Studi sul Cristianesimo Primitivo

Un buco storico, per E. Salsi

« Older   Newer »
  Share  
Saulnier
view post Posted on 30/9/2009, 21:48     +1   -1




Come detto in altro topic l’opera di Tacito ci è stata trasmessa (parzialmente) grazie a due manoscritti complementari : il Mediceus Prior e il Mediceus Secundus che hanno fatto da archetipi unici per tutti gli altri.
Significa che tutti i manoscritti di Tacito in nostro possesso derivano da un manoscritto unico già abbondantemente rimaneggiato e risalente al IX secolo (nel caso del Mediceus Prior). Alla luce di questa evidenza, parlare di lezioni differenti in diverse tradizioni testuali ha poco significato.

Quando è stata praticata la lacuna in Tacito?

Alla fine del III secolo l’opera di Tacito era ancora completa, quando salì al potere Tacito Augusto (275 A.D.) egli si diceva un parente dell’illustre storico e per evitare la perdita delle sue opere ordinò di effettuarne ogni anno dieci copie e di depositarle nelle biblioteche.

(Scriptores Historiae Augustae, Flavius Vopiscus, Tacito X)

Cornelium Tacitum, scriptorem historiae Augustae, quod parentem suum eundem diceret, in omnibus bibliothecis conlocari iussit; ne lectorum incuria deperiret, librum per annos singulos decies scribi publicitus in evicosarchis iussit et in bibliothecis poni.

Gerolamo (IV secolo) nel Commentario su Zaccaria (III, 14) ci dice che Tacito aveva riportato in trenta libri la vita dei Cesari dalla morte di Augusto fino a Domiziano (morto nel 96 A.D.).
Sembra logico dunque supporre che ancora al IV secolo i manoscritti di Tacito fossero completi.
La mano che ha praticato la cesura nel manoscritto archetipo ha dunque operato in un monastero tra il IV e il IX secolo (datazione Mediceus Prior).

Per quali motivi gli Annales sono stati tagliati in quel punto?
I padri della Chiesa fissavano nel 29 A.D. la crocifissione di Cristo (sotto il consolato dei due Gemini) come testimoniano tra gli altri Origene (Contra Celsum, IV, 22) Lattanzio (De mortibus persecutorum) ed Agostino (De civitate dei, XVIII, 54).

Extremis temporibus Tiberii Caesaris, ut scriptum legimus, dominus noster Iesus Christus a Iudaeis cruciatus est post diem decimum Kalendas Apriles duobus Geminis consulibus.

Nel 29 A.D. abbiamo visto iniziare la lacuna in Tacito e Velleius Paterculus.
Appare interessante allora analizzare quanto secondo Tertulliano (II-III secolo) sarebbe avvenuto a Roma dopo la morte del Cristo, in Apologeticum, V, II ci dice:

Tiberius ergo, cuius tempore nomen Christianum in saeculum introivit, adnuntiata sibi ex Syria Palaestina, quae illic veritatem ipsius divinitatis revelaverant, detulit ad senatum cum praerogativa suffragii sui. Senatus, quia non ipse probaverat, respuit, Caesar in sententia mansit, comminatus periculum accusatoribus Christianorum.

Tiberio, sotto il cui regno il nome cristiano ha fatto la sua entrata nel secolo, sottopose al senato i fatti di Siria e Palestina che gli erano stati comunicati, fatti che avevano in quei luoghi rivelato la divinità del Cristo ed egli manifestò il suo parere favorevole. Il senato avendo lui stesso verificato questi fatti votò contro. Cesare persistette nel suo proposito e minacciò gli accusatori dei Cristiani

Secondo Tertulliano dunque (ripreso anche da Oroso, Eusebio e Gerolamo) in quel periodo si sarebbe discusso in senato sulla possibilità per i Romani di accettare tra gli dei il Cristo.
La questione viene ripresa e sviluppata con dettagli anche dall’interpolatore della Storia della Città di Vienna sotto i dodici Cesari di Trebonius Rufinus (citato da Plinio in una delle sue lettere)
L’opera tradotta dal latino (secondo un unico manoscritto mutilato e non pervenuto) in francese da Mermet è on line qui:

http://books.google.it/books?id=h1APAAAAQA...page&q=&f=false

vi possiamo leggere (Libro VI, 7)

“Inoltre si dice che Tiberio propose al senato di ammettere il Cristo al rango degli dei, ma, l’affare essendo stato esaminato con cura, si rimase convinti che sarebbe stato pericoloso ammettere un culto la cui base era una uguaglianza assoluta tra gli uomini. D’altronde pareva sconveniente deificare un individuo punito con il supplizio degli schiavi, con il consenso di un procuratore romano”

Il copista che ha operato il taglio negli Annales, non ha avuto la sfacciataggine di inserire una tale baggianata nell’opera dello storico romano, tuttavia ha avuto cura, tra una lacuna ed un'altra, di lasciare una frase sibillina

[lacuna] Quattuor et quadraginta orationes super ea re habitae, ex quis ob metum paucae, plures adsuetudine [lacuna]

[lacuna] Furono pronunciati ben quarantaquattro discorsi sull'argomento, di cui pochi dettati da serie preoccupazioni e i più dall'abitudine all'adulazione [lacuna]

La frase, con ogni probabilità appartenente al Tacito originale, così estrapolata dal suo contesto poteva lasciare credere che i discorsi in questione, riguardassero proprio la faccenda discussa al senato concernente la divinità del Cristo, dando credito in questo modo alla ridicola storia di Tertulliano.

Tuttavia io non credo che Tertulliano abbia inventato di sana pianta tutta la faccenda.
Molto probabile che il fatto storico, sul quale è stata ricamata questa menzogna cristiana, fu un rapporto di Pilato a Tiberio riguardante gli avvenimenti di Palestina e gli exploit del cristo zelota. Rapporto a cui fece seguito un dibattimento in senato, con Seiano (il cui antisemitismo è di matrice cristiano-zelota) come protagonista. Tacito e Paterculus ne parlavano ma la solerzia dei copisti ci ha sottratto due anni di Storia.
Le lacune di Tacito e Velleius Paterculus ci hanno privato di resoconti che avrebbero potuto gettare un po’ di luce sulle oscure origini del cristianesimo, nondimeno io penso che bisogna andare avanti perché chi falsifica inevitabilmente lascia tracce. Naturalmente non sempre è possibile tentare una attendibile ricostruzione storica (non in questo caso almeno), ma è un po’ come lavorare ad un grande puzzle in cui tutti i pezzi finiscono per incastrarsi alla perfezione (ne mancherà forse qualcuno alla fine ma l’importante è che l’immagine sotto riesca a distinguersi con sufficiente chiarezza)

Saulnier
 
Top
Cenobita
view post Posted on 21/11/2009, 14:51     +1   -1




Gent.mo Hard.Rain, non v'è dubbio che tanto si è operso perché i supporti organici degli scritti si sono deteriorati, corrosi, dimenticati e persi, ma è altrettanto vero che molto è stato volutamente stralciato dai testi e quindi occultato ai successivi copisti. Credo che questa sia una prova inoppugnabile:

"In quanto a Marco, dunque, durante il soggiorno di Pietro a Roma, scrisse una cronaca dei fatti del Signore, non già, tuttavia, narrandoli tutti, e neppure accennando a quelli segreti, bensì scegliendo quelli che giudicava più utili per accrescere la fede di coloro che venivano istruiti. Ma quando Pietro morì martire, Marco venne ad Alessandria, portando i suoi scritti e quelli di Pietro e da essi trasferì nel suo libro preesistente le cose adatte a favorire il progresso verso la conoscenza [gnosis]. Egli perciò compose un vangelo più spirituale a uso di coloro che venivano perfezionati.
Tuttavia non divulgò le cose che non dovevano essere dette, né mise per iscritto gli insegnamenti ierofantici [= sacerdotali] del Signore; ma alle storie già scritte altre ne aggiunse e inoltre introdusse certi detti dei quali, come mistagogo [ = iniziato ai misteri] sapeva che l'interpretazione avrebbe guidato gli ascoltatori all'intimo santuario della verità celata dai sette veli. Così, insomma, egli preordinò le cose, né malvolentieri né incautamente, secondo il mio giudizio, e morendo lasciò la sua composizione alla chiesa di Alessandria, dove è tuttora scrupolosamente custodita, e viene letta soltanto a coloro che vengono iniziati ai grandi misteri."

Nel 1958 a Mar Saba, un monastero nei pressi di Gerusalemme, il professor Morton Smith della Columbia University scoprì un documento antico. Conteneva una lettera di Clemente di Alessandria, uno dei padri della Chiesa, autore tra l'altro, degli Stromata, citate in altre parti di questo sito [il mio sito, www.gio-moro.it ove è riportato il testo completo della lettera alla pagina www.gio-moro.it/OCFa.html]. Clemente avrebbe ricevuto le rimostranze di un allievo, un certo Teodoro, il quale annunciava la sua disputa con la setta eretica dei seguaci di Carpocrate. Quella citato è appunto parte del rescritto di Clemente (Atene 150 ca. - morto nel 212 ca. in una città della Cappadocia, scrittore ecclesiastico, Padre della Chiesa).
A mio avviso, infatti, sarebbe assai più utile alla verità storica poter conoscere non tanto quello che è scritto nei testi a noi pervenuti - passibile di indagine a 360° - ma quello che non è stato scritto: purtroppo non v'è molto da illuderci su questo, ma qualche colpo di fortuna potrebbe ancora verificarsi. Cari saluti dal Cenobita
 
Top
Hard-Rain
view post Posted on 13/12/2009, 16:54     +1   -1




Sì, carissimo signor Cenobita, mi accorgo solo ora di questo suo intervento. Lei cita l'epistola di Clemente di Alessandria, però omette di considerare che viene considerata un falso da moltissimi studiosi, soprattutto nei tempi più recenti. Anche qualora fosse autentica, bisognerebbe poi porsi attentamente il problema del grado di conoscenze e di attendibilità che caratterizza il medesimo Clemente di Alessandria. Mi preme ricordare che Clemente di Alessandria è colui che riteneva che testi quali la “predicazione di Pietro” o l’epistola di Paolo agli Ebrei furono realmente composti risp. da Pietro e Paolo (Eusebio di Cesarea, Hist. Eccl., 6, 14, 2, quando già nei tempi antichi si aveva la percezione che quel documento fosse pseudoepigrafo, cfr. Hist. Eccl. 3, 3,5), così non si può escludere che anche nel caso di questo vangelo “segreto” di Marco egli abbia recepito tradizioni scarsamente attendibili sul piano storico. Del resto non abbiamo alcuna altra informazione sul vangelo “segreto” di Marco se non da questa lettera attribuita a Clemente di Alessandria. Allora occorre una analisi serrata almeno del frammento marciano citato all'interno dell'epistola di Clemente. Ho tentato di produrre una analisi, anche confrontandomi con le osservazioni di chi fin dagli anni '70 si è cimentato a studiare quel documento, alcune annotazioni che di volta in volta quando ho tempo aggiorno si possono trovare nel seguente documento PDF (coperto da copyright totale): https://digilander.libero.it/Hard_Rain/Secret_Mark.pdf La mia personale opinione è che il testo citato da Clemente e attribuito all'autore del vangelo di Marco sia un pastiche di frasi copiate qui e li nel resto del vangelo, una tecnica posta in essere per confondere il lettore e far credere che Marco stesso avesse composto quel documento. La coincidenza di alcuni nessi piuttosto lunghi con altri presenti nel vangelo, la piattezza lessicale del racconto (statisticamente la pericope con il minor numero di sostantivi e verbi non altrove utilizzati) denuncia la volontà di copiare da altre parti del vangelo per produrre un racconto artificalmente fedele allo stile di Marco. Al fine di non subire l'influenza dell'altrui pensiero, inizialmente mi misi a studiare il testo senza leggere le opinioni degli studiosi. Alla fine del mio lavoro ho potuto constatare come diversi studiosi pervenivano sostanzialmente a queste stesse conclusioni.
 
Top
Cenobita
view post Posted on 15/12/2009, 14:36     +1   -1




"dubito ergo sum..." legittimo. Morton Smith aveva titoli prestigiosi, perchè dubitare della sua onestà storica più che di quella di Ireneo o Clemente? Papia di Ierapoli non aveva grande stima della veridicità dei vangeli di Marco e Matteo: dobbiamo dubitare quindi di lui (Eusebio permettendo...) o di Marco e Matteo? Niente di nuovo, dai mille contestatori finiti abbrustoliti fino all'"Apologia di coloro che adorano Dio secondo ragione", da Voltaire a Marx, "Illa de Christi fabula" - cito, non sostengo - ha generato infiniti dubbi e quesite. Dubbi e questi che mi perseguitano fin dai lontani tempi dei miei cattolicissimi studi, essendo stato, evidentemente, toccato maldestramente dalla divina Grazia. Saluti dal Cenobita (che signore non è e non lo è mai stato)
 
Top
view post Posted on 15/12/2009, 15:51     +1   -1
Avatar

Celebrità

Group:
Administrator
Posts:
2,341
Reputation:
+49

Status:


Nulla da eccepire sui titoli di Morton Smith, né sui suoi lavori. Tuttavia, ogni proposta deve passare al vaglio della scienza. Se Smith non ha potuto produrre sufficienti evidenze per suffragare le proprie conclusioni, allora nisba.
Per di più non è necessariamente vera l'associazione, in linea di principio, grande studioso = persona onesta. E' naturale che se un grande studioso si comporta in maniera disonesta ne paga anche inevitabili conseguenze professionali.

Ciao, Talità
 
Web  Top
pcerini
view post Posted on 15/12/2009, 18:33     +1   -1




vi consiglio di dare un'occhiata a questo articolo ---> http://zetesiss.altervista.org/?p=130
 
Top
view post Posted on 16/12/2009, 09:34     +1   -1
Avatar

Bibliothecarius Arcanus

Group:
Moderatore
Posts:
759
Reputation:
+6
Location:
Bibliotheca Sancti Petri

Status:


Tuttavia, mi domando nella mia ignoranza dell'epistolografia antica, l'informalità, ovvero la mancanza di uno schema (formale) condiviso non rende contraddittoria la pretesa che tale mancanza di schema provi qualcosa? O anche, se qualcosa (epistola) manca di schema formale è ovvio che fa parte dell'insieme "cose (epistole) mancanti di uno schema formale" ma questo non ci dice nulla sulla relazione tra le mancanze di schema, ovvero una mancanza di schema formale è più facile si formi casualmente piuttosto che un'adesione a tale schema formale, nel senso che per non avere tale adesione si può anche procedere a caso e per ignoranza, mentre l'adesione presuppone e pretende la conoscenza del modello formale.
Chiedo lumi a chi ne sa più di me :1160.gif:
 
Top
Hard-Rain
view post Posted on 16/12/2009, 09:46     +1   -1




QUOTE
"dubito ergo sum..." legittimo. Morton Smith aveva titoli prestigiosi, perchè dubitare della sua onestà storica più che di quella di Ireneo o Clemente? Papia di Ierapoli non aveva grande stima della veridicità dei vangeli di Marco e Matteo: dobbiamo dubitare quindi di lui (Eusebio permettendo...) o di Marco e Matteo? Niente di nuovo, dai mille contestatori finiti abbrustoliti fino all'"Apologia di coloro che adorano Dio secondo ragione", da Voltaire a Marx, "Illa de Christi fabula" - cito, non sostengo - ha generato infiniti dubbi e quesite. Dubbi e questi che mi perseguitano fin dai lontani tempi dei miei cattolicissimi studi, essendo stato, evidentemente, toccato maldestramente dalla divina Grazia. Saluti dal Cenobita (che signore non è e non lo è mai stato)

L'onestà intellettuale di Morton Smith o persino quella di un Clemente di Alessandria convinto dell'autenticità dell'epistola agli Ebrei o della predicazione di Pietro, potrebbe non essere in discussione, nonostante alcuni libri (credo almeno un paio) abbiano gettato fango sul primo che era e rimane un grandissimo studioso, con competenze di altissimo livello. Ciò premesso, l'impressione che il testo del vangelo di Marco che viene citato all'interno di quella epistola sia una scopiazzatura da frasi ed espressioni contenute nel resto del vangelo di Marco autentico a mio avviso rimane molto forte: ciò non significa che quelle porzioni di vangelo siano state redatte ad arte da Morton Smith o da Clemente di Alessandria. Anche perchè in questa sede mi pare di capire che a noi interessi maggiormente sapere se quelle piccole porzioni di testo appartengono a un eventuale vangelo di Marco che conteneva più materiale oppure no: se anche l'epistola è autentica, che garanzie abbiamo che Marco abbia effettivamente scritto quel testo e che non sia una falsificazione? Non parliamo poi dell'attribuibilità del gesto eclatante (= l'ennesimo morto fatto ritornare in vita da dentro un sepolcro, come Lazzaro) e di ciò che consegue, al Gesù storico.

Papia di Gerapoli non è che non avesse grande stima dei vangeli, io non trovo scritto da nessuna parte che egli avesse detto "Non ho fiducia del testo dei vangeli". Soltanto che riteneva che il poter parlare con coloro che avevano conosciuto direttamente gli apostoli costituisse una occasione unica e irripetibile nel tempo ma anche nello spazio: se una cosa è meglio rispetto ad un'altra, ciò non significa che l'altra sia sbagliata o erronea. Del resto, qualora potessimo avere una tale opportunità anche noi oggi, non sarebbe questo un'evento eccezionale e non saremmo lieti e desiderosi di intervistare chi direttamente conobbe gli apostoli e fu loro stretto collaboratore?

Edited by Hard-Rain - 16/12/2009, 11:38
 
Top
MsNifelheim
view post Posted on 19/12/2009, 14:13     +1   -1




Salve a tutti, mi chiamo Andrea e sono nuovo di questo forum.
Solo di recente ho potuto leggere qualcosa circa la teoria negazionista che viene sostenuta anche in questo forum, secondo cui il cristianesimo sarebbe sostanzialmente nato di sana pianta nel III secolo.
Oltre a tutti i dati storici da verificare, ovviamente la prima cosa che mi è venuta in mente sono stati gli scritti extra-cristiani che attestano la presenza du cristiani già prima del III secolo. A questa obiezione, a quanto ho potuto leggere, si risponde che in realtà questi riferimenti sarebbero delle interpolazioni cristiane successive, tali da poter consentire alla Chiesa di poter legittimare il suo potere temporale, al pari di qualunque altro assolutismo.
Ieri notte sono andato a letto meditando a lungo su questi argomenti, personalmente cerco di essere il più razionale possibile e di prendere in esame tutte le varie opzioni, per la soluzione di un problema.
Eppure c'era qualcosa che in cuor mio non quadrava, qualcosa che aveva a che fare con l'assolutismo della Chiesa.

Senza ulteriori giri di parole, vado al dunque.
La storia ci insegna che nei vari assolutismi, i dissidenti vengono messi a tacere. Così successe in Italia con Giacomo Matteotti, così successe nell'ex Unione Sovietica, e così via.
Ovviamente questo sarebbe parzialmente confermato dall'indice dei libri proibiti e dal presunto rogo di scritture eretiche.

Ma c'è ancora qualcosa che non quadra.

Effettivamente, la risposta negazionista è che le varie descrizioni del cristianesimo nascente siano interpolazioni cristiane.

Ma, nella storia, abbiamo un esempio di un assolutismo in cui per fare propaganda a se stesso, in qualche modo da fiato ai propri detrattori?
Sarebbe un po' come se il regime fascista avesse di propria intenzione fatto pubblicare dei libri in cui viene criticato Mussolini. E non ho notizia di avvenimenti del genere nel corso della storia. Ogni assolutismo ha fatto il proprio interesse, propagandando se stesso e senza mai sminuirsi. Sarebbe stato molto più logico aspettarsi che i vari Tacito e Luciano di Samosata fossero benevoli nei confronti del cristianesimo, ed elogiassero le meraviglie compiute da Gesù. E invece, in un'epoca in cui la Chiesa, che cerca in tutti i modi di legittimare il proprio potere,sceglie di remare contro se stessa. Che si tratti solo di lungimiranza, mentre aspetta che dal XIX al XXI venga messa in dubbio la figura storica di Gesù?

Un altro aspetto che trovo irrazionale nella teoria negazionista, è il fatto che nel III secolo si sarebbe scelto di datare la nascita del movimento quasi trecento anni prima. Il problema dei cospiratori sarebbe stato di correggere (in positivo, come hanno sempre dato prova i vari assolutismi) tutti i libri di storia scritti in quell'arco di tempo, in modo non solo da certificare, ma anche di elogiare le capacità divine del presunto personaggio immaginario. Un'impresa non da poco, sarebbe stato molto più semplice descrivere come un contemporaneo l'oggetto dell'invenzione, in modo tale da non dover ricorrere alla ricerca spasmodica di libri da modificare e interpolare e/o far sparire.
Per quanto riguarda le varie opere dei vari Celso ecc ecc che sono scomparse, vorrei far notare una cosa: il fatto stesso che ne parliamo dopo quasi 2000 anni può indicare che la censura, se anche fosse voluta, non era così pressante, altrimenti sarebbe scomparso qualsiasi riferimento storico e noi non staremmo qui a parlare dei libri perduti di Celso.
Molto più probabile quindi che in un'epoca in cui un libro era qualcosa di preziosissimo, si evitasse di copiare quei libri che non apparivano interessanti.

Nella logica matematica la via più breve che conduce alla soluzione di un problema è anche quella preferibile perchè si corrono meno rischi di sbagliare. Che sia così anche in questo caso?

Detto questo vi mando i miei più cordiali saluti

Andrea
 
Top
23 replies since 13/1/2009, 10:46   1645 views
  Share