Studi sul Cristianesimo Primitivo

Gesù era razzista?

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Ahimsa_72
view post Posted on 17/10/2007, 14:40     +1   -1




Se hai qualche link già da passarmi grazie Fran, quelli che preferisco sono con esempi pratici non solo di teoria.
intanto aspetto che tu metta qualcosa sul sito
grazie !!!

X Hard, non so a chi ti riferisci, io non ho mai sostenuto che gli evangelisti fossero ignoranti, tutt’altro.
Ma ci sono degli errori comunque (non so se è il caso di riportarli si aprirebbe un thread nel thread) come quello di gerasa/gergesi, ad esempio che lasciano pensare che chi scrive non sia proprio della zona di cui parla.

Edited by Ahimsa_72 - 17/10/2007, 17:08
 
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JohannesWeiss
view post Posted on 8/4/2008, 00:33     +1   -1




Essendomi sentito stuzzicato da questo richiamo leghista a un "Gesù razzista/xenofobo", mi è venuto il pallino di esaminare per bene la questione: chiedo scusa in anticipo per la lunghezza, ma forse, trattandosi di un topic vecchio e abbandonato, non disturbo poi tanto.
Vorrei cominciare riallacciandomi alla seguente affermazione di Ahimsa_72

CITAZIONE (Ahimsa_72 @ 16/10/2007, 09:42)
Regno dal quale sia ben chiaro ogni non ebreo si doveva riconoscere come cane sottomesso, come la cananea che chiede le briciole, le genti sarebbero state sottomesse, non convertite ad Israele e i suoi figli.

Devo dire che non sono d’accordo sul fatto che Gesù immaginasse un regno di Dio in cui le Genti sarebbero state sottomesse e umiliate come "cani". Credo che si potrebbe sostenere questa tesi solo a patto di basarsi esclusivamente sull’episodio della donna siro-fenicia e di trascurare tutta una serie di testimonianze di tono ben differente.
Ma procediamo con ordine.

1. Non è affatto automatico per un ebreo dell’epoca ritenere che nel tempo escatologico i pagani sarebbero stati sottomessi, umiliati o, peggio ancora, radicalmente annientati. Certo, voci che vanno in questa direzione ci sono e abbondano, ma è pure vero che esiste una linea che getta un occhio più positivo alle “nazioni”: esse verranno illuminate (il tema della “luce delle nazioni”), parteciperanno alla salvezza d’Israele, non leveranno più la spada l’una contro l’altra perché avranno Dio come giudice e arbitro, andranno in pellegrinaggio a Sion, partecipando alla preghiera nel tempio (la “casa di preghiera per tutti i popoli”) e offrendo sacrifici che Dio gradirà.
Si potrebbero esaminare uno per uno i singoli testi, ma, per ora, penso che potrebbe bastare l’opinione di un buon studioso come Jacques Schlosser, di cui riporto un passo del suo magistrale studio Le regne de Dieu dans les dits de Jesus (2 voll., Paris, 1980, pag. 620): “nell’ AT una tradizione relativamente consistente afferma che i pagani o dei pagani prenderanno parte alla salvezza escatologica. Tale tradizione trova la sua espressione privilegiata nella rappresentazione del pellegrinaggio dei popoli a Sion. Ben conservate nel giudaismo ellenistico, queste vedute universalistiche tendono a scomparire nel giudaismo palestinese contemporaneo alle origini cristiane, senza tuttavia sparire interamente (cf. 1 En 10,21-22 e 90,30-33; Test. Neph 8,3, Test.Levi 18,9; Test. Giuda 24,6; Test. Ben. 9,2; Test. Ben. 10,9-10)”. Certo, l’epoca in cui visse Gesù non era evidentemente una delle più favorevoli per avere buoni pensieri riguardo ai pagani, e si capisce se, come osserva Schlosser, le tendenze universalistiche in tale periodo si facciano sentire meno. Tuttavia credo che abbia ragione Sanders quando fa notare che un ebreo non deve per forza rivelarsi un ammiratore dei gentili nell’attuale ordine di cose per credere che alla fine, quando Israele sarà restaurato e vittorioso, i gentili si pentiranno e si volgeranno a Dio”.
E in effetti Sanders ritiene che l’idea secondo cui almeno alcuni gentili avrebbero infine partecipato alla salvezza escatologica d’Israele fosse addirittura maggioritaria tra gli ebrei dell’epoca di Gesù. In ogni caso – maggioritaria, o minoritaria che fosse – è certo che un ebreo dell’epoca di Gesù poteva avere tranquillamente una visione positiva e inclusiva circa il destino dei gentili nello scenario escatologico.

2. In secondo luogo – benché qui si vada su un terreno più ipotetico – è possibile pensare che una regione come la Galilea potesse costituire un terreno particolarmente favorevole ad una visione tendenzialmente positiva nei confronti dei pagani. Ben inteso: io non credo affatto che la Galilea fosse una regione altamente ellenizzata e "mezza pagana" – come alcuni sostengono -, però è innegabile che i contatti con dei “gentili”, residenti sia nei territori limitrofi sia in quello galilaico, fossero un po’ maggiori e più frequenti qui che altrove. E infatti uno dei migliori esperti sulla Galilea, Sean Freyne, ha cercato di mettere in relazione il carattere specificamente galilaico del ministero di Gesù con quelle voci più “universalistiche” che si incontrano nel libro di Isaia, nonché in 1 Enoch (per il quale egli postula appunto un’origine in Galilea), dove troviamo la nota “Apocalisse degli animali” che rappresenta uno dei più interessanti tra i testi che guardano positivamente al destino dei pagani. Si veda, ad es., il passo 90,30-33 dove si dice: “E vidi tutte le pecore che erano sopravvissute e vidi che tutti gli animali che sono sulla terra e tutti gli uccelli del cielo cadevano e si prostravano a quelle pecore e le imploravano ed esse li ascoltavano in ogni parola (…)E tutte quelle che erano perite e si erano disperse e tutti gli animali della campagna e tutti gli uccelli del cielo si riunirono in quella casa e il Signore delle pecore godette di gran gioia perché tutti eran buoni ed eran ritornati nella Sua casa”.

3. Si sarà già notata un’affinità tra questo passo di 1 Enoch e la nota parabola del grano di senape di Gesù: il riferimento agli “uccelli del cielo”. Questo era – come si sa – un’espressione impiegata proprio per indicare le genti. Ebbene, così come l’autore dell’ “Apocalisse degli animali” prevede per gli “uccelli del cielo” l’asilo nella casa del Signore (che gode di gran gioia) insieme alle pecore (gli israeliti) superstiti, perite o disperse (la diaspora?), nonché insieme ad altri “animali della campagna”, allo stesso modo Gesù immagina che, allorché il processo escatologico che con lui si è messo in moto avrà raggiunto il suo culmine (l’albero/arbusto), gli uccelli del cielo andranno a nidificare tra i suoi rami.

4. Analogo allo scenario previsto dalla parabola del grano di senapa, potrebbe essere anche il famoso detto di Gesù riportato in Mt 8,11 dove si parla dei “molti che verranno da oriente e da occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli”. A riguardo però bisogna ammettere che non c’è affatto consenso tra gli studiosi: alcuni, come Meier, Theissen, Becker e Freyne, ritengono che i “molti” siano appunto i pagani; altri, invece, come Sanders, Horsley e soprattutto Allison, ritengono che l’espressione “da oriente e da occidente” indichi che i “molti” di cui si parla sono gli ebrei della diaspora. Io personalmente sono incerto, ritenendo che entrambe le interpretazioni siano compatibili con l’escatologia di Gesù: da un lato Gesù era un profeta di restaurazione d’Israele, e quindi poteva tranquillamente immaginare il ritorno degli ebrei della diaspora, nonchè (come sembra dalla sua istituzione dei "Dodici") quello delle dieci tribù del Nord disperse da secoli; dall’altro tutto il ministero di Gesù non lascia intravedere nulla che deponga verso una concezione esclusivista o negativa nei confronti le Genti, sicché il detto può anche riferirsi ai pagani, soprattutto nella misura in cui vi si legge un accento polemico di Gesù verso i suoi avversari, per cui il dire che i pagani, e non loro, si sarebbero seduti alla mensa di Abramo, avrebbe avuto un effetto nettamente più irritante piuttosto che il riferirsi ai giudei della diaspora.

5. Rimanendo in tema di polemiche, anche i passi in cui Gesù promette una sorte migliore a Tiro e Sidone piuttosto che a Corazin e Betsaida (Q 10,12-13), e quello in cui annuncia che a questa generazione toccherà l’umiliazione di essere giudicata dalla regina del sud e dagli abitanti di Ninive (Q 11,31-32), sono caratterizzati da riferimenti ai gentili in chiave positiva (anche se, in parte, ciò rientra evidentemente all’interno di una chiara strategia retorica). E un ulteriore “utilizzo retorico” positivo dei pagani lo si trova anche nella pericope lucana che racconta dell’insuccesso di Gesù a Nazaret, dove Gesù risponde per le rime allo scetticismo dei suoi compaesani, con il famoso riferimento alla vedova in Sarepta di Sidone e al lebbroso Namaan il Siro. Anche con tutta la retorica di questo mondo, rimane pur sempre il fatto che un utilizzo così sistematico dei pagani come “esempi positivi” sembra per lo meno indicare che Gesù non avesse un’opinione pregiudizialmente ostile ed esclusivista nei confronti dei gentili.

6. Infine, ci sono, come è noto, i vari episodi in cui Gesù compie miracoli di guarigione o esorcismi in favore di individui pagani, su cui non mi soffermo.

7. In conclusione, una volta che si considerino tutte queste cose, ritengo che non sia possibile attribuire a Gesù quel genere di teologia di Sion esclusivista che per i pagani prevedeva la sottomissione/umiliazione nel migliore dei casi e l’annientamento nel peggiore. Con tutta probabilità Gesù immaginava che i pagani avrebbero in futuro beneficiato e partecipato attivamente alla salvezza escatologica di Israele. Con la sola eccezione dell’ episodio dei “cagnolini” non troviamo in Gesù alcun altra nota di ostilità o disprezzo verso i pagani. Sembra quindi che non sia possibile dedurre troppo dal fatto che egli si sia potuto occasionalmente esprimere adottando una terminologia spregiativa che era d’uso corrente. Colui che insisteva sul fatto che Dio è un Padre che fa sorgere il suo sole tanto sui buoni quanto sui malvagi, e sulla necessità di imitare la misericordia sconvolgente e illimitata di questo Padre, non avrebbe mai potuto sostenere al contempo l’umiliazione e la sottomissione dei pagani.

8. Detto ciò rimane il fatto che Gesù non intraprese né immaginò alcun tipo di missione nei confronti delle Genti. Egli era un profeta di restaurazione d’Israele, inviato solo alle pecore perdute d’Israele. A far partecipare le Genti al banchetto escatologico avrebbe provveduto solo unicamente e Dio, allorché avrebbe stabilito la sua signoria universale.

9. Solo un accenno, infine, in merito al rapporto tra Gesù quale profeta di restaurazione d’Israele e la Chiesa quale comunità (originariamente) mista di ebrei e gentili. Gesù evidentemente non si sognava neanche che sarebbero mai esistiti qualcosa come la Chiesa e il Cristianesimo. Tuttavia, le origini della chiesa quale “assemblea escatologica di ebrei e pagani” (formatasi in conseguenza di quell’evento escatologico che è la risurrezione … nella convinzione che alla risurrezione della "primizia", avrebbe presto fatto seguito quella di tutti gli altri) non sono incoerenti rispetto alla visione escatologica di Gesù. Come scrive Sanders: Gesù iniziò un movimento che giunse a considerare la missione verso i gentili come un logico ampliamento del movimento stesso”.

Edited by JohannesWeiss - 8/4/2008, 01:52
 
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Hard-Rain
view post Posted on 8/4/2008, 08:56     +1   -1




Dunque, a me pare che vi possano anche essere altri elementi da considerare. Li cito in fretta perchè non ho molto tempo.

Non avete come l'impressione che l'attività di Gesù come predicatore possa essere suddivisa in due fasi?

Una prima fase idilliaca, quella del discorso della montagna (in Matteo, del piano in Luca), del Padre Nostro, della predicazione alle genti, dove Gesù a me pare davvero essere un ebreo contento che predica al suo popolo.

Qualcosa si spezza in questo rapporto idilliaco quando Gesù alza il tiro e si reca a Gerusalemme, dove risiedevano i sapienti della Giudea, era la sede non solo del tempio e del Sommo Sacerdote ma anche del Gran Sinedrio.

Se ci fate caso è essenzialmente qui che Gesù viene attaccato dai dotti e dai sapienti di Israele, è chiaro che la sua predicazione, in parte anche ingenua, non regge il confronto con le massime autorità ebraiche del tempo.

Allora Gesù reagisce violentemente alle accuse, proprio a Gerusalemme prima di essere poi condannato a morte Gesù pronuncia discorsi durissimi contro scribi, farisei e sacerdoti (serpenti, razza di vipere, sepolcri imbiancati), prima i toni così polemici non si erano mai notati in una forma così dura.

Allora a Gerusalemme qualcosa deve essere successo. La ingenua predicazione galilaica di Gesù venne a contatto con quella di Gerusalemme, dove tra l'altro sia molti uomini influenti sia probabilmente i sacerdoti sadducei erano filoromani e non volevano grane con il prefetto.

Giovanni Battista probabilmente non andò mai a predicare a Gerusalemme, si tenne sempre alla larga dalla capitale della Giudea e dalla città santa dell'ebraismo.

E' proprio nella seconda parte della predicazione gesuana che Gesù inizia a rivolgersi timidamente anche ai pagani. Forse questa inversione di tendenza sorse perchè Gesù aveva capito che i dotti e i sapienti del suo popolo non accettavano la sua predicazione.
 
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Hannah1
view post Posted on 8/4/2008, 09:12     +1   -1





A parte, il carattere retorico di certe affermazioni che ci sono nei vangeli, come quella dei cagnolini e il fatto di essere stato mandato solo alle pecorelle della casa d'Israele, sembra che in queste frasi ci sia più una provocazione che un'affermazione.
Chi sono queste pecorelle e a quale Israele si riferiva?
Gesù, sapeva benissimo di non rispondere alle aspettative di potenza e di restaurazione terrena del popolo ebraico, e che questo non lo avrebbe accettato come il Messia promesso.

Se avesse detto, dal prinicipio, ai suoi discepoli di essere venuto anche per i gentili, lo avrebbero di certo abbandonato anche loro. Il che non significa che lo ha nascosto ma li ha preparati pian piano. Un esempio è la storia del buon samaritano o il banchetto a cui vengono invitati anche quelli che non erano stati invitati in un primo momento.
Dopo la resurrezione, la sua missione è più chiara e la sua storia terrena è ormai completa e una volta fuori da Gerusalemme si leggono brani come questo che non lasciano adito a dubbi: Mt 28,16-20
16Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fissato. 17Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi: alcuni però dubitavano. 18E Gesù, avvicinatosi, disse loro: "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. 19Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, 20insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo.
 
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G. Tranfo
view post Posted on 8/4/2008, 13:15     +1   -1




Mi riaffaccio con un veloce saluto a tutti e una piccola provocazione.

Mi rendo conto di trovarmi nel pieno di una discussione nella quale i partecipanti, pur nei possibili diversi orientamenti di fede, partono da assunti più o meno comuni sul personaggio di Gesù di Nazareth.

Non voglio, pertanto, ribadire in questa sede il mio punto di vista sulle reali origini storiche di quello che definisco il "mito gesuano", ma mi limito a riflettere su un'affermazione di Teodoro:

CITAZIONE
Del resto, se il messaggio di Gesù non fosse stato rivoluzionario (e non certo in senso sociale) non vedo perché avrebbero dovuto crocifiggerlo.

Ma se il messaggio di Gesù fosse stato rivoluzionario soltanto in senso "non sociale", quale fastidio avrebbe potuto arrecare al potere di Roma noto nel mondo antico per la tollerenza dimostrata nei confronti di fedi e tradizioni locali?
Sulla base di quale accusa sarebbe stato crocifisso? Per la violazione di quale norma se non della lex Iulia? Perchè il suo caso sarebbe stato sottoposto alla massima autorità romana sul territorio invece di rimanere di competenza del sinedrio? Perchè sarebbe stato condannato a subire un supplizio (assolutamente romano) riservato ai criminali incalliti e ai rei di lesa maestà? A quale "regalità" contestata avrebbe fatto riferimento il capo d'imputazione affisso sul patibolo?

Scusami Teodoro, non ho il piacere di aver mai dialogato con te e pur stimando la tua preparazione (da un pò di tempo ti incontro in molte discussioni) non riesco proprio a capire perchè mai Roma avrebbe dovuto crocifiggere un "rivoluzionario" se davvero la "rivoluzione" proposta avesse avuto un ambito non sociale nè politico.


Un caro saluto a tutti (prima o poi mi riaffaccerò con più continuità... :rolleyes: )

Giancarlo

p.s. per Gianluigi: grazie del tuo graditissimo saluto nel guestbook del mio sito e per la stima che come sai, pur nella profonda diversità di vedute, contraccambio in pieno.
 
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JohannesWeiss
view post Posted on 8/4/2008, 13:34     +1   -1




CITAZIONE (Hard-Rain @ 8/4/2008, 09:56)
Non avete come l'impressione che l'attività di Gesù come predicatore possa essere suddivisa in due fasi?
Una prima fase idilliaca, quella del discorso della montagna (in Matteo, del piano in Luca), del Padre Nostro, della predicazione alle genti, dove Gesù a me pare davvero essere un ebreo contento che predica al suo popolo.
Qualcosa si spezza in questo rapporto idilliaco quando Gesù alza il tiro e si reca a Gerusalemme, dove risiedevano i sapienti della Giudea, era la sede non solo del tempio e del Sommo Sacerdote ma anche del Gran Sinedrio.
(...) Allora a Gerusalemme qualcosa deve essere successo. La ingenua predicazione galilaica di Gesù venne a contatto con quella di Gerusalemme, dove tra l'altro sia molti uomini influenti sia probabilmente i sacerdoti sadducei erano filoromani e non volevano grane con il prefetto. (...) E' proprio nella seconda parte della predicazione gesuana che Gesù inizia a rivolgersi timidamente anche ai pagani. Forse questa inversione di tendenza sorse perchè Gesù aveva capito che i dotti e i sapienti del suo popolo non accettavano la sua predicazione.

Che, al tempo del viaggio (oppure dell'ultimo viaggio, se, come io credo, si reputa più affidabile la "cronologia" giovannea) a Gerusalemme, Gesù non si facesse troppe illusioni sull'accoglienza che il suo messaggio avrebbe potuto trovare tra le fila dell'elite religiosa gerosolimitana, è qualcosa che ritengo probabile. Soprattutto la performance di distruzione simbolica del tempio, rovesciando i tavoli dei cambiavalute, può essere stata un consapevole gesto di rottura e di sfida all'establishment gerosolimitano. Per non parlare della parabola al vetriolo sui "vignaioli omicidi". In quest'ottica potrebbe inserirsi bene anche il detto Q di Mt 8,11 sui "molti" che verranno da oriente e da occidente, che potrebbe essere origariamente nato appunto in questo contesto finale in cui Gesù era ormai ai ferri corti coi suoi avversari, salvo poi essere inserito in tutt'altro contesto dagli evangelisti.

Però però però .... c'è un problema ben noto che si presenta immancabilmente ogni qual volta si è tentati di tracciare un "evoluzione" nel ministero di Gesù o addirittura un suo sviluppo psicologico. Se non erro, è per lo meno dai tempi di K.L. Schmidt e della critica delle forme che si è rinunciato del tutto alla possibilità di fondare la ricostruzione del ministero di Gesù sulla cornice cronologica dei vangeli. Una volta dissolta questa come frutto dell'attività redazionale degli evangelisti, ogni ipotesi di sviluppo o evoluzione di Gesù da una certa fase, da un certo atteggiamento, ad un altro, è condannato a rimanere fortemente ipotetico. L'idea della "primavera felice in Galilea" mi pare che sia un topos classico delle "vecchie" vite di Gesù (io stesso l'ho in parte utilizzato in un mio raccontino, scritto agli albori del mio interesse per l'argomento: http://johannesdesilentio.splinder.com/tag...cure_e_la_ruota ) Schweitzer ci si è scagliato contro, ma egli stesso ha poi puntato tutto su una non meno discutibile evoluzione radicale nelle aspettative "dogmatiche" di Gesù (tra prima e dopo il ritorno dei discepoli dalla missione).

Parlando quindi di "fasi" ed "evoluzioni", io trovo, ad esempio, molto stuzzicante un ipotesi presentata da Joel Marcus a proposito di uno sviluppo nella concezione escatologica di Gesù (dal futuro al presente) in seguito all'esperienza e alla riflessione sui propri esorcismi. Marcus distingue infatti tra un fase del ministero di Gesù, durante la quale egli pensava che il regno di Satana fosse ancora integro, e una fase successiva in cui Gesù giunse alla conclusione che il suo dominio era invece già stato spezzato. Alla prima fase apparterrebbe la "controversia su Beelzebul" che troviamo in Mc 3,23-26, dove in effetti il ragionamento "controfattuale" di Gesù sembra funzionare nel modo migliore proprio se letto in un'ottica in cui si da per scontato che il regno di satana è ancora in piedi (Voi dite che io scaccio i demoni grazie ai demoni? Ma se così fosse, allora il regno di satana sarebbe diviso e quindi al collasso, ma è evidente che le cose non stanno così!). Al contrario la parabola del "regno diviso" immediatamente successiva (Mc 3,27) nonchè il famosissimo detto Q sul regno di Dio che giunge attraverso gli esorcismi di Gesù (Lc 11,20), apparterrebbero ad una fase successiva, in cui Gesù (probabilmente in seguito al battesimo di Giovanni) aveva concluso che il Satana era già precipitato e il suo dominio spezzato.
Marcus sintetizza quindi così la propria tesi: "Credo di aver mostrato che certe parti della controversia su Beelzebul riflettono uno stato anteriore del ministero di Gesù, in cui egli non era ancora convinto che Satana fosse precipitato. Al contrario, era certo, e poteva rapportarvisi come ad un fatto evidente, che Satana fosse intronizzato in una posizione di signoria cosmica. In seguito tuttavia, dopo il suo battesimo, egli si convinse dell'avvenuta deposizione di Satana e cominciò a vedere i suoi stessi esorcismi come una prova del progressivo rovesciamento del regno di Satana" (J. Marcus, "The Beelzebul Controversy and the Eschatologies of Jesus", in Authenticating the Activities of Jesus, Leiden, Brill, 1999).

Come dicevo, io trovo interessante quest'ipotesi ... però, alla fine, non l'accetto, appunto per la ragione che ogni tentativo di distinguere fasi differenti, concezioni differenti, evoluzioni e sviluppi nella predicazione di Gesù mi sembra essere condannato ad un grado un po' troppo elevato di ipoteticità. Mi trovo quindi d'accordo con la seguente affermazione di Meier: "Che Gesù abbia mutato e sviluppato le sue idee e la sua condotta durante il ministero pubblico è altamente probabile; in che cosa sia consistito esattamente tale cambiamento e come esso abbia avuto luogo, oggi non possiamo saperlo" (Un ebreo marginale, vol. II, p. 1244).

In conclusione, pur ritenendo possibile l'ipotesi di una leggera evoluzione nella considerazione che Gesù nutriva verso i pagani parallela alla progressiva presa di coscienza dell'opposizione dell' establishment gerosolimitano, non mi sento però di farci affidamento.
 
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pcerini
view post Posted on 8/4/2008, 13:59     +1   -1




Caro JohannesWeiss, ho cercato di leggere il tuo blog ma lo sfondo troppo scuro
rende troppo faticosa la lettura perche' e' troppo forte,infatti,dopo poche righe avevo la vista gia' super-affaticata.

Non potresti trovare uno sfondo neutro che non affatichi la vista?
 
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Hard-Rain
view post Posted on 8/4/2008, 14:58     +1   -1




CITAZIONE
Perchè il suo caso sarebbe stato sottoposto alla massima autorità romana sul territorio invece di rimanere di competenza del sinedrio?

Perchè proprio "quaranta anni prima della distruzione del (secondo) tempio" (siamo dunque nel 30 d.C.) il Sinedrio fu trasferito a Chanut, diceva Yochanan ben Zakkai. E r. R. Isaac b. Abudimi diceva che oltre al fatto che non potevano più trattare i casi di kenas, i sinedriti non potevano più condannare a morte. Cfr. Sanhedrin 41a.

Edited by Hard-Rain - 8/4/2008, 17:24
 
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JohannesWeiss
view post Posted on 8/4/2008, 15:28     +1   -1




CITAZIONE (pcerini @ 8/4/2008, 14:59)
Caro JohannesWeiss, ho cercato di leggere il tuo blog ma lo sfondo troppo scuro
rende troppo faticosa la lettura perche' e' troppo forte,infatti,dopo poche righe avevo la vista gia' super-affaticata.

Non potresti trovare uno sfondo neutro che non affatichi la vista?

ci penserò su, anche se l'oscurità fa naturalmente parte del "concept" del blog (che poi è semplicemente un clichè: l'apocalittica non è affatto una così "oscura", "pessimista" e..."apocalittica" come si pensa! L'apocalittica è speranza, utopia, visione di giustizia, anche sociale e politica bla bla bla)

per il momento puoi ovviare all'inconveniente in questo modo: se vai in fondo in fondo in fondo al blog, trovi la scritta "Iscriviti al Post Atom", se clicchi, accedi ad una versione del blog con fondo bianco e scritte nere, leggibilissima, dove puoi consultare più comodamente tutti i post del blog (senza dover necessariamente fare la sottoscrizione ai feed).
 
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JohannesWeiss
view post Posted on 8/4/2008, 16:26     +1   -1




CITAZIONE (G. Tranfo @ 8/4/2008, 14:15)
non riesco proprio a capire perchè mai Roma avrebbe dovuto crocifiggere un "rivoluzionario" se davvero la "rivoluzione" proposta avesse avuto un ambito non sociale nè politico.

Sono (parzialmente) d'accordo. Si condannava alla morte di croce qualcuno perchè non era troppo rigoroso sulle regole di purità (ammesso che fosse veramete tale)? O perchè aveva una concezione un po' "liberale" del sabato? Lo si condanna perchè osava associarsi ai peccatori, assicurando a loro, piuttosto che ai pii, il regno di Dio? O forse lo si condannava perchè aveva osato rivendicare per sè stesso una autorità maggiore di quella di Mosè? Sì, in effetti quel "ma io vi dico" è bello tosto, e sarebbe andato di traverso a parecchia gente ... ma, comunque stessero le cose circa la "autocoscienza" di questo profeta galileo, non sembra che siano state le "antitesi" a portarlo di fronte a Pilato. E lo stesso dicasi riguardo il fatto che Gesù potesse assicurare il perdono dei peccati da parte di Dio indipendentemente dal sistema sacrificale del Tempio: anche il Battista sembrava non essere molto convinto dei consueti "meccanismi" di espiazione, operando quindi in modo indipendente (se non in opposizione) rispetto al Tempio. Forse che queste visioni alternative del Battista e di Gesù in merito alla questione del perdono dei peccati, costarono loro qualche antipatia? Probabile. Ma, in entrambi i casi, è dubbio che questo sia stato il fattore determinante per la loro fine cruenta.

Alla fine, non è veramente possibile rendere conto della morte di croce, se non si mettono in conto almeno un minimo di implicazioni politiche. Questo non significa che si debba per forza fare di Gesù uno zelota (alla Brandon) o un rivoluzionario politico pacifico (alla Horsley). Anche qui come praticamente ovunque, la soluzione sta nell'escatologia. L'annuncio dell'imminente venuta del regno di Dio è proprio quel genere di messaggio che non può non avere un effetto destabilizzante nei confronti del presente ordine politico. Anche se Gesù pensava che tale avvento si sarebbe verificato solo per "virtù divina", e non attraverso iniziative politiche o militari, il risultato non cambia: il sovvertimento dell'ordine presente è sempre chiaramente implicato.
Io (seguendo in sostanza Paula Fredriksen) penso che la morte di croce di Gesù si spieghi in base a ragioni sostanzialmente "fortuite". La "mia" argomentazione è questa:

1) Gesù e il suo movimento erano stati più volte a Gerusalemme (cronologia giovannea)
2) Pilato quindi probabilmente sapeva che essi costituivano un movimento pacifico (in caso contrario non avrebbe fatto fuori solo il leader, ma il movimento al completo, che invece potè rimanere relativamente indisturbato in Gerusalemme)
3) Purtroppo, a un certo punto, Gesù decise di fare le cose sbagliate, nel momento sbagliato, nel luogo sbagliato:
4) Si recò a Gerusalemme per la festa di Pasqua, convinto che era venuta l' "ora X" dell'arrivo del regno di Dio
5) Per questo fece un ingresso in città di tipo messianico. Egli si richiamava ad una profezia pacifica (vedi l'asino), coerentemente al suo messaggio. Ma a Gerusalemme non c'erano mica solo lui e i suoi discepoli: c'erano anche chissà quanti altri pellegrini giudei, che forse non conoscevano altrettanto bene la "pacificità" del Galileo, e che, sentendo parlare in modo non meglio specificato di Regno di Dio, poterono comprensibilmente "eccitarsi" alquanto.
6) Infine, ciliegina sulla torta: Gesù fece un gesto violento, simbolico ma comunque violento, nel Tempio, che potè turbare non poco l'aristocrazia sacerdotale, e, di conseguenza (siccome i sacerdoti potevano "governare" Gerusalemme solo a patto di mantenere l'ordine in città) mettere in allarme anche le orecchie romane.
7) Così, Pilato, quando si vide consegnare il pacifico profeta Galileo da parte delle autorità del Tempio (che di certo non gradivano per niente chiunque pronunciasse o facesse qualcosa contro il Tempio - vedi Gesù figlio di Anania - ma che probabilmente - preoccupati di non compromettere lo status quo - non amavano troppo nemmeno che a Pasqua circolassero paroline come "regno di Dio"), pur sapendo bene che egli era in sè stesso pacifico e innocuo, badò al sodo, preoccupandosi di dare una lezione "preventiva" a tutti quei pellegrini che già si stavano infervorando, sentendo parlare di un imminente arrivo del Regno di Dio.

In sintesi: Gesù annunciava una "teocrazia" che si sarebbe instaurata in modo miracoloso per iniziativa di Dio. Nella polveriera che era Gerusalemme per Pasqua i pellegrini “estranei a Gesù” non poterono cogliere la "sottigliezza" della sua posizione, iniziarono ad infervorarsi, e così Pilato – il quale, pur ritenendo Gesù innocuo, non era certo il tipo da farsi troppi scrupoli, allorchè lo "slogan" sbagliato, cominciava a circolare nel posto sbagliato e nel momento sbagliato – decise di risolvere preventivamente ogni questione.
La politica quindi c'entra, eccome, ma, alla fin fine, malgrado Gesù.


Edited by JohannesWeiss - 8/4/2008, 18:22
 
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G. Tranfo
view post Posted on 8/4/2008, 21:18     +1   -1




Per Gianluigi:
CITAZIONE
Perchè proprio "quaranta anni prima della distruzione del (secondo) tempio" (siamo dunque nel 30 d.C.) il Sinedrio fu trasferito a Chanut, diceva Yochanan ben Zakkai. E r. R. Isaac b. Abudimi diceva che oltre al fatto che non potevano più trattare i casi di kenas, i sinedriti non potevano più condannare a morte. Cfr. Sanhedrin 41a

.

Se non sbaglio anche Calimani riferisce tale aspetto (credo in Gesù Ebreo che non in questo momento non riesco a trovare). Ma se il sinedrio si trasferì e fu privato di parte del potere giudiziario precedentemente esercitato... come si spiegano i copiosi riferimenti neotestamentari dai quali si evince con chiarezza che era ben saldo in territorio gerosolimitano?
Il sinedrio, semmai, dal 4 a.c. al 62 d.c. è misterisamente latitante dalle opere di F. Giuseppe, ma questo, secondo il mio punto di vista, si spiega diversamente. Perdonami Gianluigi, tu conosci le mie idee e immagino tu sappia cosa sto per dire: "qualcuno" aveva interesse affinchè l'assolo degli evangelisti sulle note estatiche della buona novella non trovasse fastidiose dissonanze a mò di controcanto negli scritti dello storico ebreo. Ecco perche (secondo me) fu "fatto sparire non tanto da Gerusalemme... quanto piuttosto dagli scritti di Giuseppe.

Passo a JohannesWeiss.

Come avrai capito la mia visione è molto lontana dalla tua (senz'altro più che degna di considerazione in quanto ben documentata e fondata su un'architettura logica e su un evidente bagaglio di conoscenze).

CITAZIONE
Pilato quindi probabilmente sapeva che essi costituivano un movimento pacifico (in caso contrario non avrebbe fatto fuori solo il leader, ma il movimento al completo, che invece potè rimanere relativamente indisturbato in Gerusalemme)

Perchè allora, come riferito da Giovanni, mandò un'intera coorte di soldati (nelle provincie erano quigenarie: 500 unità) sul monte degli ulivi se doveva far arrestare un solo mite e pacifico orante? I fatti riferiti a mio avviso celano un vero e proprio scontro armato con arresto del leder e probabile fuga di buona parte dei restanti adepti.

CITAZIONE
Si recò a Gerusalemme per la festa di Pasqua, convinto che era venuta l' "ora X" dell'arrivo del regno di Dio

Il Regno di Dio (sono sicuro che lo sai bene) nell'originale accezione ha un significato ben diverso da quello riconosciuto all'espressione a seguito delle influenze ellenistiche di stampo universale. Sicuramente Gesù (o meglio la sua controfigura storica) si recò a Gerusalemme nella festa di Pasqua per fare quello che normalmente i ribelli (come riferito da F. Giuseppe) facevano... nelle feste di Pasqua: tentare di instaurare il "Regno di Dio" come lo intendevano loro...

CITAZIONE
Per questo fece un ingresso in città di tipo messianico. Egli si richiamava ad una profezia pacifica (vedi l'asino), coerentemente al suo messaggio

Anche Menahem che dopo trent'anni facendo lo stesso ingresso intese richiamarsi ad una "profezia pacifica"? Siamo sicuri del senso pacifico della profezia? Che dire, poi, di quest'altra di Zaccaria: “… poi il SIGNORE si farà avanti e combatterà contro quelle nazioni, come egli combatté tante volte nel giorno della battaglia.
in quel giorno i suoi piedi si poseranno sul monte degli Ulivi, che sta di fronte a Gerusalemme, a oriente, e il
monte degli Ulivi si spaccherà a metà, da oriente a occidente, tanto da formare una grande valle; metà del monte si ritirerà verso settentrione e l'altra metà verso il meridione
.” E' pacifica anche questa? Un messia che con il proprio seguito si fosse presentato in tale luogo, avrebbe guadagnato credibilità presso il popolo circa la propria divina investitura, ma un messia, in quel tempo e in quel luogo, poteva avere solo ed esclusivamente certe connotazioni decisamente lontane da quelle ascritte al messia cristiano. Sono le stesse caratteristiche che possono essere ravvisate nell'egiziano che, per onorare la medesima profezia, con il medesimo spirito si presento anni dopo nel medesimo luogo.

CITAZIONE
Infine, ciliegina sulla torta: Gesù fece un gesto violento, simbolico ma comunque violento, nel Tempio, che potè turbare non poco l'aristocrazia sacerdotale, e, di conseguenza (siccome i sacerdoti potevano "governare" Gerusalemme solo a patto di mantenere l'ordine in città) mettere in allarme anche le orecchie romane

Nel mio libro La Croce di Spine, a proposito dell'episodio da te citato ho scritto: "Un’azione del genere nel tempio aveva senso soltanto di fronte a fatti gravissimi come un tentativo di rovesciamento del potere: nel qual caso il sacro luogo poteva realmente trasformarsi in teatro di azioni violente e plateali tra opposti schieramenti
militarmente organizzati. Viceversa, l’azione isolata di un pacifista armato di una sferza di cordicelle intrecciate, sarebbe stata interrotta subito dal tempestivo intervento delle guardie del tempio e il popolo l’avrebbe giudicata con quel comune senso di umana pietà, misto a commiserazione, che, ad esempio, ancora oggi è normale nutrire nei confronti di un innocuo pazzo che tenti di porre in essere simili azioni folcloristiche nella basilica di San Pietro
..."

E' evidente l'intento degli evangelisti di banalizzare quella che fu una vera e propria "presa del tempio". Anche qui è utile riferirsi alle gesta di Menahem (che a mio avviso fu il fratello minore del personaggio ispiratore di Gesù di Nazareth) per rendersi conto del senso del gesto. L'ultimo figlio del Galileo, infatti, prese possesso del
tempio dove “ si era infatti recato a pregare in gran pompa, ornato della veste regia e avendo i suoi più fanatici seguaci come guardia del corpo (Guerra Giud. II, 444)”. Solo così si poteva "farla da padroni" nel cuore del potere religioso e giurisdizionale dell'intero mondo ebraico; solo portando a segno questo tipo di azioni si poteva esercitare di fatto una titolarità regale usurpata: prima Ezechia, poi Giuda, poi i suoi figli e infine Eleazar figlio di Giairo con il suo gesto disperato e plateale a Masada. Chi era Eleazar figlio di Giairo? Era un nipote di Giuda il Galileo ma era anche il Lazzaro resuscitato, il discepolo amato del quarto vangelo la cui identità stinge e svanisce nel testo Giovanneo in Lazzaro e in quello dei sinottici... nella figlia di Giairo, alla quale (o al quale) a poco è servito perdere il nome e indossare la gonnella: il patronimico e l'identica dinamica del miracolo svelano l'arcano.

Io, come ripeto pur stimando la tua preparazione, non riesco proprio a capire. La tua posizione poi è particolare perchè non neghi che il personaggio di Gesù e il suo messaggio possano aver indotto certe convinzioni nel popolo: ma perchè sforzarsi di addebitare tali convinzioni ad un malinteso? Non è più logico e normale pensare che Gesù (o comunque si chiamasse) pose in essere esattamente ciò che il popolo si aspettava da lui e che a "girare la frittata" fu proprio il perdente giudaismo messianico dell'attesa riciclatosi in cristianesimo universale dell'avvento?
Perchè incanalare una spiegazione in una serie di voli pindarici (la sottigliezza della posizione di Gesù, il momento sbagliato ecc.) quando una spiegazione basata su un normale e logico andamento dei fatti, delle parole, delle azioni porta ad evidenze così lampanti? Solo per far salva l'architettura neotestamentaria e la teologia cristiana?
Io un pò vi invidio perchè pur rendendovi conto di tutto questo (perchè sono sicuro che ve ne rendete conto) riuscite a mantenere la vostra fede. Io non ci sono riuscito ma comunque vi stimo.

Un caro saluto a tutti

Giancarlo

N.B. quanto sopra riportato è da intendersi soggetto a Copyright in quanto in parte tratto dall'opera La Croce di Spine- Gesù, la storia che non vi è ancora stata raccontata, Chinaski edizioni, 2008.
 
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Hard-Rain
view post Posted on 8/4/2008, 22:56     +1   -1




CITAZIONE
come si spiegano i copiosi riferimenti neotestamentari dai quali si evince con chiarezza che era ben saldo in territorio gerosolimitano?

Perchè non esisteva un solo Sinedrio. Quello trasferito a Chanut era il Grande Sinedrio di Gerusalemme, il parlamento principale che aveva la massima giurisdizione. Poi esistevano dei piccoli sinedri che trattavano i vari casi. Quello di Gesù non era il Grande Sinedrio, anche se i vangeli lo chiamano Sinedrio. Se tolsero il potere di legiferare o eseguire le condanne a morte al Grande Sinedrio, come dice uno stesso rabbi talmudico, evidentemente anche i Sinedri normali che dipendevano dal Grande Sinedrio subirono la stessa sorte. Epstein commenta Sanh. 41a dicendo che furono proprio i Romani a togliere il potere della condanna a morte in quell'anno. E' una vicenda che andrebbe indagata con molta attenzione perchè i trattati talmudici spiegano bene tante cose che i vangeli danno per scontato e noi oggi abbiamo perso la sensibilità a quei temi. Come dire: oggi se scrivi un romanzo o una storia che prevede una causa giudiziaria nel testo non riporti una appendice su come funziona un tribunale in Italia o estratti del codice civile-penale.

Giuseppe Flavio non racconta molte altre cose, diverse delle quali non hanno alcuna attinenza col cristianesimo. E' mai possibile che non citi mai persino una volta il nome di qualche maestro talmudico? Che non compaia mai una volta almeno il nome di Yochanan ben Zakkai? Giuseppe Flavio è affidabile nè più ne meno degli altri testi storici del tempo. Tacito quando redige gli Annales mi pare che ufficialmente non lo citi mai e non paghi nessun debito nei suoi confronti. Va bene che parla della storia di Roma ma occasionalmente ci parla anche della Palestina e dei provvedimenti di espulsione dei Giudei.
 
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JohannesWeiss
view post Posted on 9/4/2008, 03:40     +1   -1




MEGA-RISPOSTA A G. TRANFO :P

LA QUESTIONE DELLA "COORTE" ROMANA
E’ vero Giovanni (18,3) sostiene che ad arrestare Gesù si sia mossa un’intera coorte di soldati romani, insieme a guardie dei sommi sacerdoti e dei farisei. Non così invece secondo i sinottici, per i quali i romani interverranno solo in seguito, mentre l’arresto è una faccenda tutta ebraica. Dove si trova il ricordo più “storico”? In Giovanni, nei sinottici o in nessuno dei due? E’ difficile dirlo. Vorrei però notare che Giovanni va preso con le molle, tenendo sempre un occhio ai suoi possibili “interessi teologici”. E sicuramente ti sarai accorto che anche in questo racconto specifico gli interessi teologici non si fanno certo attendere: è credibile infatti che un’intera coorte romana retroceda impaurita e cada a terra, non appena Gesù conferma di essere colui che stanno cercando?
E un’altra cosa ancora: cosa mai ci stanno a fare le “guardie dei farisei” in questa scenetta? E’ noto come i farisei – a dispetto di tutta la radicale ostilità e i sistematici scontri con Gesù su cui gli evangelisti tanto insistono, riflettendo probabilmente le animosità che con essi avevano le comunità cristiane dopo il 70 – risaltino in tutti i racconti della passione per la loro totale assenza: le cose non stanno diversamente nemmeno in Giovanni, e infatti 18,3 e l’ultima volta in cui li si incontra, dopodiché lasciano completamente il palco ai sommi sacerdoti Anna e Caifa, ai capi dei sacerdoti e ai loro sottoposti. Ciò fa sorgere il sospetto che anche in 18,3 Giovanni ci abbia infilato qualche cosa di suo: i subalterni dei romani, dei sommi sacerdoti e dei farisei, tutti insieme allegramente, mi fanno pensare che siano una trovata teologica di Giovanni, che può così rappresentare l’ostilità congiunta del mondo intero contro Gesù, la totalità delle forze negative di “questo mondo” unita nell’espellere Gesù.

UN' OBIEZIONE RADICALE AL "GESU' RIVOLUZIONARIO POLITICO"
Ma a questo punto, piuttosto che giocarci tutto puntando sulla discussione in merito all’attendibilità di Gv 18,3 , preferirei rispondere alla tua obiezione con un’altra obiezione.
Se veramente Pilato fosse stato al corrente che il movimento di Gesù intendeva stabilire il regno di Dio tramite una vera e propria sollevazione popolare, come è possibile che si sia limitato a decapitare la “testa” del movimento, infischiandosene invece di tutti gli altri, che poterono infatti rimanere indisturbati a Gerusalemme? Quando Roma sentiva l’odore di movimenti messianici e di liberazione che ribollivano, non ci andava di solito per il sottile: le truppe spedite contro Teuda, fecero fuori anche molti dei suoi seguaci, le cui teste furono portate indietro a Gerusalemme; e un destino simile toccò ai seguaci dell’Egiziano, macellati dalla fanteria pesante. Dagli Atti apprendiamo invece che i discepoli di Gesù poterono rimanere relativamente indisturbati a Gerusalemme, frequentando apertamente e tranquillamente il tempio, e se proprio ebbero qualche magagna, furono sempre i soliti sacerdoti, sadducei e soldati del tempio a causarle. Io credo che questa sia un’obiezione radicale alla tesi secondo cui il movimento di Gesù portasse avanti una causa rivoluzionaria: se così fosse stato, i discepoli avrebbero fatto compagnia al maestro sulla croce, o in quello stesso giorno o in quelli successivi.

SULLA "PACIFICITA'" DELL'INGRESSO IN GERUSALEMME
Non dubito che la profezia di Zaccaria potesse essere ripresa anche in modo nient’affatto pacifico, come tu dici nel caso di Menahem. Specifico inoltre che non mi sento nemmeno di insistere più di tanto sulla portata che questa “entrata” potè effettivamente avere per il successivo svolgimento dei fatti: diversi studiosi non attribuiscono alcuna storicità a quest’episodio, altri l’affermano ma ne ridimensionano le proporzioni. Insomma, è un episodio controverso.
Nel caso in cui sia realmente avvenuto (come io timidamente penso), ritengo perfettamente possibile che fosse un gesto che Gesù fece con intento sostanzialmente simbolico. Secondo Gerd Theissen “l’episodio implica un opposizione all’ingresso in città del prefetto in occasione di tutte le grandi feste celebrate nel tempio” (G. Theissen, “La dimensione politica dell’attività di Gesù” in W.Stegemann – B. Malina – G. Theissen, Il nuovo Gesù storico, Paideia, 2006).

G. THEISSEN E LA "POLITICA SIMBOLICA" DI GESU'
Penso che potrebbe esserti utile, o quantomeno interessarti, la lettura di questo saggio di Theissen (che è tra i più grandi ed insospettabili studiosi contemporanei, “papà” di tante letture del Gesù storico a forti tinte politico-sociali, da Horsley a Crossan).
La tesi di Theissen è che “Gesù e il suo movimento ebbero il sogno di un potere dal volto umano e si aspettavano che esso si avverasse per opera di Dio il quale impone il proprio dominio senza violenza, così come crescono le piante. Ma Gesù e i suoi seguaci non restano passivi, partecipano alla realizzazione del regno di Dio e lo fanno mediante la rinuncia dimostrativa alla violenza, mediante azioni politiche simboliche e mediante la loro partecipazione a una sovranità clemente: nella loro vita sono essi stessi piccoli “sovrani”. (…) Nell’attesa della signoria di Dio egli (Gesù) ha operato anche politicamente. (…) La sua azione politica tende a ridurre la violenza al minimo, conduce la battaglia per il potere con una politica simbolica che legittima e delegittima e vuole rendere anche coloro che non hanno potere soggetti di potere”.
Secondo Theissen Gesù si richiama ad un antico ideale di sovrano clemente, facendone un modello per i suoi seguaci.
Egli illustra tale ideale attraverso tre punti: il comandamento di amare i nemici, l’esortazione a dominare servendo, la beatitudine degli operatori di pace. Il primo punto trova un analogia (oltre che in una massima attribuita al re spartano Aristone riportata da Plutarco: “Quanto è meglio, amico, fare sì del bene agli amici, ma trasformare i nemici in amici”, che egli avrebbe detto in risposta ad un tale che avrebbe lodato la massima del sovrano precedente, per cui il re deve fare del bene agli amici ma del male ai nemici) nella Lettera di Aristea, dove si trovano varie sentenze sulla necessità di un’autolimitazione del potere del re e sulla sua clemenza verso i nemici.
Secondo Theissen, “la tradizione di Gesù riprende simili tradizioni applicandole a uomini semplici: uomini semplici, privi di potere politico, dovrebbero comportarsi come sovrani che con la generosità ottengono più di quanto potrebbero perdere. Anche l’uomo della strada deve praticare l’amore per il nemico: la clementia Caesaris. E anche questi uomini semplici diventeranno in questo modo “figli di Dio”, avranno cioè lo stesso titolo dei sovrani dell’antichità”.
Si tratta quindi di una sorta di politica della nonviolenza dimostrativa.
La stessa che emerge dal dialogo di Gesù con i figli di Zebedeo:
Sapete che coloro che sono ritenuti principi tengono i loro popoli sottomessi e coloro che hanno il potere usano la loro violenza. Ma tra di voi non è così, bensì quello di voi che vuol essere grande dovrà essere vostro servitore; e quello di voi che vuole essere il primo, dovrà farsi schiavo di tutti”.
Secondo Theissen anche qui Gesù riprende una tradizione presente nel mondo antico su di un sovrano magnanimo che concepisce il proprio potere in modo opposto e alternativo rispetto al “tiranno”, e cioè perfino come servizio e schiavitù.
Gesù immagina che quando Dio avrà instaurato la sua signoria, i suoi discepoli siederanno su dodici troni a giudicare e governare I’Israele restaurato (in quella che sarebbe una sorta di sovranità popolare rappresentativa); il modello di sovranità che essi sono chiamati a mettere in pratica è però quello delineato in Mc 10,42-44 , totalmente antitetico alle sovranità vigenti nell’ordine attuale, quella di Roma come quella di Erode.
Infine, sempre secondo Theissen, anche la beatitudine degli operatori di pace s’inquadra nell’ideale alternativo di una sovranità “clemente”. “Facitore di pace” era infatti un attributo ricorrente nei sovrani antichi (non ultimo Augusto).

IL JESUS SEMINAR: L' "IMPERO DI DIO" COME ALTERNATIVA RADICALE ALL'IDEA STESSA DI "IMPERO" (Brokerless Kingdom)
Anche secondo secondo gli autori che ruotano intorno al Jesus Seminar l’ “Impero di Dio” che Gesù proclama e realizza nell’esistenza itinerante insieme ai suoi seguaci, totalmente al di fuori del sistema clientelare romano, è un’alternativa radicale all’Impero di Roma e alla realized eschatology di Augusto.
Ma, ripeto, è un ALTERNATIVA RADICALE: ossia un ideale utopico totalmente alternativo rispetto ad ogni struttura di potere, un egualitarismo radicale, quello che Crossan chiama brokerless Kingdom. Ora, io non vorrei proprio diventare l’avvocato di Crossan e del Jesus Seminar! Però anche i loro lavori mi sembrano cogliere nel giusto almeno in questo aspetto per cui il Regno che Gesù annunciava era qualcosa di decisamente politico e sociale, ma in senso radicalmente alternativo rispetto a tutte le consuete sovranità, comprese quelle che avevano in mente i movimenti messianici tradizionali.
La differenza è che per Crossan & Co. tale “Impero” si realizza nel “qui ed ora” della vita egualitaria dei radicali/mendicanti itineranti, mentre per Theissen si tratta di un’utopia che non è realizzabile al di fuori di un intervento miracoloso e trasformativo da parte di Dio. E io, evidentemente, sto con Theissen.
Che poi, se ci pensi, la prospettiva "mia" e di Theissen (meno invece quella del Seminar) è più o meno la stessa di Mauro Pesce. Come ti sarai accorto anche Pesce sostiene a chiare lettere gli stessi elementi su cui insisto anch’io: a) un’escatologia imminente che dipende b) da un intervento soprannaturale di Dio, e non da strategie politico-militari, e che presenta nondimeno c) evidenti risvolti di tipo sociale.

Ci sarebbero altre cose a cui rispondere (ad es. il gesto nel tempio), ma penso che quanto detto sia più che sufficiente: le tue vedute (ho spulciato un po’ il tuo sito) mi sono abbastanza chiare, e penso che altrettanto lo siano le mie ai tuoi occhi. Io sono convinto che la predicazione di Gesù avesse forti implicazioni di ordine sociale e politico, ma, soppesando il complesso delle tradizioni evangeliche, mi sembra che non sia proprio possibile sostenere che egli intendesse instaurare il regno di Dio in modo rivoluzionario, attraverso una campagna di liberazione militare. E mi pare che in favore di tale conclusione (cioè: “politica sì, ma senza violenza”) propenda una considerevole varietà di studiosi, appartenenti alle aree più diverse, e non sospettabili di “interessi confessionali”: da Theissen (che, se proprio si vuole, è il più “teologico” di tutti) a Pesce, da Horsley a Crossan.

THEISSEN: IL MOVIMENTO DI GESU' COME RIFORMULAZIONE DEI PRECEDENTI MOVIMENTI DI LIBERAZIONE E RINNOVAMENTO, SULLA BASE DELL' ESPERIENZA DEI LORO FALLIMENTI
Io, evidentemente non condivido quella che si potrebbe chiamare (mutuando la thoroughgoing eschatology di Schweitzer, in cui mi riconosco io) la tua thoroughgoing revolutionary politics. Non credo cioè che nel giudaismo del secondo tempio ci fosse spazio solo per dei messianismi di tipo rivoluzionario, e non anche per delle linee alternative, che magari si formavano proprio in seguito ai ripetuti fallimenti dei messianismi tradizionali.
Sempre secondo Theissen il movimento di Gesù dev’essere inquadrato in un linea di sviluppo che procede proprio tenendo conto dei fallimenti degli altri movimenti di rinnovamento giudaici (ad es. Simone, Athronge, Giuda il Galileo, e il Battista stesso).
Già il movimento di rinnovamento del Battista “si distingueva da quelli precedenti perché non si rivolgeva contro i dominatori stranieri romani ma criticava il proprio popolo”, sia in direzione di Antipa, colpevole di essersi allontanato dalle tradizioni del suo popolo, sia in quella di tutto il popolo in generale, che doveva convertirsi e non confidare più sulla propria elezione.
Al posto della ribellione extrapunitiva contro gli stranieri, nel Battista fece la sua comparsa un’autoaccusa intrapunitiva degli ebrei”. In questa stessa linea si pone quindi il movimento di Gesù, il quale è appunto “una nuova formulazione della fede giudaica (o della sua rivitalizzazione) che ha imparato dai fallimenti dei precedenti movimenti di rinnovamento e di opposizione, oppure li ha corretti con più o meno numerosi tentativi per prova ed errore, là dove la realtà li confutava.
La speranza messianica viene modificata e riformulata (…) e il mistero della persona di Gesù viene privato delle aspettative tradizionali verso un Messia o un Figlio di Davide. L’anelare radical-teocratico (Sehnsucht) verso una collaborazione all’instaurazione della signoria esclusiva di Dio, viene trasformato in un radicalismo etico e in tal modo sottratto al conflitto con il potere politico
” (è una mia vacillante traduzione dall’originale tedesco del saggio “Jesus – Prophet einer millenaristischen Bewegung” in G. Theissen, Jesus als historische Gestalt).
Il movimento di Gesù, in sostanza, fa esperienza dei fallimenti dei movimenti di rinnovamento e di liberazione che lo precedono, e finisce così per elaborare una peculiare visione politica, che si potrebbe chiamare “politica simbolica” o “anti-politica”, che lo sottrae maggiormente al potere e alla presa dell’ Impero (o almeno, visto che la fine di Gesù è comunque sempre la stessa, avrebbe dovuto!).

AMMISSIONE DELLE MIE LIMITATISSIME CAPACITA'
Ecco, io la vedo così. Sono perfettamente cosciente che le mie opinioni si basano su una conoscenza solo di “seconda mano”: oltre a non conoscere una parola né di greco né di ebraico, non ho ancora nemmeno avuto la possibilità di leggermi Giuseppe Flavio, o, che so, la Mishnah. Il mio interesse per l’argomento non è più vecchio di uno-due anni, e, da autodidatta, ho ritenuto che il modo più sensato di procedere per farmi un idea sul problema del Gesù storico, fosse di leggere quante più opere possibili di tutti gli studiosi principali e di correnti differenti: Sanders, Vermes, Ehrman, Allison, Fredriksen, Luedemann, Meier, Theissen, Gnilka, Schlosser, Dunn, Horsley, Crossan, Borg, Barbaglio, Pesce, Jossa, e chi più ne ha più ne metta. Piano piano, spulcia qua, spulcia là, sto facendo confidenza con tutti, e ritengo che questo modo di procedere (conoscere tutti i maggiori orientamenti attuali della ricerca), per chi non ha tempo o capacità di farsi una competenza di “prima mano”, sia il meno peggio.
Mi rendo quindi perfettamente conto di non poter dialogare “da pari a pari” con te: ciò che posso offrirti è la visione che ho maturato riflettendo sul lavoro che altri hanno fatto. Se poi TUTTI questi altri sono completamente fuori strada, pazienza: vuol dire che sono fritto!

NO AI VOLI PINDARICI, O ALLE "AGENDE TEOLOGICHE" NASCOSTE
Non ritengo però meritato il giudizio secondo cui l’ “ipotesi” da me presentata (che poi è in buona parte quella di Paula Fredriksen, studiosa americana non passibile di sospetti confessionali, anzi, di accentuatissima sensibilità giudaica) costituirebbe un “volo pindarico” escogitato per salvaguardare l’architettura neotestamentaria e la teologia cristiana. Anzitutto, non credo che l’ipotesi di Fredriksen costituisca un “volo pindarico”, ritengo anzi che sia l’ipotesi che riesce a spiegare nel modo migliore il maggior numero di fatti (e ti rinvio quindi volentieri alla lettura diretta del suo volume principale: Jesus of Nazareth, King of the Jews).
Naturalmente è ovvio che QUALSIASI IPOTESI presenta necessariamente dei punti deboli, e, ogni studioso onesto dovrebbe ammettere (se non pubblicamente, almeno in cuor suo) i punti in cui la propria ipotesi esplicativa funziona un po’ farraginosamente, oppure funziona bene ma a patto di ignorare o di stravolgere tutta una serie di testimonianze contrarie. E’ evidente che, dal mio punto di vista – per quel po’ di bagaglio di conoscenze che mi sono fatto – la visione che mi proponi tu è tutt’altro che solida e inattaccabile …
Ma, al di là delle inevitabili divergenze d’opinione, vorrei almeno che non si pensasse che l’ipotesi esplicativa da me avvalorata sia tale solo in quanto funzionale ad una visione teologica. Anzitutto per il semplice fatto che tale posizione, o versioni analoghe, viene sostenuta da autori che non hanno alcun tipo di interesse teologico (ad es. Sanders, Fredriksen, Pesce).
In secondo luogo, perché se mi fossi scelto la ricostruzione storica che meglio avesse dato fondamento alle mie opinioni teologiche, mi sarei rivolto a ben altri lidi (e magari nemmeno avrei mai aperto un libro sull’argomento, visto che di spendere centinaia e centinaia di euro per leggere tutta la principale bibliografia recente non me l’ha comandato né il medico, né il confessore, né, tanto meno, il buon senso! :P ). In terzo luogo, perché non è cortese insinuare che le opinioni del proprio interlocutore siano funzionali ad un’ “agenda” di ordine diverso da quello della pura onestà storica: evidentemente potrei rivolgerti la stessa osservazione, insinuando che anche il tuo lavoro è fatto ad arte per destituire di ogni fondamento la fede cristiana (e immagino in effetti che questo sia un ritornello nient’affatto nuovo alle tue orecchie!).

P.S.: MA LA RICERCA STORICA E' POI VERAMENTE SUFFICIENTE PER PERDERE LA FEDE?
Detto questo, concludo con una piccola osservazione in merito a questa tua frase:
Io un pò vi invidio perchè pur rendendovi conto di tutto questo (perchè sono sicuro che ve ne rendete conto) riuscite a mantenere la vostra fede. Io non ci sono riuscito ma comunque vi stimo

Io, dopo un paio d’anni di immersione negli studi storici, ho cominciato in effetti a guardare in modo un po’ diverso certi aspetti della mia fede, riformulando varie cosette; ma devo dire che – onestamente – non mi sono reso ancora conto di “qualcosa” che, una volta scoperto, dovrebbe necessariamente mettere in scacco per sempre tale fede. Non posso dire ora come reagirei qualora un giorno me ne rendessi effettivamente conto: se cioè finirei per chiudere con la fede oppure con i libri di storia.
Ma forse un’alternativa così radicale non è nemmeno necessaria.
Io sono d’accordo con Pesce quando afferma che la ricerca storica è qualcosa di ben distinto dalla fede, e che non ha dirette implicazioni, né positive né negative, su di essa. In effetti ritengo che sia possibile continuare ad essere credente anche una volta che si sia giunti a conclusioni decisamente scettiche o negative circa l’attendibilità dei ritratti evangelici di Gesù. Si pensi soltanto a Bultmann! Storia e fede sono cose distinte, se uno riesce ad armonizzarle, tanto meglio; altrimenti non è detto che debba per forza buttare l’una per tenere l’altra. Non c’è nessun tipo di risultato della ricerca storica su Gesù, anche il più scettico, che conduca automaticamente alla perdita della fede. Se lo fa, è perché sono intervenuti fattori di ordine differente, solitamente di tipo filosofico.

Grazie (e al tempo stesso SCUSA!) per la pazientissima lettura!

Edited by JohannesWeiss - 9/4/2008, 04:59
 
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G. Tranfo
view post Posted on 9/4/2008, 10:00     +1   -1




Caro JohannesWeiss, sei una persona garbata e cortese e non devi scusarti per la lunghezza del tuo scritto che, al di là della profonda diversità di vedute, è comunque un piacere leggere (così come lo sono i post di Gianluigi, di Frances e di molti altri).

Io cercherò di non discutere ciascuna tua asserzione, altrimenti monopolizzeremmo l'intera discussione. Mi limiterò, pertanto, ai soli aspetti di fronte ai quali proprio non riesco a tacere :lol:

CITAZIONE
LA QUESTIONE DELLA "COORTE" ROMANA
cosa mai ci stanno a fare le “guardie dei farisei” in questa scenetta?... omississ... i subalterni dei romani, dei sommi sacerdoti e dei farisei, tutti insieme allegramente, mi fanno pensare che siano una trovata teologica di Giovanni, che può così rappresentare l’ostilità congiunta del mondo intero contro Gesù, la totalità delle forze negative di “questo mondo” unita nell’espellere Gesù.

Innanzitutto una premessa per chi ci legge: quando tu parli di Gesù intendi riferirti a... Gesù di Nazarath, quando lo faccio io intendo invece riferirmi al figlio primogenito di Giuda il Galileo quale controfigura storica di Gesù di Nazareth (questo perchè parliamo di crocifissione, in quanto se stessimo parlando di molti altri aspetti biografici del "Salvatore del Mondo", il personaggio ispiratore sarebbe, a mio avviso, da individuare nel Gesù figlio Panthera attestato da una parte nelle fonti rabbiniche e dall'altra in Celso)
Veniamo all'argomento dell'arresto sul quale devo aver scritto già qualcosa tempo fa in un'altra discussione in questo forum. Andare ora a cercare quella discussione per fare un "copia e incolla" è più dispendioso che riformulare la mia posizione.

Innanzitutto la lotta messianico- insurrezionale condotta da Gesù, dai suoi fratelli (leggi apostoli) e dai suoi seguaci non trovò (ovviamente) soltanto l'opposizione delle autorità romane ma anche quella della casta sadducea, delle classi benestanti che appoggiavano la dinastia erodiana (benchè estranea al governo della Giudea declassata a provincia romana) e di ampi strati della popolazione benpensante di orientamento farisaico e tendenze conservatrici. Già questo spiega in parte l'inusuale alleanza.
Venendo al particolare dell'arresto, David Nardoni (studioso cristiano poco noto sia al grande pubblico che agli addetti ai lavori) nel suo "Sotto Ponzio Pilato" fornisce una ragionevole chiave di lettura di questa inedita cooperazione da te ritenuta una "trovata teologica" di Giovanni.
Gesù era un ebreo (anche se duemila anni di cristianesimo hanno cercato di far dimenticare questo "particolare") e se per arrestarlo si fossero mosse solo le truppe romane (che a rigore non avrebbero nemmeno potuto toccarlo senza offendere la sensibilità religiosa dei più ortodossi), quel sostegno popolare che aveva accompagnato l'ingresso a Gerusalemme e che all'ultimo momento era verosimilmente venuto meno (il tradimento di Giuda a mio avviso è la trasposizione simbolica di questo voltafaccia) avrebbe trovato nell'irriguardoso gesto un nuovo e valido motivo di rilancio.
I romani e i sacerdoti dovettero ben rendersi conto di questo ed organizzando una "forza comune" pensarono di evitare prudenzialmente l'insorgere di un inconveniente che avrebbe fatto trovare nuova determinazione a quel popolo disorentato e impaurito che soltanto qualche giorno prima aveva manifestato simpatia e sostegno al "liberatore" accolto trionfalmente.

CITAZIONE
Se veramente Pilato fosse stato al corrente che il movimento di Gesù intendeva stabilire il regno di Dio tramite una vera e propria sollevazione popolare, come è possibile che si sia limitato a decapitare la “testa” del movimento, infischiandosene invece di tutti gli altri, che poterono infatti rimanere indisturbati a Gerusalemme?

E cosa ti lascia supporre che fece questo? L'oscuro personaggio a noi noto col nome di Barabba non fu forse arrestato (secondo gli evangelisti) in occasione di una sommossa avvenuta in città? Non pensi che la sommossa sia la stessa? Chi sono i due "latrones" e cioè zeloti crocifissi accanto a Gesù? Non è normale pensare che fossero due suoi seguaci?
Se poi la mia analisi storica è corretta e i fatti avvennero nel 36 d.c., Pilato ebbe ben poco tempo per organizzare una repressione su vasta scala. Ci pensò infatti Vitellio a rimuoverlo dal suo incarico e (secondo me) non certo per il comportamento tenuto con i samaritani ma proprio per l'inettitudine dimostrata nel fronteggiare l'offensiva messianista.


CITAZIONE
Dagli Atti apprendiamo invece che i discepoli di Gesù poterono rimanere relativamente indisturbati a Gerusalemme

Qui sarebbe davvero troppo lungo rispondere esaustivamente, pertanto mi limito a dire che, secondo le mie (e non solo mie) ricostruzioni, i discepoli più stretti di Gesù furono i suoi 4 fratelli (presentati come tali anche da Matteo e Marco) le cui identità vennero opportunamente moltiplicate attraverso sdoppiamenti e differenziazioni di paternità e di maternità (quasi tutte "Marie") allo scopo di raggiungere il simbolico numero di dodici.

Tali quattro fratelli non ebbero certo vita facile successivamente ai fatti in oggetto: Teuda (Giuda Didimo Tommaso), nel cercare di replicare l'impresa del fratello e del padre, come da te ricordato fece una brutta fine...
Simone e Giacomo finirono in croce sotto Tiberio Alessandro (fonte F. Giuseppe) e se preferisci morirono di spada (fonte Atti degli Apostoli) per volontà di Agrippa (solo Giacomo perchè Simone fu "fatto evadere" da un angelo, altrimenti come avrebbe potuto volare a Roma armato di cazzuola e cemento per edificare la "Santa Chiesa"?). Il più piccolo di essi (Giuseppe che per me non è altri che Menahem) a quel tempo era ancora troppo giovane e forse per questo rimase vivo.
A mio avviso la cosiddetta "Chiesa di Gerusalemme" non è che una creazione letteraria del II secolo (come lo stesso Gesù di Nazareth), nata per dare la giusta soluzione di continuità tra il martirio del "Salvatore del Mondo" e la nascita di un fenomeno (il cristianesimo) del tutto sconosciuto nel I secolo.
CITAZIONE
un ideale utopico totalmente alternativo rispetto ad ogni struttura di potere, un egualitarismo radicale, quello che Crossan chiama brokerless Kingdom.

Io ho un grande rispetto per tutti coloro che hanno trascorso anni della loro vita a sviscerare, analizzare e cercare di cogliere, nella povertà testuale dei racconti neotestamentari, tutto ciò che è possibile per costruire al meglio l'immagine e tracciare il pensiero di Gesù.
Tuttavia certe idee, consentimi, sembrano nascere più dall'immaginario teologico di onirica ispirazione di chi le propugna che dall'osservazione disincantata delle (poche) evidenze testuali di provenienza "canonica" o "storica".

CITAZIONE
le tue vedute (ho spulciato un po’ il tuo sito) mi sono abbastanza chiare, e penso che altrettanto lo siano le mie ai tuoi occhi.

Si, infatti le ho comprese e ti rispetto (come ho visto che tu, da persona intelligente, fai con me).
La ricerca pubblicata nel mio sito, come avrai letto nella home page, benchè scaturita da lunghi anni di studio e da un travaglio interiore non indifferente, è da me stesso considerata "superata" in quanto ancora vincolata agli "ancoraggi indotti dalla mia precedente cristianità" che ora ho definitivamente superato nel mio libro La Croce di Spine in uscita tra una ventina di giorni.

CITAZIONE
in favore di tale conclusione (cioè: “politica sì, ma senza violenza”) propenda una considerevole varietà di studiosi, appartenenti alle aree più diverse, e non sospettabili di “interessi confessionali”: da Theissen (che, se proprio si vuole, è il più “teologico” di tutti) a Pesce, da Horsley a Crossan.

Preferisco non dire in questa sede cosa penso di Pesce se non che proprio non è il mio tipo :lol:
Nel mio sito è presente uan recensione alla sua lunga intervista con Augias raccolta nel libro "Inchiesta su Gesù": http://www.yeshua.it/recensionilibri.htm


CITAZIONE
Non credo cioè che nel giudaismo del secondo tempio ci fosse spazio solo per dei messianismi di tipo rivoluzionario, e non anche per delle linee alternative, che magari si formavano proprio in seguito ai ripetuti fallimenti dei messianismi tradizionali.

E' questo il nostro punto di maggior distanza. A mio avviso il messianismo poteva essere politico o sacerdotale ma seguiva comunque un modello ben preciso che non ammetteva varianti (il popolo, convinto della propria predestinazione veterotestamentaria al governo del mondo, non avrebbe mai potuto comprendere il senso di un messianismo alternativo che sarebbe stato interpretato come tradimento o disattenzione alla "divina chiamata alle armi")


CITAZIONE
Il movimento di Gesù, in sostanza, fa esperienza dei fallimenti dei movimenti di rinnovamento e di liberazione che lo precedono, e finisce così per elaborare una peculiare visione politica, che si potrebbe chiamare “politica simbolica” o “anti-politica”, che lo sottrae maggiormente al potere e alla presa dell’ Impero

Se tu (e gli autori ai quali ti riferisci) avessi ragione ci sarebbe da pensare che "la moda" non ha avuto un gran seguito, visto che con i tentativi successivi si è ritornati al modello insurezionale...

CITAZIONE
oltre a non conoscere una parola né di greco né di ebraico

Nemmeno io...

CITAZIONE
non ho ancora nemmeno avuto la possibilità di leggermi Giuseppe Flavio

Capisco che può essere noioso ma questo lo dovresti proprio fare. Anch'io leggo molti testi critici più o meno moderni, ma se non mi fossi addentrato nelle antiche fonti (Giuseppe Flavio, Tacito, Svetonio e altri benchè non legati al microcosmo ebraico del secondo tempio) non avrei avuto l'esatta "misura della storia" nella quale "calare" il personaggio di Gesù.

CITAZIONE
Mi rendo quindi perfettamente conto di non poter dialogare “da pari a pari” con te:

No, scusa, questa (lasciamelo dire) è proprio una stupidaggine! Tu hai tutte le carte in regola per dialogare con me e sicuramente hai conoscenze più approfondite delle mie su molti aspetti dell'"atomo Cristo". Siamo solo diversi ma il bello è proprio questo ^_^

CITAZIONE
Non ritengo però meritato il giudizio secondo cui l’ “ipotesi” da me presentata (che poi è in buona parte quella di Paula Fredriksen, studiosa americana non passibile di sospetti confessionali, anzi, di accentuatissima sensibilità giudaica) costituirebbe un “volo pindarico” escogitato per salvaguardare l’architettura neotestamentaria e la teologia cristiana.

Non devi prenderla come un'accusa di disonestà intellettuale: non mi permetterei mai!
Personalmente sono convinto che certe "resistenze" alle quali io stesso, come accennato sopra, non sono stato immune, nelle persone più preparate non derivino da una scelta apologetica scientemente abbracciata quanto piuttosto da una naturale ed inconscia difesa del proprio essere.
Siamo nati e cresciuti sotto l'egida della croce e prima di sconvolgere la nostra esistenza ripensando a quel volto rassicurante con gli occhi al cielo poggiato sul comodino di mamma come ad un antenato di Che Guevara, ci faremmo passare sopra da un tir!
Ecco il senso della "difesa dell'architettura neotestamentaria". Come potrei disprezzare tale atteggiamento?
Se avessi voluto "rimanere integro", anch'io avrei trovato mille argomentazioni e conferme nel gigantesco planetario del dibattito storico sulla figura di Cristo.
Tuttavia mi sono arreso di fronte a quelle che per me erano "evidenze lampanti". Sono stato più debole o più forte di te? Difficile dirlo. Certo non posso permettermi di darti del disonesto, casomai del devoto :rolleyes: !

CITAZIONE
evidentemente potrei rivolgerti la stessa osservazione, insinuando che anche il tuo lavoro è fatto ad arte per destituire di ogni fondamento la fede cristiana (e immagino in effetti che questo sia un ritornello nient’affatto nuovo alle tue orecchie!).

Si infatti non lo è (la posta del mio sito è piena di missive recanti quest'ordine di accuse). Io però (credimi) non provo alcun piacere a "destituire di ogni fondamento la fede cristiana", in quanto per primo ho sofferto terribilmente nel perderla...

CITAZIONE
devo dire che – onestamente – non mi sono reso ancora conto di “qualcosa” che, una volta scoperto, dovrebbe necessariamente mettere in scacco per sempre tale fede.

hai visto poco tu o troppo io?

CITAZIONE
Non posso dire ora come reagirei qualora un giorno me ne rendessi effettivamente conto: se cioè finirei per chiudere con la fede oppure con i libri di storia.
Ma forse un’alternativa così radicale non è nemmeno necessaria.

Qui non ti condivido. La storia e i Vangeli, se raggiungi la mia visione (comune a molti) si escludono a vicenda: se scegli la storia non puoi che guardare ai vangeli con estrema diffidenza, se scegli la fede (ripeto, dopo aver raggiunto la mia visione) devi dimenticare la storia...

CITAZIONE
Io sono d’accordo con Pesce quando afferma che la ricerca storica è qualcosa di ben distinto dalla fede, e che non ha dirette implicazioni, né positive né negative, su di essa.

Questa sua idea (che considero delirante) lo porta ad affermazioni allucinanti anche sulla verginità di Maria : ": “Questo è il senso del testo; leggerlo come se fosse una documentazione storica e chiedergli di seguire una logica non è lecito
Sono gli studiosi come Pesce e queste adesioni all'illogocità che fanno diventare la gente atea!!!

CITAZIONE
Non c’è nessun tipo di risultato della ricerca storica su Gesù, anche il più scettico, che conduca automaticamente alla perdita della fede. Se lo fa, è perché sono intervenuti fattori di ordine differente, solitamente di tipo filosofico.

Non posso proprio condiverti. Nel mio piccolo non ho abbracciato nessuna "filosofia" ma ho solo raschiato con le unghie nella storia dove non ho trovato nessun Gesù di Nazareth (come avrei voluto) ma soltanto l'evidente sforzo (non del tutto onesto) dei suoi remoti "progettisti" di crearne un'immagine storicamente attendibile coerente (obiettivo raggiunto nei confronti di milioni di persone che nei secoli non hanno potuto o voluto indagare la storia).

Grazie a te e scusa per la lunghezza e per non aver ben specificato il senso delle mie precedenti affermazioni.

Giancarlo Tranfo
 
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Hannah1
view post Posted on 9/4/2008, 10:41     +1   -1




Fede e storia. Pare sia impossibile farle andare d'accordo. Caro Giancarlo, ho letto della tua storia e di come tu stesso abbia lottato per destiuire di fondamento la vicenda di Yeshua dalle tue precedenti convinzioni cristiane. Ora lasciando stare l'immagine sul comodino di mamma che, secondo me è ormai veramente ingiallita, hai mai cercato Yeshua nello spirituale, al di là di denominazioni e di chiese?
Io sono una persona estremamente razionale, ho studiato e studio ancora, nonostante l'età (42 anni), sono iscritta ad un dottorato di ricerca in economia aziendale, lavoro, ho marito, ho un figlio. Tutto nella norma o quasi, perchè sono ostile a qualunque tentativo di inscatolamento sociale, lavorativo, religioso.
Le esperienze, ovviamente sono soggettive e non si può pretendere di trasmetterle agli altri, specie se riguardano una dimensione diversa da quella solita. E nelle mie ci sono capitate persone molto diverse e apparentemente lontane tra loro per provenienza e per storia, quali possono essere Yeshua e Freddy Mercury, ma ci sono state esperienze relative ad entrambi e, sicuramente, lontane dalle immaginette, non posso negarlo e che sono state un sorpresa, per usare un termine eufemistico. Non faccio uso di droghe, che potrebbe essere una spiegazione e ancora non mi hanno dato per matta. Contrariamente a molti non ho tracce della Madonna, nemmeno della cantante perchè viva, né spiegazioni del perché mi siano successe certe cose. Anzi se qualcuno sapesse darmi un'interpretazione alternativa, la vaglierei senz'altro.
Un saluto
 
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38 replies since 16/10/2007, 08:42   1607 views
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