Studi sul Cristianesimo Primitivo

Spiegazione di 2 Pietro 1:20

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view post Posted on 13/2/2018, 19:52     +1   -1
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CITAZIONE (Akrio @ 13/2/2018, 13:03) 
CITAZIONE (feanor74 @ 12/2/2018, 21:40) 
A me sembra invece che proprio in virtù dell'origine divina della profezia (v. 21) essa debba essere interpretata secondo un'ermeneutica nuova dettata dallo Spirito.

Non contesto questo, che condivido (anche se la tua è più un affermazione teologica che credo qui non trovi adeguata collocazione); contesto che ciò sia quanto volesse esprimere anche l'autore nel passo in questione. Per come la vedo io, gli elementi a sostegno dell'interpretazione "origine della profezia", sono più numerosi e più convincenti. Viceversa, gli argomenti a sostegno dell'altra interpretazione mi sembrano piuttosto ipotetici e speculativi. Continuo a pensare che il legame fra il v. 20 e il v. 21, sia tale da dedurre che l'autore sarebbe stato schizofrenico se avesse voluto collegare due concetti completamente diversi (ma, volendo, conciliabili con un minimo di speculazione) in due frasi conseguenziali che, essendo tali, hanno lo stesso argomento (e al v.21 è incotestabile che l'accento è posto sull'origine divina della Scrittura). Va bene tenere a mente le coordinate storiche, geografiche, teologiche, etc., ma una frase di senso compiuto conserva un ben preciso significato che talvolta (e questo mi pare il caso) può essere colto separandolo dal contorno.

Rimane comunque spinosa la questione del senso di ἐπίλυσις e qui ci dovremmo interrogare se sono documentati altri significati oltre quello di interpretazione, spiegazione, risoluzione di una difficoltà. Ieri l'altro leggevo un commento di Giovanni Calvino, in cui commentando le parole Sapendo prima di tutto egli afferma :

CITAZIONE
There may at the same time be two interpretations given, if you read ἐπηλύσεως as some do, which means occurrence, impulse; or, as I have rendered it, interpretation, ἐπιλύσεως.

da Commentaries on the Catholic Epistles by John Calvin, translated and edited by the Rev. John Owen (www.ccel.org/ccel/calvin/calcom45.i.html)

Pare quindi che, per lo meno all'epoca di Calvino, ἐπίλυσις era reso anche col significato di occurrence (episodio?) o impulso [profetico]. Magari, per aggiungere carne al fuoco, si potrebbe cominciare ad indagare anche questo aspetto se lo ritenete opportuno. Lascio a chi ha mastica di filologia e ha le competenze per consultare correttamente un lessico.

Vedo che riprendi il problema del termine ἐπίλυσις, che effettivamente è centrale. Ma ti trovo a discutere con Alessandro di Calvino, che scriveva in latino, mentre voi consultate un testo in inglese. Si rischia di fare confusione. Comunque “occurrence” vuol dire anche “impulso”; ma Calvino rende la parola greca con “interpretazione”. Quindi: la profezia non viene da impulso-interpretazione (interno al singolo profeta, secondo me).

Occorre tenere presente come Dio ispirava i profeti (post 11/2/2018, 19:34); è utile anche vedere come agivano i falsi profeti: Ger 23,16-21; 23,25; 29,9; Ez 13,2.3.17; ecc.).

Perfino un’occhiata alla lettera di Giuda è utile. Mettiamo a confronto le strutture delle due lettere:

Giuda 2Pietro
A 1-2 intestazione e benedizione 1,1-4
B 3-4 sezione parenetica 1,5-11
C 5-8 invito a ricordare 1,12-21
D 9-16 invettiva contro i falsi maestri 2,1-22
C’ 17-19 memoria delle parole degli apostoli e 3,1-10
preannuncio dell'avvento degli schernitori
B' 20-24.. nuova esortazione 3,11-18a
A' ..24-25 dossologia finale 3,18b

In Gd 8 si parla di persone che agiscono “come sotto la spinta dei loro sogni”: il passo corrisponde proprio a 2Pt 1,20, che parla di profezie che non derivano da elucubrazioni dei profeti.


Chiedo scusa, ma non riesco a modificare lo schema di confronto spaziando in modo da incolonnare "2Pietro" e i rispettivi versetti. Gli spazi vuoti che inserisco vengono soppressi...
 
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CITAZIONE (feanor74 @ 12/2/2018, 16:08) 
CITAZIONE (Akrio @ 12/2/2018, 10:53) 
Grazie agli intervenuti. Continuo a seguire gli sviluppi della discussione anche se mi sono fatto una idea abbastanza chiara della questione, specie con gli utili contributi di Tranego.

@^Alessandro^:
CITAZIONE
Chi ha lo Spirito?

Forse sbaglio, ma mi sembra estraneo alle intenzioni dell'autore far intendere che solo la cerchia degli apostoli avesse lo Spirito, laddove gli scritti del NT attestano chiaramente che tutti coloro che credono ricevono (quindi hanno) lo Spirito (addirittura l'autore di I Gv si spinge ad affermare che i suoi destinatari non avessero bisogno dell'istruzione di nessuno a motivo dell'unzione ricevuta).

Condivido. Tuttavia non comprendo il motivo di una tale precisazione da parte di Pietro
se essa riflette sull'origine della profezia.
Nell'AT il profeta è colui che pro-clama il volere divino, non esprime di certo un pensiero personale
per cui Pietro non direbbe nulla di nuovo ed originale sotto questo punto di vista.
Se invece Pietro riflette su problematiche ermeneutiche con particolare riferimento non a generiche profezie
ma alle profezie sul Messia (come mi pare che sostenga Alessandro) rintracciate nell'AT, allora l'affermazione
di Pietro assume un significato nuovo e cioè che è solo grazie allo Spirito Santo che possiamo interpretare
correttamente le profezie in senso cristiano ovvero trovando in esse riferimenti a Gesù: diversamente
questa possibilità è preclusa. Pietro probabilmente con la sua lettera offriva a questa comunità cristiana
a cui scriveva le ragioni per una difesa nei confronti di un'eventuale contestazione (sull'interpretazione
delle profezie in senso cristologico messianico) da parte di gruppi giudei o ereticali antagonisti:
insomma, se non avete ricevuto il dono dello Spirito, non potete capire nulla poichè il semplice ragionamento
(o interpretazione filosofica) non è sufficiente.

Non è detto che un agiografo debba sempre dire qualcosa di nuovo ed originale: in fondo, la Scrittura è piena di ripetizioni, che non guastano affatto.
Le profezie di cui parla l’autore della 2Pt sono anzitutto quelle, numerose, dei profeti dell’AT relative al “giorno del Signore”. Quanto alla comprensibilità di queste profezie, non mi pare che fossero necessari dei ragionamenti e l’assistenza dello Spirito Santo, data la loro chiarezza. Anche il NT è pieno di riferimenti alla parusia (παρουσíα) che non richiedono né particolare capacità di indagine, né il dono dell’intelletto: già Paolo aveva profetizzato in 1Cor 15, 1Ts 4 e 5 e 2Ts 2; altrettanto faranno la 2Pt e l’Apocalisse.
Il problema, a mio avviso, non è mai stato di capire il contenuto, il significato di queste profezie, ma quello di credere ad esse: 2Pt mette in luce che ci sono stati e ci saranno falsi profeti e falsi maestri che si prenderanno gioco di quelle profezie e vivranno nella dissolutezza e l’autore mette in guardia i destinatari della lettera dall’ascoltarli.
 
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Se anche volessimo togliere le parole sotto esame, rimarrebbe il verso 16. Il verso 17 inoltre fa intendere che questi falsi dottori non concentrarono le loro favole solo sul ritorno di Gesù, ma anche sulla sua persona. L'autore ritiene necessario difendere la testimonianza del Padre su di lui.
Inoltre che senso avrebbe avuto dire due volte che nessuna profezia viene dall'uomo?
Per me ha più senso che prima dice che non c'è "interpretazione" e poi spiega perché provengono non da volontà umana ma divina.

Sull'interpretazioni delle profezie c'erano distanze tra i giudei e non, c'era chi non aspettava un Messia sofferente, chi rinnegava la risurrezione, etc. Sulla necessità dello Spirito per capire le profezie prenderei ad esempio Paolo che non basa il suo messaggio su sapienza umana (1Cor2:5), ma espone una sapienza di Dio (1Cor2:12-16)che l'uomo naturale non può conoscere. Parla di un velo sul cuore di chi rinnega Cristo pur che legga la Scrittura (2 Cor3:14-16). Si potrebbe citare anche Gesù sull'argomento.
Un discorso è comprendere intellettualmente un testo e un altro è comprenderlo/riceverlo in spirito per rivelazione.

Comunque mi fermo qui perché mi sembra che Tranego e Akrio abbiate le idee chiare e non voglio intasare la discussione.
 
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CITAZIONE (Tranego @ 13/2/2018, 22:35) 
Non è detto che un agiografo debba sempre dire qualcosa di nuovo ed originale: in fondo, la Scrittura è piena di ripetizioni, che non guastano affatto.

Io credo che l'autore della seconda lettera di Pietro intendesse affermare non tanto qualcosa di originale ma di attuale
(come penso la stragrande maggioranza degli agiografi che tendiamo troppo spesso ad idealizzare ma in realtà essi si preoccupavano
di problematiche che toccavano nel vivo le comunità alle quali si rivolgevano) per il periodo in cui la lettera fu effettivamente scritta e cioè,
secondo la maggioranza degli studiosi, il II e.v.:
il tema della falsa profezia fu in effetti di grande attualità in tale periodo storico in relazione, ad esempio, al montanismo (ma forse
si potrebbero fare altri esempi) per cui è probabile che l'autore intendesse prendere di mira alcuni gruppi cristiani che davano maggiore importanza alla profezia
forse condizionati dalle loro antiche tradizioni religiose pagane (si tenga presente che Montano probabilmente era un ex-sacerdote della Dea Cibele)
piuttosto che alle Scritture (intendendo con Scritture anche il Vangelo);
si tenga presente che il montanismo credeva in una parusia imminente mentre la lettera la colloca in un futuro lontano indefinito;
si tenga presente inoltre che la seconda lettera di Pietro era rivolta proprio a comunità cristiane in Asia minore esattamente
dove l'eresia montanista si era diffusa e curiosamente Tertulliano, che poi diventerà seguace di Montano, non cita mai la seconda lettera di Pietro.

Difendere una profezia, perdonatemi il termine, "d.o.c." rispetto a delle "favole" era pertanto molto importante e, ripeto, attuale:
mi pare pertanto più probabile che 2 Pietro 1:20 intendesse soffermarsi sull'origine delle profezie più che su questioni ermeneutiche
(trovo piuttosto speculativa quest'ultima interpretazione... rispettabile, ammissibile ma decisamente improbabile).
Non è un caso tra l'altro che si sia voluto attribuire la lettera a Simon Pietro citando poi
nella lettera anche Paolo retroproiettando pertanto il tutto nel I e.v.: su un tema così importante probabilmente
si riteneva necessario essere confortati dal giudizio autorevole di una delle colonne del cristianesimo
e cioè da Simon Pietro. Ma, last but not least, si può affermare con certezza che tale lettera sia stata scritta nel II e.v.?
E' corretto parlare di retroproiezione in questo caso?

Nel periodo delle controriforma l'affermazione di Pietro fu poi a mio avviso pesantemente strumentalizzata
(e credo che Tranego abbia invesitito tanto tempo sulla seconda lettera di Pietro proprio per questo motivo):
spero tuttavia di non aver urtato la sensibilità di nessuno.

Edited by Giosia - 14/2/2018, 19:04
 
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CITAZIONE (^Alessandro^ @ 14/2/2018, 09:28) 
Se anche volessimo togliere le parole sotto esame, rimarrebbe il verso 16. Il verso 17 inoltre fa intendere che questi falsi dottori non concentrarono le loro favole solo sul ritorno di Gesù, ma anche sulla sua persona. L'autore ritiene necessario difendere la testimonianza del Padre su di lui.
Inoltre che senso avrebbe avuto dire due volte che nessuna profezia viene dall'uomo?
Per me ha più senso che prima dice che non c'è "interpretazione" e poi spiega perché provengono non da volontà umana ma divina.

Sull'interpretazioni delle profezie c'erano distanze tra i giudei e non, c'era chi non aspettava un Messia sofferente, chi rinnegava la risurrezione, etc. Sulla necessità dello Spirito per capire le profezie prenderei ad esempio Paolo che non basa il suo messaggio su sapienza umana (1Cor2:5), ma espone una sapienza di Dio (1Cor2:12-16)che l'uomo naturale non può conoscere. Parla di un velo sul cuore di chi rinnega Cristo pur che legga la Scrittura (2 Cor3:14-16). Si potrebbe citare anche Gesù sull'argomento.
Un discorso è comprendere intellettualmente un testo e un altro è comprenderlo/riceverlo in spirito per rivelazione.

Comunque mi fermo qui perché mi sembra che Tranego e Akrio abbiate le idee chiare e non voglio intasare la discussione.

Ti prego: non fermarti! Il confronto fra posizioni diverse è essenziale per stabilire se le “idee chiare” di qualcuno sono anche fondate.

Il v. 16 dice che Pietro non è andato “dietro a favole artificiosamente inventate”: il concetto è simile a quello del v. 20 tradotto secondo Girolamo (o Crampon, De Ambroggi, Amiot, Rossano, ecc.). Se invece il v. 20 viene inteso come fa la CEI (con Vaccari, Saldarini, Vanni, ecc...) il parallelo tra v. 16 e v. 20 viene meno. Siccome nella pericope 16-21 Pietro difende la propria credibilità e quella delle profezie, mi pare che il parallelo vada conservato.
E’ da notare, a questo punto, che tutti i commentatori dicono che lo stile della lettera è ricercato e fa uso di sottili finezze retoriche, segnalando anche il più piccolo mutamento di direzione del discorso mediante vario dispiegamento di congiunzioni di ogni tipo (v. A. Camerlynck, E. Testa, G. Tosatto, E. Fuchs, O. Knoch, A. Chester-R.P. Martin, M. Mazzeo, ecc.). Se, dunque, l’agiografo, invita a volgere l’attenzione alle profezie perché portano luce (v. 19), ma poi avverte che esse non vanno interpretate privatamente, si crea improvvisamente uno stacco deciso e forte rispetto al caldo invito alla lettura delle profezie, senza che vi sia la benché minima avvisaglia stilistica che evidenti lo stacco.
Per segnalare il cambio di direzione sarebbe stata necessaria quantomeno una congiunzione o particella avversativa. Es.: “fate bene a volgere l'attenzione alla profezia... ma state attenti a non interpretarle in modo soggettivo...“. Nel v. 20, non solo manca anche la più blanda particella avversativa (come sarebbe un δέ), ma c’è, al contrario, l’espressione τοῦτο πρῶτον γινώσκοντες ὅτι... (“sapendo anzitutto questo, che...”), che non ha alcun senso avversativo o limitativo, ma, al contrario, rafforza il valore di quanto detto prima, di cui costituisce quasi un'esplicazione (cfr. le stesse parole anche in 3,3).

Molto interessante la tua osservazione che non avrebbe senso “dire due volte che nessuna profezia viene dall'uomo”.
I padri francescani, professori di Sacra Scrittura, che hanno curato “La Sacra Bibbia tradotta dai testi originali” (Garzanti, 1964) dicono la stessa cosa.
Ecco la loro nota al v. 20: “... Certi esegeti intendono: «nessuna profezia della Scrittura procede da vedute particolari» di chi l’ha scritta. Ma questa versione, oltre che forzare il testo, farebbe esprimere all’autore un concetto che verrebbe ripetuto tale e quale nel versetto seguente”.
Con tutto il rispetto per i padri francescani, dobbiamo tenere presente che lo sviluppo degli studi sulla retorica biblica ha fornito agli esegeti nuovi e più precisi strumenti d’indagine degli antichi testi.
Lascio quindi la risposta a R. Meynet (Un nuovo metodo per comprendere la Bibbia: l’analisi retorica. v. www.retoricabiblicaesemitica.org/Articolo/Italiano.pdf): “Il lettore potrà rileggere l’insieme del Sal 44 e vedrà come tutto il poema, che comprende 28 distici (o segmenti bimembri), cammini su due piedi dall’inizio alla fine. E questa — secondo R. Lowth «il parallelismo dei membri» — è la caratteristica fondamentale di tutta la poesia ebraica; in maniera più ampia, il binarismo caratterizza tutta la letteratura biblica. Le cose vengono sempre dette due volte, poiché la verità non può includersi in una sola affermazione, ma si dà a leggere sia nell’interazione di due affermazioni complementari, sia con lo scontro di due opposti.
La ripetizione è la prima figura della retorica!”.

Belle le tue parole sulla differenza tra la comprensione intellettuale e quella spirituale di un testo. Qui, però, dove nessuno conosce il greco come se fosse la sua lingua madre, la discussione riguarda non tanto il senso spirituale della 2Pt, ma quale sia la traduzione più corretta da leggere. Akrio ha citato la versione della NR; altri si rifanno a versioni simili a quella della CEI. Diverso il significato letterale e diversi i sensi spirituali estraibili. Allora, dobbiamo risolvere anzitutto il problema esegetico: che cosa, letteralmente, dice 2Pt 1,20-21? Solo dopo potremo estrarre tutti i sensi spirituali che riterremo utili e veri.
 
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CITAZIONE (Giosia @ 14/2/2018, 10:25) 
...
Difendere una profezia, perdonatemi il termine, "d.o.c." rispetto a delle "favole" era pertanto molto importante e, ripeto, attuale: mi pare pertanto più probabile che 2 Pietro 1:20 intendesse soffermarsi sull'origine delle profezie più che su questioni ermeneutiche...
...
Ma, last but not least, si può affermare con certezza che tale lettera sia stata scritta nel II e.v.?
E' corretto parlare di retroproiezione in questo caso?

Nel periodo delle controriforma l'affermazione di Pietro fu poi a mio avviso pesantemente strumentalizzata
(e credo che Tranego abbia invesitito tanto tempo sulla seconda lettera di Pietro proprio per questo motivo):
spero tuttavia di non aver urtato la sensibilità di nessuno.

Grazie per la contestualizzazione storica, utile a desumere qualche altro motivo per lo scopo e il senso della lettera.
Epoca della redazione: non so, ma mi pare che tutti gli studiosi siano d’accordo.
Quanto alla retroproiezione, mi pare che basti la pseudoepigrafia per dimostrarla.
La strumentalizzazione del v. 20 mi pare accertata. La prova più evidente è l’imbarazzo col quale, da un lato, nel commentare la versione del v. 20 nella forma che va per la maggiore, si tace sempre di Girolamo, e dall’altro, si è dovuto riconoscere, con la Nova Vulgata, che il doctor maximus aveva tradotto giusto...
 
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Oh cielo se mi dici così allora proseguiamo :D :), devo dire che sei una forza.

Sullo stile della lettera penso sia meglio conoscere il greco, quindi premetto che mi baso solo traduzioni in italiano. A mio avviso il verso 1:20 può non essere visto (e io non lo leggo così) come un velato "guai a Voi se interpretate le Scritture profetiche!", piuttosto come un insegnamento volto a fondare più saldamente la fede, perché la stabilità dona sicurezza. Nel senso che se le Scritture non sono soggette a "venti di pensiero" allora possiamo fidarci di esse e adoperarle come metro e prova per distinguere il vero dal falso, tranquillizzando così i nostri cuori. Non è cioè una negazione di questa "lampada splendente", anzi.

Riguardo alla ripetizione ebraica mi chiedo se qui sia applicabile. Questa lettera non è una poesia e mi sembra non ci sia un altro caso di "parallelismo" simile all'interno di questa testo. Se mai qui dovessimo applicare il parallelismo ebraico (con autore ebreo dunque?)non direi che ci sia un "parallelismo sinonimo" ma bensì un "parallelismo sintetico o progressivo".

Prendo ad esempio la traduzione NR, per me il concetto potrebbe dividersi in quattro blocchi:
A-(Sappiate...) che nessuna profezia proviene da un'interpretazione personale
B-infatti nessuna profezia venne mai dalla volontà dell'uomo
C-ma degli uomini hanno parlato da parte di Dio
D-perché sospinti dallo Spirito Santo.

Io vedo che A viene implementato da B e C da D, ma che i concetti in ogni caso non siano i medesimi.

Per me serve domandarsi il motivo per il quale l'autore ha utilizzato questo termine che deriva da "snodare, sciogliere".

Per me è basilare perché la differenza che passa da un "interpretazione" ad un "impulso" è determinante.

La prima prevede un idea divergente su qualcosa di dato, la seconda invece verte su qualcosa di originale.

Se fosse "impulso" la traduzione corretta io mi "schiererei" dalla vostra parte e metterei da parte il pensiero che qui si parli anche di interpretazione Scritturale.
Ma non conoscendo il greco e cercando di comprendere il contesto secondo gli elementi che ho precedentemente messo "a tavola" sono più propenso ad abbracciare in questi versi entrambi i concetti sebbene espressi in modo stringato.

Edited by ^Alessandro^ - 15/2/2018, 13:01
 
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CITAZIONE (^Alessandro^ @ 15/2/2018, 12:28) 
Se fosse "impulso" la traduzione corretta io mi "schiererei" dalla vostra parte e metterei da parte il pensiero che qui si parli anche di interpretazione Scritturale.
Ma non conoscendo il greco e cercando di comprendere il contesto secondo gli elementi che ho precedentemente messo "a tavola" sono più propenso ad abbracciare in questi versi entrambi i concetti sebbene espressi in modo stringato.

Per quanto fondamentale sia chiarire il senso di epilysis (io per primo lo riconosco), credo non sia indispensabile: potresti (teoricamente) giungere lo stesso a sposare la "nostra" interpretazione :rolleyes: che poi non è nostra ma è presente nella storia dell'interpretazione come mostrato da Tranego. E questo a cominciare proprio dall'autorevole Girolamo (che il greco lo conosceva!) e che, evidentemente, non è stato fuorviato da quel termine, così come successivi commentatori.

Ma vediamo quali altri assi nella manica ha Tranego!
 
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Ne ha moltissimi! :D

Io stavo riflettendo su gli "inventa favole".

Perché si citano falsi profeti in 2:1, ma solo riferendoli al passato e perché erano coloro che facevano deviare a suo tempo Israele, mentre al presente (per l'autore) il problema sembrano essere i falsi dottori.

Penso, ditemi se sbaglio, che un falso dottore è tale quando insegna cose non vere a partire dalla Scrittura, a differenza di un falso profeta che asserisce di avere una rivelazione "dall'alto".

L' altro riferimento al traviamento scritturale è in 3:16 "uomo ignoranti e instabili travisano a loro perdizione come anche le altre Scritture".

Il discorso salterebbe nel caso gli "inventa favole" fossero sia una cosa che l'altra.

Edited by ^Alessandro^ - 15/2/2018, 17:26
 
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CITAZIONE (Tranego @ 15/2/2018, 11:59) 
Grazie per la contestualizzazione storica, utile a desumere qualche altro motivo per lo scopo e il senso della lettera.
Epoca della redazione: non so, ma mi pare che tutti gli studiosi siano d’accordo.
Quanto alla retroproiezione, mi pare che basti la pseudoepigrafia per dimostrarla.
La strumentalizzazione del v. 20 mi pare accertata. La prova più evidente è l’imbarazzo col quale, da un lato, nel commentare la versione del v. 20 nella forma che va per la maggiore, si tace sempre di Girolamo, e dall’altro, si è dovuto riconoscere, con la Nova Vulgata, che il doctor maximus aveva tradotto giusto...

Chiedo scusa per l'OT ma ci sono diversi elementi nella lettera che fanno supporre che sia stata scritta prima del 70 d.c.,
probabilmente non da Pietro per ovvi motivi ma da qualche suo discepolo. Origene, a quanto ne so, la riteneva autentica.
Quali sarebbero le prove a favore di una datazione più bassa nel II d.c.?
 
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CITAZIONE (^Alessandro^ @ 15/2/2018, 16:43) 
Ne ha moltissimi! :D
Io stavo riflettendo su gli "inventa favole".
Perché si citano falsi profeti in 2:1, ma solo riferendoli al passato e perché erano coloro che facevano deviare a suo tempo Israele, mentre al presente (per l'autore) il problema sembrano essere i falsi dottori.
Penso, ditemi se sbaglio, che un falso dottore è tale quando insegna cose non vere a partire dalla Scrittura, a differenza di un falso profeta che asserisce di avere una rivelazione "dall'alto".
L' altro riferimento al traviamento scritturale è in 3:16 "uomo ignoranti e instabili travisano a loro perdizione come anche le altre Scritture".
Il discorso salterebbe nel caso gli "inventa favole" fossero sia una cosa che l'altra.

Seguiamo il ragionamento dell'autore:

A. (vv. 12-21 del primo capitolo): L'autore si preoccupa di fornire ai suoi destinatari gli strumenti per difendersi dalle eresie che da li a poco sarebbero cominciate a circolare nella comunità (o forse circolavano già). Questi strumenti sono due: la parola profetica (che è definita salda e capace di portare luce, ovvero essere guida) e la testimonianza apostolica. Questi vengono nuovamente indicati al capitolo III, v. 2 (ricordaveti delle parole dei profeti e del comandamento degli apostoli) a proposito di ripetizioni. Al v. 21 l'autore qualifica la bontà della parola profetica: per essere autentica essa deve provenire dalla bocca di Dio, non dall'iniziativa dell'uomo che la proclama, ovvero dalla sua interpretazione personale degli eventi*.

B. (v. 1 del secondo capitolo): Qui l'autore avverte che proprio la scrittura profetica veterotestamentaria (oramai chiusa e sigillata [per questo forse il riferimento è al passato]) e la testimonianza apostolica possono essere contraddette e falsate: la prima dai falsi profeti (che in passato dissero di parlare a nome del Signore, quando in realtà il Signore non gli aveva rivolto alcuna parola, cfr. Ger. 14:14; Ger. 23:16; Ger. 29:8,9; Ger. 27:15, etc.), la seconda dai falsi dottori (che contraddicono l'insegnamento degli apostoli, magari spacciandosi per uno di loro [I Gv. 2:19; II Ts. 2:2]).

Questo il mio pensiero. Sono sicuro che Tranego o qualche altro potrà rispondere più puntualmente e argomentare meglio di come ho fatto io.

________________________

* Che per interpretazione personale possa intendersi l'interpretazione personale di chi proclama la parola di Dio e non di chi la legge, è interpretazione da prendersi pure in considerazione, essendo attestata in molti commenti al passo. Ciò sarebbe in linea con quanto si legge in Geremia:

Così parla il Signore degli eserciti: «Non ascoltate le parole dei profeti che vi profetizzano; essi vi nutrono di cose vane, vi espongono le visioni del proprio cuore, e non ciò che proviene dalla bocca del Signore.
(Ger. 23:14)

Il contesto è il seguente: prima della deportazione di Giuda a Babilonia da parte del re Nabucodonosor, in Giuda circolavano falsi profeti che preannunciavano pace per il popolo e non la deportazione (cosa che invece proclamava Geremia). Questi dunque erano dei "profeti" che magari in buona fede, volevano incoraggiare il popolo esponendo la loro interpretazione delle circostanze e non quello che realmente esse significavano.
 
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Quindi tu contrapponi Scrittura profetica/ false profezie e insegnamento apostolico/con falsi dottori.

La trovo una considerazione legittima, aggiungo che in caso a mio avviso non si parli qui dei seguaci di Montano, tutti i riferimenti immorali (adulterio, gozzovigliare, dissolutezza) nel testo mi riportano ai Nicolaiti o a qualcosa di simile (c'è il richiamo a Balaam in entrambi i testi 2P2:15 e Ap.2:14).

Perché i montanisti erano piuttosto molto rigidi, votati cioè ad un rigoroso moralismo, Tertulliano ne è una prova (un solo matrimonio, dedizione al digiuno, al velo, etc.).

Non penso però che questi fossero semplici pagani tornati al vomito. L'espressione del verso 3:4, che parla dei "padri" e della "creazione" fa intendere un autentica appartenenza al credo ebraico e cristiano. Infatti la lettera parla di persone che hanno conosciuto Gesù e poi l'hanno rinnegato con i fatti.
Erano persone che evidentemente traviavano le Scritture, il termine "favole" (1:16) può riferirsi (seguendo 1Tim1:4 e Tt 1:14) a discussioni giudaiche, i più classici falsi dottori erano i dottori che Gesù definiva ipocriti.
Con ciò non voglio dire che i soggetti dell'autore fossero ebrei (tutta questa immoralità suonerebbe strana), ma che la centralità della discussione sulle Scritture e della loro interpretazione potrebbe essere più alta e quella sulle false profezie più bassa se:
"le favole" si riferissero a discussioni scritturali, i falsi profeti (2:1) sono citati solo per aprire un paragone con il passato e che il problema attuale sono i falsi dottori (2:1) che traviano le Scritture (3:16) che comprendevano anche gli scritti apostolici (vedi il citato Paolo).

Ps: Anch'io con feanor sarei curioso di capire le ragioni per cui questo testo è datato così in avanti.

Edited by ^Alessandro^ - 16/2/2018, 10:38
 
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view post Posted on 16/2/2018, 13:00     +1   -1

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CITAZIONE (^Alessandro^ @ 16/2/2018, 10:23) 
Quindi tu contrapponi Scrittura profetica/ false profezie e insegnamento apostolico/con falsi dottori.

Più che "io", mi pare che sia il discorso dell'autore a ruotare su queste simmetrie.

CITAZIONE (^Alessandro^ @ 16/2/2018, 10:23) 
Erano persone che evidentemente traviavano le Scritture, il termine "favole" (1:16) può riferirsi (seguendo 1Tim1:4 e Tt 1:14) a discussioni giudaiche, i più classici falsi dottori erano i dottori che Gesù definiva ipocriti.

Già nel primo capitolo, il discorso dell'autore mira a ricordare che la fede nel Cristo poggia su due solidi fondamenti (come ho già scritto: la testimonianza della Scrittura che profetizza il Messia e la testimonianza degli apostoli che certifica la veridicità delle profezie). In questa ottica "apologetica", quando l'autore scrive che loro (gli apostoli o i testimoni della fede in generale [se si accetta la datazione al II sec.]) non sono andati dietro a "favole inventate", vuole solo ricordare ai destinatari che la fede cristiana non si basa su un mito appositamente inventato (come le altre religioni). Quindi le "favole" non sono quelle giudaiche di cui parla Paolo nelle sue lettere o le discussioni dottrinali giudaiche. L'intento dell'autore è rendere consapevoli i lettori che la fede nel Cristo predicato non era un mito inventato (una tesi che noi oggi ben conosciamo [cfr. miticisti arpiolidi :lol:]). Tutto ciò è un "preambolo", una sorta di prolusione che l'autore scrive sulla fede cristiana e sulla sua attendibilità e non mi sembra in alcun modo collegato all'argomento "falsi dottori" che è oggetto del capitolo successivo.

CITAZIONE (^Alessandro^ @ 16/2/2018, 10:23) 
il problema attuale sono i falsi dottori (2:1) che traviano le Scritture (3:16) che comprendevano anche gli scritti apostolici (vedi il citato Paolo).

Che in II Pt i falsi dottori siano coloro che mal interpretano le Scritture non trova riscontro nel testo. Nel secondo capitolo della lettera c'è una lunga descrizione di questi falsi dottori (mi riservo di tentare una qualsivoglia identificazione). L'autore li accusa di una serie di cose, ma non di interpretare in modo errato le Scritture. Emerge che la loro caratteristica principale è l'adescamento e il comportamento dissoluto e ingannevole. Pare non trattarsi di dotti uomini, maestri della Parola (forse vengono definiti "dottori" perché nel loro traviamento pretendono di insegnare agli altri la retta via). Di persone che traviano le Scritture, si parla solo nel terzo capitolo, dove l'accenno è fugace (quindi ha più il tenore di una riflessione estemporanea) e slegato da tutto il discorso che è stato fatto nel primo e specialmente nel secondo capitolo (quello in cui sarebbe stato più appropriato inserire l'accusa di traviamento delle Scritture). In altre parole, non mi sembra che l'autore nel parlare di coloro che traviano le Scritture, abbia ancora in mente quei falsi dottori, per i quali il discorso si chiude al secondo capitolo.

Comunque, al di là di tutto, credo che proseguendo su questa strada ci allontaniamo troppo dall'argomento principale della discussione. Non vorrei che Tranego mi riprendesse nuovamente :rolleyes:
 
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view post Posted on 16/2/2018, 14:45     +1   -1

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Premesso che non ho alcuna particolare competenza, oso proporre quello che mi sembra il corso dei pensieri e delle parole di Pietro:
1,16 Noi non abbiamo seguito miti sofisticati;
1,18 udimmo la voce discendere dal cielo
1,19 e abbiamo la più solida parola dei profeti.
1,20 Sappiate che nessuna profezia proviene da un’interpretazione personale…
2,1 però ci furono anche falsi profeti.
Mi pare quindi che “Pietro starebbe ponendo in essere non un problema meramente ermeneutico, ma starebbe parlando dell'origine della Scrittura” (cit. da Akrio).
 
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view post Posted on 16/2/2018, 15:03     +1   -1
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A me non sembra che il terzo capitolo sia così slegato dagl'altri. D'altraparte gli hai collegati tu stesso parlando del binomio Scritture/apostolo che si ripresenta al verso 16. Nel 3o capitolo l'autore fa anche un richiamo alla prima lettera (dove troviamo tra le tante esortazioni un accenno a coloro che inciampano nella parola, vedi 2:8).
Non saprei, di sicuro nel II capitolo più che descrivere "le idee di appartenenza" di questi falsi dottori si descrive la loro moralità. Pietro però li inquadra come persone che "diffameranno la via della verità" e quindi il cristianesimo stesso. (Se vogliamo dare uno sguardo a Giuda, come ha fatto precedentemente Tranego, qui si parla addirittura di partecipanti alle agapi, quindi la diffamazione risiederebbe non tanto nel "parlar male" ma nella cattiva testimonianza che danno).

Avvolte ne parla come se dovessero venire, altre volte come se fossero già presenti (2:22).

Non lo so, sicuramente 1:20-21 sottolinea la provenienza delle Scritture profetiche e la bontà di esse perché ispirate da Dio, ma non riesco a escludere completamente la possibilità che quell' "interpretazione" si riferisca ad una particolare spiegazione delle stesse.

Dopotutto se seguiamo Ap. 19:10 "la parola profetica" è la testimonianza di Gesù, che proveniva anche dalle Scritture.

Edited by ^Alessandro^ - 16/2/2018, 15:40
 
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