Invito gli utenti a notare dove i TdG tentano di spostare il discorso. A chi chiede loro ragione delle scelte della TNM essi non sanno far altro che replicare che “è possibile” che nel NT ci fossero dei tetragragrammi, e che noi non avremmo dimostrato che è impossibile che ci fossero. Ma è questo il modo di ragionare? In questa maniera essi fanno proditoriamente cadere il peso della prova su di noi, come se la discussione vertesse sul fatto che sia o meno meramente “possibile” che nel Nuovo Testamento ci fossero dei tetragrammi. Ma “possibile” non significa “ragionevole” né “probabile”. E’ teoricamente possibile che Gesù parlasse latino? E’ certo possibile in linea teorica, ma è anche “probabile”? I TdG invece di continuare a lagnarsi del fatto che nessuno riesce a dimostrare loro perché la loro tesi sarebbe impossibile, dovrebbero iniziare a cercare di mostrare perché, oltre che “non impossibile” sia anche da preferirsi. Infatti non è che ogni tesi per il solo fatto di essere “possibile” diventi anche da preferirsi: possibile significa solo “non impossibile”. Ma è a questo che si sono ridotti i TdG? A dire che la loro tesi non è impossibile? E da quando si devono stravolgere i testi sulla base di una teoria solo perché quella teoria è “possibile”? La finiscano dunque di dirci che noi neghiamo a priori la possibilità della loro tesi, perché non è questo il punto, il problema infatti non se una tesi sia “non impossibile”, ma se oltre che “non impossibile” sia anche da preferirsi, la migliore. Non si deve dunque discutere se la tesi dei TdG sia “possibile”, ma se sia abbastanza probabile e abbastanza provata da giustificare il massiccio inserimento di tetragrammi nel NT senza alcun appiglio papiraceo e anzi, con la pratica di circonlocuzioni per evitare di pronunciare il Nome attestate nel Nt stesso.
Si noti poi come nel mio ultimo post, a cui Serveto non ha ancora replicato, io gli chiedessi dove avesse tratto la sua idea che per Ireneo Iao sia una forma arcaica per dire “signore”, giacché gli avevo precisato che ad una rapida ricerca su degli indici non era stato possibile rinvenire né in Ireneo né in Giustino un brano che dica una cosa del genere, eppure lui, imperterrito, come se niente fosse, ritira fuori dal cappello questa argomentazione di cui gli è stato chiesto di render conto.
Ma comunque la cosa più importante e non abboccare dalle richieste che suonano come un “ma come fai ad escludere dogmaticamente e a priori che…”, giacché come s’è già detto il problema non è come noi facciamo a sapere che una tesi è impossibile, ma come facciano i TdG a dire che questa tesi, oltre che meramente possibile, sia anche probabile.
Per LeonardoNCITAZIONE
“a mia non voleva essere un trattato completo e concentrarmi soprattutto sul trattamento del Ketiv del Nome Divino. Le cose che hai dette sono conosciute anche se da qui a dire che ogni pronuncia del Nome Divino, fuori dal tempio, venisse punita, qualche studioso ha manifestato i suoi dubbi”
Ma la punizione e il divieto sono cose diverse. Si può avere un divieto senza che la trasgressione implichi una punizione. Comunque le citazioni che ho fatto servono per render conto del fatto che non si vede su che cosa tu basi l’idea che solo nel rapportarsi coi gentili gli Ebrei omettessero di pronunciare il nome divino. Come s’è visto non è affatto così. Anche tra di loro non si pronunciava.
Quanto al trattamento del nome nello scritto, è ovvio che può permanere o meno perché se non lo si pronuncia non si infrange un divieto, ma vediamo nella letteratura biblica posteriore un fenomeno di scomparsa del tetragramma anche nello scritto.
CITAZIONE
“ libri di Neemia, Esdra e Daniele che ti ho citato si comportano così, stai attento a non mettermi in bocca concetti che non ho espresso,”
Vorrei sapere dove hai letto questa cosa, che per me non ha molto senso: per sapere infatti che questi libri testimonierebbero la pratica di usare il Nome parlando tra giudei, e sostituirlo parlando con gentili, dentro ciascuno di questi libri ci dovrebbe essere almeno un YHWH in un dialogo con degli Ebrei, e una chiara circonlocuzione in un dialogo con dei gentili. Ora, Daniele non ha la benché minima ricorrenza del tetragramma all’interno di Dialoghi, semmai ricorre il tetragramma all’interno di una lunga preghiera che Daniele recita tra sé e sé 4 volte (nella TNM all’interno di questa preghiera i tetragrammi sono invece 14, perché la TNM, com’è noto, non appena una qualsiasi versione antica, che sia un manoscritto siriaco od un targum aramaico, ha un tetragramma, abbandona ben volentieri il testo masoretico reintegrando un presunto YHWH scomparso dal testo ebraico, e di queste modifiche basate sulle congetture di C.D. Ginsburg ce ne sono ben 134). Comunque, con o senza i ripristini del tetragramma nel testo ebraico, Daniele non ha il tetragramma in nessun dialogo con un ebreo. Inoltre la letteratura della Società data questo libro al 536 a.C., dunque non si vede proprio perché tu, che sei un fedele TdG, lo citi al fine di sapere quale fosse la pratica di sostituzione del nome nell’epoca ellenistica. In effetti è corretto citare questo libro, perché è davvero ellenistico, ma non per i TdG, che dunque non possono citarlo senza essere incoerenti con la datazione data dalla WTS. Che cosa facessero del tetragramma gli Ebrei nel 536 a.C. dunque non ci interessa, e, se anche ci interessasse, questo libro non ha tetragrammi all’interno di dialoghi, quindi non può in alcun modo comprovare la tua tesi. Neemia ha invece dei tetragrammi all’interno di dialoghi con Ebrei, ma questo testo è ugualmente troppo antico per interessarci. La WTS lo data a dopo il 443, cioè al V secolo, la critica biblica scientifica invece lo data alla fine del IV secolo circa. Manca inoltre la prova del nove, vale a dire che questo testo non ha dialoghi con pagani dove si usino circonlocuzioni, quindi non può servire a provare la tua tesi. Il libro di Esdra contiene un paio di YWHW inseriti in dialoghi, ma ha lo stesso problema dei testi precedenti, secondo la WTS fu composto nel 460 a.C., e secondo la critica biblica scientifica alla fine del IV secolo, sicché non solo della sua testimonianza non ce ne facciamo nulla, ma per di più manca di dialoghi con pagani dove vengano usate circonlocuzioni chiare del Nome, e dunque, neppure questo libro può provare la tua tesi. Possiamo dunque dire che nessuno dei tre libri da te citati permetta di stabilire che all’epoca di Cristo, e neppure all’epoca in cui furono composti a dire il vero, ci fosse un distinguo tra il modo di usare il nome da Ebrei e quello per usare il nome rivolgendosi a pagani.
Se vogliamo sapere il trattamento nel nome divino nella letteratura biblica veramente scritta a ridosso dell’era cristiana possiamo citare le parole dello specialista del culto yhawista André Lamaire che scrive: "La scomparsa dell'impiego del nome Jhwh nella letteratura biblica seriore è un fenomeno ben noto e particolarmente evidente nei dialoghi di Giobbe, nel Cantico dei Cantici, Qoelet ed Ester. Anche se la causa di questa assenza in ciascuno di questi libri può probabilmente essere spiegata, è singolare constatare che si tratta di libri recenti, d'età persiana o anche ellenistica. Ciò significa che anche qui si è di fronte ad un'evoluzione generalmente diacronica del modo di parlare della divinità" (André Lamaire, La nascita del monoteismo, Brescia, Paideia, p. 141)
In effetti Giobbe è particolarmente interessante perché, pur essendo ambientato in un’era molto antica, ovviamente è scritto da un autore di secoli posteriore (III sec. a.C.), autore che scrive il tetragramma nel testo narrativo, ma lo omette nei lunghi dialoghi di Giobbe, e questo perché se si tratta di scrivere una narrazione YHWH può venire tranquillamente inserito, ma quando l’autore deve far parlare i personaggi ovviamente invece si ispira ai dialoghi che lui, l’agiografo, faceva nella propria epoca, e dunque, siccome era abituato a non nominare YHWH, non lo fa nominare neppure a Giobbe. Ci sono due apparenti eccezioni nella TNM in Gb 12,9 e 28,28, ma si tratta di congetture e di un tetragramma reinserito, come precisano le note stesse della TNM grande. Nel Cantico dei Cantici (III sec.), nell’Ecclesiaste (220-200 a.C.) e in Ester (II sec. a.C.) non c’è neppure un tetragramma.
Ovviamente queste considerazioni si basano sulle date di composizione dei libri normalmente accettate nel mondo accademico; quando ho letto, sul cd delle pubblicazioni della WTS, che secondo i TdG il libro di Giobbe fu composto nel 1453 a.C. (sic!) da Mosè stavo per cappottarmi sulla sedia e cadere all’indietro a causa delle risate isteriche che mi hanno assalito. Ovviamente qualsiasi discussione con chi scriva roba siffatta è impossibile. Ma siccome non si può che discutere partendo da quando affermato dal mondo accademico, e non dal settarismo americano, un dialogo deve per forza basarsi su delle datazioni fatte scientificamente.
CITAZIONE
“Forse è proprio questo il punto cruciale: il 70 ev aprì un nuovo capitolo di rapporti e influenze tra giudeo-cristiani e giudei e gentili che aprirono i cristiani ad una maggiore influenza alla cultura greca che li fece in modo naturale, anche solo inizialmente e ingenuamente per intenti proselitistici, allontanare dall'importanza che il Nome Divino rivestiva anche per quei giudei che avevano tradotto la LXX nel I sec EV.”
Non so cosa tu intenda con “giudei che avevano tradotto la LXX nel I sec EV.”, visto che non esiste alcuna nuova traduzione chiamata LXX nel I sec. d.C., semmai esistono delle copie fatte in quell’epoca della LXX precedente. Inoltre, da capo, in questo quote c’è una serie di punti presupposti indimostrati, tra i quali che il nT sia opera del “giudeo-cristianesimo”, e che, se anche fosse opera del “giudeo-cristianesimo”, essi avrebbero messo il tetragramma. E perché mai? E’ l’esatto contrario: so che per voi TdG è difficile da capire ma più un nome risulta santo, e meno lo si vuole profanare, anche con la sola scrittura. Ancora oggi un sofer, cioè un copista del Tanak, quando giunge al tetragramma e deve copiarlo deve andare a fare delle abluzioni rituali perché sarebbe sacrilego scriverlo con delle mani impure. La TNM stessa sostiene che i copisti ebrei stessi abbiano, per eccessivo rispetto verso il Nome, manipolato il testo ebraico stesso sostituendo degli YHWH con degli Adonay, al punto che ci sono ben 134 punti in cui il testo masoretico non ha YHWH ma la TNM lo re-inserisce sulla base di congetture, altre versioni antiche, e compagnia cantante. A Qumran stesso, come s’è visto, in alcuni casi di citazione dell’AT, il qumranita non cita il testo ebraico col tetragramma ma vi sostituisce o El o Adonay. Sicché, da capo, non solo non si vede perché il NT sarebbe opera dei giudeo-cristiani, ma, se anche lo fosse, non si vede perché avrebbero dovuto inserire il tetragramma.
CITAZIONE
“SE poi addirittura pensiamo che l'autore non solo "pronuncia" kurios pensando ad YHWH ma ritiene che quel kurios ora sia il solo modo di intendere l'idea stessa di Dio staccata dal tetragramma allora si comprende come si doveva essere distanti dal paradigma giudeo-cristiano”
Ma perché ritieni che questo modo di pensare fosse generalizzato o sia sufficiente a giustificare che qualcuno, anzi tutti simultaneamente, manipolino nello stesso modo il testo del NT? Possibile che miracolosamente fossero tutti d’accordo sul fatto che YHWH fosse obsoleto e dunque tutti si siano messi miracolosamente a sostituirlo con kyrios, sicché in ogni famiglia testuale del II secolo il tetragramma è assente? E dovrei accettare questo in base a che cosa? Alla tua stramba idea che tutti avessero cominciato a ritenere obsoleto il tetragramma e che, ritenendolo obsoleto, abbiano deciso di non scriverlo? E perché una cosa implicherebbe la seconda? Ritenere una parola desueta implica che non posso lasciarla star lì così com’è e devo per forza manipolarla e cancellarla? E perché mai un copista dovrebbe voler necessariamente compiere quest’operazione ideologica? Ma soprattutto, com’è possibile che non sia l’idea di un solo copista, ma di tutti i copisti?
CITAZIONE
“Ho citato Marco 14:62 senza voler far riferimento al contesto ma all'uso anche da parte di Gesù di sostituti diversi da Kurios che in questo caso non è di fronte ai pagani ma evita di pronunciare il Nome per non dare adito ai suoi nemici di trovare un appiglio a condannarlo per motivi validi secondo un'interpretazione data da loro alla Legge.”
Ho già chiesto a barnabino come osano i TdG sostenere che Cristo davanti al sinedrio si dia a giocare con quella che i TdG chiamerebbero “strategia teocratica”. Gesù nel Gethsemani, prima dell’arresto, aveva già detto al padre “sia fatta la tua volontà, non la mia”. Quindi Gesù sapeva che doveva morire, e non si capisce perché mai tu gli attribuisci un comportamento tipico di chi stia attento a quello che dice perché vuole salvarsi la pelle, come se Gesù avesse rinunciato alla sua franchezza di parola per paura di morire, e dunque, temendo che gli altri l’avrebbero ucciso, stia attento a come parlare per non fornire loro appigli! Ma com’è possibile questo se Gesù era lì appositamente per morire, sapeva che era il suo destino, e non ebbe problemi a dare una definizione di sé che diede scandalo e fornì al Sommo Sacerdote l’appiglio per incriminarlo?
Inoltre, se dici che evitò di pronunciare il Nome per non fornire un appiglio alla condanna, che sarebbe stata causata dall’interpretazione che i sinedriti davano della legge, non stai forse implicitamente ammettendo che per quei sinedriti pronunciare il nome era proibito, e infatti a tuo dire Gesù avrebbe evitato di farlo per non fornire loro pretesti? Ma se per loro era proibito pronunciare il nome, dove va a finire la tua tesi secondo cui tra Ebrei il Nome si poteva usare e solo nei dialoghi coi Gentili era proibito? Ma non ti rendi conto che ti contraddici se affermi che, proprio per evitare di pronunciare il nome davanti a dei Giudei del sinedrio, Gesù utilizzò una perifrasi?
E dove ha fondamento la tua distinzione tra prassi di dialogo coi giudei e prassi di dialogo coi gentili nel NT? Gesù non usa forse circonlocuzioni con chiunque parli?
CITAZIONE
“Non so come fai a dimostrarlo, la tua ipotesi vale quanto quella che dice che lo sostituì!!”
No, non vale altrettanto, e questo a prescindere dal fatto che io abbia o meno una dimostrazione. Infatti chi dice che Filone legga YHWH, ma lo sostituisca, fa un passaggio in più di chi invece dice che scriva kyrios perché banalmente legga kyrios. Il tuo ragionamento cioè presuppone un passaggio in più del mio, un passaggio che però non sei in grado di argomentare, ergo, anche a parità di prove, sarebbe da scegliere la mia tesi perché più semplice e richiede meno passaggi indimostrati. Questo si chiama rasoio di Ockham, un principio euristico usato in logica che afferma che a parità di fattori l’ipotesi più semplice tende ad essere quella giusta. In latino si dice “entia non sunt multiplicanda praeter necessitate”, vale a dire che chi postula più “entia” dà un’ipotesi più improbabile di chi risolva lo stesso problema postulando meno “entia”.
Comunque, si può provare che nella LXX di Filone ci fosse kyrios, infatti in alcuni passi come Quis Herr. 22ff. egli discute da esempio partendo dal testo della differenza tra Dio chiamato nella citazione “kyrios”, e dio chiamato nella citazione “despota”, discutendo le etimologie di ambo i nomi per vedere che cosa si possa dedurre dal versetto circa la natura divina. E’ forse plausibile che Filone si metta a sostituire, e poi, consapevole di essere lui l’autore della sostituzione, si metta a discutere del significato e dell’etimologia di due parole del testo, come se gli potessero rivelare chissà che, se avesse saputo che era lui stesso ad averle inserite?
Il ritenere comunque che Dio non abbia un nome non c’entra niente col sapere che secondo i giudei tale nome è YHWH. Io stesso ritengo che YHWH non sia un vero nome ma un non-nome, e così anche Filone.
Filone è comunque cosciente del fatto che il tetragramma è sacro, e dice il falso chi sostiene che non voglia riportare il tetragramma solo perché spinto da considerazioni filosofiche sul fatto che Dio non avrebbe un nome. Non dice forse nel già citato passo del De vita Mosis: “C’era anche una placca d’oro lavorata a forma di corona e recente incisi i quattro caratteri di un nome che avevano il diritto di udire e di pronunciare nel santuario soltanto coloro le cui orecchie e la cui lingua erano state purificate dalla sapienza, e nessun altro e assolutamente in nessun altro luogo” (De vita Mosis, 114)
Quel “coloro le cui orecchie e la cui lingua erano state purificate dalla sapienza” non implica forse che anche per Filone quel nome era venerando, proprio perché era un “nome non-nome”, e dunque andava pronunciato solo da chi si fosse purificato dalla sapienza?
“
CITAZIONE
Perchè Luca scrive nel 57-60 ev (o addirittura al 50-53 ev) e le sue ricerche per scrivere gli Atti e il Vangelo vennero fatte interrogando chi apparteneva al cristianesimo in quell'epoca pre-distruzione di Gerusalemme? Perchè era compagno di Paolo ebreo feriseo?”
Della datazione non me ne frega niente e non vedo cosa c’entri. Il punto è che Luca è un ellenista e scrive per ellenisti, e dunque, in base al tuo teorema del fatto che si evitava di usare il tetragramma coi Gentili, non dovrebbe riportare il tetragramma. Cosa c’entra da chi ha preso le informazioni per scrivere i suoi libri? Ciò che conta sono i suoi destinatari.
“
CITAZIONE
pochi esempi di qumran (soprattutto non univoci in una sostituzione sistematica di YHWH con Kurios) e di altri autori (che scrivono in contesti più ellenizzati o romani) sono certamente ricollegati allo stesso modus operandi dei primi cristiani”
Si citano questi esempi solo per spiegare che, se anche ci fosse stato un NT opera di giudeo-cristiani, non per questo, se questi giudeo-cristiani avessero avuto dei tetragrammi sotto mano, avrebbero citato questi versetti riportando un tetragramma, visto che si vede da Qumran come sia possibile che anche in presenza di un tetragramma si citi un versetto cambiandolo con Adonay. Non c’è dunque alcuna necessità non solo di sognarsi che le copie della LXX dei giudeo-cristiani fossero con tetragramma, ma neppure che, se pure le avessero avuto, esso sarebbe stato citato.
CITAZIONE
“a totale assenza del tetragramma dalla LXX del III sec ev a confronto con le copie del I sec ev con YHWH presente, non significa niente!!”
Significa solo che la LXX cristiana non dipende da quella giudaizzante col tetragramma.
CITAZIONE
“Non sono andato a fare i confronti precisi ma ti assicuro che la nostra datazione è tutta la di sotto del 70 ev ad eccezione dei testi di Giovanni
Ti dà così fastidio che siamo confortati da Robinson?? che secondo christianismus.it”
Mi dà fastidio che voi prendiate sistematicamente teorie minoritaria, o addirittura di singoli, e pretendiate di discutere sulla base di queste, quando il resto del mondo parte da ben altri presupposti.
CITAZIONE
“Sì a Qumran ci sono un po' di tutte le eccezioni ma niente di sistematico”
Appunto, è questa sistematicità che ci dice che non si può far propria l’equazione che i tdG invece sembrano dare per scontato, e cioè il dire che “se ci fossero stati dei tetragrammi della LXX, gli autori del NT giudeo-cristiani li avrebbero citati”, si vede infatti da Qurman che non necessariamente i giudei citavano il tetragramma e anzi a volte lo sostituivano, sicché l’eventuale presenza di tetragrammi nella LXX non implica nulla circa la necessità di ripristinarli anche nel NT. Né vale replicare che comunque è una tesi “possibile”, il problema non è se sia possibile infatti, ma se sia sufficientemente confortata da prove per suggerire un inserimento di YHWH nel NT.
Inoltre, sono stanco di leggere che il NT sarebbe opera di fantomatici “giudeo-cristiani” e che la gente continui a discutere dando per scontato questo presupposto ascientifico.
Ad maiora