Studi sul Cristianesimo Primitivo

Corte Europea: via i crocifissi.

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Pecora selvatica
view post Posted on 7/11/2009, 10:26     +1   -1




....mah!....problema e sentenza della corte europea, a mio avviso, di una inutilità senza pari!...ma devo dire che grazie alla signora querelante ho imparato come fare a ragranellare un po di quattrini facili, può sempre tornare utile, in tempi di carestia! grazie!!

Sono sempre stato critico nei confronti del cristianesimo, ho sempre dubitato della stessa esistenza di una qualche forma di divinità e/o trascendenza, pur essendo sempre stato circondato, a scuole...ecc..., da crocifissi; ho frequentato il catechismo (fermandomi alla prima comunione); e malgrado tutti questi insegnamenti, mi sono avvicinato sempre più alle religioni arcaiche, animistiche....

Aggiungo, per concludere, che ho sempre avuto, fin da bambino, la passione per le escursioni in montagna, l'essere solo, immerso nella maestosità silente, della Natura Selvaggia e...sulla cima, di praticamente tutte le vette è posto un crocifisso, o una piccola cappella votiva, o un qualche altro simbolo religioso cristiano...a me personalmente è sempre piaciuto e mi ha sempre affascinato molto incontrarli, una volta giunto sulla cima....e la montagna è sicuramente un luogo pubblico!!...cosa facciamo?? delle spedizioni per togliere tutti questi 'simboli' anche dalla cima dei monti??...per non irritare e/o compromette la sensibilità religiosa di altri credenti o atei??



Ciao a tutti! :73.gif:
 
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ginaripippa
view post Posted on 7/11/2009, 11:33     +1   -1




CITAZIONE
Attenzione perchè Polymetis ha affermato, sostanzialmente: "se non credi in Dio, allora non sei fedele ai patti." Da questo non si può dedurre che "se credi in Dio allora sei fedele ai patti", cioè che basti il credere in Dio per essere fedele ai patti, ma si può soltanto dedurre che: "se sei fedele ai patti, allora necessariamente sei uno che crede in Dio". In parole povere: se credi in Dio, non è detto che da ciò consegua che tu sei fedele ai patti: potresti esserlo o non esserlo.

Ok...mi pare che stiamo dicendo la stessa cosa....cioè che l'affermazione di Poly non è né certa né biunivoca.....

Ci sono un sacco di atei che sono fedeli ai patti come chi crede in Dio e ci sono un sacco di credenti che non sono fedeli ai patti come alcuni atei che non credono né in Dio nè nei patti ....



CITAZIONE
Aggiungo, per concludere, che ho sempre avuto, fin da bambino, la passione per le escursioni in montagna, l'essere solo, immerso nella maestosità silente, della Natura Selvaggia e...sulla cima, di praticamente tutte le vette è posto un crocifisso, o una piccola cappella votiva, o un qualche altro simbolo religioso cristiano...a me personalmente è sempre piaciuto e mi ha sempre affascinato molto incontrarli, una volta giunto sulla cima....e la montagna è sicuramente un luogo pubblico!!...cosa facciamo?? delle spedizioni per togliere tutti questi 'simboli' anche dalla cima dei monti??...per non irritare e/o compromette la sensibilità religiosa di altri credenti o atei??

quanto dici è molto bello, evidente segno che i non credenti sono persone spesso oneste intellettualmente, intelligenti, logiche e sensibili, almeno quanto i credenti (e qualche volta anche di più....)

a me che sono cristiana (a modo mio), i simboli e le icone cristiane non danno evidentemente fastidio.....anche se penso che un certo pudore nella loro ostentazione sarebbe sempre opportuno (visto che all'ombra della croce ne sono successe di cotte e di crude)

Visto che Cristo è per noi credenti risorto ed assiso alla destra del Padre, vedrei meglio una santa icona di Cristo Pantocratore, anche nei luoghi di culto.....

L'insistere per millenni sulla croce mi pare che rifletta un morboso autocompiacimento dell'uomo nella sofferenza, piuttosto che nella lotta e nella volontà di fare crescere il Regno...ma sono opinioni personali che non vorrei imporre a nessuno....


vale
 
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view post Posted on 7/11/2009, 14:18     +1   -1
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Per Hard-Rain

CITAZIONE
“Attenzione perchè Polymetis ha affermato, sostanzialmente: "se non credi in Dio, allora non sei fedele ai patti.".”

Quel “sostanzialmente” è da rimarcare, perché ho detto qualcosa di più preciso. Cioè che Locke aveva affermato “Se non credi in Dio, non v’è garanzia che tu tenga fede ai patti”, e non “se non credi in Dio, non credi ai patti”. Un ateo può essere la persona più morale del mondo, ma lo fa perché gli è stato inculcato nel suo ethos, e non perché sappia fondare la sua morale.

CITAZIONE
“No, Frances, non abituarti a scrivere in questa lingua orribile”

Blasfemo… Non so se sei al corrente che sono uscite le traduzioni di Harry Potter in latino e pure in greco antico, potrebbe essere un buon esercizio.

Per Spirito Libero

CITAZIONE
“No. L’unica cosa che c’è di uniforme sono i diritti dell’uomo, la laicità e altre cosucce prese dall' illuminismo e dal pensiero greco-romano. Tu ovviamente sosterrai che l’illuminismo nasce in seno al cristianesimo, io invece sostengo che nasce in opposizione all’oscurantismo cattolico. Ma su questo abbiamo già discusso a lungo e a quanto pare senza risultati apprezzabili.”

Che l’illuminismo nasca in seno al cristianesimo è indubitabile quanto il fatto che sia stato largamente in opposizione al cristianesimo. Le due cose non solo non si escludono, ma per di più non confutano nulla di quello che ho detto. Il luteranesimo non è forse nato in seno e al contempo in opposizione al cattolicesimo? Lutero ha copiato i ¾ della teologia cattolica, dalla Trinità alla dottrina della Grazia in Agostino, e non è concepibile l’impianto dogmatico protestante senza la Chiesa Cattolica, tuttavia, il luteranesimo nasce in opposizione al cattolicesimo. Allo stesso modo i valori dell’illuminismo, che pure criticava la religiosità superstiziosa, solo valori cristiani secolarizzati. La compassione per il debole, la società di uguali, ecc. Il fatto che il cristianesimo in Europa stesse vivendo tradendo questi valori, non toglie il fatto che siano stati presi da qui. Tutta la storia Europea è un continuo affiorare di eretici e predicatori vari che vogliono prendere alla lettera quanto c’è scritto nel Vangelo, e per questo vogliono una società più equa. Il diritto naturale, nasce nell’Europa del cinquecento con la scuola di Salamanca, la seconda scolastica, e poi esplode nel seicento.
Si può cercare finché si vuole corrispondenze nelle antiche filosofie greche e latine di questi valori, ma non solo si fraintenderebbe completamente qualora si pensasse di vederli, oltre a questo sarebbe poco plausibile pensare che la coscienza europea, che aveva sotto gli occhi un cristianesimo pervasivo in ogni ambito della società, sia andata a pescare quei valori altrove. Semmai c’è stata una rilettura, assai poco scientifica, di opere antiche, per tentare di vedere in esse anticipazioni di quello che i cristiani credevano, ed è così che nasce l’idea delle “animae naturaliter christianae”, cioè gente che era cristiana nel cuore senza saperlo. Questo però non ha avuto ricadute sociali. L’Antica Grecia e Roma erano società schiaviste e patriarcali, con nessun rispetto della persona, concetto del resto sconosciuto. La frase di Cicerone citata ad esempio, non c’entra nulla col nostro problema. Cicerone era un fan degli ottimati, un conservatore, che proprio nella Repubblica stigmatizza i regimi democratici sostenendo, come Polibio, la μικτή πολιτεία.
Quel “suum cuique reddere” è la chiave della frase, che non allude a nulla di ciò che noi chiameremmo democratico, bensì a ciò che in filosofia antica si chiama “uguaglianza geometrica”. “Dare a ciascuno ciò che gli spetta” vuol dire esattamente quello che c’è scritto, e cioè che non a tutti spetta lo stesso trattamento, in quanto, all’interno di quello che ci somigliano, c’è gente che non è titolare a pieno titolo di diritto, come donne o schiavi. Quanto poi al prestare cura al genere umano, ovviamente siamo tutti d’accordo, il problema è chi appartenga al genere umano. Come è noto ancora nel settecento si discuteva se i neri vi appartenessero o meno. Il prestare cura al genere umano di quella frase altro non è che l’humanitas di Terenzio (humani nihil a me alienum puto), la vaga idea che non si possa rimanere insensibile a nulla che capiti ad un uomo (già, ma chi rientra in questa classe?), la vaga e scolorita compassione per le vicende che i seguaci della luce interiore, da Marc’Aurelio a Seneca, avevano per gli schiavi, che nelle loro intenzioni voleva solo dire che andavano trattati con riguardo e rispetto, non che non fossero esseri inferiori o che la schiavitù non avesse ragione di esistere. Troveremmo frasi simili pure in Aristotele, lo sciovinista difensore della schiavitù per eccellenza. Attenti dunque a non fare troppi 2+2, perché i vostri 2 non solo uguali ai 2 dell’epoca antica.

CITAZIONE
“Secondo me sei un illuso, hai mai visto un popolo tornare indietro ? Indietro non si torna, la storia lo insegna chiaramente.”

Perché? Mai sentito parlare dei “corsi e ricorsi della storia” del nostro Vico? Ad esempio le fortune alterne della religiosità… L’illuminismo è un punto basso, ma subito dopo venne il romanticismo, e allora la religione ed il sentimento tornarono all’acme… Poi l’ottocento scientista fu un altro punto basso, e oggi, più che mai, si assiste ad un ritorno del sacro.

CITAZIONE
“Non è esattamente così. Ci sono pochissimi valori ma fondamentali per gli europei. Ecco l’elenco non esaustivo:
Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione
Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza
Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona”

Come già spiegato, tutti questi valori non dicono nulla, non hanno un contenuto positivo. Sono tutti valori anti-discriminatori. Nessuno di essi ti dice cos’è il bene, solo che tu non puoi interferire con la vita altrui cercando di privare altri della libertà. Essi non mettono a fuoco alcun “dover essere” od etica, sono solo una lista esaustiva di tutte le varianti in cui può presentarsi la specie “homo sapiens”, cioè “bianco, nero, cattolico, protestante, comunista, ecc.”, e dicono che per ciascuna di queste varianti, razza, colore, opinioni politiche, tu sei sempre un uomo e non puoi essere discriminato, che insomma sei libero e nessuno può soggiorgarti. Ma la mia domanda era proprio questa: libero di fare cosa? L’Europa si occupa solo di difendere la libertà, e non dà più alcun contenuto. Questo intendevo dire. Non c’è più alcun valore se non il fatto che sei libero, il che è una forma vuota dove puoi infilare qualunque cosa. Questa era l’analisi di Cioran in “Storia ed utopia”, lui lo spiega molto meglio di me.
“Per manifestarsi la libertà esige, come ti dicevo,il vuoto: lo esige - e vi soccombe. La condizione che la determina è la stessa che la annulla. Essa manca di basi: più sarà completa, e più sarà instabile. perché tutto la minaccia, perfino il principio da cui emana. L'uomo è così poco adatto a sopportarla o a meritarla che gli stessi benefici che ne riceve lo schiacciano, ed essa finisce col pesargli al punto che agli eccessi che suscita egli preferisce quelli del terrore. A questi inconvenienti altri si aggiungono: la società liberale, che elimina il «mistero », l'«assoluto », l'« ordine », e non ha vera metafisica più di quanto non abbia vera polizia, respinge l'individuo su se stesso, pur allontanandolo da ciò che egli è, dalle sue proprie profondità. Se manca di radici, se è essenzialmente superficiale, è perché la libertà, fragile in se stessa, non ha nessun mezzo per conservarsi e per sopravvivere ai pericoli che la minacciano dal di fuori e dal di dentro. Inoltre, essa appare soltanto in virtù di un regime che volge alla fine, al momento in cui una classe declina e si dissolve: Ie mancanze dell'aristocrazia consentirono al Settecento di divagare magnificamente; quelle della borghesia ci permettono oggi di abbandonarci ai nostri capricci. Le libertà prosperano soltanto in un corpo sociale malato: tolleranza e impotenza sono sinonimi. Ciò è evidente in politica, come in tutto il resto. Quando intravidi questa verità, il sole sprofondò sotto i miei piedi. Ancora oggi, ho un bell'esclamare: « Fai parte d'una società di uomini liberi!, la fierezza» che ne provo si accompagna sempre con un senso di terrore e di inanità, scaturito dalla mia terribile certezza. Nel corso dei tempi, la libertà non occupa più istanti di quanti ne occupi l'estasi nella vita di un mistico. Essa ci sfugge nel momento stesso in cui cerchiamo di afferrarla e di formularla: nessuno può goderne senza tremare. Disperatamente mortale, non appena s'instaura, postula la sua mancanza di avvenire e lavora, con tutte le sue forze minate, alla propria negazione e alla propria agonia. Non c'è qualche perversione nel nostro amore verso di essa? E non è terrificante votare un culto a ciò che non vuole né può durare? Per voi, che non l'avete più, è tutto; per noi, che la possediamo, non è che illusione, perché sappiamo che la perderemo e che, a ogni modo, è fatta per essere perduta.
Perciò, in mezzo al nostro nulla, volgiamo gli sguardi da tutte le parti, senza tuttavia trascurare le possibilità di salvezza che risiedono in noi stessi. D'altra parte, non c'è il nulla perfetto nella storia. In quest'assenza inaudita nella quale siamo confinati e che ho il piacere e la disgrazia di rivelarti, avresti torto a supporre che non si delinei nulla: io vi scorgo - presentimento o allucinazione? - come l'attesa di altri dèi. Quali?
Nessuno potrebbe rispondere. Ciò che so, ciò che tutti sanno, è che una situazione come la nostra non si lascia sopportare indefinitamente. Nel più profondo delle nostre coscienze una speranza ci crocifigge, un'apprensione ci esalta. A meno di consentire alla morte, le vecchie nazioni, per quanto marce siano, non possono fare a meno di nuovi idoli. Se infatti l'Occidente non è irrimediabilmente colpito, deve ripensare tutte le idee che gli sono state rubate.”
(E. M. Cioran, Storia e Utopia, Milano, 1982, Adelphi, pp. 24-25)
CITAZIONE

Mi sembrano già questi (e ce ne sono diversi altri) valori sufficienti a garantire l’unione di chi li condivide in opposizione a chi li contesta.”

Ma non ti sei reso conto che quei valori non dicono nulla, in quanto si limitano a dire chi è titolare della libertà? Cioè tutti. Non sono altro che una serie di negazione: non è perché sei nero, che ti posso discriminare, non è perché sei comunista, perché sei ateo, ecc. Lo Stato non dà più valori,devi essere libero, libero di scrivere, di pensare, di fare quello che vuoi… Ma non ha più valori comuni da dare, se non per l’appunto che sei libero. Una società come questa, che non insegna nulla, e che non ha più del simbolico, può reggersi in piedi? Perdiamo troppo tempo a piangere sulle discriminazioni del passato in Europa, e a dire quali solo gli sbagli da non ripetere, per poter avere del potenziale creativo che anziché dirci cosa non dobbiamo fare ci riempie la vita anche di qualche contenuto, di un senso. Oppure, se lo si lascia solo al singolo, questa società non sarà più tenuta insieme dal nulla se non dall’idea che ognuno deve fare quello che vuole.
Tra l’altro, la dichiarazione che citi, non è venuta fuori dal nulla. Essa è una dichiarazione profondamente radicata nella metafisica cristiana, ed eurocentista, lo si sente ad ogni parola che utilizza. Categorie filosofiche come “libertà”, “persona”, che diamo per scontato, spesso non hanno corrispondente fuori dal percorso europeo. Eppure per noi sono ovvie quanto l’acqua che cade dal cielo. Come si può vivere senza riflettere sulla libertà? Eppure, la libertà non è un ente che esista, è una categoria di pensiero volontaristica, che presuppone una distinzione tra un soggetto ed i suoi atti, ed è una categoria eleborata in Europa. Questa parola non esisteva neppure in cinese, per fare un esempio, fino a qualche decennio fa, tanto che si dovette coniarla ex novo. Ma noi europei leggiamo le cosa con una tale superficialità, dandole così scontate… Quella Dichiarazione, la dichiarazione cosiddetta “universale” dei diritti dell’uomo piace tanto all’Europa perché il sostrato filosofico che la regge, cioè il personalismo, è stato opera di Maritain, che è stato il consulente filosofico per la redazione di questa dichiarazione. Le Nazioni Unite avevano interpellato diversi filosofi, che giustamente avevano risposto che il progetto di una dichiarazione universale dei diritti dell’uomo era qualcosa teoricamente impossibile e non formulabile. Giustamente, s’era imbarazzati nel dare un fondamento giusnaturalistico ai diritti umani, perché l’idea che esistano dei diritti di “natura” o che esista una “natura umana” erano due concezioni totalmente in crisi a metà novecento. La soluzione venne dal personalismo di Maritain, che era un tomistone di ferro, e che decise di ancorare l’enunciazione di quei diritti sul concetto di persona. Questo sta su qualunque libro di storia dei diritti umani. Il risultato fu ovviamente che la cosa non andò bene a nessuno: non andò bene ai paesi islamici, che ancora subordinano questa carta ad altre, perché era scandalosamente eurocentrista, e non andò bene al papa allora regnante perché v’è un tentativo di presentare il concetto di persona estraniato dalla sua origine, cioè la religione e Dio.
CITAZIONE
“Per me e per la stragrande maggioranza dei pensatori non cattolici, non tirannici contemporanei. Anche perché, di etiche ne esistono quasi infinite e dunque imporne una è una barbarie intollerabile.”

Ma ne imponiamo già una. Vuoi contraddirti? Non hai detto ad esempio che l’Europa ha dei valori positivi? E non hai forse cercato, invano, di elencarmeli? La coperta non è così grande da poterci far star dentro tutti. E’ ben noto infatti che i relativisti considerano tutto relativo tranne ovviamente i loro valori, che non si sa perché godono di sacrosantitas. Magari i credenti condividono parte dei quei valori laici, me mentre i credenti sanno giustificare sia i loro valori sia i valori che condividono coi laici, dicendo che si basano sul fatto che l’uomo è ad immagine di Dio, gli atei e i relativisti non hanno alcun modo per giustificare i valori che anche i cattolici condividono e che vorrebbero imporre alla società, non si sa su che base.
CITAZIONE
“Lo stato deve imporre solamente quello che è strettamente necessario per la civile convivenza. Questa non è etica ma legislazione, non confondere i due piani.”

La legislazione si basa sulla pretesa di sapere cos’è il bene da parte dello stato, ergo è etica. Se si ritiene ad esempio che sia diritto di ciascuno perseguire la felicità, gli si vorranno togliere gli impedimenti per la realizzazione di questa meta. Ovviamente tutto ciò è quanto di meno ovvio esista, tutto si basa su concezioni filosofiche che hanno una precisa data di nascita, e i cui presupposti filosofici nessuno stato laico può più giustificare. I Padri fondatori degli States, da cui viene quel diritto al “perseguimento della felicità”, avevano ben diritto sostenerlo, giacché si basavano sulla Rivelazione, mentre pare che gli USA attuali non sappiano spiegare perché mai dovremmo garantire che il nostro prossimo abbia il diritto al perseguimento della felicità. E poi, perché mai la civile convivenza sarebbe un bene? Mi spieghi da dove viene quest’assunto? Io e molti altri nietzscheani (ovviamente sarà seguace della bestia bionda solo ex ipothesi), preferiamo la società della lotta dove poter far vedere aristocraticamente il nostro valore, giacché è meglio un giorno da leone che cento da pecora, e non so proprio in base a che cosa tu voglia impormi la tua pallida e sbiadita ideologia di una vita placida e tranquilla al sicuro…
L’illuminismo del resto non era ateo ma per lo più deista, il che rafforza la mia idea che si tratta di valori cristiani laicizzati, infatti essi fondarono la loro morale, nella Dichiarazione dei Diritti dell’uomo del 1789, su Dio. Il testo afferma “L'Assemblea Nazionale riconosce e dichiara, in presenza e sotto gli auspici dell'Essere Supremo, i diritti seguenti dell'uomo e del cittadino. Articolo I: Gli uomini nascono e restano liberi ed uguali in diritti”. Dio sta sempre all’incipit…
E il Bill of Rights pubblicato nel 1776 dai padri costituenti americani similmente “ “Tutti gli uomini sono stati creati eguali e sono provvisti dal Creatore di certi diritti inalienabili...”. Come si vede qui si dichiara, alla radice della idea di libertà moderna, che i diritti sono tali perché sono stati provvisti alle sue creature dal Creatore. E questo sempre all’interno di quei fermenti settecenteschi. Böckenförde e Carl Schimitt hanno messo in luce che tutti i fondamenti dello stato moderno vengono da secolarizzazioni di concetti cristiani, com’è ovvio del resto visto che il cristianesimo è antecedente e coevo allo stato moderno, più vicino ed incalzante di qualsiasi scrittore greco o romano.

CITAZIONE
“Deve rispettare le leggi italiane se vuole vivere in Italia, senza se e senza ma. Questo dice il nostro ordinamento giuridico come un italiano deve rispettare le leggi islamiche se vive in Iran. A questo non occorre giustificazione metafisica, ma semplicemente giuridica.”

Questo non spiega cosa sia il bene, ma che cosa sia legale. Io invece discuto di cosa è giusto, e se lo si possa fondare. Giacché è ovvio che, sebbene legislazione ed etica siano distinte, ciascun legislatore tenta di spacciare ciò che pensa come giusto, altrimenti, se una legge fosse ingiusta, la gente vorrebbe cambiarla. E comunque, la tua risposta non risponde a nulla. Se dovessimo applicarla, e cioè ritenere che la giustificazione del rispetto delle leggi dovrebbe essere il semplice fatto che sono le leggi le paese in cui mi trovo, e cioè che “Deve rispettare le leggi italiane se vuole vivere in Italia, senza se e senza ma”, allora non sarebbe più possibile alcun cambiamento o rivoluzione. Vale a dire che se una donna si trasferisce in Iran, non deve lottare per i diritti delle donne, perché tu stesso hai scritto “un italiano deve rispettare le leggi islamiche se vive in Iran”? Questo è un gioco pericoloso. Io infatti sto facendo una domanda radicale. Gli immigrati vengono qui, sanno cos’è illegale ai nostri occhi, come la poligamia, ma perché non dovrebbero lottare per cambiarlo, ed imporci i loro valori, visto che lo stato è incapace di dare una giustificare dei nostri e di dirci su cosa si fondino e perché oltre che legali siano anche giusti?
"Uomini che cominciano a combattere la Chiesa per amore della libertà e dell'umanità, finiscono per combattere anche la libertà e l'umanità pur di combattere la Chiesa". (Chesterton)

CITAZIONE
“Non ho capito questa tua replica, io stavo solo facendoti notare che lo stato imopne dei comportamenti laddove questi siano ritenuti necessari (a torto o a ragione poco importa in questa sede) alla civile convivenza.”

La tua argomentazione era che lo stato impone al cittadino anche dei comportamenti anche se, qualora non venissero rispettati, non vi sarebbe danno a terzi. Avevi scritto: “comportamenti da tenere e non solo relativi a situazioni in cui sono coinvolti altri, pensiamo ad esempio all’uso delle cinture”. La tua argomentazione era che le cinture di sicurezza mi vengono imposte per il mio bene, anche se qualora mi ammazzi mi ammazzi problema è solo mio. Intendevi così rispondere alla mia accusa di uno stato vuoto di valori che si limiterebbe a dirti di non interferire con la libertà altrui. Tu hai invece replicato che lo stato, poiché impone le cinture di sicurezza, che a prima vista sono solo per il bene, non solo mi impone di non interferire nella libertà altrui, ma anche stabilisce qual è il bene per me. Io ho replicato che non è così, non il questo caso almeno. Infatti non allacciarsi le cinture può causare, anche se indirettamente, danni a terzi.
Comunque, non volevo esporre un teorema vero per tutti i casi, è ovvio che, grazie a Dio, abbiamo ancora dei residui di stato etico, quella che sto denunciando è una linea di tendenza progressiva e generale.
CITAZIONE
“Consapevoli di ciò seguiamo valori ed etiche perché li riteniamo giusti basandoci su certi principi di base che riteniamo irrinunciabili pur non volendoli fondare metafisicamente.”

Parli alla prima persona plurale, e automaticamente dici che “noi” li riteniamo irrinunciabili, mostrando così il tallone d’Achille del tuo ragionamento. Se li segui solo perché li ritieni irrinunciabili, allora la sospensione dell’assenso, da parte tua o di chiunque altro, toglie il fondamento a questi valori, e dunque non si vede proprio perché li debba seguire chi non li voglia. Il fatto che io ritenga veri la maggior parte dei valori che anche ti ritieni veri è ovviamente un caso dovuto al fatto che siamo entrambi cresciuti in un continente cristiano, e dunque abbiamo i medesimi valori. Solo io, come nel tempo in cui furono messi per iscritto, li giustifico mediante Dio, tu invece hai secolarizzato la faccenda, e non puoi più farlo. Siamo dunque nella precaria situazione in cui, in linea di massima, siamo d’accordo su come dovrebbe andare avanti una società, con la differenza che tu non puoi spiegare perché dovrebbe essere così o in base a cosa questa tua e mia visione di società dovrebbe essere imposta. Infatti l’unica risposta “laica” plausibile è un criterio utilitaristico del tipo “perché così funziona, perché così siamo più felici”. Ma questa risposta non dice nulla all’immigrato che volesse replicare: “Bene, tu pensi di sapere, dall’alto della tua scienza euro centrista che cos’è meglio per me e per la società, che cosa devo fare per essere felice. Ma se io non voglio fare il bene per me? O, meno drasticamente, se non credessi che il bene per me e la felicità mia e della società fosse nel tuo corrotto sistema? Gli esempi si sprecano.”
Anche l’imposizione di un etica minimale, volta alla convivenza felice, secondo gli standard europei di che cosa sia una convivenza felice ovviamente, è un’imposizione ideologica di quello che l’occidente pensa sia la ricetta per raggiungere la felicità nella società. Ma come può pretendere quest’Occidente di vendere la sua ricetta se non ci crede neppure lui? E, se anche ci credesse, non può fondarlo? La nostra società, in tutte le sue carte dei diritti contemporanee, presenta dei valori, ma non dice volutamente su cosa si basino. E’ un silenzio imbarazzante, a cui giustamente il mondo islamico risponde con delle pernacchie.
CITAZIONE
“In ogni caso se chi viene da fuori non li accetta può tornarsene da dove è venuto. Inoltre questa replica da per scontato che se invece li fondassi metafisicamente chi viene da fuori non sarebbe liberissimo di rispondermi che lui non ne vuole sapere. Ma ciò è falso, perché qualsiasi fondamento tu scegli, chi viene da fuori è liberissimo di risponderti che lui non riconosce il tuo fondamento e quindi non ne vuole sapere.”

Due risponde. La prima è che è pur vero che si può trovare qualcuno che non accetta il tuo fondamento, ma almeno, se qualcuno di chiede “in base a cosa mi imponi il tuo valore?”, posso rispondergli. Mentre pare che l’Occidente abbia dei valori ma non abbia alcun fondamento per difenderli. Li impone, ovviamente, a qualunque migrante, ma è peggio del cattolico, perché il cattolico sa dire almeno un “perché”, la società laica no. Qui non si sta parlando della volontà di aderire o meno ad una spiegazione, ma al fatto che almeno questa spiegazione ci sia: l’Occidente nelle sue carte, poiché non sa più neppure che cosa sia un valore o che cosa si fondi, evita addirittura di menzionare il problema, perché non ha alcuna risposta da dare. Ergo, tra l’imporre qualcosa senza giustificazione, e l’imporre qualcosa con una giustificazione che può non venire accettata, è molto meglio la seconda opzione. Se non altro perché nel secondo caso colui che impone può spiegare a se stesso perché sta facendo quell’imposizione, ad esempio sta imponendo ai forti di non maltrattare i deboli, mentre lo stato laico impone la stessa cosa, ma non sa più dire il perché la impone.
Il secondo punto è che la mancata adesione a qualcosa non preclude l’esistenza di un fondamento. Infatti, la non adesione ad un valore fondato metafisicamente può venire o da un difetto d’intelligenza (allo stesso modo in cui i teoremi della matematica non cessano d’essere veri solo perché i ritardati non li comprendono), oppure perché quella persona non conosce pienamente ed in modo dispiegato la fondazione metafisica dei valori.

CITAZIONE
poiché invece io fondo i miei valori sulla ragione

Ma che cosa vuol dire? La ragione non dice nulla, è solo un calcolo vuoto, un calcolo che non ti dice nulla se prima non postuli il fine cui vuoi arrivare. Se tu postuli che il fine della vita sia la felicità, allora la ragione ti può dire come arrivarci, ma è la medesima ragione che ti dice come progettare nel modo più efficiente possibile uno sterminio di massa. Infatti la ragione è una macchina di calcolo vuota, in cui tu devi inserire i dati per il computo, e soprattutto a cui tu devi dare una direzione, in base ad assunti meta-razionali ovviamente, come l’assunto che il bene sia la felicità. La regione può dirti cosa ti conviene, e NON perché dovresti NON fare quello che ti conviene, ma che qualcuno ha etichettato con errato: un giudeo-cristiano, direbbe Nietzsche. L’etica può difendersi solo cercando di persuadere il malvagio che fare il male non conviene neanche a lui, perché prima o poi gli si ritorcerebbe contro. Questa argomentazione utilitaristica ovviamente, che di etico ha di ben poco e vuole convincere in base alla convenienza, non ha alcuna risposta per chi volesse rispondere: “a mio avviso i vostri calcoli sono sbagliati, e, se anche fossero giusti, preferisco rischiare e godermi la vita piuttosto che vivere da pecora nella morale degli schivi”. Come disse Nietzsche infatti:

“Trattenerci reciprocamente dall’offesa, dalla violenza, dallo sfruttamento, stabilire un’eguaglianza tra la propria volontà e quella dell’altro: tutto questo può, in un certo qual senso grossolano, divenire una buona costumanza tra individui, ove ne siano date le condizioni (vale a dire la loro effettiva somiglianza in quantità di forza e in misure di valore, nonché la loro mutua interdipendenza all’interno di un unico corpo). Ma appena questo principio volesse guadagnare ulteriormente terreno, addirittura, se possibile, come principio basilare della società, si mostrerebbe immediatamente per quello che è: una volontà di negazione della vita, un principio di dissoluzione e di decadenza. Su questo punto occorre rivolgere radicalmente il pensiero al fondamento e guardarsi da ogni debolezza sentimentale: la vita è essenzialmente appropriazione, offesa, sopraffazione di tutto quanto è estraneo e piú debole, oppressione, durezza, imposizione di forme proprie, un incorporare o per lo meno, nel piú temperato dei casi, uno sfruttare – ma a che scopo si dovrebbe sempre usare proprio queste parole, sulle quali da tempo immemorabile si è impressa un’intenzione denigratoria? Anche quel corpo all’interno del quale, come è stato precedentemente ammesso, i singoli si trattano da eguali – ciò accade in ogni sana aristocrazia – deve anch’esso, ove sia un corpo vivo e non moribondo, fare verso gli altri corpi tutto ciò da cui vicendevolmente si astengono gli individui in esso compresi: dovrà essere la volontà di potenza in carne e ossa, sarà volontà di crescere, di estendersi, di attirare a sé, di acquistare preponderanza – non trovando in una qualche moralità o immoralità il suo punto di partenza, ma per il fatto stesso che esso vive, e perché la vita è precisamente volontà di potenza. In nessun punto, tuttavia, la coscienza comune degli Europei è piú riluttante all’ammaestramento di quanto lo sia a questo proposito; oggi si vaneggia in ogni dove, perfino sotto scientifici travestimenti, di condizioni di là da venire della società, da cui dovrà scomparire il suo “carattere di sfruttamento” – ciò suona alle mie orecchie come se si promettesse di inventare una vita che si astenesse da ogni funzione organica. Lo “sfruttamento” non compete a una società guasta oppure imperfetta e primitiva: esso concerne l’essenza del vivente, in quanto fondamentale funzione organica, è una conseguenza di quella caratteristica volontà di potenza, che è appunto la volontà della vita. – Ammesso che questa, come teoria, sia una novità – come realtà è il fatto originario di tutta la storia: si sia fino a questo punto sinceri verso se stessi!” (Nietzsche, Al di là del bene e del male, § 259, Milano, 1992, Rizzoli, p. 236)

CITAZIONE
“Ma poiché invece io fondo i miei valori sulla ragione partendo da qualcosa che condivide anche chi viene da fuori (uguaglianza)”

Uguaglianza? E che cosa vuol dire? Come diceva già Platone: “l’uguaglianza si ha tra uguali”…. Scriveva il divino: “L’uguaglianza tra ineguali diventerebbe ineguaglianza, se mancasse di misura […] L’uguaglianza più vera […] infatti impartisce di più al più grande, di meno al più piccolo, dando a ciascuno dei due in giusta misura secondo la loro natura”(Platone, Leggi, VI, 757a-c)
Questo è il modo greco e aristocratico, che fa eco anche in quel passo di Cicerone, di intendere l’uguaglianza, il che a noi suonerebbe discriminatorio. Sei eguale tra eguali, tautologico e vero.
Chi è uguale e che cosa implica esser uguale? Uomini e donne ad esempio sono diversi, che senso ha dunque dire che sono uguali? Su che piano lo sono e perché? Uguaglianza è una parola vuota se non viene declinata. E poi cosa mai vuol dire che i tuoi valori sono fondati sulla ragione? Come già detto la ragione non prescrive nulla, se non il metodo per arrivare dove vuoi. Nessuna descrizione infatti implica una proscrizione, nessun essere implica un dover essere. La ragione può cioè dirmi che le razze non esistono, e che l’unica cosa che mi distingue da un nero è la carnagione, ma non mi dice perché non devo disprezzare una persona sulla base di questa differenza. La constatazione che il mio vicino di casa è uguale a me non mi prescrive in alcun modo il suo rispetto, e non mi dice perché non dovrei prenderlo a badilate. Posso constatare che è uguale a me, ma questo non implica nulla, né che debba amarlo né che debba sparargli, e non mi impedisce affatto di sparagli. Il retro-pensiero in questi casi è sempre un “se lo faccio io, potrebbero farlo anche altri”, ergo la morale laica si fonda sull’utilitarismo e sulla paura, e non ha nulla da rispondere al criminale che accetta il rischio e risponde “se gli altri vogliono venire e provarci, vengano pure, mi prendo il rischio”.
Ma torniamo alla ragione, essa, non solo presa singolarmente non ci dice nulla del perché dovrei fare cose che non mi convengono, ma per di più essa è inesistente. Il novecento ci ha abituato a diffidare di chi mette sull’altare la parola ragione, giostrandosi ingenuamente con essa come fosse un uomo dei secolo dei Lumi, ancora abbagliato da questa parola. Infatti non esiste una facoltà chiamata “ragione”, come non esista la mente, ci sono infatti paradigmi che parlano dell’uomo senza parlare di “mente”, si veda la psichiatria fenomenologica di Binswanger, Basaglia, Jaspers, Galimberti. La ragione, se proprio vogliamo tenerla, è comunque sempre condizionata dai dati che metti all’interno di questa macchina di calcolo, e il risultato dipende per l’appunto dai dati di partenza. Persone ragionevolissime ma provenienti da culture diverse, poiché mettono all’interno dello stesso calcolatore dati di partenza e presupposti diversi, giungono a conclusioni diverse. Noi mettiamo nei nostri calcoli e nei nostri sillogismi parole come “libertà”, “volontà”, ecc. Per culture dove queste cose non hanno importanza, o addirittura non hanno corrispondente alcuno, perché questi concetti semplicemente non esistono e non esiste neppure parola per esprimerli, la razionalità fa partorire altro. È finita col novecento l’epoca dei philosophes e della gente che credeva di poter arrivare ad una verità “di ragione”, che non fosse influenzata dalla propria cultura- Ormai tutte le discipline, dalla psicologia alla filosofia, non fanno che parlarci della faiblesse della ragione, della sua condizionatezza.

CITAZIONE
“Ma bada bene, se non riconosce l'uguaglianza non riconoscerà ancor meno il tuo dio.”

Può darsi che invece avvenga l’inverso. E cioè che, pur non condividendo il mio dio, accetti le regole della società che si basa su questo Dio perché vede che i suoi cittadini le considerano sacre ed hanno una ragione per volerle imporre, mentre al contrario costui giudicherebbe ipocrita una società che, oltre ad imporgli quelle regole, si rifiuta addirittura di dirgli su che base essa ritenga quelle regole sacre. Si può rispettare molto di più una decisione, anche se non ne condivido i motivi, di quanto si possa rispettare una decisione che ugualmente non condivido, e che per giunta non ha alcuna motivazione, nel senso che chi me la impone non mi mostra su che base lui pensa sia giusta.

CITAZIONE
“Infatti io sono per la poligamia per chi la desidera.”

Bene, favoloso. Questo a mio avviso invera parecchio la frase di Chesterton sovra-riportata, perché con la morale ridotta al “non fare danno a terzi” in effetti la poligamia non si può condannare, e così, se alle donne va bene, allora perché vietarla? Invece l’Occidente ha una presunzione, e cioè pretende di sapere che la coppia monogama sia superiore, che liberi la donna da una posizione asimmetrica, e che solo in questa situazione dove i due divengono una carne sola ci sia la piena felicità. L’Occidente impone questa sua regola, ma, come tu stesso coerentemente dici, non si sa in base a che cosa…

CITAZIONE
“ncora non hai capito che non puoi usare l’argomento “i valori laici sono infondabili e dunque contestabili” perché qualsiasi fondamento metafisico tu darai sarà ancor più contestabile”

Come già detto, io mi preoccupo più di colui al quale andremo ad imporre, giacché siamo d’accordo sul fato che certe cose occorre imporle, della coerenza di colui che impone. Poiché siamo d’accordo che certi valori dell’Occidente e della democrazia siano da imporre, il problema non è più se imporli o meno e la risposta dell’islamico, bensì la nostra coerenza. Mentre il credente infatti può darsi una giustificazione del perché impone qualcosa, l’ateo non può farlo.

CITAZIONE
“Tu continui a confondere il piano teorico con quello pratico. In quello teorico entrambi i "fondamenti" dipendono dal presupposto che accetti (un certo dio da una parte, e un ceti principio fondante dall'altra)”

Quel “certo principio fondante” di parte laica quale sarebbe? Nessuno è ancora riuscito a spiegarmelo. E si basi che il problema non è convincere me, ma che questo principio sia coerente col resto degli assiomi laici. Questi laici, che riconoscono che la morale sia fatta da uomini, così come il bene e il male, non riescono a fare stare insieme questo punto di partenza ateistico con la pretesa di fondare una morale cui l’uomo sia soggetto, perché se l’uomo ha creato la morale nulla gli vieta di disfarla. Lui è il fondamento, e dunque può toglierlo quando vuole.

CITAZIONE
“In base al fatto che abbiamo un ordinamento giuridico. Questo è più che sufficiente.”

In base a ciò, giudichi male i movimenti emancipazionisti di ogni epoca storica europea o quelli attuali nei paesi islamici? Se il fondamento del rispetto che si deve ad una legge è nel semplice fatto che sia scritta, allora siamo condannati all’immobilismo. Inoltre, qualsiasi cosa voti un’assemblea in uno stato, il giusto diverrebbe automaticamente seguire quello che viene proclamato da loro? E dove sono i valori della resistenza così cari a certa disobbedienza civile? Dov’è l’esempio di Moro che diceva di volersi inchinare dinnanzi solo alla sua coscienza e non ad Enrico VIII? Mi sembri quello sventurato di Cartesio che, quando gli chiesero perché fosse cattolico, rispose “sono nella religione del mio re e della mia nutrice”…
CITAZIONE
“Certo, lo stesso governo. Del resto anche i cittadini fanno ricorso per sentenze che giudicano errate pur condividendo l'ordinamento giuridico, ma se poi il ricorso non viene accettato hanno due strade, o si rassegnano o rifiutano le leggi (espatriano, diventano criminali). Io comunque contestavo il fatto che una minoranza imponga qualcosa alla maggioranza, ciò è falso perchè "l'imposizione" viene dalla maggioranza stessa che ha sottoscritto l'accordo.”

No, la maggioranza ha votato quell’accordo, ma ciò non implica che la maggioranza sia d’accordo con l’interpretazione che viene data di quell’accordo. Il mondo politico, se escludiamo radicali e alcuni comunisti, ha infatti preso una posizione netta contro questa sentenza. Se anche fosse vero che la sentenza deriva dalla Carta dei diritti dell’uomo, questo ancora non implicherebbe che la gente fosse conscia che sottoscrivere quella carta implicasse queste conseguenze. Sia che, prendendo come metro di riferimento la carta dei diritti dell’uomo, la sentenza sia giusta o sbagliata, ciò non ci dice nulla su cosa pensi la maggioranza, che poteva non aver colto le implicazioni di quella carta quando fu votata.

Ad maiora
 
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ginaripippa
view post Posted on 7/11/2009, 16:22     +1   -1




CITAZIONE
“No, Frances, non abituarti a scrivere in questa lingua orribile”

Blasfemo… Non so se sei al corrente che sono uscite le traduzioni di Harry Potter in latino e pure in greco antico, potrebbe essere un buon esercizio.

anche su facebook c'è l'opzione latina....
non so se qualcuno ami facebook
ma l'opzione latina è divertententissima....
oltre che un po' maccheronica......

vale
 
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view post Posted on 7/11/2009, 17:02     +1   -1
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Bibliothecarius Arcanus

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CITAZIONE (Polymetis @ 7/11/2009, 14:18)
Che l’illuminismo nasca in seno al cristianesimo è indubitabile quanto il fatto che sia stato largamente in opposizione al cristianesimo. Le due cose non solo non si escludono, ma per di più non confutano nulla di quello che ho detto. Il luteranesimo non è forse nato in seno e al contempo in opposizione al cattolicesimo? Lutero ha copiato i ¾ della teologia cattolica, dalla Trinità alla dottrina della Grazia in Agostino, e non è concepibile l’impianto dogmatico protestante senza la Chiesa Cattolica, tuttavia, il luteranesimo nasce in opposizione al cattolicesimo. Allo stesso modo i valori dell’illuminismo, che pure criticava la religiosità superstiziosa, solo valori cristiani secolarizzati. La compassione per il debole, la società di uguali, ecc. Il fatto che il cristianesimo in Europa stesse vivendo tradendo questi valori, non toglie il fatto che siano stati presi da qui. Tutta la storia Europea è un continuo affiorare di eretici e predicatori vari che vogliono prendere alla lettera quanto c’è scritto nel Vangelo, e per questo vogliono una società più equa. Il diritto naturale, nasce nell’Europa del cinquecento con la scuola di Salamanca, la seconda scolastica, e poi esplode nel seicento.
Si può cercare finché si vuole corrispondenze nelle antiche filosofie greche e latine di questi valori, ma non solo si fraintenderebbe completamente qualora si pensasse di vederli, oltre a questo sarebbe poco plausibile pensare che la coscienza europea, che aveva sotto gli occhi un cristianesimo pervasivo in ogni ambito della società, sia andata a pescare quei valori altrove. Semmai c’è stata una rilettura, assai poco scientifica, di opere antiche, per tentare di vedere in esse anticipazioni di quello che i cristiani credevano, ed è così che nasce l’idea delle “animae naturaliter christianae”, cioè gente che era cristiana nel cuore senza saperlo. Questo però non ha avuto ricadute sociali. L’Antica Grecia e Roma erano società schiaviste e patriarcali, con nessun rispetto della persona, concetto del resto sconosciuto. La frase di Cicerone citata ad esempio, non c’entra nulla col nostro problema. Cicerone era un fan degli ottimati, un conservatore, che proprio nella Repubblica stigmatizza i regimi democratici sostenendo, come Polibio, la μικτή πολιτεία.
Quel “suum cuique reddere” è la chiave della frase, che non allude a nulla di ciò che noi chiameremmo democratico, bensì a ciò che in filosofia antica si chiama “uguaglianza geometrica”. “Dare a ciascuno ciò che gli spetta” vuol dire esattamente quello che c’è scritto, e cioè che non a tutti spetta lo stesso trattamento, in quanto, all’interno di quello che ci somigliano, c’è gente che non è titolare a pieno titolo di diritto, come donne o schiavi. Quanto poi al prestare cura al genere umano, ovviamente siamo tutti d’accordo, il problema è chi appartenga al genere umano. Come è noto ancora nel settecento si discuteva se i neri vi appartenessero o meno. Il prestare cura al genere umano di quella frase altro non è che l’humanitas di Terenzio (humani nihil a me alienum puto), la vaga idea che non si possa rimanere insensibile a nulla che capiti ad un uomo (già, ma chi rientra in questa classe?), la vaga e scolorita compassione per le vicende che i seguaci della luce interiore, da Marc’Aurelio a Seneca, avevano per gli schiavi, che nelle loro intenzioni voleva solo dire che andavano trattati con riguardo e rispetto, non che non fossero esseri inferiori o che la schiavitù non avesse ragione di esistere. Troveremmo frasi simili pure in Aristotele, lo sciovinista difensore della schiavitù per eccellenza. Attenti dunque a non fare troppi 2+2, perché i vostri 2 non solo uguali ai 2 dell’epoca antica.

[::::::::::::::::::::::::::::::::::]

La legislazione si basa sulla pretesa di sapere cos’è il bene da parte dello stato, ergo è etica. Se si ritiene ad esempio che sia diritto di ciascuno perseguire la felicità, gli si vorranno togliere gli impedimenti per la realizzazione di questa meta. Ovviamente tutto ciò è quanto di meno ovvio esista, tutto si basa su concezioni filosofiche che hanno una precisa data di nascita, e i cui presupposti filosofici nessuno stato laico può più giustificare. I Padri fondatori degli States, da cui viene quel diritto al “perseguimento della felicità”, avevano ben diritto sostenerlo, giacché si basavano sulla Rivelazione, mentre pare che gli USA attuali non sappiano spiegare perché mai dovremmo garantire che il nostro prossimo abbia il diritto al perseguimento della felicità. E poi, perché mai la civile convivenza sarebbe un bene? Mi spieghi da dove viene quest’assunto? Io e molti altri nietzscheani (ovviamente sarà seguace della bestia bionda solo ex ipothesi), preferiamo la società della lotta dove poter far vedere aristocraticamente il nostro valore, giacché è meglio un giorno da leone che cento da pecora, e non so proprio in base a che cosa tu voglia impormi la tua pallida e sbiadita ideologia di una vita placida e tranquilla al sicuro…
L’illuminismo del resto non era ateo ma per lo più deista, il che rafforza la mia idea che si tratta di valori cristiani laicizzati, infatti essi fondarono la loro morale, nella Dichiarazione dei Diritti dell’uomo del 1789, su Dio. Il testo afferma “L'Assemblea Nazionale riconosce e dichiara, in presenza e sotto gli auspici dell'Essere Supremo, i diritti seguenti dell'uomo e del cittadino. Articolo I: Gli uomini nascono e restano liberi ed uguali in diritti”. Dio sta sempre all’incipit…
E il Bill of Rights pubblicato nel 1776 dai padri costituenti americani similmente “ “Tutti gli uomini sono stati creati eguali e sono provvisti dal Creatore di certi diritti inalienabili...”. Come si vede qui si dichiara, alla radice della idea di libertà moderna, che i diritti sono tali perché sono stati provvisti alle sue creature dal Creatore. E questo sempre all’interno di quei fermenti settecenteschi. Böckenförde e Carl Schimitt hanno messo in luce che tutti i fondamenti dello stato moderno vengono da secolarizzazioni di concetti cristiani, com’è ovvio del resto visto che il cristianesimo è antecedente e coevo allo stato moderno, più vicino ed incalzante di qualsiasi scrittore greco o romano.

Ciao Polymetis, sto giusto leggendo un libro che potrebbe interessarti:

S.J. Barnett: The Enlightenment and Religion. The Myths of Modernity; Manchester University Press 2003

L'autore afferma che il deismo, e quindi l'illuminismo, di fatto furono fenomeni marginali che non ebbero grande influenza sulla nascita della modernità, poichè di fatto non fecero che riprendere temi ben radicati nelle società dell'epoca a causa dei continui conflitti tra le varie confessioni cristiane, le quali nella ricerca di uno spazio esistenziale in opposizione alle autorità religiose e civili costituite di fatto elaborarono i concetti di tolleranza e libertà religiosa e civile, sino alla vanificazione di fatto del cristianesimo stesso. In questo senso la critica radicale moderna al cristianesimo non nasce dall'ateismo o dal teismo ma dalle consequenze logiche di un impostazione antiautoritaria e libertaria all'interno del fenomeno cristiano stesso. Il padre della modernità non è Voltaire, ma Lutero.

"There is no corpus of evidence to suggest that the use of reason constituted the motor of changing attitudes towards the Church. The explicit recourse to reason was visible in religious dispute within Christianity long before the arrival of the supposed deist movement... thus the language of reason was the product of religious conflict and not viceversa. More accurately we know that religious conflict was most often politico-religious conflict, and it is to the politicization of religion that we should look for one of the main motors of secularization. As Bradley and Van Kley have succintly put it, religion and religious controversy acted as the chrysalis as well as the casualty of the modern political word, and... if ideology and ideological conflicts gradually preempted religion's place in a politicized public sphere largely of religion's own making, they did not cease in one way or another to bear the marks of various Christian origins".
(S.J. Barnett: op. cit., p. 38)
 
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view post Posted on 7/11/2009, 17:37     +1   -1
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CITAZIONE
“'autore afferma che il deismo, e quindi l'illuminismo, di fatto furono fenomeni marginali che non ebbero grande influenza sulla nascita della modernità, poichè di fatto non fecero che riprendere temi ben radicati nelle società dell'epoca a causa dei continui conflitti tra le varie confessioni cristiane”

Ho sostenuto questa medesima tesi in una discussione precedente ad argomento affine. Ma si può risalire più indietro delle guerre di religione e del rinascimento, fino al medioevo. I movimenti ereticali medievali, e alcuni movimenti ortodossi come i francescani, portano i semi delle spinte egualitaristiche che si ripresenteranno secolarizzate nell’illuminismo. Dolcino, Francesco, o i catari, hanno portato una critica alla pomposità della nobiltà ben prima degli illuministi. Come non ricordare movimenti come i livellatori o gli zappatori in Inghillterra? E che dire dell’importanza avuta dai sociniani? Quel laboratorio chiamato USA non è nato per altro se non per l’Esodo dei dissidenti religiosi che fuggivano dagli stati confessionali, luterani o cattolici che fossero, del Vecchio Continente, e fu dunque l’America uno dei più fervidi laboratori della libertà. Tutto questo però viene da qualcosa di ancora più antico. Le lotte per la libertà di parola e di espressione nelle università condotte nel medioevo da teologi, giacché la libertà del dibattito “accademico” viene da lì. Come scriveva Gilson, il più grande medievista del secolo scorso: “Nulla di più falso che il considerare la filosofia medioevale come un episodio che troverebbe in sé stesso la propria conclusione e che si può passare sotto silenzio quando si espone la storia delle idee. È dal Medioevo che escono direttamente le dottrine filosofiche e scientifiche sotto le quali si pretende di subissarlo; è il Medioevo ad aver criticato le specie intenzionali, le forme specifiche e le altre astrazioni realizzate; è il Medioevo infine ad aver praticato per primo una filosofia libera da ogni autorità, anche umana. Bisogna quindi relegare nell'ambito delle leggende la storia di un Rinascimento del pensiero che succede a dei secoli di sonno, di oscurità e di errore. La filosofia moderna non ha dovuto sostenere una lotta per conquistare i diritti della ragione; al contrario, è il medioevo che li ha conquistati per l’età moderna e lo stesso atto con cui nel XVII secolo si immaginava di abolire l’opera dei secoli precedenti non faceva che continuarla”.( Étienne Gilson, La filosofia nel medioevo, Milano, 2005, Sansoni, p. 869)
Questa citazione che al tempo fece scalpore, è divenuta giustamente celebre, perché non solo in seguito vennero tutti gli studi gilsoniani (ma non solo), che mostrarono quanto Cartesio ed i moderni dipendano dalla scolastica, ma che per giunta il cosiddetto scarto del seicento, la “rivoluzione scientifica”, non è affatto il salto improvviso che i manuali di liceo presentano. Il concetto stesso di laicità dello stato, e la sua necessità, nasce nel medioevo, che invece passa per l’epoca della teocrazia. È in questo periodo, a causa della lotta per le investiture e del conflitto tra guelfi e ghibellini che i teologi ed i filosofi iniziano a teorizzare la differenza tra le prerogative dello Stato e quelle della Chiesa. Quando nella modernità esploderà il problema delle guerre di religione, verrà il problema di garantire uno stato in cui possano convivere persone di fede diverse, che cioè non si riconoscono nei medesimi principi. E sarà allora che la lezione del medioevo sarà recuperata dai moderni, e si arriverà a teorizzazioni sulla tolleranza tra religioni all’interno di un medesimo stato, e di come si possa parlare di una virtù civica a prescindere dalle varie religioni rivelate (il “Paradosso sulla virtù” di Bodin, il maggior teorico dello Stato nella modernità, a questo proposito è illuminante per sostenere quanto vado dicendo).
Comunque, non diamo il merito di tutto ai riformati e alla spina nel fianco che hanno dato all’Europa, costringendola ad inventare il pluralismo. Essi infatti hanno attinto per la loro polemica contro lo Stato che chiede di tradire la propria coscienza alla teorizzazione dei Padri della Chiesa. Quando i cristiani erano una minoranza, ed erano costretti a sacrificare al genio dell’imperatore, erano loro infatti a dover invocare la tolleranza e a dover inventare teorie sulla convivenza tra “fedi” che permettessero loro di sopravvivere. Dunque, una storia in gran parte cristiana, che i Lumi hanno secolarizzato.
DI queste faccende, che vanno ben oltre il manuale di filosofia del liceo e gli schematismi, ormai gli storici della filosofia sono ampiamente consapevoli. Il problema è che di solito essi capiscono ben poco di religione, e dunque sono stati gli storici della religione a dover spiegare loro queste faccende. COme è noto bisogna sapere tutto della Fenomenologia di Hegel, e fare seminari di settimane per interpretarne un capitolo, ma non sia mai che costoro abbiano mai aperto un libro di Calvino o Lutero...
 
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view post Posted on 8/11/2009, 11:10     +1   -1
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CITAZIONE (Hard-Rain @ 6/11/2009, 16:32)
No, Frances, non abituarti a scrivere in questa lingua orribile, traducilo in greco così almeno forse lo capiamo. Ciao. :)

E' la seconda volta che Hard si esprime in maniera aspra nei confronti del latino.. ^_^ Non sono d'accordo affatto. Al Liceo ho studiato il latino e non il greco, quindi non sono neppure in grado di fare un confronto, ma devo dire che dopo qualche difficoltà iniziale ho imparato ad apprezzarlo, e alla fine leggere passi di letteratura latina mi dava veri brividi. E questo escludeva sia la liturgia cristiana che la Vulgata, che non rientravano nei programmi scolastici.. quindi il mio giudizio non è "viziato" da particolari motivazioni religiose.

Dirò di più. Se l'inglese non avesse assunto il ruolo di lingua internazionale in Europa, credo che il latino sarebbe stato il candidato ideale (una sorta di esperanto). L'inglese secondo me si è affermato anche perché è semplice, ma il latino avrebbe portato con sé un bel pò di "spessore" in più.

Ciao,
Talità
 
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Hard-Rain
view post Posted on 8/11/2009, 11:44     +1   -1




Carissimi, adesso vi prego di non creare un caso internazionale davanti alle mie battute sul latino, derivanti dal fatto che mi risulta ostico e incomprensibile, senza articoli, con una sintassi diversa e un modo di ragionare non esattamente identico al greco, ma questo risulta a me personalmente e voi tutti sarete certamente degli esperti. Avevo iniziato a guardare qualcosa anni fa, ma ho richiuso subito le grammatiche che ancora oggi giacciono impolverate negli scaffali della mia libreria e alcune le ho perse o prestate ad altri. Sebbene lo studio di greco e latino assieme sia da molti consigliato e caldeggiato.

E, poi, tanto per indispettirvi ancora di più, "il latino, come lingua di cultura, era un'emanazione del greco antico" e, ancora, "i Romani non sono riusciti a farla prevalere (la loro lingua) là dove sembravano degli scolari (cioè in Oriente dove si parlava greco)". Oppure: "Il latino ha fermato il progresso dell'Ellenismo in Occidente, ha respinto e limitato il greco nell'Italia meridionale e in Sicilia: ma vi è riuscito solo al prezzo del diventare, per ciò che riguarda civiltà e cultura, un calco del greco." Che siano provocazioni che alcuni di voi non condivideranno è evidente, ma chi lo disse?

CITAZIONE
Dirò di più. Se l'inglese non avesse assunto il ruolo di lingua internazionale in Europa, credo che il latino sarebbe stato il candidato ideale (una sorta di esperanto). L'inglese secondo me si è affermato anche perché è semplice, ma il latino avrebbe portato con sé un bel pò di "spessore" in più.

E' impossibile, sono lingue indoeuropee strutturate sul concetto di "caso" che ha come conseguenza una grandissima libertà sintattica sulla frase e sul periodare, questo rende tali lingue particolarmente complesse, rispetto a quelle moderne che difatti hanno progressivamente perso tutte le ridondanze esprimendo in maniera più semplice i concetti. Quello che in greco si poteva dire con una parola - che però oggi porta via ore per capirla - si scrive con un discorso più lungo infarcito di avverbi, preposizioni e spiegazioni accessorie. L'inglese è una lingua relativamente facile, ha una grammatica ridotta all'osso, pochi modi e pochi tempi, poche irregolarità. E' lo strumento più semplice, credo, che nella nostra epoca possa essere diffuso a tutti. Persino nella stessa Grecia avevano provato a creare una lingua colta rimodellata sul greco antico e cercando di imporla come lingua ufficiale, ma il popolo l'ha rifiutata e non è risucita a diffondersi. Credo che lo stesso accadrebbe se inventassimo un neo latino, persino se cercassimo di diffonderlo in Italia.

P.S.: stavo esercitandomi a interpretare ancora una volta il famoso Epitteto, il discorso che stavo esaminando è pieno di dimostrativi, in part. εκεινος e ουτος, e vari concetti o sostantivi che hanno il loro "genere" (neutro o maschile). Nel testo greco, per come ha scritto, è qui semplice capire a cosa si ricollega quando - in modo anaforico - usa uno di questi pronomi. In "italiano" dove non ho più questa opposizione neutro vs. maschile, non si capirebbe nulla, sostituendo sempre "questo" e "quello" al posto risp. di ουτος e εκεινος, e difatti devo trovare un meccanismo per evitare l'ambiguità su questo/quello, mi sa che mi ritocca ripetere i sostantivi tutte le volte (tra parentesi).

Edited by Hard-Rain - 8/11/2009, 13:02
 
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spirito!libero
view post Posted on 9/11/2009, 11:59     +1   -1




CITAZIONE
“Che l’illuminismo nasca in seno al cristianesimo è indubitabile quanto il fatto che sia stato largamente in opposizione al cristianesimo”

Si, mi sono espresso male, su questo concordiamo.

CITAZIONE
“Allo stesso modo i valori dell’illuminismo, che pure criticava la religiosità superstiziosa, solo valori cristiani secolarizzati”

Come sai perfettamente, i “valori” non si inventano, lo stesso Gesù disse molto poco di completamente originale, lo ammettesti tu in altre discussioni. Questo significa che attribuire ad un unico movimento religioso o filosofia l’invenzione di un valore è semplicistico e astorico. Se poi mi vuoi dire che i movimenti cristiani hanno diffuso questi valori nati dalla sintesi di diverse culture, è vero, ma questo non l’ho mai messo in dubbio. Quello che voglio far passare è che togliendo il crocifisso non si rinnegano certi valori ma li si conferma.

CITAZIONE
“Si può cercare finché si vuole corrispondenze nelle antiche filosofie greche e latine di questi valori, ma non solo si fraintenderebbe completamente qualora si pensasse di vederli, oltre a questo sarebbe poco plausibile pensare che la coscienza europea, che aveva sotto gli occhi un cristianesimo pervasivo in ogni ambito della società, sia andata a pescare quei valori altrove. Semmai c’è stata una rilettura, assai poco scientifica, di opere antiche, per tentare di vedere in esse anticipazioni di quello che i cristiani credevano, ed è così che nasce l’idea delle “animae naturaliter christianae””

Devi deciderti allora, in passato quando qualcuno riteneva Gesù un uomo probo e illuminato ma non un Dio, tu obbiettasti che nulla del messaggio gesuano non era già stato detto da qualcuno. Ora sostieni il contrario.

CITAZIONE
“donne o schiavi”

Ti risulta che Gesù o i suoi discepoli dissero una sola parola contro la schiavitù ?

CITAZIONE
“ Quanto poi al prestare cura al genere umano, ovviamente siamo tutti d’accordo, il problema è chi appartenga al genere umano. Come è noto ancora nel settecento si discuteva se i neri vi appartenessero o meno.”

Hai ragione, infatti Gesù e i suoi discepoli non avevano nulla in contrario alla schiavitù, anzi.

CITAZIONE
“Perché? Mai sentito parlare dei “corsi e ricorsi della storia” del nostro Vico? Ad esempio le fortune alterne della religiosità… L’illuminismo è un punto basso, ma subito dopo venne il romanticismo, e allora la religione ed il sentimento tornarono all’acme… Poi l’ottocento scientista fu un altro punto basso, e oggi, più che mai, si assiste ad un ritorno del sacro.”

Non è questo quello che stavo dicendo. Non si “torna indietro” nel senso che non si ripescano i valori del passato, se ne fondano di nuovi. Il romanticismo è diverso dal pre-illuminismo, cioè i valori su cui si fonda non sono certo gli stessi e così per tutti i periodi della storia.

CITAZIONE
“Nessuno di essi ti dice cos’è il bene”

Non è vero. Da quell’elenco si evince, ad esempio, che la libertà è un bene. Tuttavia lo stato comprende che se la libertà è un vero valore, allora lo deve essere anche la libertà di rinunciare volontariamente alla libertà, per questo motivo non scrive: “tu devi essere libero”, ma semplicemente lascia ad ognuno la facoltà di decidere se esserlo o meno.

CITAZIONE
“Non c’è più alcun valore se non il fatto che sei libero, il che è una forma vuota dove puoi infilare qualunque cosa.”

Certo, quel “qualunque cosa” sono i valori personali.

CITAZIONE
“libero di scrivere, di pensare, di fare quello che vuoi… “

E questo per te non è un valore ?

CITAZIONE
“Questa parola non esisteva neppure in cinese, per fare un esempio, fino a qualche decennio fa, tanto che si dovette coniarla ex novo.”

Questa cosa non mi risulta visto che Lao Tse (o chi per lui) nel II sec ac. circa scriveva:

“Niente può nuocere al saggio, avvolto nell’integrità della sua natura, protetto dalla [b]libertà[/b] del suo spirito” e gli ideogrammi utilizzati sono gli stessi dell’odierna parola libertà. Il taoismo difendeva la libertà dell’individuo prima che Gesù mettesse piede su questo pianeta. Tanto è vero che il confucianesimo, sotto questo aspetto, si scontrò pesantemente con l’ideologia tradizionale taoista.

CITAZIONE
“E’ ben noto infatti che i relativisti considerano tutto relativo tranne ovviamente i loro valori, che non si sa perché godono di sacrosantitas.”

Ancora con questa solfa ? non è noto proprio nulla. Il relativista semplicemente dice che tu puoi fare quello che ti pare ma non rompere le scatole a me, mentre gli assolutisti sostengono che possono rompermi le scatole, questa è la differenza.

CITAZIONE
“i credenti sanno giustificare sia i loro valori sia i valori che condividono coi laici, dicendo che si basano sul fatto che l’uomo è ad immagine di Dio”

Questa non è affatto una giustificazione, come ti ho già detto nel post precedente.

CITAZIONE
“ gli atei e i relativisti non hanno alcun modo per giustificare i valori che anche i cattolici condividono e che vorrebbero imporre alla società, non si sa su che base.”

Nemmeno i cattolici hanno alcun modo di giustificare i propri valori, dio non è una giustificazione, lo è certamente meno delle giustificazioni laiche.

CITAZIONE
“La legislazione si basa sulla pretesa di sapere cos’è il bene da parte dello stato, ergo è etica”

Il senso di “bene” non è il medesimo. La legislazione ha lo scopo risolvere le controversie che nascono dalla convivenza dei propri cittadini, questo non significa che la soluzione che si trova alle controversie sia “il bene”, ma semplicemente una soluzione. Se poi vuoi sostenere che la civile convivenza è essa stesa un “bene” puoi farlo, ma per me sono semplicemente giochi di parole.

CITAZIONE
“i cui presupposti filosofici nessuno stato laico può più giustificare”

Io non riesco a capire questa tua ossessione per le “giustificazioni”. Ritengo che tutto il tuo problema stia in questo. A me non importa nulla se non posso fondare in assoluto il diritto alla libertà. Per me esso stesso è il fondamento ! Puoi forse tu fondare e giustificare dio ? No ovviamente, per te è un fondamento tanto arbitrario quanto quello di altri. Con la differenza che gli uomini possono toccare con mano il senso della libertà, mentre non possono in alcun modo toccare con mano dio.

Io so che voglio essere libero, in pratica tutti gli uomini vogliono essere liberi, dunque si mettono d’accordo sul sancire il diritto alla libertà, e poiché tutti hanno questa esigenza che diventa un diritto, sanciscono altresì che la libertà individuale non deve prevaricare la libertà altrui. Un domani tutti gli uomini potranno cambiare idea ? Certamente, e allora ? Quando cambieranno idea tutti quanti muteranno i diritti, non c’è nulla di scandaloso in tutto ciò, il mondo funziona così, anche per i tesiti peraltro.

CITAZIONE
“E poi, perché mai la civile convivenza sarebbe un bene? Mi spieghi da dove viene quest’assunto? Io e molti altri nietzscheani (ovviamente sarà seguace della bestia bionda solo ex ipothesi), preferiamo la società della lotta dove poter far vedere aristocraticamente il nostro valore, giacché è meglio un giorno da leone che cento da pecora, e non so proprio in base a che cosa tu voglia impormi la tua pallida e sbiadita ideologia di una vita placida e tranquilla al sicuro…”

Libero di portare avanti la tua idea, se essa avrà il sopravvento, cioè verrà ritenuta dalla stragrande maggioranza delle persone un valore nuovo e migliore, verrà sancito come tale. Non hai ancora capito che a me non fa nessuno scandalo il fatto che le società mutino i propri valori e principi, accade così dall’alba dei tempi ! Per tutta la storia dell’umanità sono esistiti déi diversi e con essi principi e valori eterogenei, anzi, all’interno della stessa religione sono esistiti valori addirittura opposti ! Dunque nessun movimento umano, che sia religioso o laico, può garantire l’irrinunciabilità di certi valori ! E la storia della cattolicità ne è un fulgido esempio. Essi hanno stravolto la loro morale diverse volte negli ultimi 2000 anni a partire dalle prime comunità cristiane fino ai giorni nostri. Eppure tutti si dicevano cristiani e seguaci dell’unico vero dio Gesù. Insomma nulla è garanzia di nulla.

CITAZIONE
“Questo non spiega cosa sia il bene, ma che cosa sia legale”

A me non interessa spiegare cosa sia il bene.

CITAZIONE
“ Io invece discuto di cosa è giusto, e se lo si possa fondare.”

Non si può fondare nulla secondo i tuoi canoni, questo è il punto. La cosa divertente è che tu non te ne accorga quando parli di fondamnto tesita che è più debole di qualsiasi altro fondamento.

CITAZIONE
““Deve rispettare le leggi italiane se vuole vivere in Italia, senza se e senza ma”, allora non sarebbe più possibile alcun cambiamento o rivoluzione. “

Certo che sarebbe possibile. Tutto è mutevole.

CITAZIONE
“Gli immigrati vengono qui, sanno cos’è illegale ai nostri occhi, come la poligamia, ma perché non dovrebbero lottare per cambiarlo”

Non ho detto che non possono lottare, ho detto che fintanto che le leggi sono quelle che sono, le devono rispettare.

CITAZIONE
“ ed imporci i loro valori”

Non ce li impongono, se essi diventano legge dello stato significa che li abbiamo accettati.

CITAZIONE
“visto che lo stato è incapace di dare una giustificare dei nostri e di dirci su cosa si fondino e perché oltre che legali siano anche giusti?”

Non esiste alcun fondamento che possa dire perché una cosa è giusta. Difatti quello che vorresti applicare tu, cioè è giusto perché lo vuole dio, è più debole di quello che si applica oggi, difatti nessuno può più giustificare nulla con dio perchè verrebbe spernacchiato dai più in quanto basterebbe rispondere che il mio dio è quello giusto mentre il tuo è sbagliato.

CITAZIONE
"Uomini che cominciano a combattere la Chiesa per amore della libertà e dell'umanità, finiscono per combattere anche la libertà e l'umanità pur di combattere la Chiesa". (Chesterton)

Che boiata.

CITAZIONE
“quella che sto denunciando è una linea di tendenza progressiva e generale.”

Tendenza che io reputo positiva, sia chiaro. Lo stato ideale per me è l’anarchia dei buoni. Purtroppo gli uomini (quelli fatti a immagine di dio) sono fetenti e senza regole e si annienterebbero l’un l’altro.

CITAZIONE
“non si vede proprio perché li debba seguire chi non li voglia”

Perché tu conosci un fondamento che possa costringere chi non li vuole a seguirli ?

CITAZIONE
“Solo io, come nel tempo in cui furono messi per iscritto, li giustifico mediante Dio”

Il che non è per nulla una giustificazione, come ti ho già detto mille volte; anzi al contrario è quanto di più opinabile esista, è il fondamento del nulla. Almeno io li “fondo” sulla ragione, cioè dico al mio interlocutore: “vuoi essere libero ?” Se mi risponde si, allora abbiamo un valore in comune da condividere, se mi risponde di no, allora non avrà problemi ad essere rinchiuso.

CITAZIONE
“questa tua e mia visione di società dovrebbe essere imposta”

Scusa ? Chi ha mai parlato di imposizione ? L’unica imposizione è la legge che è figlia del consenso dei cittadini e dunque non è una imposizione ma un accordo. Su cosa potrà succedere domani si possono solo fare supposizioni. Non credo che la maggioranza delle persone rinuncerebbe volontariamente alla propria libertà.

CITAZIONE
“Bene, tu pensi di sapere, dall’alto della tua scienza euro centrista che cos’è meglio per me e per la società, che cosa devo fare per essere felice. Ma se io non voglio fare il bene per me? O, meno drasticamente, se non credessi che il bene per me e la felicità mia e della società fosse nel tuo corrotto sistema? Gli esempi si sprecano.”

Risponderei all’immigrato che è libero di non vivere in questa società ed è libero di provare a cambiarne i fondamenti se ci riesce. Ovviamente se viene ad imporre la sua visione, allora mi difendo proprio grazie ai miei principi che lui non condivide.

CITAZIONE
“Ma come può pretendere quest’Occidente di vendere la sua ricetta se non ci crede neppure lui?”

Ma noi ci crediamo. Cioè crediamo che questa ricetta sia la meno peggio per la ricerca della felicità. Chi sostiene che non gli interessa la felicità, non sta confutando la ricetta, sta mettendo in dubbio il fine.

CITAZIONE
“ La prima è che è pur vero che si può trovare qualcuno che non accetta il tuo fondamento, ma almeno, se qualcuno di chiede “in base a cosa mi imponi il tuo valore?”, posso rispondergli.”

E che diavolo serve potere rispondergli ?? Che diavolo serve dire a qualcuno che non accetta il mio fondamento che ho un fondamento ?? E’ un puro gioco intellettuale che serve solo ai filosofi per auto compiacersi ! I fondamenti assoluti non esistono, tutto può essere negato, e nel caso possano esistere devono ricercarsi nell’immanente. La ragione è senz’altro più potente quale fondamento di ogni altro asserto teistico.

CITAZIONE
“Li impone, ovviamente, a qualunque migrante”

Non capisco perché continui a parlare di imposizione. Le leggi devono essere rispettate, ma nessuno impone al migrante di non tentare di cambiare le leggi o di vivere quì.

CITAZIONE
“ma al fatto che almeno questa spiegazione ci sia”

La spiegazione c’è come già detto. Non è che si dice a qualcuno è così punto e basta. Il punto è che qualsiasi spiegazione io ti dia tu la neghi e quindi ne deduci che non esista un fondamento, ma questa procedura la posso attuare anche io con il tuo dio, lo nego e quindi deduco che nemmeno tu fondi nulla. Dirò di più, è certamente più difficile negare principi come la libertà che un qualsiasi dio. Chi negasse infatti il principio della libertà individuale, in base a cosa potrebbe pretendere id essere libero di agire secondo i suoi principi ? Se nega la libetà come principio non può pretendere di essere libero ! In pratica si autoconfuterebbe.

CITAZIONE
“Ma che cosa vuol dire? La ragione non dice nulla”

Perché dio invece telefona ?

CITAZIONE
“Uguaglianza? E che cosa vuol dire? Come diceva già Platone: “l’uguaglianza si ha tra uguali”…. Scriveva il divino: “L’uguaglianza tra ineguali diventerebbe ineguaglianza, se mancasse di misura […] L’uguaglianza più vera […] infatti impartisce di più al più grande, di meno al più piccolo, dando a ciascuno dei due in giusta misura secondo la loro natura”(Platone, Leggi, VI, 757a-c)Questo è il modo greco e aristocratico, che fa eco anche in quel passo di Cicerone, di intendere l’uguaglianza, il che a noi suonerebbe discriminatorio. Sei eguale tra eguali, tautologico e vero.”

Infatti tutti gli uomini appartengono alla stessa specie, dunque sono uguali.

CITAZIONE
“Uguaglianza è una parola vuota “

Dio è una parola ancor più vuota.

CITAZIONE
“Come già detto la ragione non prescrive nulla”

Dio non prescrive nulla, lo fanno gli uomini in suo nome. Il che equivale esattamente al dire “fai così perché te lo dico io”, ovvero la peggiore delle NON giustificazioni.

CITAZIONE
“Invece l’Occidente ha una presunzione, e cioè pretende di sapere che la coppia monogama sia superiore, che liberi la donna da una posizione asimmetrica, e che solo in questa situazione dove i due divengono una carne sola ci sia la piena felicità. L’Occidente impone questa sua regola, ma, come tu stesso coerentemente dici, non si sa in base a che cosa…”

Difatti io ho sostenuto sin dall’inizio che ancora ci sono leggi con un retaggio religioso che andrebbero eliminate. Tuttavia in merito alla poligamia, il vero motivo per cui ancora rimane vietata è perché dal punto di vista civile e giuridico, sarebbe un disastro per l’ordine sociale. Pensate ai figli, agli alimenti, alla reversibilità, ecc… Insomma sconvolgerebbe non poco il nostro ordinamento con costi immani.
CITAZIONE
“Quel “certo principio fondante” di parte laica quale sarebbe?”

La libertà individuale e l’uguaglianza. Tu puoi negarli certo, ma allo stesso modo io nego li tuo dio.

CITAZIONE
“In base a ciò, giudichi male i movimenti emancipazionisti di ogni epoca storica europea o quelli attuali nei paesi islamici? Se il fondamento del rispetto che si deve ad una legge è nel semplice fatto che sia scritta, allora siamo condannati all’immobilismo.”

La legge va rispettata, ma questo non significa che non possa essere modificata seguendo l’iter che la legge stessa prescrive.

CITAZIONE
“questo ancora non implicherebbe che la gente fosse conscia che sottoscrivere quella carta implicasse queste conseguenze”

Ed infatti io ho scritto che ci sono due strade, delle due una consiste nel tornare sui propri passi, si dica dunque chiaramente che l’Italia non accetta più l’accordo sulla carta dei diritti umani.

Saluti
Andrea

ps

Davvero illuminante e adatta alla discussione è questa frase scritta da un forista:

Domandano le libertà a noi laici in nome dei principi nostri, e negano le libertà altrui in nome dei principi loro. La realtà è che quando un clericale usa la parola libertà intende la libertà dei soli clericali (chiamata libertà della chiesa) e non le libertà di tutti.
 
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spirito!libero
view post Posted on 9/11/2009, 13:56     +1   -1




A proposito del fatto che i valori illuministi siano copiati dall’etica cattolica, vediamo di prenderne uno, forse il più importante, ovvero la libertà di autodeterminazione. La domanda è dunque la seguente: la libertà di autodeterminazione era un valore cattolico ? Faccio rispondere al Card Betori citato in un articolo della Filosofa Roberta De Monticelli (ex cattolica):

mons. Betori ha voluto risponderle su Avvenire. L’ex segretario della Cei prende le distanze da una posizione che – a suo avviso – gli viene cucita addosso “senza fondamento”. Afferma che la “libertà della coscienza” non può essere confusa con la “possibilità di fare quel che ci pare”. Mentre la prima è la “sede della nostra scelta” – e come tale non può essere contestata – la seconda è un criterio – che non può essere condiviso – dell’azione.
Anzi lo stesso Betori conferma le mie parole:

“, Monsignor Betori parla di una“cultura dell’autodeterminazione che va contro le radici cristiane della nostra cultura””



Il commento della De Monticelli è il seguente:

“Quando però Betori afferma che il “principio di autodeterminazione” non è mai stato un caposaldo della dottrina della Chiesa in fondo ha ragione”



Ma il bello di tutto, aggiungo io, è che la cattolicità ha riconosciuto la libertà di coscienza, che è cosa antecedente e diversa dal principio di autodeterminazione, soltanto nel Concilio Vaticano II cioè a circa trecento anni di distanza dalle acquisizioni dell’illuminismo !! Altro che valori cristiani !

Inserisco il resto dell’articolo sopra citato perché davvero pertinente al discorso che stiamo facendo sulla genesi dei valori europei e su come tali valori siano precedenti alla cattolicità:


Ma guardate come il Magistero interpreta oggi quella “libera decisione del cuore” che – possiamo dubitarne? – è condizione necessaria perché un atto abbia valore morale positivo. La interpreta esattamente come fa il Grande Inquisitore. Cioè come fosse la pretesa di creare, con la propria decisione, il bene e il male. Come fosse la pretesa che ciò che io decido sia bene, tale sia anche. Che è esattamente il contrario di ciò che da anni vado dicendo, e questo è pochissimo importante; ma soprattutto – e questo invece è madornale – è il contrario di quello che ci fa intendere il Cristo quando dice “Thalita kumi”, “svegliati fanciulla”. Quando chiede all’anima di risvegliarsi, di vedere e sentire quanto belli possono essere i gigli dei campi o quanto male è dare scandalo a un bambino, e di rabbrividire di questi atti perché sente e vede (“chi ha orecchi per intendere…”), e non perché un altro o la Sharia o una legge dello stato glielo comanda. [..] Per esempio, se una donna cristiana come Mina Welby, nella sua estrema onestà e sincerità, non avesse sentito come cosa giusta, avendola vagliata in lunghi anni, che a un uomo fosse negato il diritto di rifiutare le cure, sarebbe stato moralmente valido piegarsi all’autorità che le ingiungeva di giudicarla giusta? E’ quello che Betori suggerisce: e io non dovrei considerare nichilistico un simile atteggiamento? E’ ovvio che il cuore può sbagliare, ed è verissimo che il cristianesimo ci insegna in primo luogo a dubitare di noi stessi e della trave nel nostro occhio. Vuol forse dire questo che non dobbiamo poter vagliare con la nostra testa e il nostro cuore qualunque decisione che dobbiamo prendere? E non è, come mi sembrava di aver scritto chiaramente, precisamente perché, anche dove la legge non interviene, si può agire in un modo o nel modo contrario, che agire bene (cioè secondo ciò che è moralmente dovuto) ha un valore morale, e agire santamente, cioè oltre ciò che è moralmente dovuto, può essere sublime? Ma una cosa buona o una sublime può mai farsi per forza, perché è proibito fare altrimenti? Che valore morale avrebbe un’azione fatta non per convinzione ma per rispettare la legge?
Ma torniamo al punto. E’ incredibile come uomini di Chiesa, e fra questi fini commentatori della Bibbia, accettino l’alleanza con un pensiero – come quello di quell’Odo Marquard citato da Ferrara nella sua risposta al mio intervento – per il quale la libertà di coscienza e di autodeterminazione morale equivale a bandire il trascendente dal nostro orizzonte, sostituendo il proprio arbitrio soggettivo a Dio. Questa è una tesi storicamente e filosoficamente falsa. Quando chiedo – con tutta intera la tradizione filosofica e teologica cristiana – di poter vedere le ragioni per le quali un’azione è retta (Anselmo d’Aosta) e l’opposta no, per regolarmi di conseguenza portando tutta intera la responsabilità dei miei eventuali errori, è forse perché voglio mettermi al posto di Dio, “autoprodurre il bene e il male”, come scrive il Patriarca di Venezia (“Il Foglio”, 3 ottobre 2008, articolo di M. Burini)? Ma come si può aver dimenticato che proprio al contrario, per liberare dall’arbitrio del potere e dalla sudditanza servile o infantile la coscienza morale – almeno la coscienza morale (ma anche la grazia di poter prestare ascolto al soffio del divino, per chi l’ha) abbiamo riconosciuto alla coscienza di ogni persona umana adulta, indipendentemente da sesso religione o non religione, il diritto-dovere di chiedersi in ogni istante della vita: “perché”? Questa domanda è la profonda radice comune dell’etica e della logica: e non è nichilismo quello di chi non ci crede capaci ne dell’una né dell’altra? Ma andiamo alla radice delle cose, una volta per tutte!
Oggi il linguaggio delle gerarchie, a partire dallo stesso Papa, fa leva precisamente sulla tesi che “se Dio non c’è tutto è permesso” – che è precisamente la premessa nichilistica del ragionamento del Grande Inquisitore. Il nichilismo, attenzione, non sta affatto nell’ipotesi che Dio non ci sia – ci mancherebbe! Perché se questa ipotesi, o l’ipotesi che ci sia, qualunque cosa significhino, si potessero confermare o escludere in base alla nostra ragione, non si vede cosa ci starebbe a fare la fede, o la sua assenza – in che cosa si distinguerebbero da opinioni più o meno ragionevolmente ben fondate. Il nichilismo almeno virtuale, invece, sta precisamente nell’intero condizionale – che non a caso torna e ritorna in bocca a certi personaggi dostoevskiani, o nietscheani. “Se Dio non c’è tutto è permesso” vuol dire in primo luogo, nella brutale versione ciellina, che ha il vantaggio della sincerità: “se non sei credente (anzi cattolico) sei moralmente incompetente” – sei virtualmente un assassino. Perciò io Chiesa, dato che tu non hai legge morale, chiederò allo stato di istituire norme giuridiche che sopperiscano alla tua incompetenza morale (sto quasi-citando la tesi di don Angelini, “Il Foglio”, 3.10.08, articolo di Burini). E vuol dire dunque, in secondo luogo: “Se Dio non c’è, dio sono io”. E qui il nichilismo si fa improvvisamente chiaro: quella stessa auto-deificazione che veniva imputata all’uomo moderno (e che invece l’uomo moderno ha strenuamente combattuto, fra l’altro, con la distinzione fra diritto, religione e morale e la critica radicale di ogni teopolitica, tanto è vero che fu il costituzionalista di Hitler, Carl Schmitt, e non gli eredi di Locke, a riportare in auge questo concetto) ora la si vuole rendere addirittura fonte di legislazione, radicando lo Stato e le sue leggi in una confessione religiosa. Bisogna dunque fare “come se Dio ci fosse”: non è questa la tesi del Papa? Dio – cito Giuliano Ferrara – che “come nell’antica e medievale teodicea, porta il fardello del male nel mondo, magari attraverso il suo angelo caduto”. Se no, “niente resta per la fede petrina…niente per la chiesa e per il Papa”. In chiaro: nella legge dello Stato bisogna far posto all’istituzione che rappresenta Dio, anche se non c’è. Sto citando un ateo, che continua a definirsi devoto benché sia difficile capire a cosa. Apprezzo il suo gusto per le battaglie di idee. Ma mi perdonino gli amici che mi hanno rimproverato un eccesso di aggressività, mi perdoni Ferrara stesso: questo non è cinismo, oltre che nichilismo? Affermare che la Chiesa debba governare le coscienze in nome di Dio, e governare anche le decisioni delle persone attraverso le leggi dello Stato, precisamente perché Dio non c’è? E se mi dite che la sua non è la posizione della Chiesa, allora perché molti intellettuali cattolici continuano a ribadirla, inclusa la confusione dell’autonomia morale con l’arbitrio soggettivo? E allora, finiamo di andare a fondo di questo concetto. Perché mai se Dio non c’è tutto dovrebbe essere permesso? Affermarlo è affermare che se Dio non c’è, nessuna cosa ha valore, positivo o negativo: non ci sono cose preziose e fragili che dobbiamo proteggere, non ci sono azioni orrende o anche solo gesti volgari che dobbiamo evitare, e così via. Ma come si può affermare una cosa del genere? Solo a patto che l’esistenza dei valori dipenda da quella di Dio. Ma questo è vero solo se è vero che il bene è tale perché Dio lo vuole, e non invece che Dio (se c’è) vuole il bene perché è bene. Infatti, solo dalla prima segue che se Dio non c’è non c’è niente che sia bene o male in sé. Dalla seconda non segue affatto. Dio vuole il bene perché è bene – se c’è. E se non c’è, il bene di un’infanzia felice resta tale, il male di un’infanzia straziata pure.
Fu Platone, nell’Eutifrone, a mostrare che l’alternativa che poi si chiamò “volontaristica” conduce al nichilismo, ed è la rovina dell’etica. La quale è laica o non è, esattamente per questa ragione: che deve essere sottratta all’arbitrio di coloro che parlano in nome di Dio (e ciascuno porta un dio diverso) e all’autorità non criticamente vagliata della tradizione. E concludo qui la mia risposta alla sua domanda sulla Chiesa cattolica e il principio di autodeterminazione. Tutti i Padri greci – nella misura in cui sono platonici; Agostino; Anselmo; Tommaso; il grande gesuita, libertario in metafisica, Luis de Molina; per non parlare evidentemente di filosofi altrettanto universali come Leibniz (che a mutare idea su questo punto cercò di indurre i Luterani e i Calvinisti): tutti questi maestri hanno seguito Platone nel dilemma dell’Eutifrone. [il che significa che tali principi non sono nati nel cristianesimo ma nell’antica Grecia ndr] Il bene non è tale perché voluto da Dio, ma Dio vuole il bene perché è bene. Solo pochi fra i filosofi del Novecento europeo – Moritz Schlick, Husserl, Scheler e gli altri fenomenologi, e almeno due grandissimi cristiani come Albert Schweitzer e Dietrich Bonhoeffer – seguirono questa via, che è naturalmente la dolce via dei Lumi.
 
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spirito!libero
view post Posted on 9/11/2009, 14:23     +1   -1




Aggiungo ancora un pò di carne al fuoco.

Il concetto di uguaglianza nasce in seno al cristianesimo ? Ecco come risponde ad una domanda postagli da uno studente il Porf. Roberto Esposito Professore ordinario di Storia delle dottrine politiche presso la Facoltà di Scienze politiche dell'Istituto Universitario Orientale di Napoli nonché Direttore del Dipartimento di Filosofia e Politica dello stesso Istituto (http://www.emsf.rai.it/biografie/anagrafico.asp?d=513) :


STUDENTE: Non crede che sia anzi tutto il Cristianesimo a introdurre l'ideale di uguaglianza nella storia dell'uomo?

ESPOSITO: Non esattamente poiché già nella città greca, nella polis greca Atene, esisteva il concetto di isonomia, che significava: “i cittadini sono tutti uguali davanti alla legge. Hanno tutti gli stessi diritti e tutti gli stessi doveri”. Naturalmente per cittadini i Greci intendevano gli uomini maschi adulti e liberi, non schiavi, perché c'è una differenza tra liberi e schiavi. Il Cristianesimo riprende questa grande idea e tende ad estenderla a tutti gli uomini in una maniera ancora più radicale. “Tutti gli uomini sono fratelli””ciascuno deve amare il prossimo suo come sé stesso”. Quindi nel Cristianesimo c'è un forte richiamo all'uguaglianza tra gli uomini. “Senza distinzione” - come dice San Paolo - “tra l'ebreo, il romano e il greco”. Naturalmente il Cristianesimo è pur sempre qualche cosa che nasce dentro il mondo antico, quindi dentro un mondo segnato da gerarchie, da disuguaglianze, da poteri. Nel messaggio cristiano non c'è la domanda a contrastare il potere, piuttosto bisogna obbedire ai poteri temporali.

STUDENTESSA: Quand'è che l'uguaglianza comincia ad avere un'accezione laica?

ESPOSITO: L'uguaglianza comincia ad avere un'accezione laica all'origine dell'età moderna, quando si afferma la dottrina-princìpio dell'individualismo secondo cui ogni cittadino, in quanto individuo, è dotato di diritti naturali.
È lo Stato politico, che nasce attraverso il patto, il contratto, come dicevano Hobbes e Rousseau, ad affermare questi diritti individuali, per cui ciascun cittadino ha delle prerogative che non possono essere né contestate né cancellate.
 
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pcerini
view post Posted on 9/11/2009, 19:33     +1   -1




Polymetis:
“ gli atei e i relativisti non hanno alcun modo per giustificare i valori che anche i cattolici condividono e che vorrebbero imporre alla società, non si sa su che base.”

Intendi dire che coloro che sostengono certe scelte di vita(per esempio quelle del fine vita) stiano obbligando i cattolici a far altrettanto?
O parli solo del caso specifico legato al crocifisso?

preferiamo la società della lotta dove poter far vedere aristocraticamente il nostro valore

Cioe',secondo te sarebbe nobile e aristocratico sostenere la teocrazia?

“La legislazione si basa sulla pretesa di sapere cos’è il bene da parte dello stato, ergo è etica”

La legislazione non si basa affatto sulla pretesa di voler imporre una nozione di bene,la legislazione e il diritto se hanno una natura impositiva,tuttavia,non coincidono con il carattere autoritario dell'etica.
Infatti,un diritto viene riconosciuto come tale,e dunque viene accolto in base al consenso comune.Ma il consenso comune non nasce per imposizione dall'alto di una concezione,il consenso comune si basa sempre su valutazioni di carattere razionale per esempio che vanno al di la' del mero sentire individuale o soggettivo,relativamente alla fondazione di alcuni cardini fondamentali dell'odierno stato di diritti.

E' ovvio che se si cambia scenario,se si indaga su legislazioni particolari in cui entra in ballo il fattore del voto della maggioranza,e' naturalre trovare un rischio di provocare l'azione di una sorta di stato etico.In fin dei conti,la democrazia puo' arrivare uccidere se' stessa se non arriva a determinare delle profonde fratture con quel tipo di etica autoritaria troppo rigida.

Se il diritto oggi venisse condizionato da legislazioni e forme politico-sociali che si fondano su presupposti etico-autoritari (per esempio,l'imporre una determinata nozione di bene),arriveremmo a negare la natura e il carattere dello stesso diritto fondato sul consenso comune di natura razionale-giuridico,la razionalita' giuridica non e' un mero calcolo formalistico,credo che tu faccia confusione con i formalismi giuridici che regolano la prassi del diritto (forse dovresti leggere qualcosa di Kelsen).

Percio',la distinzione tra diritto ed etica e' fondamentale per non ricadere negli errori del passato caratterizzati dalle varie forme di stato etico (sotto Mussolini per esempio).

Vorrei inoltra far notare come il negare il diritto per parlare di etica,abbia come conseguenza la negazione stessa dell'etica,perche' storicamente parlando l'etica nasce proprio da bisogni ed esigenze di "regolare taluni contesti" (basti pensare come per esempio nell'antichita' morale e diritto fossero insindibili,per esempio),negando l'esistenza del diritto o di qualsiasi suo fonfamento (perche' negare i fondamenti del dirito significa negare il concetto stesso di diritto) significa negare anche l'etica,mentre negare un valore non distrugge il diritto.

In epoca contemporanea assistiamo al primato del diritto sull'etica.


“Ma che cosa vuol dire? La ragione non dice nulla”

Il tuo sofisma e' comprensibile,infatti,e' vero che non dice nulla,ma solo se disgiunta dalla fattualita',infatti,questa tua affermazione ha un'impatto catastrofico per il tuo stesso credo che pretende di fondare l'etica su Dio per vie razionali ma non puo' giustificare fattualmente proprio nulla,mentre la razionalita' giuridica alla base dell'odierno stato di diritto si basa guarda caso sulla comunanza del senso razionale e del senso comune,sulla comunanza della tolalita' degli individui che possono sperimentare su se' stessi nella vita di ogni giorno le conseguenze delle proprie aderenze ai diritti.Chi sceglie di aderire ad un diritto di uccidere gli infedeli asserendo che lo dice una qualche deita' senza poterlo minimamente provare,di fatto e' delegittimato rispetto a quel tipo di diritto e di discorso giuridico aderente non solo al senso razionale comune ma anche su dati di partenza.

P.S. Su Löwith e sul suo teorema della secolarizzazione vorrei avere il tempo di risponderti con Blumenberg che argomenta sulla legittimita' dell'eta' moderna (e dell'idea dell'autoaffermazione dell'individuo) contestando l'eredita' dell'eta' moderna dal cristianesimo delle epoche precedenti come vorrebbe Löwith nel suo teorema della secolarizzazione.Quindi,se tu dici Löwith docet io ti rispondo Blumenberg docet! :1221.gif:

spirito:Nemmeno i cattolici hanno alcun modo di giustificare i propri valori, dio non è una giustificazione, lo è certamente meno delle giustificazioni laiche.
Io sono convinto che coloro che ricercano un fondamento etico di tipo assoluto (Dio per esempio) facciano una scelta che e' molto piu' arbitraria di coloro che ricercano un fondamento di tipo storico e contestuale,infatti,sono convinti di basare le loro scelte su di una garanzia presuntamente piu' stabile e piu' sicura,solo che rimane un problema che ha dato problemi numerosi nel corso della storia,ossia,chi decide per l'autenticita' o la genuinita' di un canone etico? Dio in persona forse?

Edited by pcerini - 10/11/2009, 18:02
 
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Hannah1
view post Posted on 9/11/2009, 20:18     +1   -1




mamma mia dove siete andati a parare con questa discussione! ;)

Il caso è molto semplice. Scelgo di riportare solo due punti
1) Né Gesù Cristo né i cristiani hanno bisogno di un crocifisso appeso nelle aule o negli uffici pubblici. Ho visto crocifissi addobbati di tutti i tipi, con le palline di Natale, con la palma secca, con la sciarpa azzurra (quando il Napoli ha vinto lo scudetto), con la sciarpa rossa...E poi i crocfissi presenti nei luoghi pubblici sono squallidi, dopo un po' ci si fa l'abitudine e diventano parte dell'arredamento
2) La cosa più comica in tutto questo è che il simbolo dell'Europa, cioè la bandiera europea: dodici stelle su drappo azzurro, è per ammissione dello stesso ideatore, ispirata al culto mariano. (io lo sapevo già). Ora per coerenza e par condicio, gli stessi signori che hanno decretato la rimozione del crocifisso, dovrebbero pensare di cambaiare anche la bandiera europea o di toglierla dagli ingressi degli uffici. E qui ti voglio!
http://www.identitaeuropea.org/arch...aoreola.html

.
 
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view post Posted on 10/11/2009, 00:11     +1   -1
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CITAZIONE (spirito!libero @ 9/11/2009, 14:23)
Aggiungo ancora un pò di carne al fuoco.

Il concetto di uguaglianza nasce in seno al cristianesimo ? Ecco come risponde ad una domanda postagli da uno studente il Porf. Roberto Esposito Professore ordinario di Storia delle dottrine politiche presso la Facoltà di Scienze politiche dell'Istituto Universitario Orientale di Napoli nonché Direttore del Dipartimento di Filosofia e Politica dello stesso Istituto (http://www.emsf.rai.it/biografie/anagrafico.asp?d=513) :


STUDENTE: Non crede che sia anzi tutto il Cristianesimo a introdurre l'ideale di uguaglianza nella storia dell'uomo?

ESPOSITO: Non esattamente poiché già nella città greca, nella polis greca Atene, esisteva il concetto di isonomia, che significava: “i cittadini sono tutti uguali davanti alla legge. Hanno tutti gli stessi diritti e tutti gli stessi doveri”. Naturalmente per cittadini i Greci intendevano gli uomini maschi adulti e liberi, non schiavi, perché c'è una differenza tra liberi e schiavi. Il Cristianesimo riprende questa grande idea e tende ad estenderla a tutti gli uomini in una maniera ancora più radicale. “Tutti gli uomini sono fratelli””ciascuno deve amare il prossimo suo come sé stesso”. Quindi nel Cristianesimo c'è un forte richiamo all'uguaglianza tra gli uomini. “Senza distinzione” - come dice San Paolo - “tra l'ebreo, il romano e il greco”. Naturalmente il Cristianesimo è pur sempre qualche cosa che nasce dentro il mondo antico, quindi dentro un mondo segnato da gerarchie, da disuguaglianze, da poteri. Nel messaggio cristiano non c'è la domanda a contrastare il potere, piuttosto bisogna obbedire ai poteri temporali.

STUDENTESSA: Quand'è che l'uguaglianza comincia ad avere un'accezione laica?

ESPOSITO: L'uguaglianza comincia ad avere un'accezione laica all'origine dell'età moderna, quando si afferma la dottrina-princìpio dell'individualismo secondo cui ogni cittadino, in quanto individuo, è dotato di diritti naturali.
È lo Stato politico, che nasce attraverso il patto, il contratto, come dicevano Hobbes e Rousseau, ad affermare questi diritti individuali, per cui ciascun cittadino ha delle prerogative che non possono essere né contestate né cancellate.

..... e da amante del buon filetto al pepe verde mi pregio aggiungere -_-

questo intervento di Paolovice

in data 19/3/2009, 18:36

http://cristianesimoprimitivo.forumfree.ne...=37608384&st=15




zio ot :mf_bookread.gif: -_-
 
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view post Posted on 10/11/2009, 13:53     +1   -1
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"Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una Donna vestita di sole con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle".

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CITAZIONE
la bandiera europea: dodici stelle su drappo azzurro, è per ammissione dello stesso ideatore, ispirata al culto mariano. (io lo sapevo già).

quindi questa Donna vestita di sole è la Maria dei vangeli ? Ma veramente? Non potrebbe essere qualche altra cosa?
 
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