Per Hard-Rain
CITAZIONE
“Attenzione perchè Polymetis ha affermato, sostanzialmente: "se non credi in Dio, allora non sei fedele ai patti.".”
Quel “sostanzialmente” è da rimarcare, perché ho detto qualcosa di più preciso. Cioè che Locke aveva affermato “Se non credi in Dio, non v’è garanzia che tu tenga fede ai patti”, e non “se non credi in Dio, non credi ai patti”. Un ateo può essere la persona più morale del mondo, ma lo fa perché gli è stato inculcato nel suo ethos, e non perché sappia fondare la sua morale.
CITAZIONE
“No, Frances, non abituarti a scrivere in questa lingua orribile”
Blasfemo… Non so se sei al corrente che sono uscite le traduzioni di Harry Potter in latino e pure in greco antico, potrebbe essere un buon esercizio.
Per Spirito LiberoCITAZIONE
“No. L’unica cosa che c’è di uniforme sono i diritti dell’uomo, la laicità e altre cosucce prese dall' illuminismo e dal pensiero greco-romano. Tu ovviamente sosterrai che l’illuminismo nasce in seno al cristianesimo, io invece sostengo che nasce in opposizione all’oscurantismo cattolico. Ma su questo abbiamo già discusso a lungo e a quanto pare senza risultati apprezzabili.”
Che l’illuminismo nasca in seno al cristianesimo è indubitabile quanto il fatto che sia stato largamente in opposizione al cristianesimo. Le due cose non solo non si escludono, ma per di più non confutano nulla di quello che ho detto. Il luteranesimo non è forse nato in seno e al contempo in opposizione al cattolicesimo? Lutero ha copiato i ¾ della teologia cattolica, dalla Trinità alla dottrina della Grazia in Agostino, e non è concepibile l’impianto dogmatico protestante senza la Chiesa Cattolica, tuttavia, il luteranesimo nasce in opposizione al cattolicesimo. Allo stesso modo i valori dell’illuminismo, che pure criticava la religiosità superstiziosa, solo valori cristiani secolarizzati. La compassione per il debole, la società di uguali, ecc. Il fatto che il cristianesimo in Europa stesse vivendo tradendo questi valori, non toglie il fatto che siano stati presi da qui. Tutta la storia Europea è un continuo affiorare di eretici e predicatori vari che vogliono prendere alla lettera quanto c’è scritto nel Vangelo, e per questo vogliono una società più equa. Il diritto naturale, nasce nell’Europa del cinquecento con la scuola di Salamanca, la seconda scolastica, e poi esplode nel seicento.
Si può cercare finché si vuole corrispondenze nelle antiche filosofie greche e latine di questi valori, ma non solo si fraintenderebbe completamente qualora si pensasse di vederli, oltre a questo sarebbe poco plausibile pensare che la coscienza europea, che aveva sotto gli occhi un cristianesimo pervasivo in ogni ambito della società, sia andata a pescare quei valori altrove. Semmai c’è stata una rilettura, assai poco scientifica, di opere antiche, per tentare di vedere in esse anticipazioni di quello che i cristiani credevano, ed è così che nasce l’idea delle “animae naturaliter christianae”, cioè gente che era cristiana nel cuore senza saperlo. Questo però non ha avuto ricadute sociali. L’Antica Grecia e Roma erano società schiaviste e patriarcali, con nessun rispetto della persona, concetto del resto sconosciuto. La frase di Cicerone citata ad esempio, non c’entra nulla col nostro problema. Cicerone era un fan degli ottimati, un conservatore, che proprio nella Repubblica stigmatizza i regimi democratici sostenendo, come Polibio, la μικτή πολιτεία.
Quel “suum cuique reddere” è la chiave della frase, che non allude a nulla di ciò che noi chiameremmo democratico, bensì a ciò che in filosofia antica si chiama “uguaglianza geometrica”. “Dare a ciascuno ciò che gli spetta” vuol dire esattamente quello che c’è scritto, e cioè che non a tutti spetta lo stesso trattamento, in quanto, all’interno di quello che ci somigliano, c’è gente che non è titolare a pieno titolo di diritto, come donne o schiavi. Quanto poi al prestare cura al genere umano, ovviamente siamo tutti d’accordo, il problema è chi appartenga al genere umano. Come è noto ancora nel settecento si discuteva se i neri vi appartenessero o meno. Il prestare cura al genere umano di quella frase altro non è che l’humanitas di Terenzio (humani nihil a me alienum puto), la vaga idea che non si possa rimanere insensibile a nulla che capiti ad un uomo (già, ma chi rientra in questa classe?), la vaga e scolorita compassione per le vicende che i seguaci della luce interiore, da Marc’Aurelio a Seneca, avevano per gli schiavi, che nelle loro intenzioni voleva solo dire che andavano trattati con riguardo e rispetto, non che non fossero esseri inferiori o che la schiavitù non avesse ragione di esistere. Troveremmo frasi simili pure in Aristotele, lo sciovinista difensore della schiavitù per eccellenza. Attenti dunque a non fare troppi 2+2, perché i vostri 2 non solo uguali ai 2 dell’epoca antica.
CITAZIONE
“Secondo me sei un illuso, hai mai visto un popolo tornare indietro ? Indietro non si torna, la storia lo insegna chiaramente.”
Perché? Mai sentito parlare dei “corsi e ricorsi della storia” del nostro Vico? Ad esempio le fortune alterne della religiosità… L’illuminismo è un punto basso, ma subito dopo venne il romanticismo, e allora la religione ed il sentimento tornarono all’acme… Poi l’ottocento scientista fu un altro punto basso, e oggi, più che mai, si assiste ad un ritorno del sacro.
CITAZIONE
“Non è esattamente così. Ci sono pochissimi valori ma fondamentali per gli europei. Ecco l’elenco non esaustivo:
Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione
Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza
Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona”
Come già spiegato, tutti questi valori non dicono nulla, non hanno un contenuto positivo. Sono tutti valori anti-discriminatori. Nessuno di essi ti dice cos’è il bene, solo che tu non puoi interferire con la vita altrui cercando di privare altri della libertà. Essi non mettono a fuoco alcun “dover essere” od etica, sono solo una lista esaustiva di tutte le varianti in cui può presentarsi la specie “homo sapiens”, cioè “bianco, nero, cattolico, protestante, comunista, ecc.”, e dicono che per ciascuna di queste varianti, razza, colore, opinioni politiche, tu sei sempre un uomo e non puoi essere discriminato, che insomma sei libero e nessuno può soggiorgarti. Ma la mia domanda era proprio questa: libero di fare cosa? L’Europa si occupa solo di difendere la libertà, e non dà più alcun contenuto. Questo intendevo dire. Non c’è più alcun valore se non il fatto che sei libero, il che è una forma vuota dove puoi infilare qualunque cosa. Questa era l’analisi di Cioran in “Storia ed utopia”, lui lo spiega molto meglio di me.
“Per manifestarsi la libertà esige, come ti dicevo,il vuoto: lo esige - e vi soccombe. La condizione che la determina è la stessa che la annulla. Essa manca di basi: più sarà completa, e più sarà instabile. perché tutto la minaccia, perfino il principio da cui emana. L'uomo è così poco adatto a sopportarla o a meritarla che gli stessi benefici che ne riceve lo schiacciano, ed essa finisce col pesargli al punto che agli eccessi che suscita egli preferisce quelli del terrore. A questi inconvenienti altri si aggiungono: la società liberale, che elimina il «mistero », l'«assoluto », l'« ordine », e non ha vera metafisica più di quanto non abbia vera polizia, respinge l'individuo su se stesso, pur allontanandolo da ciò che egli è, dalle sue proprie profondità. Se manca di radici, se è essenzialmente superficiale, è perché la libertà, fragile in se stessa, non ha nessun mezzo per conservarsi e per sopravvivere ai pericoli che la minacciano dal di fuori e dal di dentro. Inoltre, essa appare soltanto in virtù di un regime che volge alla fine, al momento in cui una classe declina e si dissolve: Ie mancanze dell'aristocrazia consentirono al Settecento di divagare magnificamente; quelle della borghesia ci permettono oggi di abbandonarci ai nostri capricci. Le libertà prosperano soltanto in un corpo sociale malato: tolleranza e impotenza sono sinonimi. Ciò è evidente in politica, come in tutto il resto. Quando intravidi questa verità, il sole sprofondò sotto i miei piedi. Ancora oggi, ho un bell'esclamare: « Fai parte d'una società di uomini liberi!, la fierezza» che ne provo si accompagna sempre con un senso di terrore e di inanità, scaturito dalla mia terribile certezza. Nel corso dei tempi, la libertà non occupa più istanti di quanti ne occupi l'estasi nella vita di un mistico. Essa ci sfugge nel momento stesso in cui cerchiamo di afferrarla e di formularla: nessuno può goderne senza tremare. Disperatamente mortale, non appena s'instaura, postula la sua mancanza di avvenire e lavora, con tutte le sue forze minate, alla propria negazione e alla propria agonia. Non c'è qualche perversione nel nostro amore verso di essa? E non è terrificante votare un culto a ciò che non vuole né può durare? Per voi, che non l'avete più, è tutto; per noi, che la possediamo, non è che illusione, perché sappiamo che la perderemo e che, a ogni modo, è fatta per essere perduta.
Perciò, in mezzo al nostro nulla, volgiamo gli sguardi da tutte le parti, senza tuttavia trascurare le possibilità di salvezza che risiedono in noi stessi. D'altra parte, non c'è il nulla perfetto nella storia. In quest'assenza inaudita nella quale siamo confinati e che ho il piacere e la disgrazia di rivelarti, avresti torto a supporre che non si delinei nulla: io vi scorgo - presentimento o allucinazione? - come l'attesa di altri dèi. Quali?
Nessuno potrebbe rispondere. Ciò che so, ciò che tutti sanno, è che una situazione come la nostra non si lascia sopportare indefinitamente. Nel più profondo delle nostre coscienze una speranza ci crocifigge, un'apprensione ci esalta. A meno di consentire alla morte, le vecchie nazioni, per quanto marce siano, non possono fare a meno di nuovi idoli. Se infatti l'Occidente non è irrimediabilmente colpito, deve ripensare tutte le idee che gli sono state rubate.” (E. M. Cioran, Storia e Utopia, Milano, 1982, Adelphi, pp. 24-25)
CITAZIONE
“
Mi sembrano già questi (e ce ne sono diversi altri) valori sufficienti a garantire l’unione di chi li condivide in opposizione a chi li contesta.”
Ma non ti sei reso conto che quei valori non dicono nulla, in quanto si limitano a dire chi è titolare della libertà? Cioè tutti. Non sono altro che una serie di negazione: non è perché sei nero, che ti posso discriminare, non è perché sei comunista, perché sei ateo, ecc. Lo Stato non dà più valori,devi essere libero, libero di scrivere, di pensare, di fare quello che vuoi… Ma non ha più valori comuni da dare, se non per l’appunto che sei libero. Una società come questa, che non insegna nulla, e che non ha più del simbolico, può reggersi in piedi? Perdiamo troppo tempo a piangere sulle discriminazioni del passato in Europa, e a dire quali solo gli sbagli da non ripetere, per poter avere del potenziale creativo che anziché dirci cosa non dobbiamo fare ci riempie la vita anche di qualche contenuto, di un senso. Oppure, se lo si lascia solo al singolo, questa società non sarà più tenuta insieme dal nulla se non dall’idea che ognuno deve fare quello che vuole.
Tra l’altro, la dichiarazione che citi, non è venuta fuori dal nulla. Essa è una dichiarazione profondamente radicata nella metafisica cristiana, ed eurocentista, lo si sente ad ogni parola che utilizza. Categorie filosofiche come “libertà”, “persona”, che diamo per scontato, spesso non hanno corrispondente fuori dal percorso europeo. Eppure per noi sono ovvie quanto l’acqua che cade dal cielo. Come si può vivere senza riflettere sulla libertà? Eppure, la libertà non è un ente che esista, è una categoria di pensiero volontaristica, che presuppone una distinzione tra un soggetto ed i suoi atti, ed è una categoria eleborata in Europa. Questa parola non esisteva neppure in cinese, per fare un esempio, fino a qualche decennio fa, tanto che si dovette coniarla ex novo. Ma noi europei leggiamo le cosa con una tale superficialità, dandole così scontate… Quella Dichiarazione, la dichiarazione cosiddetta “universale” dei diritti dell’uomo piace tanto all’Europa perché il sostrato filosofico che la regge, cioè il personalismo, è stato opera di Maritain, che è stato il consulente filosofico per la redazione di questa dichiarazione. Le Nazioni Unite avevano interpellato diversi filosofi, che giustamente avevano risposto che il progetto di una dichiarazione universale dei diritti dell’uomo era qualcosa teoricamente impossibile e non formulabile. Giustamente, s’era imbarazzati nel dare un fondamento giusnaturalistico ai diritti umani, perché l’idea che esistano dei diritti di “natura” o che esista una “natura umana” erano due concezioni totalmente in crisi a metà novecento. La soluzione venne dal personalismo di Maritain, che era un tomistone di ferro, e che decise di ancorare l’enunciazione di quei diritti sul concetto di persona. Questo sta su qualunque libro di storia dei diritti umani. Il risultato fu ovviamente che la cosa non andò bene a nessuno: non andò bene ai paesi islamici, che ancora subordinano questa carta ad altre, perché era scandalosamente eurocentrista, e non andò bene al papa allora regnante perché v’è un tentativo di presentare il concetto di persona estraniato dalla sua origine, cioè la religione e Dio.
CITAZIONE
“Per me e per la stragrande maggioranza dei pensatori non cattolici, non tirannici contemporanei. Anche perché, di etiche ne esistono quasi infinite e dunque imporne una è una barbarie intollerabile.”
Ma ne imponiamo già una. Vuoi contraddirti? Non hai detto ad esempio che l’Europa ha dei valori positivi? E non hai forse cercato, invano, di elencarmeli? La coperta non è così grande da poterci far star dentro tutti. E’ ben noto infatti che i relativisti considerano tutto relativo tranne ovviamente i loro valori, che non si sa perché godono di sacrosantitas. Magari i credenti condividono parte dei quei valori laici, me mentre i credenti sanno giustificare sia i loro valori sia i valori che condividono coi laici, dicendo che si basano sul fatto che l’uomo è ad immagine di Dio, gli atei e i relativisti non hanno alcun modo per giustificare i valori che anche i cattolici condividono e che vorrebbero imporre alla società, non si sa su che base.
CITAZIONE
“Lo stato deve imporre solamente quello che è strettamente necessario per la civile convivenza. Questa non è etica ma legislazione, non confondere i due piani.”
La legislazione si basa sulla pretesa di sapere cos’è il bene da parte dello stato, ergo è etica. Se si ritiene ad esempio che sia diritto di ciascuno perseguire la felicità, gli si vorranno togliere gli impedimenti per la realizzazione di questa meta. Ovviamente tutto ciò è quanto di meno ovvio esista, tutto si basa su concezioni filosofiche che hanno una precisa data di nascita, e i cui presupposti filosofici nessuno stato laico può più giustificare. I Padri fondatori degli States, da cui viene quel diritto al “perseguimento della felicità”, avevano ben diritto sostenerlo, giacché si basavano sulla Rivelazione, mentre pare che gli USA attuali non sappiano spiegare perché mai dovremmo garantire che il nostro prossimo abbia il diritto al perseguimento della felicità. E poi, perché mai la civile convivenza sarebbe un bene? Mi spieghi da dove viene quest’assunto? Io e molti altri nietzscheani (ovviamente sarà seguace della bestia bionda solo ex ipothesi), preferiamo la società della lotta dove poter far vedere aristocraticamente il nostro valore, giacché è meglio un giorno da leone che cento da pecora, e non so proprio in base a che cosa tu voglia impormi la tua pallida e sbiadita ideologia di una vita placida e tranquilla al sicuro…
L’illuminismo del resto non era ateo ma per lo più deista, il che rafforza la mia idea che si tratta di valori cristiani laicizzati, infatti essi fondarono la loro morale, nella Dichiarazione dei Diritti dell’uomo del 1789, su Dio. Il testo afferma “L
'Assemblea Nazionale riconosce e dichiara, in presenza e sotto gli auspici dell'Essere Supremo, i diritti seguenti dell'uomo e del cittadino. Articolo I: Gli uomini nascono e restano liberi ed uguali in diritti”. Dio sta sempre all’incipit…
E il
Bill of Rights pubblicato nel 1776 dai padri costituenti americani similmente “ “Tutti gli uomini sono stati creati eguali e sono provvisti dal Creatore di certi diritti inalienabili...”. Come si vede qui si dichiara, alla radice della idea di libertà moderna, che i diritti sono tali perché sono stati provvisti alle sue creature dal Creatore. E questo sempre all’interno di quei fermenti settecenteschi. Böckenförde e Carl Schimitt hanno messo in luce che tutti i fondamenti dello stato moderno vengono da secolarizzazioni di concetti cristiani, com’è ovvio del resto visto che il cristianesimo è antecedente e coevo allo stato moderno, più vicino ed incalzante di qualsiasi scrittore greco o romano.
CITAZIONE
“Deve rispettare le leggi italiane se vuole vivere in Italia, senza se e senza ma. Questo dice il nostro ordinamento giuridico come un italiano deve rispettare le leggi islamiche se vive in Iran. A questo non occorre giustificazione metafisica, ma semplicemente giuridica.”
Questo non spiega cosa sia il bene, ma che cosa sia legale. Io invece discuto di cosa è giusto, e se lo si possa fondare. Giacché è ovvio che, sebbene legislazione ed etica siano distinte, ciascun legislatore tenta di spacciare ciò che pensa come giusto, altrimenti, se una legge fosse ingiusta, la gente vorrebbe cambiarla. E comunque, la tua risposta non risponde a nulla. Se dovessimo applicarla, e cioè ritenere che la giustificazione del rispetto delle leggi dovrebbe essere il semplice fatto che sono le leggi le paese in cui mi trovo, e cioè che “Deve rispettare le leggi italiane se vuole vivere in Italia, senza se e senza ma”, allora non sarebbe più possibile alcun cambiamento o rivoluzione. Vale a dire che se una donna si trasferisce in Iran, non deve lottare per i diritti delle donne, perché tu stesso hai scritto “un italiano deve rispettare le leggi islamiche se vive in Iran”? Questo è un gioco pericoloso. Io infatti sto facendo una domanda radicale. Gli immigrati vengono qui, sanno cos’è illegale ai nostri occhi, come la poligamia, ma perché non dovrebbero lottare per cambiarlo, ed imporci i loro valori, visto che lo stato è incapace di dare una giustificare dei nostri e di dirci su cosa si fondino e perché oltre che legali siano anche giusti?
"Uomini che cominciano a combattere la Chiesa per amore della libertà e dell'umanità, finiscono per combattere anche la libertà e l'umanità pur di combattere la Chiesa". (Chesterton)
CITAZIONE
“Non ho capito questa tua replica, io stavo solo facendoti notare che lo stato imopne dei comportamenti laddove questi siano ritenuti necessari (a torto o a ragione poco importa in questa sede) alla civile convivenza.”
La tua argomentazione era che lo stato impone al cittadino anche dei comportamenti anche se, qualora non venissero rispettati, non vi sarebbe danno a terzi. Avevi scritto: “comportamenti da tenere e non solo relativi a situazioni in cui sono coinvolti altri, pensiamo ad esempio all’uso delle cinture”. La tua argomentazione era che le cinture di sicurezza mi vengono imposte per il mio bene, anche se qualora mi ammazzi mi ammazzi problema è solo mio. Intendevi così rispondere alla mia accusa di uno stato vuoto di valori che si limiterebbe a dirti di non interferire con la libertà altrui. Tu hai invece replicato che lo stato, poiché impone le cinture di sicurezza, che a prima vista sono solo per il bene, non solo mi impone di non interferire nella libertà altrui, ma anche stabilisce qual è il bene per me. Io ho replicato che non è così, non il questo caso almeno. Infatti non allacciarsi le cinture può causare, anche se indirettamente, danni a terzi.
Comunque, non volevo esporre un teorema vero per tutti i casi, è ovvio che, grazie a Dio, abbiamo ancora dei residui di stato etico, quella che sto denunciando è una linea di tendenza progressiva e generale.
CITAZIONE
“Consapevoli di ciò seguiamo valori ed etiche perché li riteniamo giusti basandoci su certi principi di base che riteniamo irrinunciabili pur non volendoli fondare metafisicamente.”
Parli alla prima persona plurale, e automaticamente dici che “noi” li riteniamo irrinunciabili, mostrando così il tallone d’Achille del tuo ragionamento. Se li segui solo perché li ritieni irrinunciabili, allora la sospensione dell’assenso, da parte tua o di chiunque altro, toglie il fondamento a questi valori, e dunque non si vede proprio perché li debba seguire chi non li voglia. Il fatto che io ritenga veri la maggior parte dei valori che anche ti ritieni veri è ovviamente un caso dovuto al fatto che siamo entrambi cresciuti in un continente cristiano, e dunque abbiamo i medesimi valori. Solo io, come nel tempo in cui furono messi per iscritto, li giustifico mediante Dio, tu invece hai secolarizzato la faccenda, e non puoi più farlo. Siamo dunque nella precaria situazione in cui, in linea di massima, siamo d’accordo su come dovrebbe andare avanti una società, con la differenza che tu non puoi spiegare perché dovrebbe essere così o in base a cosa questa tua e mia visione di società dovrebbe essere imposta. Infatti l’unica risposta “laica” plausibile è un criterio utilitaristico del tipo “perché così funziona, perché così siamo più felici”. Ma questa risposta non dice nulla all’immigrato che volesse replicare: “Bene, tu pensi di sapere, dall’alto della tua scienza euro centrista che cos’è meglio per me e per la società, che cosa devo fare per essere felice. Ma se io non voglio fare il bene per me? O, meno drasticamente, se non credessi che il bene per me e la felicità mia e della società fosse nel tuo corrotto sistema? Gli esempi si sprecano.”
Anche l’imposizione di un etica minimale, volta alla convivenza felice, secondo gli standard europei di che cosa sia una convivenza felice ovviamente, è un’imposizione ideologica di quello che l’occidente pensa sia la ricetta per raggiungere la felicità nella società. Ma come può pretendere quest’Occidente di vendere la sua ricetta se non ci crede neppure lui? E, se anche ci credesse, non può fondarlo? La nostra società, in tutte le sue carte dei diritti contemporanee, presenta dei valori, ma non dice volutamente su cosa si basino. E’ un silenzio imbarazzante, a cui giustamente il mondo islamico risponde con delle pernacchie.
CITAZIONE
“In ogni caso se chi viene da fuori non li accetta può tornarsene da dove è venuto. Inoltre questa replica da per scontato che se invece li fondassi metafisicamente chi viene da fuori non sarebbe liberissimo di rispondermi che lui non ne vuole sapere. Ma ciò è falso, perché qualsiasi fondamento tu scegli, chi viene da fuori è liberissimo di risponderti che lui non riconosce il tuo fondamento e quindi non ne vuole sapere.”
Due risponde. La prima è che è pur vero che si può trovare qualcuno che non accetta il tuo fondamento, ma almeno, se qualcuno di chiede “in base a cosa mi imponi il tuo valore?”, posso rispondergli. Mentre pare che l’Occidente abbia dei valori ma non abbia alcun fondamento per difenderli. Li impone, ovviamente, a qualunque migrante, ma è peggio del cattolico, perché il cattolico sa dire almeno un “perché”, la società laica no. Qui non si sta parlando della volontà di aderire o meno ad una spiegazione, ma al fatto che almeno questa spiegazione ci sia: l’Occidente nelle sue carte, poiché non sa più neppure che cosa sia un valore o che cosa si fondi, evita addirittura di menzionare il problema, perché non ha alcuna risposta da dare. Ergo, tra l’imporre qualcosa senza giustificazione, e l’imporre qualcosa con una giustificazione che può non venire accettata, è molto meglio la seconda opzione. Se non altro perché nel secondo caso colui che impone può spiegare a se stesso perché sta facendo quell’imposizione, ad esempio sta imponendo ai forti di non maltrattare i deboli, mentre lo stato laico impone la stessa cosa, ma non sa più dire il perché la impone.
Il secondo punto è che la mancata adesione a qualcosa non preclude l’esistenza di un fondamento. Infatti, la non adesione ad un valore fondato metafisicamente può venire o da un difetto d’intelligenza (allo stesso modo in cui i teoremi della matematica non cessano d’essere veri solo perché i ritardati non li comprendono), oppure perché quella persona non conosce pienamente ed in modo dispiegato la fondazione metafisica dei valori.
CITAZIONE
poiché invece io fondo i miei valori sulla ragione
Ma che cosa vuol dire? La ragione non dice nulla, è solo un calcolo vuoto, un calcolo che non ti dice nulla se prima non postuli il fine cui vuoi arrivare. Se tu postuli che il fine della vita sia la felicità, allora la ragione ti può dire come arrivarci, ma è la medesima ragione che ti dice come progettare nel modo più efficiente possibile uno sterminio di massa. Infatti la ragione è una macchina di calcolo vuota, in cui tu devi inserire i dati per il computo, e soprattutto a cui tu devi dare una direzione, in base ad assunti meta-razionali ovviamente, come l’assunto che il bene sia la felicità. La regione può dirti cosa ti conviene, e NON perché dovresti NON fare quello che ti conviene, ma che qualcuno ha etichettato con errato: un giudeo-cristiano, direbbe Nietzsche. L’etica può difendersi solo cercando di persuadere il malvagio che fare il male non conviene neanche a lui, perché prima o poi gli si ritorcerebbe contro. Questa argomentazione utilitaristica ovviamente, che di etico ha di ben poco e vuole convincere in base alla convenienza, non ha alcuna risposta per chi volesse rispondere: “a mio avviso i vostri calcoli sono sbagliati, e, se anche fossero giusti, preferisco rischiare e godermi la vita piuttosto che vivere da pecora nella morale degli schivi”. Come disse Nietzsche infatti:
“Trattenerci reciprocamente dall’offesa, dalla violenza, dallo sfruttamento, stabilire un’eguaglianza tra la propria volontà e quella dell’altro: tutto questo può, in un certo qual senso grossolano, divenire una buona costumanza tra individui, ove ne siano date le condizioni (vale a dire la loro effettiva somiglianza in quantità di forza e in misure di valore, nonché la loro mutua interdipendenza all’interno di un unico corpo). Ma appena questo principio volesse guadagnare ulteriormente terreno, addirittura, se possibile, come principio basilare della società, si mostrerebbe immediatamente per quello che è: una volontà di negazione della vita, un principio di dissoluzione e di decadenza. Su questo punto occorre rivolgere radicalmente il pensiero al fondamento e guardarsi da ogni debolezza sentimentale: la vita è essenzialmente appropriazione, offesa, sopraffazione di tutto quanto è estraneo e piú debole, oppressione, durezza, imposizione di forme proprie, un incorporare o per lo meno, nel piú temperato dei casi, uno sfruttare – ma a che scopo si dovrebbe sempre usare proprio queste parole, sulle quali da tempo immemorabile si è impressa un’intenzione denigratoria? Anche quel corpo all’interno del quale, come è stato precedentemente ammesso, i singoli si trattano da eguali – ciò accade in ogni sana aristocrazia – deve anch’esso, ove sia un corpo vivo e non moribondo, fare verso gli altri corpi tutto ciò da cui vicendevolmente si astengono gli individui in esso compresi: dovrà essere la volontà di potenza in carne e ossa, sarà volontà di crescere, di estendersi, di attirare a sé, di acquistare preponderanza – non trovando in una qualche moralità o immoralità il suo punto di partenza, ma per il fatto stesso che esso vive, e perché la vita è precisamente volontà di potenza. In nessun punto, tuttavia, la coscienza comune degli Europei è piú riluttante all’ammaestramento di quanto lo sia a questo proposito; oggi si vaneggia in ogni dove, perfino sotto scientifici travestimenti, di condizioni di là da venire della società, da cui dovrà scomparire il suo “carattere di sfruttamento” – ciò suona alle mie orecchie come se si promettesse di inventare una vita che si astenesse da ogni funzione organica. Lo “sfruttamento” non compete a una società guasta oppure imperfetta e primitiva: esso concerne l’essenza del vivente, in quanto fondamentale funzione organica, è una conseguenza di quella caratteristica volontà di potenza, che è appunto la volontà della vita. – Ammesso che questa, come teoria, sia una novità – come realtà è il fatto originario di tutta la storia: si sia fino a questo punto sinceri verso se stessi!” (Nietzsche, Al di là del bene e del male, § 259, Milano, 1992, Rizzoli, p. 236)
CITAZIONE
“Ma poiché invece io fondo i miei valori sulla ragione partendo da qualcosa che condivide anche chi viene da fuori (uguaglianza)”
Uguaglianza? E che cosa vuol dire? Come diceva già Platone: “l’uguaglianza si ha tra uguali”…. Scriveva il divino:
“L’uguaglianza tra ineguali diventerebbe ineguaglianza, se mancasse di misura […] L’uguaglianza più vera […] infatti impartisce di più al più grande, di meno al più piccolo, dando a ciascuno dei due in giusta misura secondo la loro natura”(Platone, Leggi, VI, 757a-c)
Questo è il modo greco e aristocratico, che fa eco anche in quel passo di Cicerone, di intendere l’uguaglianza, il che a noi suonerebbe discriminatorio. Sei eguale tra eguali, tautologico e vero.
Chi è uguale e che cosa implica esser uguale? Uomini e donne ad esempio sono diversi, che senso ha dunque dire che sono uguali? Su che piano lo sono e perché? Uguaglianza è una parola vuota se non viene declinata. E poi cosa mai vuol dire che i tuoi valori sono fondati sulla ragione? Come già detto la ragione non prescrive nulla, se non il metodo per arrivare dove vuoi. Nessuna descrizione infatti implica una proscrizione, nessun essere implica un dover essere. La ragione può cioè dirmi che le razze non esistono, e che l’unica cosa che mi distingue da un nero è la carnagione, ma non mi dice perché non devo disprezzare una persona sulla base di questa differenza. La constatazione che il mio vicino di casa è uguale a me non mi prescrive in alcun modo il suo rispetto, e non mi dice perché non dovrei prenderlo a badilate. Posso constatare che è uguale a me, ma questo non implica nulla, né che debba amarlo né che debba sparargli, e non mi impedisce affatto di sparagli. Il retro-pensiero in questi casi è sempre un “se lo faccio io, potrebbero farlo anche altri”, ergo la morale laica si fonda sull’utilitarismo e sulla paura, e non ha nulla da rispondere al criminale che accetta il rischio e risponde “se gli altri vogliono venire e provarci, vengano pure, mi prendo il rischio”.
Ma torniamo alla ragione, essa, non solo presa singolarmente non ci dice nulla del perché dovrei fare cose che non mi convengono, ma per di più essa è inesistente. Il novecento ci ha abituato a diffidare di chi mette sull’altare la parola ragione, giostrandosi ingenuamente con essa come fosse un uomo dei secolo dei Lumi, ancora abbagliato da questa parola. Infatti non esiste una facoltà chiamata “ragione”, come non esista la mente, ci sono infatti paradigmi che parlano dell’uomo senza parlare di “mente”, si veda la psichiatria fenomenologica di Binswanger, Basaglia, Jaspers, Galimberti. La ragione, se proprio vogliamo tenerla, è comunque sempre condizionata dai dati che metti all’interno di questa macchina di calcolo, e il risultato dipende per l’appunto dai dati di partenza. Persone ragionevolissime ma provenienti da culture diverse, poiché mettono all’interno dello stesso calcolatore dati di partenza e presupposti diversi, giungono a conclusioni diverse. Noi mettiamo nei nostri calcoli e nei nostri sillogismi parole come “libertà”, “volontà”, ecc. Per culture dove queste cose non hanno importanza, o addirittura non hanno corrispondente alcuno, perché questi concetti semplicemente non esistono e non esiste neppure parola per esprimerli, la razionalità fa partorire altro. È finita col novecento l’epoca dei philosophes e della gente che credeva di poter arrivare ad una verità “di ragione”, che non fosse influenzata dalla propria cultura- Ormai tutte le discipline, dalla psicologia alla filosofia, non fanno che parlarci della faiblesse della ragione, della sua condizionatezza.
CITAZIONE
“Ma bada bene, se non riconosce l'uguaglianza non riconoscerà ancor meno il tuo dio.”
Può darsi che invece avvenga l’inverso. E cioè che, pur non condividendo il mio dio, accetti le regole della società che si basa su questo Dio perché vede che i suoi cittadini le considerano sacre ed hanno una ragione per volerle imporre, mentre al contrario costui giudicherebbe ipocrita una società che, oltre ad imporgli quelle regole, si rifiuta addirittura di dirgli su che base essa ritenga quelle regole sacre. Si può rispettare molto di più una decisione, anche se non ne condivido i motivi, di quanto si possa rispettare una decisione che ugualmente non condivido, e che per giunta non ha alcuna motivazione, nel senso che chi me la impone non mi mostra su che base lui pensa sia giusta.
CITAZIONE
“Infatti io sono per la poligamia per chi la desidera.”
Bene, favoloso. Questo a mio avviso invera parecchio la frase di Chesterton sovra-riportata, perché con la morale ridotta al “non fare danno a terzi” in effetti la poligamia non si può condannare, e così, se alle donne va bene, allora perché vietarla? Invece l’Occidente ha una presunzione, e cioè pretende di sapere che la coppia monogama sia superiore, che liberi la donna da una posizione asimmetrica, e che solo in questa situazione dove i due divengono una carne sola ci sia la piena felicità. L’Occidente impone questa sua regola, ma, come tu stesso coerentemente dici, non si sa in base a che cosa…
CITAZIONE
“ncora non hai capito che non puoi usare l’argomento “i valori laici sono infondabili e dunque contestabili” perché qualsiasi fondamento metafisico tu darai sarà ancor più contestabile”
Come già detto, io mi preoccupo più di colui al quale andremo ad imporre, giacché siamo d’accordo sul fato che certe cose occorre imporle, della coerenza di colui che impone. Poiché siamo d’accordo che certi valori dell’Occidente e della democrazia siano da imporre, il problema non è più se imporli o meno e la risposta dell’islamico, bensì la nostra coerenza. Mentre il credente infatti può darsi una giustificazione del perché impone qualcosa, l’ateo non può farlo.
CITAZIONE
“Tu continui a confondere il piano teorico con quello pratico. In quello teorico entrambi i "fondamenti" dipendono dal presupposto che accetti (un certo dio da una parte, e un ceti principio fondante dall'altra)”
Quel “certo principio fondante” di parte laica quale sarebbe? Nessuno è ancora riuscito a spiegarmelo. E si basi che il problema non è convincere me, ma che questo principio sia coerente col resto degli assiomi laici. Questi laici, che riconoscono che la morale sia fatta da uomini, così come il bene e il male, non riescono a fare stare insieme questo punto di partenza ateistico con la pretesa di fondare una morale cui l’uomo sia soggetto, perché se l’uomo ha creato la morale nulla gli vieta di disfarla. Lui è il fondamento, e dunque può toglierlo quando vuole.
CITAZIONE
“In base al fatto che abbiamo un ordinamento giuridico. Questo è più che sufficiente.”
In base a ciò, giudichi male i movimenti emancipazionisti di ogni epoca storica europea o quelli attuali nei paesi islamici? Se il fondamento del rispetto che si deve ad una legge è nel semplice fatto che sia scritta, allora siamo condannati all’immobilismo. Inoltre, qualsiasi cosa voti un’assemblea in uno stato, il giusto diverrebbe automaticamente seguire quello che viene proclamato da loro? E dove sono i valori della resistenza così cari a certa disobbedienza civile? Dov’è l’esempio di Moro che diceva di volersi inchinare dinnanzi solo alla sua coscienza e non ad Enrico VIII? Mi sembri quello sventurato di Cartesio che, quando gli chiesero perché fosse cattolico, rispose “sono nella religione del mio re e della mia nutrice”…
CITAZIONE
“Certo, lo stesso governo. Del resto anche i cittadini fanno ricorso per sentenze che giudicano errate pur condividendo l'ordinamento giuridico, ma se poi il ricorso non viene accettato hanno due strade, o si rassegnano o rifiutano le leggi (espatriano, diventano criminali). Io comunque contestavo il fatto che una minoranza imponga qualcosa alla maggioranza, ciò è falso perchè "l'imposizione" viene dalla maggioranza stessa che ha sottoscritto l'accordo.”
No, la maggioranza ha votato quell’accordo, ma ciò non implica che la maggioranza sia d’accordo con l’interpretazione che viene data di quell’accordo. Il mondo politico, se escludiamo radicali e alcuni comunisti, ha infatti preso una posizione netta contro questa sentenza. Se anche fosse vero che la sentenza deriva dalla Carta dei diritti dell’uomo, questo ancora non implicherebbe che la gente fosse conscia che sottoscrivere quella carta implicasse queste conseguenze. Sia che, prendendo come metro di riferimento la carta dei diritti dell’uomo, la sentenza sia giusta o sbagliata, ciò non ci dice nulla su cosa pensi la maggioranza, che poteva non aver colto le implicazioni di quella carta quando fu votata.
Ad maiora