Ringrazio per le risposte e gli approfondimenti.
Forse ho anche (finalmente!
) capito quale è l’ipotesi di
Teodoro: le preghiere della chiesa sarebbero utili
esclusivamente per il giudizio dell’anima del morto, quando davanti al tribunale di Dio si decide se sarà salvata o dannata; “dopo” tale momento, essendo l’anima in Paradiso o all’inferno, le preghiere non avrebbero più alcun effetto. Ho capito bene?
In effetti alcune citazioni sulla preghiera per i defunti possono essere interpretate anche in questo modo.
Però...
1) non mi sembra che questa spiegazione dia pienamente conto di ciò che affermano le preghiere eucaristiche prima citate: in esse si prega per anime che si sono addormenti “nel Signore” (eucologio di Serapione) o “nella speranza della resurrezione” (anafora di san Basilio); che si considerano quindi già appartenenti al gregge degli eletti; e che tuttavia hanno ancora bisogno di santificazione, di perdono.
Sulla stessa linea è il
Canone Romano:
[QUOTE]
Ricordati, o Signore, dei tuoi fedeli che ci hanno preceduto con il segno della fede e dormono il sonno della pace. Dona loro, o Signore, e a tutti quelli che riposano in Cristo, la beatitudine, la luce e la pace.
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Forse ancora più esplicito il commento alla preghiera eucaristica di
Giovanni Crisostomo nella sua XLI Omelia sulla 1^ Cor, in PG 61 361:
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Queste cose, in effetti, non sono inutili, non è invano che noi facciamo memoria nei divini misteri di quelli che ci hanno lasciato e per loro ci avviciniamo e preghiamo l’Agnello che è presente e che ha preso il peccato del mondo, ma perché vi sia per loro un qualche sollievo. Non invano colui che presiede all’altare dei misteri tremendi proclama: per tutti coloro che dormono in Cristo e per coloro che fanno memoria di loro.
[/QUOTE]
Οὐ γὰρ ἁπλῶς ταῦτα ἐπινενόηται, οὐδὲ εἰκῆ μνήμην ποιούμεθα τῶν ἀπελθόντων ἐπὶ τῶν θείων μυστηρίων, καὶ ὑπὲρ αὐτῶ πρόσιμεν, δεόμενοι τοῦ Ἀμνοῦ τοῦ κειμένου τοῦ λαβόντος τὴν ἁμαρτίαν τοῦ κόσμου, ἀλλ' ἵνα τις ἐντεῦθεν αὐτοῖς γένηται παραμυθία• οὐδὲ μάτην ὁ παρεστὼς τῷ θυσιαστηρίῳ τῶν φρικτῶν μυστηρίων τελουμένων βοᾷ. Ὑπὲρ πάντων τῶν ἐν Χριστῷ κεκοιμημένων, καὶ τῶν τὰς μνείας ὑπὲρ αὐτῶν ἐπιτελούντων. Εἰ γὰρ μὴ ὑπὲρ αὑτῶν αἱ μνεῖαι ἐγένοντο, οὐδ' ἃν ταῦτα ἐλέχθε. Οὐ γάρ ὲστι σκηνὴ τὰ ἡμέτερα, μὴ γένοιτο• Πνεύματος γὰρ διατάξει ταῦτα γίνεται.
Si chiede una qualche παραμυθία, un qualche “sollievo”, per coloro che già “dormono in Cristo”.
Note.
1) per le citazioni dalle PG, PL e PO mi sono servito delle scansioni trovate nel sito documentacatholicaomnia
2) ho dato la maturità classica 34 anni fa; da allora ho letto testi greci e latini solo con “traduzione a fronte”. Le mie traduzioni sono quindi traballanti, condotte quando possibile con un occhio a traduzioni moderne in inglese o francese, o anche, quelle dal greco, perlomeno al latino, più orecchiabile. Ringrazio di cuore chiunque me le corregga!
3) per non appesantire ulteriormente questo noioso messaggio, metto in spoiler i testi originali, a volte più estesi per capire meglio il contesto, qualche traduzione in italiano e latino anch’essa più estesa e la bibliografia.
Portate pazienza e scusate gli errori di trascrizione!
2) nei messaggi precedenti l’idea di una purificazione dopo la morte e prima del Giudizio Finale mi pare documentata nei secoli immediatamente precedenti e seguenti la nascita di Cristo, sia nel giudaismo ufficiale, farisaico, sia in ambienti più popolari (quelli degli apocrifi); mi pare che i brani riportati ci possano anche aiutare a collocare meglio la pericope di 2 Mac 12.38-45 e forse le altre citazioni, dal Nuovo Testamento, ricordate dal protestante Jeremias.
Mi sembra anche che queste idee persistano nei secoli seguenti; certo, ha ragione Teodoro, sono brani marginali, per una dottrina che in definitiva è marginale nell’ambito dell’annuncio cristiano, ma non sono certo secondari gli autori che ce li riportano...
Vengono usati approcci differenti: una esegesi che forse noi considereremmo spericolata....
Origene: Contro Celso VI 25-26 PG 11 1329-1332
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Noi perciò che nel Vangelo abbiamo trovata scritta la parola Geenna come mezzo di punizione, abbiamo cercato se fosse stata nominata come purificazione nelle Vecchie Scritture, tanto più che l’usavano anche i Giudei. ..... trovammo un passo biblico con cui confermare che quel luogo era veramente di punizione per quelle anime che dovevano essere purgate: il detto cioè “Ecco entra il Signore come fuoco del fonditore e come erba del fullone e si siederà per fondere e per purificare l’argento e l’oro” (Mal 3,2).
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Noi perciò che nel Vangelo abbiamo trovata scritta la parola Geenna come mezzo di punizione, abbiamo cercato se fosse stata nominata come purificazione nelle Vecchie Scritture, tanto più che l’usavano anche i Giudei. Trovammo dunque in quali passi scritturistici era nominata la valle dei figli di Ennom, dato che in ebraico era stata ricordata questa al posto del semplice vocabolo valle, dato che in fondo i due termini, Ennom e Geenna, si identificavano. Ricercando fra le letture bibliche, trovammo che la Geenna (che era già stata chiamata valle di Ennom) appartenne in sorte, come pure Gerusalemme, alla tribù di Beniamino. Investigando ancora sulle conseguenze di questa appartenenza della Gerusalemme celeste e della valle di Ennom ai beniaminiti, trovammo un passo biblico con cui confermare che quel luogo era veramente di punizione per quelle anime che dovevano essere purgate: il detto cioè “Ecco entra il Signore come fuoco del fonditore e come erba del fullone e si siederà per fondere e per purificare l’argento e l’oro” (Mal 3,2).
Dunque vicino a Gerusalemme, c’è un luogo, ove tu potrai punire quelli che devono essere fusi, per aver ammesso nella sostanza della propria anima il male, che, altrove nella Bibbia fu detto in senso metaforico piombo; infatti presso Zaccaria la empietà fu proprio rappresentata con il peso del piombo (Zac 5,7).
Traduzione tratta da PE Testa “I novissimi e la loro localizzazione nella teologia ebraica e giudeo-cristiana” Liber Annuus dello Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme, 1976, vol. 26, pp. 121-169
Τὴν δὲ Γέενναν ἡμεῖς ἐν τῷ Εὐαγγελίῳ γεγραμμένην ὡς κολαστήριον εὐροντες, ἐξητάσαμεν εἵ που τῶν παλαιῶν γραμμάτων ὠνομάσθη• καὶ μάλιστα ἐπείπερ καὶ Ἰουδαῖοι χρῶνται τῶ ὁνόματι. Εὕρομεν δὲ ὅπου μὲν φαραγξ υἱοῦ Ἐννὸμ ὀνομαζομένην ἐν τῇ Γραφῇ, ἐν δὲ τῷ Ἑβραϊκῷ ἀντὶ τοῦ φάραγξ μεμαθήκαμεν, ὅτι κατὰ τοῦ αὐτοῦ ὑποκειμένου ἐλέγετο ἡ φάραγξ Ἐννὸμ καὶ ἡ Γέεννα• ἐπιτηροῦντες δὲ τὰ ἀναγνώσματα, εὑρίσκομεν καὶ ἐν τῷ κλήρῳ τῆς φυλῆς Βενιαμὶν τὴν Γέενναν ἢ φάραγγα Ἐννὸμ κατειλεγμένην, οὗ ἦν καὶ Ἱερουσαλήμ• καὶ ἐξετάζοντες τὴν ἀκολουθίαν τοῦ εἷναι ἐπουράνιον Ἱερουσαλὴμ ἀπὸ τοῦ κλήρου Βενιαμὶν καὶ τῆς φάραγγος Ἐννόμ, εὑρίσκομέν τι εἰς τὸν περὶ κολάσεων τόπον μεταλαμβανόμενον εἰς τὴν μετὰ βασάνου κάθαρσιν τῶν τοιωνδὶ ψυχῶν, κατὰ τὸ, "Ἰδοὺ, Κύριος εἰσπορεύεται ὡς πῦρ χωνευτηρίου, καὶ ὡς πὸα πλυνόντων• καὶ καθιεῖται χωνεύων καὶ καθαρίζων ὡς τὸ ἀργύριον καὶ τὸ χρυσίον."
Καὶ κατὰ τὸ περὶ τὴν Ἱερουσαλὴμ γίγνεσθαι κολάσεις χωνευομένων, τῶν ἀναλαβόντων εἰς τὴν ἑαυτῶν τῆς ψυχῆς ὑπόστασιν τὰ ἀπὸ κακίας, τροπικῶς που ὀνομαζομένης μολίβδου• διὸ ἡ ἀνομία παρὰ τῷ Ζαχαρίᾳ ἐπὶ τάλαντον μολίβδου εκαθέζετο.
... il paragone con il “fuoco che purifica”...
Gregorio di Nissa Or de mortuis PG 46 525
CITAZIONE
... non potrà divenire partecipe della divinità se un fuoco purificatore non porterà via le macchie introdotte nell’animo.
... εἰ δὲ πρὸς τὴν ἅλογον τῶν παθημάτων ῥοτὴν ἐπικλιθείη, τῷ τῶν ἅλογον δέρματι συνεργῷ ..ρησάμενος πρὸς τὰ πάθη, ἄλλως μετὰ ταῦτα βουλεύσεται πρὸς τὸ κρεῖττον, μετὰ τὴν ἐk τοῦ σώματος ἔξοδον γνοὺς τῆς ἀρετῆς τὸ πρὸς τὴν κακίαν διάφορον, ἐν τῷ μὴ δύνασθαι μετασχεῖν τῆς θειότητος, ..ιὴ τοῦ καθαρσίου πυρὸς τὸν ἐμμιχθέντα τῇ ψυχῇ ..ύπον ἀποκαθήραντος.
Si neglecto, quod bestiarum est, urbanius vivendi genus complectetur, ratione voncens, quod rationi contrarium est, praesenti hac vita vitium sibi admistum expiabit, Sin quo perturbationum impetus ducet, inclinabit, bestiarumque pellem ad vitia ministram et adjutricem adhibebit, aliud ei deinde ineundum erit consilium, ut ad bonum perveniat cum e corpore egressus, cognita, quae inter virtutem et vitium differentia est, non poteris divinitatis partecips fieri, nisi maculas animo immistas purgatorius ignis abstulerit.
NB il testo greco è scarsamente visibile nelle scansioni del sito di riferimento: riporto la citazione in modo più esteso solo in latino.
... l’immagine del “fiume di fuoco” (
Dan 7,10) e della “spada di fuoco” (
Gen 3,24) attraverso cui bisogna passare per giungere in Paradiso...
Ancora
Origene: Omelia su Luca XXIV 2 SC 87 p 327
CITAZIONE
Le Seigneur Jésus se tiendra ‘dans le fleuve de feu’, après de ‘l’epée del flamme’. De la sorte quiconque, au sortir de cette vie, souhaite passe (transire) au Paradis et a besoin de purification, il le baptise dans le fleuve et le fait parvenir au lieu de son désir; mais celui qui ne porte pas le sceau des batèmes précédents (c’est-à-dire du bapteme de Jean et du baptem du Christ), ils ne le baptisera pas dans le bain de feu.
NB: non ho purtroppo accesso al testo originale, che mi pare non ci sia nella PG. Riporto la traduzione trovata in Emmanuel Lanne “L’enseignement de l’Eglise catholique sur le purgatoire” Irenikon
San Cirillo di Gerusalemme Cat XV 21 PG 33, 900 A
CITAZIONE
Il Figlio dell’uomo verrà verso il Padre, secondo la Scrittura ora letta, sulle nubi del cielo accompagnato da un fiume di fuoco nel quale saranno provati gli uomini. Se qualcuno ha opere d’oro, diverrà più splendente, se qualcuno ha azioni simili alla paglia e senza sostanza, brucerà per il fuoco.
Ἔρχεται πρὸς τὸν Πατέρα, κατὰ τὴν Γραφὴν τὴν ἀρτίως ἀναγνωσθεῖσαν, ὁ Υἱὸς τοῦ ἀνθρώπου ἐπὶ τῶν νεφελῶν τοῦ οὐρανοῦ, ποταμοῦ πυρὸς ἕλκοντος, δοχιμαστικοῦ τῶν ἀνθρώπων. Εἴ τις χρυσίου ἕχει τὰ ἔργα, λαμπρότερος γίνεται• εἴ τις χαλαμώδη ἔχει τὴν πρᾶξιν καὶ ἀνυπόστατον, κατακαίεται ὑπὸ τοῦ πυρός.
Sant’Ambrogio In Psalmum CXVIII Expositio PG XV 1227 A
CITAZIONE
C’è infatti un battesimo nel vestibolo del paradiso, che prima non c’era: ma dopo che fu scacciato il peccatore, cominciò ad esserci la spada di fuoco, posta da Dio (Gen III 24), che prima non c’era, quando non c’era il peccato. Iniziò la colpa, iniziò il battesimo: attraverso il quale erano purificati coloro che desideravano ritornare in paradiso, affinché ritornati dicessero: Passammo per il fuoco e per l’acqua (Sal LXV 12). Qui per l’acqua, lì per il fuoco. Attraverso l’acqua, perché siano puliti i peccati, attraverso il fuoco perché siano bruciati.
Non unum est baptisma: unum est quod hic tradit Ecclesia, per aquam et Spiritum sanctum, quo necesse est baptizari catechumenos. Est et aliud baptisma, de quo dicit Dominus Jesus: Baptisma habeo baptizari, quod vos nescitis (Luc XII 10). Et utique jam baptizatus in Jordane fuerat, sicut superiora declarant (Matth III 13): sed sit hoc baptismum passionis, quo etiam sanguine suo unusquisque mundatur. Est enim baptismum in paradise vestibulo, quod antea non erat: sed posteaquam peccator exclusus est, coepit esse romphaea ignea, quam posuit Deus (Gen III 24), quae antea non erat, quando peccatum non erat. Culpa coepit, et baptismum coepit: quo purificentur, qui in paradisum redire cupiebant, ut regressi dicerent: Transivimus per ignem et aquam (Psal LXV 12). Hic per aquam, illic per ignem. Per aquam, ut abluantur peccata: per ignem, ut exurantur. Sed quod est gravius, et hic sustinemus ignem, et illic.
Quis est qui in hoc igne baptizat! Non presbyter, non episcopus, non Joannes, qui ait: Ego vos baptizo in poenitantiam (Matth III 11); non Angelus, non Archangelus, non Dominationes, non Potestates: sed ille, de quo Joannes ait: Qui venit post me, fortior me est, cujus non sum dignus calceamenta portare: ipse vos baptizabit in Spiritu sancto et igne. Habet ventilabrum in manu sua, et permundabit aream suam; et congregabit triticum in horreum suum; paleas autem comburet igni inexstinguibili (ibid II et 12). Non de hoc baptismate, quod fit per sacerdotes Ecclesiae, dictum ipse Dominus testificatur (Matth XIII 29 et 50). Siquidem post consummationem saeculi missis angelis qui segregent bonos et malos, hoc futurum est baptisma: quando per caminum ignis iniquitas exuretur; ut in regno Dei fulgeant justi sicut sol ipse in regno patris sui. Et si aliquis sanctus ut Petrus sit, ut Joannes, baptizatur hoc ignis. Veniet ergo Baptista magnus (sic enim eum nomino, quomodo nominavit Gabriel dicens (Luc I 15): Hic erit magnus), videbit multos ante paradisi stantes vestibulum, movebit romphaeam versatilem, dicet iis qui a dextris sunt, non habentibus gravia peccata: Intrate qui praesumitis, qui ignem non timetis. Praedixeram enim vobis: Ecce venio sicut ignis (Esai LXVI 15); et per Ezechielem dixeram: Ecce proficiscar in Hierusalem, et insufflabo in vos, in igne irae meae; ut tabescatis a plumbo et ferro (Ezech XXII 20).
Veniat ergo ignis consumens, exurat in nobis plumbum iniquitatis, ferrum peccati, faciatque nos aurum sincerum. Urat renes meos, et cor meum; ut bona cogitem, ea quae castitatis sunt, concupiscam. Sed quia hic purgatus, iterum necesse habet illic purificari; illic quoque nos purificet, quod dicet Dominus: Intrate in requiem meam; ut unusquisque nostrum ustus romphaea illa flammea, non exustus, introgressus in illam paradisi amoenitatem, gratias agat Domino suo, dicens: Induxisti nos in refrigerium (PSal LXV 12). Qui ergo per ignem transierit, intrat in requiem. Transit a materialibus atque mundanis ad illa incorruptibilia atque perpetua.
Alius iste est igne quo exuruntur peccata non voluntaria, sed fortuita, quem paravit servulis suis Dominus Jesus, ut eos ab ista commoratione, quae permixta est mortuis, emundet: alius ille ignis, quem deputavit diabolo et angelis ejus, de quo dicit: Intrate in ignem in aeternum (Matth XXV 41); quo ille dives ardebat, qui stillari sibi de Lazari digito poscebat humorem. At vero Lazarus in Abrahae sinu recumbens (Luc XVI 24), vitam carpebat aeternam, quam sibi promittit Propheta dicens: Vivam et custodiam verba tua. Vivam, ait, quasi nomdum vivens: hic enim in umbra vivimus.
Tralascio Agostino e Gregorio Magno, di cui si è già parlato più sopra.
3) che questo modo di concepire la preghiera per i defunti e la loro purificazione continui nei secoli seguenti anche in Oriente, lo dimostrano alcuni documenti autorevoli della Chiesa Ortodossa. In particolare a Firenze nel 1439
Marco d’Efeso contestò che il purgatorio fosse un luogo e che vi fosse un fuoco, ma così dichiara:
Oratio prima De igne purgatorio PO 15 pag 40-41
CITAZIONE
Se in verità le anime partono da questa vita nella fede e nell’amore, tuttavia guastate da qualche macchia, o più piccola, della quale non fecero penitenza completamente, oppure anche più grave, della quale non mostrarono in precedenza la penitenza condotta con degni frutti, crediamo che esse a causa di tali colpe siano purificate, non per un qualche fuoco che purifica e per punizioni delimitate in un certo luogo (infatti come dicemmo, ciò non ci è stato mai trasmesso), ma a volte in verità nella stressa uscita dal corpo solamente per lo stesso terrore, come anche san Gregorio Dialogo (= Gregorio Magno) chiaramente afferma; altre volte, in verità, dopo la morte, o indugiano in questa regione prossima della terra, prima di pervenire all’adorazione di Dio, e conseguire il fine beato, o anche nell’ade sono trattenute, non certo come nel fuoco e in castighi, ma come rinchiuse in carcere e catene, quando le colpe siano state più gravi e da espiare per un tempo maggiore. Inoltre affermiano che a questi tutti porgono aiuto le preghiere e le litugie celebrate a loro nome, con il concorso della divina bontà e clemenza...
... τὰς δὲ ἐν πίστει μὲν καὶ ἀγάπῃ τῶν παρόντων ἀπαλλαγείσας, κηλίδας δὲ ὄμως τινάς ἐπιφορομένας, ἤ μικρὰς καὶ παντάπασιν ἀμετανοήτους, ἤ καὶ μείζονας, ἐφ'αἷς μετανοήσασαι τοὺς τῆς μετανοίας καρποὺς οὐκ ἔφθασαν ἐπιδείξασθαι, ταύτας δὲ ἐκκαθαίρεσθαι πρὸς λόγον τῶν τοιούτων ἁμαρτημάτων, οὑ διὰ πυρός τινος καθαρσίου καὶ ἀφωρισμένων ἐν τινι τόπῳ τιμωριῶν τοῦτο γάρ, ὡς ἔφαμεν, οὐδαμοῦ παραδέδοται, ἀλλὰ τὰς μὲν ἐν αὐτῇ τῇ ἐξόδῳ τοῦ σώματος δι'αὐτοῦ καὶ μόνου τοῦ φόβου, καθὼς καὶ ὁ ἄγιος Γρηγόριος ὁ Διάλογος ῥητὼς ἀποφαίνεται, τὰς δὲ καὶ μετὰ τὴν ἔξοδον, ἢ μενούσας ἐν τῷδε τῷ περιγείῳ χώρῳ πρὶν εἰς προσκύνησιν τοῦ Θεοῦ ἀφικέσθαι καὶ τῆς μακαρίας ἀξιωθῆναι λήξεως, ἢ καὶ αὐτὰς ἐν ἅδῃ κατεχομένας, οὐχ ὡς ἐν πυρί καὶ κολάσει πάντως, ἀλλ'ὡς ἐν δεσμωτηρίῳ καὶ φυλαξῇ καθειργμένας, εἰ μείζους ἦσαν αἱ ἁμαρτίαι καὶ πλείονος χρόνου δεόμεναι, τούτοις ἅπασι βοηθεῖν τὰς ὑπὲρ αὐτῶν γινομένας εὐχὰς καὶ λειτουργίας φαμέν, συντρεχούσης αὐταις τῆς θείας ἀγαθότητος καὶ φιλανθρωπίας καὶ τὰ μὲν τῶν τοιούτων ἁμαρτημάτων αὐτίκα παραρώσης καὶ ἀφιείσης, ὅσα δι'ἀνθρωπίνην ἀσθενειαν πεπλημμέληται, καθὼς ὁ μέγας φησὶ Διονύσιος ἐν τῇ θεωρίᾳ τοῦ ἑπὶ τῶν ἱερῶς κεκοιμημένων μυστηρίου, τὰ δὲ μετὰ χρόνον ἴσως τινὰ διχαίοις ζυγοῖς ἢ λυούσης καὶ ἀφιείσης καὶ αὐτὰ τέλεον ἢ κουφιζούσης τούς ἐπ'αὐτοῖς ἐνόχους μέχρι τῆς τελευταίας ἐκείνης κρίσεως• καὶ ἐπ'αὐτοῖς οὐδεμίαν ἀνάγκην ἑτέρας κολάσεως καὶ διὰ πυρὸς καθάρσεως βλέπομεν, εἴ γε τοὺς μὲν ὁ φόβος καθαίρει, τοὺς δὲ ἡ τοῦ συνειδότος βάσανος, παντός πυρὸς δριμύτερον κατεσθίουσα, τοὺς δὲ αὐτὴ καὶ μόνη τῆς θείας δόξης ἡ ἔκπτωσις καὶ ἡ ἀδηλία τοῦ μέλλοντος, εἴ ποτε αὐτῆς ἐπιτεύξονται.
Si animae vero in fide et caritate ex hac vita decesserint, maculis tamen nonnullis foedatae, sive levioribus, quarum eas omnino non paenituerit, sive etiam gravioribus, de quibus ductam paenitenla etiam dignis fructibus ostendere non praeceperint: eas pro ratione talium culparum plane purgari credimus, non per ignem aliquem purgatorium ac determinata certo in loco supplicia (nam id, uti diximus, nusquam traditum existit), sed alias quidem in ipso exitu e corpore per ipsum solum metum, sicuti etiam sanctus Gregorius Dialogus diserte pronuntiat; alias vero etiam post exitum, sive in ista regione terris citima commorentur, antequam ad Dei adorationem perveniant, beatumque consequantur finem, sive etiam in inferno detineantur et ipsae, non certe ut in igne ac supplicio, sed ut in custodia et carcere constrictae, cum graviores fuerint culpae ac tempore longiore expiandae. Porro hisce omnibus opitulari preces et litugias eorum nomine factas adserimus, concurrente cum his divina bonitate et clementia, quae huiusmodi culparum alias quidem statim condonat et dimittit, quaecumque scilicet per humanam fragilitatem admissae fuerint, quemadmodum magnus ille Dionysius ait in Consideratione mysterii de iis qui pie obdormierunt: alias vero post aliquod forte tempus, aequis adhibitis lancibus, aut solvit remittitque etiam penitus aut earum reos sublevat usque ad extremum illud iudicium, Verum ad has tollendas nullam alterius supplicii purgationisve per ignem necessitate, videmus: nam hos quodem expurgat metus, illos vero conscientiae cruciatus, qui anumum acrius rodit quam quivis ignis: illos autem ipsa sola divinae gloriae amissio et futuri abscuritas, num umquam ea sint potituri.
Per la
Confessione di Dositeo, nel Sinodo di Gerusalemme del 1672, risposta alle tesi calviniste, vedi qui.
Di quelli che, colpevoli di peccato mortale, non sono morti nella disperazione, ma, mentre ancora viventi nel corpo, si pentirono, benché senza portare alcun frutto di pentimento, cioè versare lacrime, vegliare inginocchiati in preghiera, affliggersi, soccorrere i poveri e intanto mostrare in opere il loro amore verso Dio e il prossimo, ciò che la Chiesa Cattolica ha dagli inizi giustamente chiamato soddisfazione, di questi, dunque, crediamo che le anime giungano all’ade e qui sopportino la punizione dovuta per i peccati da loro commessi. Ma essi sono consapevoli della loro futura liberazione da quel luogo e sono liberati dalla Suprema Bontà attraverso le preghiere dei sacerdoti e le buone opere che i parenti di ciascuno compiono per il loro morto; e specialmente è utile in sommo grado il Sacrificio incruento che ciascuno offre per i propri parenti che si sono addormentati e che la Chiesa Cattolica ed Apostolica offre quotidianamente per tutti allo stesso modo; naturalmente noi non conosciamo il tempo del loro rilascio. Perché c’è liberazione da tale loro terribile condizione e noi sappiano e crediamo che sia prima della resurrezione generale e del giudizio; ma quando non sappiamo.
Τοὺς δὲ συμφθαρέντας θανασίμοις πλημμελήμασι καὶ μὴ ἐν ἀπογνώσει ἀποδημήσαντας ἀλλὰ μετανοήσαντας μὲν, ἔτι περιόντας ἐν τῷ μετὰ σώματος βίῳ, μὴ ποιήσαντας δὲ οὐδοτιοῦν καρπὸν μετανοίας—ἐκχέαι δάκρυα δηλονότι καὶ γονυπετῆσαι ἐν γρηγορήσει προσευχῶν, θλιβῆναι, πτωχοὺς παραμυθῆσαι, καὶ τέως ἐν ἔργοις τὴν πρὸς τὸν Θεὸν καὶ τὸν πλησίον ἀγάπην ἐπιδεῖξαι, ἃ καὶ ἱκανοποίησιν καλῶς ἡ καθολικὴ ἐκκλησία ἀπ᾿ ἀρχῆς ὠνόμασε—τούτων καὶ αὐτῶν τὰς ψυχὰς ἀπέρχεσθαι εἰς ᾄδου καὶ ὑπομένειν τῶν ἕνεκα ὧν εἰργάσαντο ἁμαρτημάτων ποινήν. Εἶναι δ᾿ ἐν συναισθήσει τῆς ἐκεῖθεν ἀπαλλαγῆς, ἐλευθεροῦσθαι δὲ ὑπὸ τῆς ἄκρας ἀγαθότητος διὰ τῆς δεήσεως τῶς ἱερέων καὶ εὐποιϊῶν, ἃ τῶν ἀποιχομένων ἕνεκα οἱ ἑκάστου συγγενεῖς ἀποτελοῦσι· μεγάλα δυναμένης μάλιστα τῆς ἀναιμάκτου θυσίας, ἣν ἰδίως ὑπὲρ τῶς κεκοιμημένων συγγενῶν ἕκαστος καὶ κοινῶς ὑπὲρ πάντων ἡ καθολικὴ καὶ ἀποστολικὴ ὁσημέραι ποιεῖ ἐκκλησία· ἐννοουμένου μέντοι καὶ τούτου τοῦ μὴ εἰδέναι ἡμᾶς δηλαδὴ τὸν καιρὸν τῆς
ἀπαλλαγῆς. Ὅτι γὰρ γίνεται ἐλευθερία τῶν τοιούτων, ἀπὸ τῶν δεινῶν καὶ πρὸ τῆς κοινῆς ἀναστάσεώς τε καὶ κρίσεως οἴδαμεν καὶ πιστεύομεν· πότε δὲ, ἀγνοοῦμεν.
Vedi - Monumenta fidei ecclesiae orientalis Pars I del Kimmel (scaricabile da Google Libri)
- Creeds of Christendom vol 2 (scaricabile dal sito Christian Classics Ethereal Library
Per il
Catechismo Lungo di Filarete di Mosca del 1830, articolo 11, vedi qui.
376. What is to be remarked of such souls as have departed with faith, but without having had time to bring forth fruits worthy of repentance?
This: that they may be aided towards the attainment of a blessed resurrection by prayers offered in their behalf, especially such as are offered in union with the oblation of the bloodless sacrifice of the Body and Blood of Christ, and by works of mercy done in faith for their memory.
377. On what is this doctrine grounded?
On the constant tradition of the Catholic Church; the sources of which may be seen even in the Church of the Old Testament. Judas Maccabæus offered sacrifice for his men that had fallen. 2 Macc. xii. 43. Prayer for the departed has ever formed a fixed part of the divine Liturgy, from the first Liturgy of the Apostle James. St. Cyril of Jerusalem says: Very great will be the benefit to those souls for which prayer is offered at the moment when the holy and tremendous Sacrifice is lying in view. (Lect. Myst. v. 9.)
St. Basil the Great, in his prayers for Pentecost, says that the Lord vouchsafes to receive from us propitiatory prayers and sacrifices for those that are kept in Hades, and allows us the hope of obtaining for them peace, relief, and freedom.
Dal sito Pravoslavieto.com.
Sono queste citazioni (e altre simili) sufficienti per affermare che questa è la Tradizione della Chiesa?
Secondo me bisogno considerare tre argomenti:
1) l’idea di pregare per i defunti e per la loro purificazione è presente nelle preghiere eucaristiche dell’occidente e dell’oriente;
2) tale dottrina, nella sua forma più semplice, è comune alla Chiesa latina ed a quella greca, essendo le divergenze su particolari (il luogo, il fuoco..)
3) non conosco (ma sono molto ignorante) scrittori del primo millennio che neghino esplicitamente la purificazione delle anime tra morte e giudizio universale o che affermino esplicitamente che le preghiere per i defunti “servano”
solo per il giudizio davanti a Dio.
Voi che ne dite?
Grazie.
PS:
ho qualche difficoltà nello scrivere i messaggi:
1) non riesco ad inserire i link, mi dice sempre "URL non valido";
2) non riesco a mettere "nel rettangolo" le prime tre citazioni di questo messaggio e non capisco come mai... se qualche moderato per favore volesse insegnarmi ed aiutarmi....
Edited by Paolo Agostino Bonaventura - 11/9/2012, 14:52