Studi sul Cristianesimo Primitivo

Mt. 1:25 - Maria vergine dopo la nascita di Gesù?

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Hard-Rain
view post Posted on 14/9/2009, 22:05     +1   -1




Ecco qui i miei appunti che vengono da un documento che scrissi tempo fa.

Estrapolo la sezione che interessa dove ho omesso per brevità tutte le note (si badi che queso materiale è sottoposto a COPYRIGHT e non è possibile copiarlo o utilizzarlo in altri contesti scritti o informatici):

CITAZIONE
L’uso di chiamare “fratelli” degli altri ebrei non è anormale nel giudaismo. Accenni all’uso della parola “fratello” per indicare gli altri ebrei si trovano già nella Bibbia ebraica, cfr. Deut. 17:15 o Deut. 24:14. Nella Mishnà Bikkurim 3,3 viene spiegata la modalità delle presentazione delle primizie a Gerusalemme, secondo questa Mishnà, gli israeliti provenienti da ogni luogo quando arrivavano a Gerusalemme si presentavano alle famiglie preposte ad ospitarli e venivano accolti da queste famiglie con le parole: “Fratelli nostri, provenienti dal luogo X, siate i benvenuti” (nota omessa). Sebbene la stragrande maggioranza delle lettere private o indirizzate a comunità che si sono preservate attraverso i ritrovamenti papirologici siano di “gentili” e in proporzione le lettere chiaramente di fattura “ebraica” siano relativamente molto poche, è ugualmente possibile trovare tracce dell’uso della parola “fratello/i” in modo simile all’utilizzo cristiano del termine. Questo non deve del resto meravigliare, i cristiani hanno mutuato l’uso di chiamarsi “fratelli” dagli ebrei. Sopravvivono alcune lettere ebraiche di varie epoche storiche, in aramaico, ebraico e greco. Nel caso in oggetto siamo evidentemente interessati alle lettere in greco scritte tra ebrei che non erano più in grado di parlare la lingua della madre patria. Abbiamo sia esempi diretti di lettere documetarie, ovvero epistole tra privati la cui copia originale è sopravvissuta attraverso i secoli, sia lettere sopravvissute attraverso le citazioni in particolari opere. Un esempio è l’epistola con cui inizia il secondo libro dei Maccabei (nota omessa): “Ai fratelli giudei sparsi nell’Egitto, salute. I fratelli giudei che sono in Gerusalemme e nella regione della Giudea augurano buona pace.” (2 Mac. 1:1). Questo libro è sopravvissuto solo in greco, del resto possiamo ritenere che fosse usuale rivolgersi alla diaspora ebraica in Egitto nella lingua greca e non direttamente in ebraico o aramaico. L’autore della lettera si rivolge ai “fratelli giudei” (To‹j ¢delfo‹j to‹j kat' A‡gupton Iouda…oij) in Egitto, dopo l’indirizzo compare la stessa formula di saluto della lettera di Ammonio ad Apollonio, tipica delle lettere greco-romane: ca…rein. In questo caso prima vengono menzionati i destinatari (i Giudei della diaspora in Egitto) quindi i mittenti (i Giudei di Gerusalemme) sono citati subito dopo, vi è una seconda formula di saluto espressa da e„r»nhn ¢gaq»n, corrispondente all’ebraico shalom. Secondo D.E. Aune (nota omessa), che ha condotto una analisi nella letteratura biblica canonica e apocrifa, nelle lettere di Bar Kokhba e nel Corpus Papyrorum Judaicarum (CPJ) praticamente tutte le lettere giudaiche in greco rispettano le tipiche usanze di scrittura delle altre lettere greco-romane: “For the most part these letters reflect the forms and themes typical of pagan papyrus letters”, “Yet nearly all of these letters exhibit Hellenistic epistolary conventions”. Poiché tali regole sono sostanzialmente rispettate anche dall’epistola di Ammonio ad Apollonio, non vi sono particolari ostacoli di forma che possano impedire di pensare ad una fattura “ebraica” di tale lettera, probabilmente composta nella diaspora, poiché la comunità del destinatario o entrambe le comunità risiedevano in Egitto. L’utilizzo della terminologia “fratello/i” è documentato in una lettera che sopravvive nell’apocalisse siriaca di Baruc, un’opera composta dopo il 70 in ambienti giudaici (nota omessa). La lettera è scritta da Baruc e indirizzata alle “nove comunità e mezzo” ed è riportata verso la fine del libro. Vi sono diversi esempi dell’uso della parola “fratelli” in questa epistola: (1) “Ricordo, fratelli miei, l’amore di Colui che ci ha creati” (LXXVIII, 4) (2) “Dunque, fratelli miei, sappiate prima cosa è capitato a Sion” (LXXIX, 1) (3) “Ed ora, fratelli miei” (LXXX, 1) (4) “Anche i vostri fratelli furono incatenati e condotti a Babilonia” (LXXX, 4) (5) “Per questo, fratelli miei, vi ho scritto come sarete consolati della moltitudine dei dolori” (LXXXIII, 1) (6) “Anche ai nostri fratelli ho scritto così, a Babilonia” (LXXXV, 6) (nota omessa). Così l’autore della lettera si rivolge a Giudei che si trovano molto lontano – nella diaspora – chiamandoli “fratelli”. In un discorso al popolo di Gerusalemme citato nella stessa opera, Baruc dice: “Poiché i vostri fratelli hanno trasgredito i comandamenti dell’Altissimo” (LXXVII, 4) qui Baruc ricorda alla gente di Gerusalemme la precedente deportazione di Israele, quella che seguì la distruzione del primo tempio all’epoca di Nabucodonosor, che non ha convinto il regno del sud alla conversione. Il popolo poco dopo risponde a Baruc: “Scrivi anche ai nostri fratelli in Babilonia” (LXXVII, 12). E Baruc risponde: “Scriverò ai vostri fratelli in Babilonia” (LXXVII, 17). In questo libro, dunque, l’uso di chiamare “fratelli” degli altri ebrei avviene tipicamente inter-comunità non intra-comunità, ci si rivolge tipicamente chiamandoli “fratelli” agli ebrei lontani, appartenenti alle altre comunità. Aune segnala che esistono due lettere di Bar Kokhba (periodo: 132-135 d.C.) scritte in greco, il testo di una di queste due lettere ha una terminologia alquanto interessante: “Ailianos a Yonanthes il fratello, saluti [ca…rein]. Simon Khosiba ha scritto a me affinché tu invii il … per le necessità dei fratelli … [Ailia]nos. Stai bene, o fratello [œrrwj ¢delfš]”.

 
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Serveto
view post Posted on 14/9/2009, 23:25     +1   -1




Caro Teodoro,

CITAZIONE
E quale parola avrebbero dovuto usare gli evangelisti per dire "fratellastro"...?

Semplicemente adelphos, ma forse non hai letto quello che ho scritto: il mio punto di vista è che laddove il contesto non ci dice nulla non abbiamo ragione di allontanarci del senso più ovvio di adelphos, che è quello di un fratello della stessa madre. Non vedo in base a quale circostanza interna al testo Gesù dovrebbe essere fratello di Giacomo in un senso diverso di Giovanni e Giacomo oppure di Andrea e Simone.

CITAZIONE
È la stessa storia della croce, i tdg fanno una critica del tutto immotivata, prevedibilmente orientata al loro pregiudizio ascientifico

Non capisco cosa c'entrino qui i testimoni di Geova ed il significato che nella loro traduzione scelgono per la parola greca stauros, come ho detto in precendenza non sono certo qui per farmi trascinare in queste discussioni polemiche.

Tornando a noi, non mi pare che sostenere che adelphos significhi primariamente fratello di sangue abbia a che fare con un "pregiudizio ascientifico", non mi pare infatti di aver negato che possa anche significare "fratellastro, cugino o confratello". Dimmi dove avrei negato questa cosa per piacere. Semplicemente ho osservato che il contesto non mi pare davvero che ci autorizzi a pensare a quel significato, almeno in prima battuta.

CITAZIONE
Stando alle fonti è tranquillamente possibile ciò che dice la tradizione ortodossa, che cioè i fratelli siano figli di Giuseppe in prime nozze

Stando alle fonti, francamente, potremmo ammettere tanto che fossero fratelli carnali, quanto cugini che fratellastri. Quello che io osservo, da storico, è che nel I secolo i testi sono assolutamente generici, usano il termine fratello con grande naturalezza e non badano in alcun modo a dare dettagli che possano in qualche modo preservare la verginità perpetua di Maria. Viceversa osserviamo, a partire dal II secolo, al proliferare di una serie di tradizioni che cercano di spiegare la parentela dei fratelli di Cristo in modi diversi, a seconda dei testi e probabilmente delle zone.

Questo dato invece che farci discutere su aspetti dogmatici, dovrebbe spingerci a discutere sul suo significato storico. Ovvero quali forze interne (o esterne) a certi ambienti cristiani agirono affinché l'interesse del dibattito si spostasse su questo tema? Perché a partire dal II secolo, e non prima, ci si interroga e si avanzano ipotesi sul grado di parentela dei fratelli di Cristo e sull'integrità dell'imene di Maria?

Shalom

Edited by Serveto - 15/9/2009, 00:31
 
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view post Posted on 14/9/2009, 23:29     +1   -1
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CITAZIONE
Semplicemente adelphos, ma forse non hai letto quello che ho scritto: il mio punto di vista è che laddove il contesto non ci dice nulla non abbiamo ragione di allontanarci del senso più ovvio di adelphos, che è quello di un fratello della stessa madre

il motivo è che, nelle prime fonti che, senza alcuna paranoia mentale sulla verginità di Maria, ci specificano di chi fossero figli questi fratelli, risulta che non fossero figli della Madonna.
Il punto non è qual è il primo significato che abbiamo sul dizionario, ma qual è il senso non equivoco più antico attestato. Se da una parte "fratello" vero è il primo significato sul dizionario, dall'altra la tradizione più antica non vede questi fratelli come figli di Maria. Dunque l'argomento contestuale è di maggior peso.
 
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Serveto
view post Posted on 14/9/2009, 23:59     +1   -1




Caro Polymetis,

CITAZIONE
il motivo è che, nelle prime fonti che, senza alcuna paranoia mentale sulla verginità di Maria, ci specificano di chi fossero figli questi fratelli, risulta che non fossero figli della Madonna.

Quello fonti sono tutte del II secolo e per quanto ne sappiamo riflettono solo un particolare punto di vista, in certo casi palesemente teologico, che non sappiamo quando fosse diffuso è condiviso.

CITAZIONE
Se da una parte "fratello" vero è il primo significato sul dizionario, dall'altra la tradizione più antica non vede questi fratelli come figli di Maria.

Dunque è corretto intenderli come "fratellastri" all'interno di quella tradizione, il cui contesto chiarisce il significato, ma non c'è alcuna evidenza che possa imporre quel significato a tutte le tradizioni ed estenderlo anche al I secolo, presupponendo che Egesippo facesse con certezza riferimento a memorie storiche risalenti a quel periodo e non ad una rielaborazione teologica successiva.

Tanto più che le tradizioni sono piuttosto confuse e spesso in contesti storici poco credibili: il protovangelo di Giacomo, seguito da altri, parla di fratellastri, Egesippo di Giacomo come di un cugino di Gesù, ma dice anche che Giuda era "fratello secondo la carne" come fa anche Tertulliano. A me pare che le tradizioni erano se non altro confuse e sembrano più derivare dal desiderio di preservare la verginità di Maria piuttosto che tramandare una vera e propria memoria storica.

Shalom
 
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view post Posted on 15/9/2009, 01:35     +1   -1
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Per Serveto

CITAZIONE
"Quello fonti sono tutte del II secolo e per quanto ne sappiamo riflettono solo un particolare punto di vista, in certo casi palesemente teologico, che non sappiamo quando fosse diffuso è condiviso."

Visto che non ce ne sono altre altrettanto antiche che dicano che costoro sono figli di Maria, fino a prova contraria non sono pareri parziali ma semplicemente tutto quello che abbiamo, e dunque, finché non abbiamo altro, dobbiamo darlo come dato assoluto.

CITAZIONE
"Dunque è corretto intenderli come "fratellastri" all'interno di quella tradizione, il cui contesto chiarisce il significato, ma non c'è alcuna evidenza che possa imporre quel significato a tutte le tradizioni ed estenderlo anche al I secolo"

E' la medesima tradizione, la medesima grande Chiesa al cui interno quegli scriti erano canonici perché era quella Chiesa che li usava, vale a dire la Chiesa basata sulla successione apostolica. Viene da chiedersi come sia possibile a inizio II secolo i cristiani non sapessero già più se Gesù aveva avuto o meno dei fratelli quando il vescovo di Gerusalemme in persona era uno di costoro.
CITAZIONE
"Tanto più che le tradizioni sono piuttosto confuse e spesso in contesti storici poco credibili: il protovangelo di Giacomo, seguito da altri, parla di fratellastri, "

Il dato originario è l'assenza di fratelli di Gesù, da questo dato nascono poi le diverse spiegazioni di questo fatto risaputo dovuto all'oscurarsi delle conoscenze sulla genealogia di Cristo. Ma queste intepretazioni parzialmente difformi potevano nascere come diverse spiegazioni solo supponendo che ci fosse qualcosa alla base da spiegare, cioè perché, pur sapendo che il loro messia non aveva fratelli, alcuni erano chiamati così. Il Blinzler scrive: “Nel periodo apostolico, fintantoché erano ancora in vita i parenti più prossimi di Gesù, chiamando queste persone “fratelli del Signore” non si poteva ingenerare nessun equivoco, dato che tutti erano al corrente del loro grado effettivo di parentela. In questa situazione (o subito dopo) si formarono le tradizioni sulla vita di Gesù e furono scritti i primi libri del Nuovo testamento, che perciò si servono del titolo con naturalezza e senza ulteriori precisazioni. Ma ancora nel II secolo Egesippo, che poteva accedere ad antiche tradizioni palestinesi, fa comprendere di sapere che le persone indicate come fratelli del Signore” in realtà erano soltanto cugini di Gesù. Con il progressivo allontanamento nel tempo e nello spazio dalle tradizioni apostolico-palestinesi, naturalmente si andò sempre più perdendo la conoscenza di questi rapporti; d’altra parte i lettori incontravano a ogni piè sospinto l’espressione “fratelli del Signore”. Era inevitabile, perciò, che ci si occupasse di questo problema, del significato di questa definizione.” (J. Blinzler, I fratelli e le sorelle di Gesù, Brescia, 1969, Paideia, p. 156)

CITAZIONE
"a dice anche che Giuda era "fratello secondo la carne"

Come già dissi: etiam consobrinus alteri carne coniungitur... Il cugino è un parente carnale quanto tutti gli altri parenti la cui parentela sia dovuta al sangue, la specificazione "secondo la carne" vuole solo specificare che non era suo fratello nel senso meramente spirituale.
CITAZIONE
sembrano più derivare dal desiderio di preservare la verginità di Maria piuttosto che tramandare una vera e propria memoria storica.

Nel brano di Egesippo Maria non è neppure nominata, se incidentalmente ci dice che quei due erano figli di uno zio di Gesù è solo perché vuole identificare chi sono i primi vescovi di Gerusalemme.

Ad maiora
 
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Hard-Rain
view post Posted on 15/9/2009, 07:08     +1   -1




QUOTE
Semplicemente adelphos, ma forse non hai letto quello che ho scritto: il mio punto di vista è che laddove il contesto non ci dice nulla non abbiamo ragione di allontanarci del senso più ovvio di adelphos, che è quello di un fratello della stessa madre.

Ancora con questa storia! Se applichiamo lo stesso ragionamento al passo in cui Marco ci parla di Filippo allora dovremmo concludere che era figlio della stessa madre di Eode Antipa, quando sappiamo da altra fonte autorevole che non è affatto così.
 
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Serveto
view post Posted on 15/9/2009, 11:27     +1   -1




Caro Hard,

CITAZIONE
Se applichiamo lo stesso ragionamento al passo in cui Marco ci parla di Filippo allora dovremmo concludere che era figlio della stessa madre di Eode Antipa, quando sappiamo da altra fonte autorevole che non è affatto così.

Forse non mi riesco a spiegare, ho capito benissimo quello che tu dici, ma come ho detto noi stabiliamo che Filippo era fratellastro di Erode non perché viene chiamato adelphos ma perché "altra fonte autorevole" ci dice che non è così.

Ora, per quanto riguarda i fratelli di Gesù non abbiamo fonte autorevoli che ci consentano di dire con certezza cosa intendessero gli evangelisti e Paolo quando parlano degli adephoi di Cristo, abbiamo solo alcune tradizioni di difficile valutazione storica, che a partire dal II secolo, e soprattutto in contesti mariologici, tendono ad interpretare quel termine come cugini o fratellastri. Gli argomenti di Polymetis, per lo più dipendenti da Blinzler, non mi sembrano davvero così stringenti da accettare quelle tradizioni come assolute. Tali tradizioni, lette nel loro contesto, mi sembrano più un'interpretazione teologica che una genuina memoria storica, ma questa naturalente è una mia opinione, seppure condivisa da molto studiosi.

Il paragone con l'episodio di Filippo ci dice solo che laddove non era ritenuto importante ai fini del racconto, non veniva specificato il tipo di rapporto di fratellanza. Il che ci fa supporre che gli evangelisti non avevano alcuna preoccupazione (storica e teologica) a preservare la verginità perpetua di Maria, né tanto meno erano interessati al tipo di parentela esistente tra Gesù ed i suoi fratelli.

Ripeto: la domanda che come storici dobbiamo porci non è tanto se i fratelli fossero cugini, fratellastri o fratelli si sangue, perché questo non lo sapremo mai con certezza, ma piuttosto come mai solo a partire dal II secolo circolassero tradizioni interessate a specificare la parentela dei fratelli di Gesù e la verginità perpetua di Maria. Quali cambiamenti e queli spinti vi furono all'interno o all'esterno del cristianesimo per determinare questo scenario?

Se da storici non comprendiamo questo la discussione non può che trasformarsi nella solita vecchia polemica di carattere dogmatico da cui non usciremo mai...

Shalom

Edited by Serveto - 15/9/2009, 12:59
 
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Serveto
view post Posted on 15/9/2009, 12:11     +1   -1




Un appunto:

CITAZIONE
Come già dissi: etiam consobrinus alteri carne coniungitur... Il cugino è un parente carnale quanto tutti gli altri parenti la cui parentela sia dovuta al sangue, la specificazione "secondo la carne" vuole solo specificare che non era suo fratello nel senso meramente spirituale

Se accettiamo Egesippo accettiamolo tutto, egli conosce ed usa la distinzione tra cugini e fratelli di sangue nel casi di Giacomo, perché nel caso di Giuda dovremmo pensare che intendesse un cugino invece che un fratello? E lo stesso vale per Tertulliano, che cronologicamente non è molto lontano. Voglio dire, l'impressione e che si voglia forzare a tutti i costi il senso più ovvio dei termini usati (adelphos, adelphe, prototokos) solo per compiacere un'incerta tradizione successiva che nel migliore dei casi oscilla tra fratellastri e cugini, dimostrando quanto labile fosse il rapporto con la memoria storica.

Io userei il rasoio di Occam, attenendomi strettamente ai dati testuali e non facendo dire ai testi più di quanto vogliono davvero dirci.

Shalom
 
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Hard-Rain
view post Posted on 15/9/2009, 12:30     +1   -1




Guardi Serveto che è lei che si esprime in maniera apodittica, nel senso che sposata la tesi per cui "nulla si può dire" in assenza di altre fonti certe, perchè poi mi viene a concludere "laddove il contesto non ci dice nulla non abbiamo ragione di allontanarci del senso più ovvio di adelphos, che è quello di un fratello della stessa madre."? Torno a dire che se applichiamo questa teoria al tetrarca Filippo, poichè Marco non dice assolutamente nulla sulla natura del suo rapporto parentale con l'Antipa, concluderemmo che i due erano fratelli anche da parte di madre, come ha scritto lei "fratello della stessa madre", commettendo un errore storico. Io non prendo posizione nè per l'una, nè per l'altra parte, è lei che deduce che il senso debba essere quello di fratello anche da parte di madre.

QUOTE
Il paragone con l'episodio di Filippo ci dice solo che laddove non era ritenuto importante ai fini del racconto, non veniva specificato il tipo di rapporto di fratellanza. Il che ci fa supporre che gli evangelisti non avevano alcuna preoccupazione (storica e teologica) a preservare la verginità perpetua di Maria, né tanto meno erano interessati al tipo di parentela esistente tra Gesù ed i suoi fratelli.

Se per questo Marco non aveva neppure interesse a presentarci la nascita verginale di Gesù, dal momento che non ne parla e lo fa entrare in scena già adulto.



Edited by Hard-Rain - 15/9/2009, 13:50
 
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view post Posted on 15/9/2009, 12:52     +1   -1
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“Se accettiamo Egesippo accettiamolo tutto, egli conosce ed usa la distinzione tra cugini e fratelli di sangue nel casi di Giacomo”

Veramente non è che distingua i termini, semplicemente in un punto lo chiama fratello, ed in altro ci dice che il II vescovo di Gerusalemme fu il figlio di uno zio di Gesù, esattamente come lo fu Giacomo. Quindi usa fratello tranquillamente, anche se sappiamo da altri passi che con questo termine intende il figlio di uno zio.
La tradizione più antica della Grande Chiesa, cioè la Chiesa che è l’alveo dei testi del NT, ci dice come in questa Chiesa ci fosse un dato di partenza in base al quale Gesù non ebbe fratelli figli della stessa madre, il come questo avvenne è spiegato in modo via via sempre più distorto man mano che ci si allontana dall’ambiente palestinese del I secolo, cioè da persone come Egesippo che a tale ambiente si rifanno.
CITAZIONE
“erché nel caso di Giuda dovremmo pensare che intendesse un cugino invece che un fratello?”

Io non ho detto che sia sicuramente una tesi da scartare, ho detto solo che “fratello secondo la carne”, poiché sappiamo che “fratello” indica qualunque parente prossimo, non è da intendersi come “figlio della stessa madre”, infatti anche tutti gli altri parenti sono parenti carnali, e “secondo la carne” è semplicemente in contrapposizione a “kata pneuma”.
CITAZIONE
“E lo stesso vale per Tertulliano, che cronologicamente non è molto lontano.”

L’opinione di Tertulliano è diversa e oscilla. Puoi leggerti l’excursus di 4 pagine che vi dedica il Blinzler nella sua citata monografia (pp. 165-168), se vuoi te le spedisco.

CITAZIONE
“prototokos”

Prototokos non ha nulla a che vedere col fatto che il figlio sia unico o il primo di una serie, si riferisce banalmente ai privilegi che la primogenitura secondo la legge conferisce. Si è primogeniti anche appena si è nati e non si hanno fratelli.

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Hard-Rain
view post Posted on 15/9/2009, 13:03     +1   -1




QUOTE
Prototokos non ha nulla a che vedere col fatto che il figlio sia unico o il primo di una serie, si riferisce banalmente ai privilegi che la primogenitura secondo la legge conferisce. Si è primogeniti anche appena si è nati e non si hanno fratelli.

Questo infatti è verissimo, inoltre è un "titolo" legato alla madre, si legga quanto scrive rav. Colombo in questa pagina sul rito del "pidion" (= "primogenito"), http://www.morasha.it/zehut/rc01_pidion.html

L'essere primogenito non implica l'avere dei fratelli nati successivamente e non preclude neppure l'aver avuto dei fratelli nati prima da una madre diversa. D'altra parte se non ricordo male l'autore dell'epistola agli Ebrei chiama Cristo "primogenito" di Dio, credo sia abbastanza inverosimile dedurre che codesto autore stesse pensando all'esistenza di altri figli di Dio equiparabili a Cristo, venuti sulla terra successivamente a Cristo.

Ebr. 1:6, "E quando di nuovo introduce il primogenito (ton prwtotokon) nel mondo, dice: Tutti gli angeli di Dio l'adorino!"

Edited by Hard-Rain - 15/9/2009, 14:21
 
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JohannesWeiss
view post Posted on 15/9/2009, 13:39     +1   -1




CITAZIONE (a_ntv @ 14/9/2009, 22:38)
Il rifiuto di Gesù non è probabilmente un detto autentico, ma è stato messo in bocca a Gesù nella seconda metà del primo secolo, come critica verso il gruppo di Giacomo da parte degli altri gruppi. Attaccavano Giacomo (o il suo gruppo), ma non potevano anche attaccare Pietro, il quale peraltro lasciò presto Gerusalemme (e c'è chi sospetta che la causa di tale fuga furono attriti con Giacomo).
L'episodio è presente in tutti e tre i sinottici (e in Tommaso), ma con durezze diverse: meno duro in Tommaso e Marco, molto duro in Matteo. E il Vangelo di Matteo si rivolgeva proprio a ebrei o simpatizzanti che potevano essere più esposti alla dottrina dei "fratelli".

Ciao!

Io non credo che sia così semplice negare la storicità di una tradizione come Mc 3,31-35 // Mt 12,46-50 // Ev. Th. 99.
Anzitutto, bisogna considerare che Mc 3,31-35 costituiva un'unità con Mc 3,21 (dove si dice che i familiari di Gesù lo andarono a prendere perché era fuori di sé), in seguito inframmezzata, vista l'evidente affinità, dalla controversia su Beelzebul in Mc 3,22-30.
Ora, cosa ne facciamo di questa notizia secondo cui i familiari di Gesù volevano andare a prendere Gesù perché lo credevano impazzito? Non c'è bisogno di sottolineare come questa sia un'accusa della massima gravità concepibile.
Naturalmente mi potrai replicare che pure essa va evidentemente collocata nella polemica contro il gruppo di Giacomo di cui parli. E' possibile. Bisogna ricordarsi che è del tutto possibile che tradizioni che oggi risultano imbarazzanti ai nostri occhi, possano essersi originate in contesti particolari nei quali non destavano alcun particolare imbarazzo: e nel caso in questione, si potrebbe pensare che il peso dell'inaudita infamia ricada tutto sul bersaglio polemico (il gruppo di Giacomo).
D'altra parte, però, dobbiamo pure domandarci: se il criterio dell'imbarazzo non funziona qui, dove altro mai può funzionare?

Ma, a mio avviso, non è tanto questa la ragione più decisiva per la storicità del rifiuto (o contro-rifiuto...) gesuano dei suoi fratelli, quanto piuttosto una ragione di coerenza: la frattura che Mc 3,21.31-35 testimonia a proposito del rapporto tra Gesù e la sua famiglia d'origine concorda infatti in modo perfetto con altri detti in cui Gesù assume il distacco radicale dalla famiglia come condizione o esito inevitabile della sua sequela: cfr. Lc [Q] 12,51-53 // Mt 10,35) // Ev. Th. 16 [figlio contro padre, figlia contro madre]; Lc [Q] 14,26 // Mt 10,37 // Ev. Th. 55 e 101 (odiare padre e madre, figlio e figlia). Vedi inoltre il detto più elaborato in Mc 10,29-30 (chi ha lasciato casa, famiglia e campi, ne riceve il centuplo nel presente).

Ora, alla luce di questa caratteristica concezione gesuana del discepolato come fonte di tensione, contrasto e distacco con le famiglie d'appartenenza (concezione che credo pochi negherebbero a Gesù), mi sembra che non vi sia alcuna ragione di negare la storicità del suo personale conflitto con la propria famiglia: Gesù sembra presentare
ai discepoli quel medesimo violento distacco dal nucleo domestico che egli per primo ha vissuto, per dedicarsi all'annuncio del regno di Dio.
Si noti inoltre che il motivo del "discepolo come il maestro" è molto diffuso nella tradizione sinottica: dal detto "il discepolo non è più del maestro" (Q 6,40), al prospetto di bere lo stesso calice e ricevere lo stesso battesimo (Mc 10,39); oltre, più in generale, al partecipare attivamente all'attività di annuncio del regno ed esorcistica di Gesù. Tutte cose che, mi sembra, depongano più a favore di un Gesù che richiedesse/prospettasse quel distacco/conflitto con le famiglie che lui per primo aveva sperimentato, piuttosto che di un Gesù che chiede agli altri ciò che non vale affatto per lui.

Di conseguenza, l'obiezione rivolta da Hard alla tua interpretazione di "fratelli", mi sembra conservi la sua forza.
A questo riguardo, aggiungerei anche che forse non è molto appropriato istituire un parallelo terminologico-simbolico tra una tradizione narrativa come Mc 3,22.31-35 (un apoftegma, o chreia) e un genere letterario estremamente particolare come un'apocalisse (e a fortiori uno scritto gnosticheggiante).
 
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view post Posted on 15/9/2009, 13:58     +1   -1

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Semplicemente adelphos, ma forse non hai letto quello che ho scritto: il mio punto di vista è che laddove il contesto non ci dice nulla non abbiamo ragione di allontanarci del senso più ovvio di adelphos, che è quello di un fratello della stessa madre. Non vedo in base a quale circostanza interna al testo Gesù dovrebbe essere fratello di Giacomo in un senso diverso di Giovanni e Giacomo oppure di Andrea e Simone.





Sante parole Serveto !!

Una domanda a tutti colora che negano la esistenza di veri fratelli!
Sui sinottici e' da quache parte scritto che Giuseppe ebbe dei figli da un precedente matrimonio?'

E' da qualche parte scritto che Maria ebbe una sorella??

No, vero??

Allora,se non aveva fratellastri e non aveva cugini , carta canta si dice dalle mie parti,adelfos a cosa e' riferito ??

Un saluto
 
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Serveto
view post Posted on 15/9/2009, 14:00     +1   -1




Caro Hard,

CITAZIONE
Guardi Serveto che è lei che si esprime in maniera apodittica, nel senso che sposata la tesi per cui "nulla si può dire" in assenza di altre fonti certe, perchè poi mi viene a concludere "laddove il contesto non ci dice nulla non abbiamo ragione di allontanarci del senso più ovvio di adelphos, che è quello di un fratello della stessa madre."?

Permettimi, non voglio certo polemizzare con te, ma è del tutto corretto quello che ho detto, perché in nessun passo del NT, seppure si parli con una certa frequenza ed in contetsi e traduzioni differenti dei "fratelli" di Gesù è possibile evincere che si trattasse di fratellastri o di cugini. E' una possibilità, certo, ma in assenza di altre indicazioni (poi è da discutere se sia così) non capisco perché allontanarci dal senso lessicale di adelphos o prototokos.

CITAZIONE
Torno a dire che se applichiamo questa teoria al tetrarca Filippo, poichè Marco non dice assolutamente nulla sulla natura del suo rapporto parentale con l'Antipa, concluderemmo che i due erano fratelli anche da parte di madre, come ha scritto lei "fratello della stessa madre", commettendo un errore storico

A parte che Filippo qui è solo citato di sfuggita, e non avrebbe senso in quel contesto specificare in che senso era adelphos, ma è solo grazie a una fonte esterno che riteniamo storicamente attestata che gli diamo il significato di fratellastro, piuttosto che cugino o fratello di sangue.

Questo non può dirsi per il NT, dove le tradizioni circa i fratellastri o i cugini sono del secolo successivo e non possiamo stabilire con certezza quanto rispecchiassero una genuina memoria storica e quanto fossero invece solo frutto della successiva riflessione teologica sulla verginità di Maria. A me pare, che in questi casi, la cautela richieda di attenersi al senso lessicale più ovvio del termine.

CITAZIONE
Io non prendo posizione nè per l'una, nè per l'altra parte, è lei che deduce che il senso debba essere quello di fratello anche da parte di madre

Guarda, neppure io prendo posizione, sono il primo a dirti che non vessere dogmatico, semplicemente credo che per evitare qualunque tentazione di far dire al testopiù di quanto dice dobbiamo partire dal seguente dato: alla tradizione del NT non interessa stabilire con certezza né il grado di parentela dei "fratelli" né preservare la verginità perpetua di Maria, temi che invece si andarono sviluppando sempre con più dettaglio a partore del II secolo.

Ti chiedo: storicamente possiamo essere d'accordo con questa premessa comune di lavoro, oppure dobbiamo scannarci sul dogma?

CITAZIONE
Se per questo Marco non aveva neppure interesse a presentarci la nascita verginale di Gesù, dal momento che non ne parla e lo fa entrare in scena già adulto

Infatti, questo storicamente non è privo di significato. D'altronde altre tradizioni coeve o di poco posteriori attestano che vi era già interesse per questo tema attestato anche in seguito, mentre per la tradizione dei "fratelli" e poi quello della "verginità perpetua" la situazione mi pare diversa, si tratte di una tradizione sensibilmente più tarda, non sempre concorde, e quesi certamente riflesso di una riflessione teologica successiva.

Shalom

Edited by Serveto - 15/9/2009, 15:09
 
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view post Posted on 15/9/2009, 14:08     +1   -1

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Prototokos non ha nulla a che vedere col fatto che il figlio sia unico o il primo di una serie, si riferisce banalmente ai privilegi che la primogenitura secondo la legge conferisce. Si è primogeniti anche appena si è nati e non si hanno fratelli.

Non sappiamo con certezza cio' che intendesse Luca quando usa il termine "primogenito".
L'unica cosa certa e' (come dicevo nel precedente messaggio)che Gesu' ebbe dei fratelli,e a quanto mi risulta lui fu il primo ad essere partorito.

Tutto il resto e' ...silenzio !!
 
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