Studi sul Cristianesimo Primitivo

Posts written by Polymetis

view post Posted: 9/5/2012, 19:15     verbo ανασκολοπιζειν - Filologia, Linguistica & Paleografia dei testi cristiani
CITAZIONE (Talità kum @ 9/5/2012, 18:28) 
Non mi riferisco alla tesi dell'autore, che confermo essere (1) quantomeno discutibile, e (2) pressoché stroncata da una recensione sul Journal of New Testament Studies.
Mi riferisco piuttosto all'ampia analisi filologica dei testi, che credo si possa considerare tra le più recenti e complete sull'argomento.

Ciao,
Talità

Ho trovato anche un'altra recensione spulciando sui cataloghi elettronici dei periodici universitari:

Book Review: Do We Know How Jesus Died?: Gunnar Samuelsson, Crucifixion in Antiquity, The Expository times [0014-5246] Foster anno 2011 vol. 123 fascicolo 3 p. 122 -124

Il numero di pagine però è esiguo.
view post Posted: 9/5/2012, 12:02     verbo ανασκολοπιζειν - Filologia, Linguistica & Paleografia dei testi cristiani
CITAZIONE
e potrebbe senz'altro dirci qualcosa in più e di più aggiornato

O forse sarebbe il caso di dire "qualcosa di più mistificato", vista la tesi del libro. Avevo letto una recensione negativa di Hurdato, che giustamente si chiedeva che senso avesse mettersi a discutere sulla presunta ambiguità di stauros nel NT visto che i primissimi testi cristiani, già da fine I secolo, sono concordi nel descrivere tale strumento in maniera cruciforme.
Naturalmente, scrivere un libro dove ci si allineava al resto del consensus accademico non avrebbe fruttato a Samuelsson nessuna pubblicità, né avrebbe avuto come risultato che gli intrepidi TdG sparsi per la rete diffondessero la notizia dell'esistenza di questa tesi dottorale per il web. Si sa che, poiché nessuno dà generalmente loro ragione, appena trovano qualcuno in sintonia con una loro tesi gli fanno subito un processo di apoteosi assumendolo nell'empireo.
Comunque non spenderò un euro per comprare questo libro, avevo già in programma di farlo arrivare alla biblioteca dell'università di Venezia, proposito che prima o poi dovrò ricordarmi di espletare.

Ad maiora
view post Posted: 9/5/2012, 08:45     verbo ανασκολοπιζειν - Filologia, Linguistica & Paleografia dei testi cristiani
CITAZIONE (Hard-Rain @ 8/5/2012, 18:40) 
Mi sarebbe piaciuto utilizzare i passaggi di Luciano in cui compaiono ανασκολοπιζω e τυμπανιζω nella stessa frase per dire che il primo di questi verbi denota proprio la crocifissione considerata da Luciano diversa dall'impalatura. Tuttavia, mi pare che τυμπανιζω, più che all'impalatura di un condannato, si riferisca genericamente "torturare qualcuno", oppure, più nello specifico, "torturare" o "uccidere" sulla ruota, da τυμπανον, cioè "cilindro", "disco", "ruota" anche inteso come strumento di tortura. Questo, almeno, in base al vocabolario Montanari.

Ciao, le versioni che ti ho citato sono state prese dall'edizione di Vincenzo Longo uscita per UTET.
Quanto al tympanon, ci sono varie teorie. Ti riporto tramite una scansione OCR quello che scrive Eva Cantarella nel suo classico "I supplizi capitali in Grecia e a Roma":

"Uno dei supplizi capitali in uso ad Atene era chiamato apotympanismos. In che cosa consisteva, esattamente, questa esecuzione?

Secondo l’interpretazione tradizionale 1'apotympanismos sarebbe consistito nell'uccidere il condannato a bastonate, colpendolo con un randello. A partire dai primi decenni del secolo, peraltro, a quest’interpretazione è stata contrapposta con frequenza sempre maggiore quella secondo la quale questo supplizio sarebbe consistito in una sorta di crocifissione. Quale delle due ricostruzioni è esatta? Come veniva ucciso l'apotympanizomenos? Per capirlo è necessario partire dal ritrovamento di alcuni strumenti di tortura in un cimitero di età presoloniana, situato presso l’antico Falero.

Tra il 1911 e il 1915 in quella località fu scoperta una fossa (priva degli oggetti che i greci usavano collocare nelle tombe), all’interno della quale stavano diciassette scheletri: quelli di diciassette cadaveri gettati in una fossa comune senza onori funebri, com’era costume per coloro che erano stati messi a morte. E non è tutto: i condannati a morte del Falero erano stati gettati nella fossa con un cerchio di ferro intorno al collo e dei ramponi alle estremità. In altre parole, con ancora addosso gli strumenti del supplizio cui erano stati sottoposti. Quale supplizio?

Al momento del ritrovamento, ai ramponi che erano stati stretti alle mani e ai piedi dei condannati aderivano ancora dei pezzi di legno: evidentemente, il residuo di un palo sul quale costoro erano stati issati e immobilizzati, con il collo e gli arti chiusi nel cerchio di ferro e nei ramponi. L'apotympanismos, evidentemente, veniva realizzato in questa forma. Alla base della ricostruzione secondo la quale sarebbe consistito nell’uccidere il reo a randellate era stato, per lungo tempo, un sia pur comprensibilissimo equivoco terminologico. Tympanon infatti significa sia «mazza», «randello», «clava» sia, più genericamente, «palo di legno» e talvolta «architrave». Apotympanismos (parola legata al significato generico di tympanon) indicava pertanto la morte che conseguiva alla esposizione su un palo della tortura, come quello sul quale erano stati esposti i condannati del Falero.

Attaccati saldamente a un palo, dunque, i condannati a morire per apotympanismos erano abbandonati a una lunghissima agonia, destinata a cessare solo quando la morte poneva finalmente termine agli atroci tormenti provocati dai ferri che li stringevano, dalla fame, dalla sete, dalle intemperie e dai morsi delle bestie che dilaniavano il corpo indifeso.

In altre parole, l'apotympanismos era un supplizio simile alla crocifissione romana ma non identico a questa. Lo strumento di legno al quale veniva legato il condannato, in primo luogo, non aveva forma di croce, era semplicemente un palo. Le sue mani e i suoi piedi, in secondo luogo, non venivano inchiodati, come le estremità di chi moriva crocifisso. Pur soffrendo pene forse ancor maggiori di quelle dell’apotympanizomenos, quindi, chi era stato crocifisso moriva quantomeno più rapidamente, a causa della perdita di sangue. L’apotympanizomenos (le cui sofferenze erano comunque esasperate dal collare stretto al collo) era invece condannato a una lunghissima agonia."
(Eva Cantarella, I supplizi capitali in Grecia e a Roma, Milano, BUR, 2000, pp. 41-42)

Ad maiora
view post Posted: 8/5/2012, 12:20     verbo ανασκολοπιζειν - Filologia, Linguistica & Paleografia dei testi cristiani
CITAZIONE
La mia domanda è: avete qualche esempio pronto all'uso in cui ανασκολοπιζω è usato per designare una crocifissione, se possibile desunti da autori del periodo romano (della letteratura greca)?

Non ho nessuna pretesa di essere esaustivo, ma mi vengono da citare questi esempi:

“Gran parte della folla seguì Terone che veniva condotto via. Fu issato a un palo (ἀνεσκολοπίσθη) davanti alla tomba di Calliroe e dalla croce (σταυροῦ) guardava quel mare”. (Caritone, Cherea e Calliroe, 3.4.18)

“Ma l'uomo non ordinò che coloro che erano già morti sulle croci (σταυρῶν) fossero tirati giù, bensì comandò che gli uomini vivi fossero crocifissi (ἀνασκολοπίζεσθαι), uomini a cui la circostanza dette, se non la completa sospensione, almeno una breve e temporanea tregua dalla punizione”. (Filone di Alessandria, In Flaccum 84)

“E ora fa passare quelli dei tribunali, intendo dire gli impalati (ἐκ τυμπάνου) e i crocifissi (ἀνεσκολοπισμένους)”. (Luciano, Cataplus 6.18-20)

“Bada, Eucrate, che Tichiade non voglia intendere questo, che vadano in giro le sole anime dei morti di morte violenta, come è il caso di chi sia impiccato o sia stato decapitato o crocifisso (ἀνεσκολοπίσθη)”. (Luciano, Philopseudes 29)

“I peggiori delinquenti e i malvagi sono onorati di più, possiedono ricchezze immense, comandano sui migliori, e i ladri sacrileghi non vengono puniti, ma sfuggono alla giustizia, mentre talvolta sono crocifissi (ἀνασκολοπιζομένους) od impalati (τυμπανιζομένους) gli innocenti”. (Luciano, Juppiter Tragoedus, 19)
view post Posted: 7/5/2012, 21:52     Sui martiri dei primi secoli - Storia del Cristianesimo
Non vedo che bisogno ci sia di un influsso gnostico.
Ignazio di Antiochia, il re del realismo dell'incarnazione, e dunque anti-gnostico, parla con gioia del suo martirio.
Semplicemente, se credi che dopo la morte abbraccerai l'unico scopo della tua vita, cioè Cristo stesso, un certo entusiasmo può facilmente spiegarsi.
Le cronache medievali dell'epoca delle crociate ad esempio sono piene di frati francescani esaltati che, dopo una vita dedicata alla preghiera, andavano di proposito in terra islamica a predicare bestemmiando Maometto, desiderosi di farsi martirizzare.
Il fanatismo è del tutto trasversale alle religioni e ai periodi storici, e non richiede alcuna concezione negativa della corporeità. Tra l'altro, quest'ultima non è prerogativa degli gnostici. Un cristiano con influenze platoniche ad esempio mostrerebbe lo stesso schema di disprezzo del corpo (che comunque, lo ripeto, non è necessariamente presente in chi cerchi il martirio).

Ad maiora
view post Posted: 6/5/2012, 22:55     La Sapienza e lo Spirito nel giudaismo prima di Gesù - Recensioni, News, Links e Bibliografie
Garbini conosce perfettamente le spiegazioni tradizionali, semplicemente, decide di ignorarle e si lancia in interpretazioni ardite che sono spesso una ventata rinfrescante.
La sua spiegazione e datazione del Cantico dei Cantici ad esempio sono un salutare provocazione.
Di Garbini si deve anche leggere l'introduzione alle lingue semitiche.

Ad maiora
view post Posted: 4/5/2012, 22:42     Mt 5,32: che significa "porneìa"? - Filologia, Linguistica & Paleografia dei testi cristiani
CITAZIONE
Aggiorniamo anche le considerazioni che erano state fatte dicendo che per omosessualità, anche a cavallo del I-II d.C., si deve intendere l'omosessualità tra maschi adulti (allo spuntare della barba nell'uomo il rapporto era considerato disdicevole)

E' noto che la pederastia era tollerata perché di fatto il ragazzo senza barba veniva avvertito con una sessualità indifferenziata, e dunque capace di assumere il ruolo femminile. Dopo lo spuntare della barba invece, era un uomo, e dunque non poteva più assumere il ruolo passivo.
Ciononostante, la storia della letteratura greca è piena di eccezioni. Si leggano ad esempio queste due poesie di Stratone di Sardi tramandate dall'Antologia Palatina:

Se anche sulle gote ti è spuntata una barbetta
e sulle tempie riccioli biondi,
tu sei sempre il mio amore e non ti abbandono:
che siano capelli, o barba,
è mia anche questa bellezza.


Oppure anche

Adesso sei bello, Diodoro, che hai l'età per chi ti ama:
ma se anche ti sposi, io non ti abbandonerò.


Ad maiora
view post Posted: 26/4/2012, 21:42     Verbo ἀσπάζομαι - Filologia, Linguistica & Paleografia dei testi cristiani
Senz'altro la seconda, la prima non mi sarebbe neppure mai passata in mente.
view post Posted: 21/4/2012, 09:41     Cattolici Ortodossi. - Storia del Cristianesimo
"Non parlo solo di teologi post Vaticano II, ma sopratutto dell'ignoranza più becera per esempio della teologia medioevale, dove ad esempio teologi importantissimi come San Alberto Magno sostenvano esplicitamente che Cristo si sarebbe incarnato anche senza il peccato originale."

Questo è vero, però è anche noto che la linea prevalente è quella che dice non che Cristo si sarebbe incarnato lo stesso, ma che potrebbe, se avesse voluto. essersi incarnato lo stesso.
San Tommaso ad esempio scrive:
"Ci sono in proposito opinioni diverse.
Alcuni dicono che il Figlio di Dio si sarebbe incarnato anche se l’uomo non avesse peccato.
Altri invece affermano il contrario.
E quest’ultima opinione pare che sia da preferirsi.
Le cose infatti che dipendono dalla sola volontà di Dio, al di sopra di tutto ciò che è dovuto alle creature, non possono venire alla nostra conoscenza se non attraverso la sacra Scrittura, nella quale la volontà divina ci è manifestata. Siccome dunque nella sacra Scrittura il motivo dell’incarnazione viene sempre posto nel peccato del primo uomo, è meglio dire che l’opera dell’incarnazione fu disposta da Dio a rimedio del peccato, in modo che se non ci fosse stato il peccato non ci sarebbe stata l’incarnazione.
La potenza di Dio però non è racchiusa in questi limiti: Dio infatti si sarebbe potuto incarnare anche se non ci fosse stato il peccato” (Somma teologica, III, 1, 3).

Mi sembra che il parere di Tommaso sia equilibrato.

Ad maiora
view post Posted: 20/4/2012, 10:18     Che cosa pensava Gesù della sua morte e risurrezione? - Gesù storico, giudeo-cristianesimo, giudaismo del secondo Tempio
CITAZIONE
“No, un concetto di Figlio dell'uomo non c'è nemmeno nei vangeli: il FdU nei vangeli è semplicemente Gesù, il modo in cui egli si riferisce a sè stesso.
Quando Gesù dice "il FdU non ha dove posare il capo", non dice "il giudice escatologico superumano di cui voi attendete la venuta, non ha dove posare il capo", bensì, "un uomo [come me] non ha dove posare il capo".”

Ma vedi che tu stesso, nel parafrasare i detti di Gesù, passi da una citazione con l’articolo determinativo, ad un italiano con l’articolo indeterminativo? Non è stonato rispetto a questa riduzione il fatto che Gesù nei Vangeli si definisca “ὁ υἱὸς τοῦ ἀνθρώπου”, e non “υἱὸς τοῦ ἀνθρώπου”? L’espressione semitica aramaica corrispondente cui fai riferimento e che significherebbe semplicemente “un uomo” è articolata o senza articolo? E se generalmente è senza articolo, perché gli evangelisti lo usano? Non vorrei che si additasse un parallelo aramaico che non esiste.
Suppongo che questa cosa sia già stata notata, quindi ci saranno delle spiegazioni.
Io dico solo che, in linea generale, che non capisco perché Gesù se voleva definirsi “un uomo”, parli di se come “Il figlio dell’uomo”. Quello che sarebbe da ricercare è se altrove qualcuno, pur essendo semplicemente un uomo, parli di se come “il figlio dell’uomo” e non “un uomo”.

CITAZIONE
E lo stesso vale anche per i detti escatologici: per gli evangelisti, molto semplicemente, FdU=Gesù, tant'è che Matteo - che ama molto la designazione FdU - si sente libero all'occorrenza di sostituirvi pacifcamente il pronome "io": vedi Mt 10,32 rispetto a Lc 12,8(Q).”

Non mi pare che questa sia un’argomentazione, visto che anche nel caso FdU volesse dire il giudice escatologico esso sarebbe identificabile con Gesù e dunque sostituibile con “io”.

CITAZIONE
No, un concetto di Figlio dell'uomo non c'è nemmeno nei vangeli: il FdU nei vangeli è semplicemente Gesù, il modo in cui egli si riferisce a sè stesso”

Che sia il modo in cui Gesù si riferisce a se stesso è ovvio, il problema semmai è la volontà di intenderlo come corrispettivo di “un uomo” in ogni dove. Tu hai appena scritto che il concetto di Figlio dell’Uomo escatologico non ci sarebbe neppure nei Vangeli (la mia domanda continua a vertere sui vangeli, e non sul Gesù storico) , eppure sono molti i passi dove a me viene più naturale intendere che si parli di una figura superumana, e dove addirittura intenderlo nel senso di “un uomo” stona enormemente.

Ne cito un paio:

“Poiché il Figlio dell'uomo verrà nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e renderà a ciascuno secondo le sue azioni.” (Mt 16,27)
“E Gesù disse loro: «In verità vi dico: voi che mi avete seguito, nella nuova creazione, quando il Figlio dell'uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele.” (Mt 19,28)
“Allora comparirà nel cielo il segno del Figlio dell'uomo e allora si batteranno il petto tutte le tribù della terra, e vedranno il Figlio dell'uomo venire sopra le nubi del cielo con grande potenza e gloria.” (Mt 24,30)

Compare sia il collegamento con Daniele (cosa che tra l’altro non vedo perché sarebbe necessaria), sia l’attività di giudice, e di veniente futuro. Che bisogno c’è di interpretare questi detti come un’espressione idiomatica che si riferirebbe ad “un uomo” in generale?

L’opinione che vede questi detti come creazioni post-pasquali modellate sulla base di Dn 7,13, e che dunque vedono nel NT la creazione di un personaggio escatologico chiamato FdU, mi sembrano assai più probabili di chi neghi che persino nel NT possa trovarsi l’espressione FdU in riferimento ad un personaggio escatologico giudice.

CITAZIONE
““La questione veramente decisiva è quella linguistica. Gesù poteva ben aver in mente Daniele 7 e facciamo anche il Libro delle Parabole di Enoc, e farvi allusione. Spingiamoci pure a dire che egli ne fece un'esegesi nuova e senza analogie, identificando in sé stesso la figura angelica al centro di quelle visioni apocalittiche.
Il punto fondamentale è che, quand'anche egli avesse fatto ciò (e non è molto probabile), egli non sarebbe stato comunque compreso in tutta una serie di detti. E' impossibile che gli astanti di Mc 2,10 e 2,28 (che è gente comune, non discepoli istruiti esotericamente da Gesù) comprendessero bar enasha come la rivendicazione di essere la figura di Daniele o del LP.
Lo stesso vale per i detti sulla passione, morte e risurrezione del FdU: anche qui non v'è nulla che suggerisca che bar enasha sia la figura di Dn o del LP.
Vogliamo stiracchiare l'argomento fino a dire che, dal momento che tali detti erano rivolti ai discepoli, essi potevano aver nelle loro teste il contesto semantico che avrebbe permesso di intendere bar enasha in accezione danielica-enochiana? Argomento stiracchiatissimo, appunto, ma in ogni caso è proprio il Vangelo di Marco a insistere sulla totale incomprensione dei discepoli su questo punto.”

Questa argomentazione innanzitutto si riferisce al Gesù storico, noi ai Vangeli, perché è possibilissimo invece che il pubblico cristiano primitivo avesse cognizione di questa figura elaborata nel periodo post-pasquale, e dunque, se i Vangeli furono scritti per la comunità cristiana primitiva, allora erano un gruppo in grado di capire, sicché i detti sul FdU giudice escatologico potrebbero avere esattamente questa funzione senza bisogno di vedervi un’espressione idiomatica riduttiva.
Parlando invece del Gesù storico e della plausibilità di tali detti sulla sua bocca, questa tua risposta sarebbe decisiva se postulassimo che Gesù volesse farsi capire, o usare per forza categorie non-nuove. Ma nulla vieta di pensare che l’utilizzo sia stato inventato da lui, e che né i suoi discepoli né il pubblico lo capissero. La storia della filosofia e delle religioni è piena di gente che inventa concetti nuovi, e la gente non li capisce di primo acchito. Nel caso di Gesù possiamo addirittura pensare che egli non aveva interesse a che i suoi compagni capissero quello che diceva prima della resurrezione.
Il fatto che ci sia tramandato che i discepoli stessi non abbiano capito in un’occasione temporale X, potrebbe certo essere confermativo del tuo discorso sulla novità di questa figura escatologica, ma nulla vieta che dopo quell’occasione di incomprensione ci siano stati chiarimenti futuri non riportati, e, per chi creda, addirittura chiarimenti post resurrezione. I Vangeli infatti in nessun luogo sostengono di essere un manuale della fede cristiana in sé concluso, questo è l’errore protestante del Sola Scriptura. Dobbiamo anzi pensare che la predicazione cristiana fosse in gran parte orale, e che i Vangeli siano solo dei surrogati scritti da usare in assenza degli apostoli, senza alcuna pretesa di completezza. Anzi, quanto più una dottrina era importante, tanto più probabilmente veniva spiegata faccia a faccia durante catechesi orali, dando per scontato nella lettura degli scritti una catechesi orale già pre-acquisita.
Per di più tutto questo discorso sul FdU nel giudaismo medio si basa sulla letteratura superstite. Nulla vieta di pensare che invece il pubblico potesse capire benissimo perché alcuni testi con la figura del FdU erano già stati scritti, ma non ci sono sopravvissuti. Naturalmente, ipotizzando a caso si potrebbe risolvere qualsiasi problema storico, e dunque questa mia ipotesi non ha alcun peso, tuttavia essa serve a ricordare a coloro che parlano di “impossibilità” che invece le cose non sono mai impossibili, ma solo improbabili.

CITAZIONE
Dunn pensa che Gesù abbia pronunciato alcuni detti nella comune accezione idiomatica, e poi, a mo' di mashal, abbia giocato sull'idioma per alludere a Dn 7 quale immagine rappresentativa della sua speranza che Dio lo avrebbe infine vendicato - senza però pensare di diventare lui "il Figlio dell'uomo", concetto che per Dunn non esisteva:”

Mi sembra un modo per cercare di togliere di mezzo i detti dove il FdU appare come giudice escatologico senza prenderli seriamente in considerazione. Visti i suoi presupposti, non si vede infatti perché il suo “gioco” avrebbe dovuto essere capito da qualcuno, né perché dovremmo prendere in considerazione la sua idea del gioco più di quella di una creazione ex novo da parte di Gesù di questa figura come riferentesi a se stesso.


CITAZIONE
"In the course of transmission the self-reference in 'the son of man' became more pronounced, and the transition to Greek established the phrase as a formal title 'the Son of Man'). In the same process the initial allusion to Dn 7,13 was made more complex by a succession of elaborations: by incorporations of travel to include the thought of Jesus' return (parousia) from heaven (particulary Matthew), and by development of an allusion to the also-developed use of Daniel's vision in the Similitude of Enoch (Matthew and John)."

E anche questa è una serie di ipotesi impossibile da verificare, e che vale tanto quanto l'ipotesi di chi invece prende in blocco i detti sul FdU giudice escatologico come autentici. Anzi, dire che la II ipotesi risparmia dei passaggi.

Ad maiora
view post Posted: 19/4/2012, 22:19     Che cosa pensava Gesù della sua morte e risurrezione? - Gesù storico, giudeo-cristianesimo, giudaismo del secondo Tempio
CITAZIONE
"è semplicemente impossibile a livello linguistico (e probabilmente anche culturale, dato che secondo la maggior parte degli studiosi non esisteva qualcosa come un "concetto di Figlio dell'uomo" [Menschensohnbegriff] stabilito, bensì solo una serie di riprese della visione di Dn 7)."

Mi interessa questo punto. Se capisco bene quello che dici un concetto definito di FdU c'è nei Vangeli, ma non ci sarebbe ancora stato al tempo di Gesù.
Se è così, s'è sviluppato nel tempo intercorso tra la morte di Gesù e la stesura dei Vangeli.
Qualche idea sul come ciò sia accaduto?
Inoltre, se l'argomentazione per escludere che esistesse un concetto di FdU già definito al tempo di Gesù è che non ne abbiamo nessuna menzione precedente, che cosa impedisce che proprio sulla bocca di Gesù ci sia la prima attestazione di questo concetto superstite?
E questo in un duplice senso: la prima attestazione nel senso che altre precedenti non ci sono sopravvissute, o la prima nel senso che lui stesso ne fu l'ideatore?

Ad maiora
view post Posted: 15/4/2012, 22:55     Le donne ed il Cristianesimo - Storia del Cristianesimo
Che quest'articolo sia superficiale è indubbio, non si può dimostrare una tesi del genere con un pugno di citazioni.
Ma a mio avviso è altrettanto indubbio che la tesi di fondo sia vera, e cioè che religioni abramitiche abbiano portato con sé, a causa della loro mentalità patriarcale, una certa forma mentis che considerava le donne inferiori.
E' altrettanto indubbio però che questo non è un problema del cristianesimo ma del mondo antico in generale, e che certamente l'assunzione del cristianesimo nell'impero romano ha portato ad un miglioramento di diritti nella condizione femminile, per quanto sempre all'interno di un paradigma maschilista.

Ad maiora
view post Posted: 14/4/2012, 12:19     Che cosa pensava Gesù della sua morte e risurrezione? - Gesù storico, giudeo-cristianesimo, giudaismo del secondo Tempio
Assai più interessante a mio avviso del problema se Gesù si identificasse come il Figlio dell'Uomo di Daniele, è il problema storiografico di come, se così non fosse, la comunità cristiana primitiva abbia finito per farlo, se da Gesù non erano giunte indicazioni in merito. L'idea sarebbe quella che ci sarebbe stata da parte della comunità primitiva "un’interpretazione midrashica di Daniele 7 alla luce della fede nella risurrezione e nella parusia di Gesù", teoria certo difficile da documentare, e che potrebbe benissimo essere applicata a Gesù stesso.
Si potrebbe infatti dire che, se dalla resurrezione la comunità cristiana primitiva ha estrapolato un riferimento al FdU, allo stesso modo un riferimento al FdU potrebbe averlo estrapolato Gesù stesso alla luce della propria morte e resurrezione, qualora ne fosse stato consapevole prima dell'evento, ovviamente. Se si considera autentico Mt 17,22, tale consapevolezza della futura resurrezione è attestata: "Mentre si trovavano insieme in Galilea, Gesù disse loro: «Il Figlio dell'uomo sta per esser consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno, ma il terzo giorno risorgerà»"
Se dunque si può ipotizzare che la comunità primitiva sulla base della resurrezione abbia estrapolato un riferimento al FdU con un’interpretazione midrashica di Dn 7, lo stesso può valere, sulla base dei medesimi presupposti, per Gesù.
Tra l'altro, non vedo davvero che senso avrebbe considerare “Figlio dell’uomo” un’espressione idiomatica per dire “uomo” in Mt 17,22, sebbene la questione sia irrilevante, visto che ho segnalato il versetto in questione solo per un accenno alla fede nella propria resurrezione futura da parte di Gesù, che avrebbe potuto fornire il trampolino per identificarsi col FdU come sarebbe avvenuto per la Chiesa, e come avviene per il Gesù sinottico stesso davanti al sinedrio allorché, in un contesto dove si parla della sua morte, egli preannuncia il suo ritorno glorioso alla destra della Potenza quale FdU (Mt 26,64).
Non vi sono versetti in cui Gesù si ponga come il precursore di qualcun altro, e dunque, chi ritenga autentica l'auto-identificazione messianica davanti al sinedrio, non potrà che vedere nel FdU che ritorna glorioso ciò che Gesù dice di se stesso, e nulla nel contesto fa pensare ad altro.
Quanto al perché Gesù parli del FdU in terza persona, mi sembra che la soluzione migliore sia quella di chi dice che Gesù ne parla così perché egli non è ancora il FdU, bensì lo sarà quando ritornerà in gloria.

Comunque la soluzione dipende interamente da presupposti di riferimento spesso incomunicabili, cioè quali detti gesuani vengano considerati autentici.
La reale difficoltà di sapere dove reperire l’effettiva opinione gesuana ha fatto sì che ogni studioso, trovandosi dinnanzi ad un quadro complessivo di opinioni incoerenti, abbia scelto di volta in volta di montare pezzi diversi del puzzle, disfandosi di quelli che non combaciavano col proprio paradigma.

Ad maiora
view post Posted: 10/4/2012, 19:27     Come citare una fonte antica in una tesi? - Recensioni, News, Links e Bibliografie
CITAZIONE
Aggiungo che, poiché spesso nelle edizioni moderne la divisione in libri e capitoli non coincide sempre, è buona norma indicare anche l'edizione dalla quale hai citato.

Io evito di farlo perché segnalo in bibliografia da quale edizione dell'opera sono prese tutte le citazioni, così risolvo tutto in un colpo solo.
view post Posted: 9/4/2012, 20:32     Come citare una fonte antica in una tesi? - Recensioni, News, Links e Bibliografie
Solitamente io faccio così:
-Nome dell'autore in maiuscoletto o in maiuscolo
-titolo dell'opera integrale o abbreviata secondo lo standard del Liddel-Scott in corsivo
-Coordinate
Esempio:

PLATONE, Leg. VII 803d-e.

Cioè dalle Leggi di Platone, libro 7, ecc.

Se non hai controllato la fonte, onde pararti le chiappe in caso di errore, specifica dove l'hai presa. Puoi fare così:

PLATONE, Leg. VII 803d-e cit. in M. VEGETTI, L'etica degli antichi, Roma, 1989, p. 35.

CITAZIONE
Oppure, e chiudo promesso, sapete consigliarmi magari una versione stampata della Storia ecclesiastica?

Le migliori non sono più in commercio, ergo acquista quella della Città Nuova in 2 volumi.

Ad maiora
916 replies since 23/5/2007