CITAZIONE (Negev @ 19/4/2010, 07:06)
Vi sono state però anche altre figure di questo tipo, una molto recente è, ad esempio il Rebbe di Lubavitch, del vastissimo movimento Chabad e anche nell'Israele moderno non mancano Rabbini con spiccate particolarità carismatiche, capaci di particolari "sensibilità" nel senso della guarigione, anzi, queste persone particolarmente ed inspiegabilmente dotate non mancano nemmeno tra i buddisti o in altre culture.
Lungi da me sostenere qualcosa come l' "unicità" di Gesù, sia nel suo contesto storico specifico, sia nel contesto più ampio della storia e delle religioni dell'umanità.
L'idea stessa di ricercare l'unicità di Gesù, mi sembra implicare un interrogativo di tipo teologico. Ma se devo pormi sul piano di fede, almeno secondo la mia personale prospettiva teologica, non ho bisogno di trovare l'unicità già nella figura e nella vicenda storica di Gesù: mi basta la fede nella risurrezione e tutto ciò che ne deriva.
Di individui carismatici con poteri taumaturgici, ne è sempre stato pieno il mondo e sempre ne sarà.
Lo studioso sudafricano Pieter Craffert ha scritto un libro intero per argomentare come Gesù, data la specificità dei fenomeni a lui attribuiti, sia perfettamente inquadrabile all'interno del modello trans-culturale dello sciamano, ossia di quella particolare figura religiosa che sta in un particolare rapporto (socialmente riconosciuto) con il mondo del divino, e che in base a ciò può agire nei confronti della comunità come rivelatore, guaritore, manipolatore degli spiriti (che siano antenati, demoni o elementi naturali) etc.
E devo dire che questa tesi è piuttosto convincente e riesce ad illuminare molti aspetti della figura di Gesù.
Purtroppo però Craffert non riesce affatto a rendere ragione degli abbondanti caratteri specificamente profetici di Gesù, come il suo messaggio pieno di promesse, appelli e minacce in relazione ad un evento escatologico; il suo essere a capo di un movimento popolare; la sua fine violenta del tutto simile a quella del Battista e dei profeti dei segni.
Insomma: Gesù è troppo profeta per essere un tipico sciamano o un "uomo santo" (alla Honi e alla Hanina), ma è anche un po' troppo sciamanico per coincidere con la tipica figura del profeta.
Insomma, è un po'...strano...
CITAZIONE
L'atipia principale è che il profeta deve essere riconosciuto e unto dal Sinedrio e le profezie devono poi avverarsi.
Io metterei da parte queste cose. Il problema dell'avverarsi o meno della profezia è una questione a-posteriori e di ordine religioso. Non si tratta di decidere se Gesù ha pronunciato o meno profezie che si sono avverate (il regno di Dio no, la distruzione del tempio sì): tutto questo è irrilevante per il problema che io pongo, ossia il modo in cui Gesù si presentava e veniva percepito. E' infatti ovvio che se uno per presentarsi come profeta deve aspettare che gli venga riconosciuto l'avverarsi della profezia, allora non comincerebbe mai ad essere profeta.
Anche la questione dell'unzione da parte dal Sinedrio non mi sembra rilevante: se anche ipotizziamo che esistesse questo requisito all'epoca di Gesù (la norma è rabbinica, giusto?), non dobbiamo pensare che il mondo funzionasse come prescritto sul manuale... Gesù era un contadino galileo senza alcun curriculum, era insomma un profeta popolare come diversi altri intorno agli stessi anni: figure del genere non avrebbero certo cercato l'imprimatur del Sinedrio (né quest'ultimo lo avrebbe verosimilmente concesso).
Adottando questo parametro, del resto, nessuna delle figure profetiche di cui sappiamo da Giuseppe Flavio (profeti dei segni, profeti esseni, profeti farisei) passerebbe il test.
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Concludendo, ci tengo a rimarcare che io non intendo associarmi a chi usa il ritornello "Der Mann, der alle Schemen sprengt" (Eduard Schweizer - noto anche nella versione inglese "the man who fits no formula"), come un jolly teologico.
Un esempio di questa strategia furbacchiona è quello che scrive Daniel Marguerat:
"La persona di Gesù resta un enigma, e lo storico non può che constatare le doti eccezionali di questo capo religioso, i cui tratti gli sfuggono nel momento in cui credeva di averli colti (...). All'inizio di questo libro abbiamo posto la domanda: Gesù era un maestro spirituale, un rabbino ispirato? Il personaggio rimane inclassificabile (...) E' il credente che contempla le tracce lasciate dall'uomo di Nazareth nella storia e nei testi. E giunge alla conclusione che esiste una chiave per risolvere questo enigma. La chiave, egli dice, è la fede" (D. Marguerat,
L'uomo che veniva da Nazaret, Claudiana, Torino, 2005, p. 101).
Qui c'è un cortocircuito completo! La classificabilità o meno di Gesù è un problema di ordine storico, e non ha senso (almeno non nella mia testa) affermare che può esistere una soluzione di fede ad un problema storico. Forse un dato storico può stimolare qualcuno a fare il salto nella fede. Ma un atto di fede non può in alcun modo essere una soluzione ad un problema storico. Se anche io vedo in Gesù la rivelazione e l'autocomunicazione personale di Dio, ciò non ha nessuna implicazione per la soluzione del problema storico circa la sua tipologia socio-religiosa.
Come la professione di fede nella divinità di Gesù non esige come condizione intrinseca il suo concepimento soprannaturale, allo stesso modo non esige la sua inclassificabilità sociologica; né la problematicità di questa può essere vista come effetto, sul piano storico, della speciale identità ontologica (sul piano di fede) del suo soggetto.
P.S. Grazie a Talità per il bentornato!