Studi sul Cristianesimo Primitivo

Codex bobiensis

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maquanteneso
view post Posted on 28/4/2014, 18:38     +1   -1




CITAZIONE (maredelsud @ 28/4/2014, 18:27) 
Non so quanto faccia piacere ad Hard sapere che condivido i suoi dubbi, però secondo me ha sollevato la questione cruciale: i dati, le informazioni di cui riesce ad avvalersi il programma.

io ho spiegato ad Hard Rain che cosa fa il programma, ma i principi su cui si basa sono semplici: uno scrittore ha delle parole "preferite" e le usa in maniera inconscia, soprattutto quelle di uso più comune ("e", "o", articoli, "perché" e così via), quindi per vedere se due testi sono dello stesso autore si guarda se le frequenze delle parole di uso più comune sono all'incirca le stesse.
Il programma si basa su questa idea e ha due limiti: uno è dato dal fatto che uno scrittore col tempo può cambiare abitudini, l'altro è che con testi brevi difficilmente si hanno le frequenze tipiche di quell'autore (mentre per testi lunghi sì, grazie alla legge dei grandi numeri).

Saremmo OT, ma spendo lo stesso due parole sull'Apocalisse.
Secondo la tradizione, Giovanni ha scritto il Vangelo e l'Apocalisse in tarda età; inoltre entrambi i testi sono sufficientemente lunghi e quindi in teoria siamo nelle condizioni ottimali (cioè in teoria non abbiamo nessuno dei due problemi precedentemente esposti).
Il programma, invece, ha riportato per l'Apocalisse valori estremamente bassi, non solo rispetto al Vangelo di Giovanni, ma anche rispetto agli altri testi del Nuovo Testamento, così bassi da far pensare non solo che l'Apocalisse non sia stato scritto da Giovanni, ma addirittura che sia stato scritto in un'epoca diversa.
Quest'ultima considerazione prendila come un'opinione personale.

Sull'interpretazione da dare all'Apocalisse: io l'ho letto soprattutto in passato, ma non ci ho mai capito niente, forse è vero che c'è un senso "nascosto" da trovare, ma anche se fosse i sensi "nascosti" possibili sono così tanti che non penso che si possa mai arrivare a dire "questo è il senso giusto". Tuttavia, ti segnalo lo stesso l'interpretazione più interessante che conosco, quella di Nikolai Morozov: secondo lui l'Apocalisse non è altro che una descrizione astronomica.

http://en.wikipedia.org/wiki/Apocalypse_of..._astronomically
 
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maredelsud
view post Posted on 28/4/2014, 19:36     +1   -1




CITAZIONE (maquanteneso @ 28/4/2014, 19:38) 
CITAZIONE (maredelsud @ 28/4/2014, 18:27) 
Non so quanto faccia piacere ad Hard sapere che condivido i suoi dubbi, però secondo me ha sollevato la questione cruciale: i dati, le informazioni di cui riesce ad avvalersi il programma.

Il programma, invece, ha riportato per l'Apocalisse valori estremamente bassi, non solo rispetto al Vangelo di Giovanni, ma anche rispetto agli altri testi del Nuovo Testamento, così bassi da far pensare non solo che l'Apocalisse non sia stato scritto da Giovanni, ma addirittura che sia stato scritto in un'epoca diversa.
Quest'ultima considerazione prendila come un'opinione personale.

Ecco il punto Maq (te l'ho messo in grassetto). Grazie a Teo siamo in grado di far emergere un'importante questione circa lo "scritto dentro", la quale ti dà ragione, ma al contempo dà ragione pure a me. In Ap. 12,9 leggiamo δρακων, ma perchè il giochetto dello scritto dentro funzioni (lasciamo perdere quale, andremmo OT) deve essere letto δρακως, cioè nella sua forma tardo bizantina, come c'insegna Teo.
Capisci che tutto ciò ti dà ragione: Apocalisse, anche stando al nostro giochetto, parrebbe scritta "in un'epoca diversa", perchè l'autore fa uso di un vocabolario successivo o almeno lo conosce. Ma dà ragione pure a me che sostengo l'importanza di valutare quello "scritto dentro" per attribuire la paternità. Insomma tu mi pare che abbia puntato tutto sulla somiglianza, ma capisci che poi in fondo è il DNA che ha l'ultima parola.
 
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view post Posted on 29/4/2014, 10:15     +1   -1
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CITAZIONE (maredelsud @ 28/4/2014, 20:36) 
CITAZIONE (maquanteneso @ 28/4/2014, 19:38) 
Il programma, invece, ha riportato per l'Apocalisse valori estremamente bassi, non solo rispetto al Vangelo di Giovanni, ma anche rispetto agli altri testi del Nuovo Testamento, così bassi da far pensare non solo che l'Apocalisse non sia stato scritto da Giovanni, ma addirittura che sia stato scritto in un'epoca diversa.
Quest'ultima considerazione prendila come un'opinione personale.

Ecco il punto Maq (te l'ho messo in grassetto). Grazie a Teo siamo in grado di far emergere un'importante questione circa lo "scritto dentro", la quale ti dà ragione, ma al contempo dà ragione pure a me. In Ap. 12,9 leggiamo δρακων, ma perchè il giochetto dello scritto dentro funzioni (lasciamo perdere quale, andremmo OT) deve essere letto δρακως, cioè nella sua forma tardo bizantina, come c'insegna Teo.
Capisci che tutto ciò ti dà ragione: Apocalisse, anche stando al nostro giochetto, parrebbe scritta "in un'epoca diversa", perchè l'autore fa uso di un vocabolario successivo o almeno lo conosce. Ma dà ragione pure a me che sostengo l'importanza di valutare quello "scritto dentro" per attribuire la paternità. Insomma tu mi pare che abbia puntato tutto sulla somiglianza, ma capisci che poi in fondo è il DNA che ha l'ultima parola.

Intervengo brevemente per precisare che naturalmente io non condivido assolutamente nulla di tutto ciò.
E prego di terminare l'offtopic.
 
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maredelsud
view post Posted on 29/4/2014, 12:07     +1   -1




CITAZIONE (Teodoro Studita @ 29/4/2014, 11:15) 
CITAZIONE (maredelsud @ 28/4/2014, 20:36) 
Ecco il punto Maq (te l'ho messo in grassetto). Grazie a Teo siamo in grado di far emergere un'importante questione circa lo "scritto dentro", la quale ti dà ragione, ma al contempo dà ragione pure a me. In Ap. 12,9 leggiamo δρακων, ma perchè il giochetto dello scritto dentro funzioni (lasciamo perdere quale, andremmo OT) deve essere letto δρακως, cioè nella sua forma tardo bizantina, come c'insegna Teo.
Capisci che tutto ciò ti dà ragione: Apocalisse, anche stando al nostro giochetto, parrebbe scritta "in un'epoca diversa", perchè l'autore fa uso di un vocabolario successivo o almeno lo conosce. Ma dà ragione pure a me che sostengo l'importanza di valutare quello "scritto dentro" per attribuire la paternità. Insomma tu mi pare che abbia puntato tutto sulla somiglianza, ma capisci che poi in fondo è il DNA che ha l'ultima parola.

Intervengo brevemente per precisare che naturalmente io non condivido assolutamente nulla di tutto ciò.
E prego di terminare l'offtopic.

Beh, prendila così: il fatto che il programma collochi Ap. in un'epoca diversa poteva indurlo a dubitare della sua efficacia. Io gli ho solo detto che non è poi così strano perchè anche a me risulta qualcosa di simile. Chiuso.
 
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maquanteneso
view post Posted on 30/4/2014, 14:17     +1   -1




ho trovato la citazione di Efrem il Siro (Evangelii concordantis expositio) dove dice che Marco ha scritto il Vangelo a Roma in latino

https://archive.org/stream/MN41655ucmf_1#page/n317/mode/2up
 
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Hard-Rain
view post Posted on 30/4/2014, 18:28     +1   -1




Se si prende per buona l'epistola a Clemente (pubblicata da Morton Smith) anche Clemente di Alessandria dice che Marco scrisse a Roma alcuni fatti della vita di Gesu, mentre era in corso la predicazione di Pietro a Roma. In seguito ad Alessandria, in Egitto, Marco avrebbe composto il vangelo "segreto", piu completo, con anche gli insegnamenti piu spirituali di Gesu. Tuttavia in questa lettera non si dice che il testo sia stato scritto in latino o in greco.

Ad ogni modo se stiamo a tutte queste citazioni patristiche, abbiamo che Origene, Papia di Gerapoli ed Ireneo di Lione affermerebbero che il primo vangelo ad essere composto fu quello secondo Matteo e tutti questi "padri", di lingua greca, dicono anche che tale vangelo fu composto in lingua ebraica. Presentano poi Marco come testo successivo e sembra scontato che pensino che abbia scritto in greco, visto che loro sono di lingua greca e sottolineano soltanto il fatto dell'ebraico (a mio avviso se davvero Marco avesse scritto in latino, l'avrebbero sottolineato, come per Matteo). Presentano Marco come ερμηνευτης Πετρου, lett. "interprete di Pietro", espressione che potrebbe sottindere un'opera di traduzione, poichè lo presentano come colui che seguiva Pietro e metteva per iscritto quel che poteva dei suoi insegnamenti e storie. Ma traduttore da quale lingua? Da latino a greco? Oppure da ebraico (ipotetica lingua parlata da Pietro) a greco? E, soprattutto, un ipotetico Pietro che predicava a Roma, di quale lingua si avvaleva? Se parlava ebraico aveva bisogno appunto di un traduttore che sapesse almeno il greco. Ovviamente a Roma si parlava latino e sarà ben stata la lingua del vernacolo, tuttavia le classi piu colte conoscevano il greco (so che Plutarco, ad esempio, sapeva pochissimo di latino e molto probabilmente nei suoi soggiorni romani si avvaleva soltanto del greco; come dicevo ci sono orazioni e scritti dedicati a Roma e destinati a latini, scritti in greco da intellettuali ellenici, come Elio Aristide; Giustino scriveva tranquillamente le sue opere in greco a Roma e indirizzava le apologie agli imperatori romani scrivendole in greco e lo stesso faceva Ippolito, vescovo di Roma, che scriveva in greco stando a Roma). Non so, onestamente, a che livello fosse la conoscenza del greco da parte delle classi popolari.

Altro argomento interessante: ho letto (non ricordo dove, ma cercherò di risalirvi) che i padri di lingua latina (Tertulliano) traducevano in proprio le frasi che citavano dai vangeli, cioè non si riesce ad avere uno standard tale per cui si possa ipotizzare che si avvalevano di un testo latino standard da cui copiare i passaggi. In altre parole: se la versione originaria dei vangeli fosse stata in latino, avremmo molta piu uniformità nell'uso delle frasi dei vangeli nei padri di lingua latina. Per i padri di lingua greca, ad esempio, anche se è provato che spesso citavano a memoria, che ci sono differenze, ecc..., comunque risulterebbe esserci molta piu uniformità (derivante dal fatto che appunto la versione originaria era in greco e non esistevano n-traduzioni divergenti tra loro o, peggio, che erano costretti a tradursi da latino a greco i passaggi dei vangeli per mancanza di traduzioni).

Edited by Hard-Rain - 30/4/2014, 20:06
 
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view post Posted on 4/5/2014, 12:04     +1   -1
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Oltre agli argomenti già portati che attengono tutti alla fattispecie dei criteri esterni (e che già da soli basterebbero), vediamo qualcuno degil argomenti interni, così la finiamo con questa sciocchezza della traduzione dal latino al greco.

1. Calchi dal greco. La Vetus (mi perdonerete se accomuno le 2-3 recensioni note sotto un'unica etichetta, il che sarebbe improprio se non stessimo parlando di fenomeni che accomunano tutte queste recensioni) presenta una serie di parole che sono manifestamente dei prestiti dal greco (e.g. baptismus, chrisma, holocaustum, paradisus, abyssus), altre formate sull’uso del greco attraverso l’uso di preposizioni che sarebbero ridondanti in latino (e.g. adampliare, demembrare, subintroducere, etc.).
2. Semantica alterata. Alcuni lessemi latini subiscono una deviazione semantica per avvicinarsi al sottostante greco. È il caso, ad esempio, di advocatio per παράκλησις o commotio per συσσεισμός.
3. Calchi morfologici. Il caso più evidente di derivazione dal greco, tuttavia, riguarda la sintassi. Il testo della Vetus è infatti spesso un calco pedissequo del greco, ache nel caso in cui la sintessi ellenica differisca sostanzialmente da quella latina. Visto che si (s)ragionava del Mc nel codice k, si può prendere il caso di Mc 1,24b

NA27: οἶδά σε τίς εἶ, ὁ ἅγιος τοῦ θεοῦ.
[k]: scio te qui sis Sanctus Dèi
Vgt: scio qui sis Sanctus Dei

Si può apprezzare qui la presenza in k del pronome ridondante (σε/te), che poi correttamente salta nella Vulgata.

4. Errori di traduzione. Ci sono moltissimi errori che si spiegano solo come cattive letture di un testo greco. Per rimanere sul Mc di k, si può vedere Mc 12,40:

NA27: οἱ κατεσθίοντες τὰς οἰκίας τῶν χηρῶν καὶ προφάσει μακρὰ προσευχόμενοι· οὗτοι λήμψονται περισσότερον κρίμα.
CEI:Divorano le case delle vedove e ostentano di fare lunghe preghiere; essi riceveranno una condanna più grave». [la traduzione è piuttosto libera in quanto a sintessi]
Vgt: qui devorant domos viduarum sub obtentu prolixae orationis hii accipient prolixius iudicium
k: qui comedunt domo viduarum ista faciunt in excusatione longa hi accipient abinundantius iudicium [il testo dice proprio così]

Qui k (o meglio il suo antigrafo, come si vedrà) tra gli altri disastri scambia μακρά per μακρᾲ che allora viene concordato con προφάσει e così tradotto excusatione longa. Ciò non è strano dal momento che in quel tempo i codici greci non riportavano i diacritici. Il testo è così malconcio che il copista è costretto a interpolare ista faciunt per far tornare il senso della frase.

Naturalmente è anche vero che k potrebbe trarre in errore per alcune sue peculiarità. È chiaro, infatti, che k copiasse da un antigrafo latino, come i numerosi saute da omoteleuto (e.g. Mc 12,39-40) o gli errori visivi (e.g. Mc 11,13 “filia” pro “folia”, “nomen” pro “non enim”; Mc 14,21 “dico” pro “de eo”) dimostrano.

Si potrebbe discettare sull’ipotesi che l’antigrafo di k presentasse un testo parallelo (come D) oppure no, ma di certo non sul fatto che abbiamo a che fare con una piuttosto pedissequa e sovente mal condotta traduzione dal greco.

Finis.

Edited by Teodoro Studita - 4/5/2014, 21:57
 
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maquanteneso
view post Posted on 4/5/2014, 17:04     +1   -1




CITAZIONE (Teodoro Studita @ 4/5/2014, 13:04) 
vediamo qualcuno degil argomenti interni, così la finiamo con questa sciocchezza della traduzione dal latino al greco.

perché tutta questa aggressività? io la vedo così, tu la vedi in un'altra maniera, non capisco perché drammatizzare

CITAZIONE
Calchi dal greco. La Vetus (mi perdonerete se accomuno le 2-3 recensioni note sotto un'unica etichetta, il che sarebbe improprio se non stessimo parlando di fenomeni che accomunano tutte queste recensioni) presenta una serie di parole che sono manifestamente dei prestiti dal greco (e.g. baptismus, chrisma, holocaustum, paradisus, abyssus), altre formate sull’uso del greco attraverso l’uso di preposizioni che sarebbero ridondanti in latino (e.g. adampliare, demembrare, subintroducere, etc.).

per quanto riguarda le parole di origine greca ce n'è una che mi incuriosisce particolarmente: Hierosolyma, cioè santa Solyma (o forse Solyma del tempio), voi professori questa cosa come la spiegate?
per quanto riguarda l'uso di preposizioni ridondanti tu stesso hai citato più o meno involontariamente un caso contrario: nel codice k c'è scritto "veniadregnumtuum" invece di "adveniatregnumtuum" (Mt 6,10)
CITAZIONE
Semantica alterata. Alcuni lessemi latini subiscono una deviazione semantica per avvicinarsi al sottostante greco. È il caso, ad esempio, di advocatio per παράκλησις o commotio per συσσεισμός.

non lo so, dovrei vedere i casi specifici
CITAZIONE
Calchi morfologici. Il caso più evidente di derivazione dal greco, tuttavia, riguarda la sintassi. Il testo della Vetus è infatti spesso un calco pedissequo del greco, ache nel caso in cui la sintessi ellenica differisca sostanzialmente da quella latina. Visto che si (s)ragionava del Mc nel codice k, si può prendere il caso di Mc 1,24b

NA27: οἶδά σε τίς εἶ, ὁ ἅγιος τοῦ θεοῦ.
k: scio te qui sis Sanctus Dèi
Vgt: scio qui sis Sanctus Dei

Si può apprezzare qui la presenza in k del pronome ridondante (σε/te), che poi correttamente salta nella Vulgata.

nel codice bobbiese c'è anche la prima parte del Vangelo di Marco? la versione in mio possesso non ce l'ha, deve essere uscita una nuova edizione americana

CITAZIONE
Errori di traduzione. Ci sono moltissimi errori che si spiegano solo come cattive letture di un testo greco. Per rimanere sul Mc di k, si può vedere Mc 12,40:

NA27: οἱ κατεσθίοντες τὰς οἰκίας τῶν χηρῶν καὶ προφάσει μακρὰ προσευχόμενοι· οὗτοι λήμψονται περισσότερον κρίμα.
CEI:Divorano le case delle vedove e ostentano di fare lunghe preghiere; essi riceveranno una condanna più grave». [la traduzione è piuttosto libera in quanto a sintessi]
Vgt: qui devorant domos viduarum sub obtentu prolixae orationis hii accipient prolixius iudicium
k: qui comedunt domo viduarum ista faciunt in excusatione longa hi accipient abinundantius iudicium [il testo dice proprio così]

k: coloro che mangiano nella casa delle vedove fanno queste cose tramite una lunga autogiustificazione; questi riceveranno una punizione ancora più straripante
qual è il problema?
CITAZIONE
Qui k (o meglio il suo antigrafo, come si vedrà) tra gli altri disastri scambia μακρά per μακρᾲ che allora viene concordato con προφάσει e così tradotto excusatione longa. Ciò non è strano dal momento che in quel tempo i codici greci non riportavano i diacritici. Il testo è così malconcio che il copista è costretto a interpolare ista faciunt per far tornare il senso della frase.

ti sei dimenticato di dire che k si perde anche la parte sulla preghiera, ma onestamente non capisco il tuo ragionamento: per dimostrarmi che k traduce pedissequamente dal greco porti una situazione dove k è diverso dal greco.
Ma allora è chiaro che hai ragione tu per forza: quando k è uguale al greco è perché ha tradotto giusto, quando k è diverso dal greco è perché ha tradotto sbagliato, mi sembra che non faccia una piega
 
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view post Posted on 4/5/2014, 20:56     +1   -1
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CITAZIONE
perché tutta questa aggressività? io la vedo così, tu la vedi in un'altra maniera, non capisco perché drammatizzare

Perché spiegare che i coccodrilli non volano fa sottrarre tempo a cose più utili.

CITAZIONE
per quanto riguarda le parole di origine greca ce n'è una che mi incuriosisce particolarmente: Hierosolyma, cioè santa Solyma (o forse Solyma del tempio), voi professori questa cosa come la spiegate?

È banalmente il calco di Ἱεροσόλυμα (QED). Cosa c'è da spiegare?

CITAZIONE
per quanto riguarda l'uso di preposizioni ridondanti tu stesso hai citato più o meno involontariamente un caso contrario: nel codice k c'è scritto "veniadregnumtuum" invece di "adveniatregnumtuum" (Mt 6,10)

È vero il contrario: si tratta di un altro caso che mi dà ragione. Il greco infatti la particella non ce l'ha (ἐλθέτω ἡ βασιλεία σου), mentre la introduce la Vgt per questioni stilistiche.

CITAZIONE
nel codice bobbiese c'è anche la prima parte del Vangelo di Marco? la versione in mio possesso non ce l'ha, deve essere uscita una nuova edizione americana

Hai (quasi) ragione. Non è il codice k, ma ciò che si presume leggesse k, dal momento che è il testo della recensione africana della Vetus (così ad es. il codex Palatinus). Correggo il post precedente mettendo una parentesi quadra ad indicare che si tratta di una (pur fondata) congettura su una lacuna. Naturalmente non cambia di una virgola il senso di quanto ho detto.

CITAZIONE
NA27: οἱ κατεσθίοντες τὰς οἰκίας τῶν χηρῶν καὶ προφάσει μακρὰ προσευχόμενοι· οὗτοι λήμψονται περισσότερον κρίμα.
CEI:Divorano le case delle vedove e ostentano di fare lunghe preghiere; essi riceveranno una condanna più grave». [la traduzione è piuttosto libera in quanto a sintessi]
Vgt: qui devorant domos viduarum sub obtentu prolixae orationis hii accipient prolixius iudicium
k: qui comedunt domo viduarum ista faciunt in excusatione longa hi accipient abinundantius iudicium [il testo dice proprio così]

CITAZIONE
k: coloro che mangiano nella casa delle vedove fanno queste cose tramite una lunga autogiustificazione; questi riceveranno una punizione ancora più straripante
qual è il problema?

Il problema è che se quella di k fosse la primitiva redazione (latina, per giunta) del testo, mi dovresti spiegare perché il resto della tradizione manoscritta – ad esempio – ha perso ista faciunt. Il mio pattern dal greco al latino spiega ciò che troviamo nelle migliaia di manoscritti che abbiamo, il tuo no.
Peraltro potrei fare dozzine di questi esempi che si spiegano solo con un fraintendimento del greco (e che non funziona al contrario, come in questo caso). Ma veramente ho altro da fare che citare cose già descritte cento anni fa.

CITAZIONE
Ma allora è chiaro che hai ragione tu per forza: quando k è uguale al greco è perché ha tradotto giusto, quando k è diverso dal greco è perché ha tradotto sbagliato, mi sembra che non faccia una piega

Quando è diverso dal greco ci sono diverse possibilità :
- il suo antigrafo era la traduzione di una diversa recensione greca
- il suo antigrafo traduceva male la corretta recensione greca
- il copista di k trascrive male il suo antigrafo
- un miscuglio delle prime 3

Ai fini della ricostruzione del testo, solo la prima fattispecie è interessante, ma solo quando in retroversione andiamo a concordare con un'area laterale, normalmente la Siria. In questo caso ci sono buone possibilità di avere a che fare con una lezione genuina.

Ora la possiamo fare finita?
 
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maquanteneso
view post Posted on 7/5/2014, 18:51     +1   -1




CITAZIONE (Teodoro Studita @ 4/5/2014, 21:56) 
È banalmente il calco di Ἱεροσόλυμα (QED). Cosa c'è da spiegare?

perché una città mediorientale dovrebbe avere un nome mezzo greco?

CITAZIONE
Il problema è che se quella di k fosse la primitiva redazione (latina, per giunta) del testo, mi dovresti spiegare perché il resto della tradizione manoscritta – ad esempio – ha perso ista faciunt.

invece perché k non ha προσευχόμενοι suppongo che sia irrilevante

CITAZIONE
Il mio pattern dal greco al latino spiega ciò che troviamo nelle migliaia di manoscritti che abbiamo, il tuo no.

è perfettamente normale che la radice sia diversa dalle foglie
CITAZIONE
Peraltro potrei fare dozzine di questi esempi che si spiegano solo con un fraintendimento del greco (e che non funziona al contrario, come in questo caso).

la perdita di "ista faciunt" si può spiegare anche in un'altra maniera; per esempio, qualche copista l'ha considerata un'espressione ridondante e l'ha tolta; invece la mancata traduzione di προσευχόμενοι come la spieghi?
no, aspetta, non dirmelo, è colpa del traduttore latino che si è perso un pezzo
CITAZIONE
Ora la possiamo fare finita?

ma se il thread l'hai tirato su tu...
l'ultimo post era di Hard-Rain e io non ho replicato...
 
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view post Posted on 7/5/2014, 21:23     +1   -1
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CITAZIONE (maquanteneso @ 7/5/2014, 19:51) 
perché una città mediorientale dovrebbe avere un nome mezzo greco?

Il nome greco è il calco della voce ebraica Yerushalaym. Se ti sconvolge tanto la radice Ιερο- tanto da volare verso iperuranici (e sempre complottisti) sentieri di fantafilologia, pensa che si tratta semplicemente del calco della prima parte del nome, che a sua volta viene dallo sconvolgente lessema 'ir (città).

CITAZIONE
la perdita di "ista faciunt" si può spiegare anche in un'altra maniera; per esempio, qualche copista l'ha considerata un'espressione ridondante e l'ha tolta; invece la mancata traduzione di προσευχόμενοι come la spieghi?
no, aspetta, non dirmelo, è colpa del traduttore latino che si è perso un pezzo

Sappiamo benissimo da decine di studi sulla fenomenologia della copia (ad es. Gamble o Reynolds solo per citarne due molto noti) che i copisti di solito aggiungono , molto raramente sottraggono. Da questo principio generale scaturisce il criterio lectio brevior, potior che è esattamente il contrario di quanto stai affermando. Ma anche credendo all'ipotesi del tutto improbabile (secondo i criteri interni), dovresti poi spiegare perché mai non v'è traccia di quell' ista faciunt nel resto della abbondantissima tradizione manoscritta, neanche in testi di venerabile antichità, di aree laterali o di famiglie testuali di indubbia qualità. In altre parole, affinché la tua bizzarra teoria sia vera dobbiamo immaginare un antichissimo copista che ha tolto di mezzo ista faciunt in modo del tutto arbitrario e in un ramo talmente alto del processo di trasmissione che saremmo costretti a situarlo in pieno I secolo.
Nel caso della mia (diciamo pure di tutti) teoria, viceversa il testo di k è così disperatamente pieno di errori d'ogni tipo che qua e là il copista si è visto costretto a interpolare il testo affinché le frasi avessero un senso compiuto. Vista la genesi degli errori di k, la caduta di προσευχόμενοι non credo sia volontaria. Molto probabilmente un errore (uditivo o visivo) dall'antigrafo latino ha causato un mostro che è stato rattoppato in qualche modo tale che alla fine è venuto fuori ipsa faciunt. Possiamo anche sbizzarrirci a formulare ipotesi di retroversione ma la genesi è talmente lineare da non richiedere alcuna prova, visti i carpiati tripli che si dovrebbero fare per spiegazioni alternative. Questo anche sulla base di ciò che si osserva nel resto del manoscritto, ovviamente.
 
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maquanteneso
view post Posted on 7/5/2014, 21:33     +1   -1




CITAZIONE (Teodoro Studita @ 7/5/2014, 22:23) 
Il nome greco è il calco della voce ebraica Yerushalaym. Se ti sconvolge tanto la radice Ιερο- tanto da volare verso iperuranici (e sempre complottisti) sentieri di fantafilologia, pensa che si tratta semplicemente del calco della prima parte del nome, che a sua volta viene dallo sconvolgente lessema 'ir (città).

quello che fa fantafilologia sei tu
http://books.google.it/books?id=b4UPAAAAQA...epage&q&f=false
 
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view post Posted on 7/5/2014, 22:05     +1   -1
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CITAZIONE (maquanteneso @ 7/5/2014, 22:33) 

Informerò i miei studenti che il loro professore è un ufologo sotto mentite spoglie, allora.
Nel frattempo, però, ripassati il concetto di "leggenda eziologica", che io oggi con i coccodrilli volanti ho già dato.
 
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maquanteneso
view post Posted on 8/5/2014, 10:50     +1   -1




CITAZIONE (Teodoro Studita @ 7/5/2014, 23:05) 
ripassati il concetto di "leggenda eziologica"

hahaha, ma è chiaro, sull'origine del nome della capitale della Giudea ne sai di più dell'autore di "Guerra giudaica"
va bene, dai, se ne sai più di lui allora ci sta che tu ne sappia più di me
 
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view post Posted on 8/5/2014, 11:08     +1   -1
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CITAZIONE (maquanteneso @ 8/5/2014, 11:50) 
hahaha, ma è chiaro, sull'origine del nome della capitale della Giudea ne sai di più dell'autore di "Guerra giudaica"
va bene, dai, se ne sai più di lui allora ci sta che tu ne sappia più di me

Questo è poco ma sicuro. L'etimologia del nome "Gerusalemme" è tuttora una quaestio disputata, sebbene oggi disponiamo di molte più informazioni di quelle cui poteva attingere Giuseppe Flavio. Costui, infatti, scriveva 1500 e passi anni dopo la sua fondazione, e non aveva alcun dato archeologico a sua disposizione.
 
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