusate, chiudo momentaneamente questa discussione prendenomi il tempo per leggerla tutta. Le prime due pagine sono imbarazzanti tra tesi di fantascienza basate sul nulla, totale assenza di metodo e/o di riferimenti a letteratura secondaria. Un disastro totale sul quale non si può passare sopra con leggerezza.
 
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