| Ecco gli abstracts degli interventi previsti al prossimo congresso del 17 settembre:
J. Bogdanic Piscehdda, I Christiani nel frammento 2 di Tacito: un teologumeno di Sulpicio Severo.
Il presente contributo si propone di rivedere la questione della presenza del lemma “christiani” nel cosiddetto Frammento 2 di Tacito nelle Cronache di Sulpicio Severo (II.30.6-7) attraverso un riesame delle evidenze interne ed esterne che porti all’individuazione di possibili fonti alternative per il brano in questione. Durante tale disamina si criticherà in particolar modo la soluzione proposta da Eric Laupot in un suo articolo del 2000 (Tacitus’ Fragment 2: The Anti-Roman Movement of the Christiani and the Nazoreans) per mostrare invece come l’inserimento del lemma cristiani in tale brano sia inequivocabilmente un teologumeno dello stesso Sulpicio Severo e non una citazione pedissequa di Tacito. Partendo inoltre dalla critica al metodo statistico usato da Laupot si propongono alcune brevi riflessioni sull’utilizzo di nuovi metodi e strumenti nell’indagine storica, in particolar modo sul tentativo di quantificare la storia (Quantitative History) per avvicinarla quanto più possibile alle scienze esatte.
L. Carnevali, La ricerca palinologica sul telo di Torino. Uno status questionis.
E’ ormai generalmente riconosciuto che le indagini sui pollini raccolti da Max Frei sulla Sindone sono state condotte senza il necessario rigore scientifico e che tale condotta ha portato a risultati inattendibili. Il probabile deterioramento dei pollini contenuti nei campioni raccolti, dovuto alle pessime condizioni di conservazione, ne rendono quasi certamente inutile un’ulteriore analisi. Un serio studio palinologico sulla Sindone dovrebbe essere ricominciato su nuovi campioni e secondo i moderni metodi di ricerca condivisi dalla comunità scientifica, anche se i suoi risultati rischiano di non dare una risposta definitiva circa l’autenticità della reliquia, a motivo dei limiti intrinseci della disciplina.
S. Di Carlo, Asia o Aveia, luogo di martirio di S. Massimo Levita, protettore dell’Aquila: una diatriba forse risolvibile.
S. Massimo levita è il protettore della città dell’Aquila. Fu martirizzato, secondo quanto affermano la Passio e l’Officium, sotto l’imperatore Decio. Gli Acta, che lo riguardano, indicano, però, sempre un luogo specifico “Asia” : apud Asiam provinciam” o “apud Abiensem provinciam”. Ciò ha portato certi studiosi a confonderlo con altrui martire. In verità, il Martirologio Romano in cui si parla di “in Aviensi Civitate prope Aquilam”, l’Officium approvato in Roma sin dal 1587 in cui si dice “Maximus Levita cum in Aviae olim Vestinorum Civitate, prope Urbs Aquila, il Diploma Othonis del 956 a favore del vescovado Forconense che fu dato “de Asiae Palatio” (documento discutibile), gli Acta di Sant’Eusanio che indicano il martire giudicato ”in Abiensi Palatio” sembrano tutti concorrere a dimostrare che Asia, Avia, Abia, Avicia e Abicia siano tutti sinonimi di Aveia (oggi Fossa) e non il risultato di errori di lettura o il frutto di una corruzione. Del resto il documento della Traslazione delle reliquie del glorioso Levita datato 27 maggio 1413 fa riferimento alla gente di “Balneo” ovvero Bagno e della cattedrale di Forcona, non lontana dal luogo del martirio. Nel corso della comunicazione si presenteranno le nuove traduzioni dei testi suddetti, a firma del latinista e ex Preside del “Liceo Classico” di Sulmona, Prof. Ilio Di Iorio, nonché il confronto tra i vari documenti con particolare attenzione alla “Passio S. Maximi Levitae” (nelle tre redazioni). La comparazione (anche grazie all’uso della tecnologia informatica, della statistica, etc.) porterà a evidenziare le caratteristiche peculiari dei documenti e alcune varianti. Analizzando i contenuti dei documenti si evince anche la frequenza di uno o più temi o parole chiave. Ne emerge una “microstoria” che sottolinea anche la vicinanza del papato alla chiesa aquilana (cfr. visita del Santo Padre Giovanni XXII, insieme all’imperatore Ottone, al sepolcro di S. Massimo a Forcona).
F. Ferrari, Gli occhialacci della filosofia: la lente deformante del pregiudizio filosofico nell'esegesi tardo antica di un caso di negromanzia.
L’articolo vuole sondare in che modo le convinzioni filosofiche di alcuni scrittori ecclesiastici tardo- antichi in materia di anima abbiano influenzato la loro esegesi biblica. Prendendo come campione un brano di vaste implicazioni per la storia dell’escatologia, l’episodio della strega di Endor che invoca Samuele dagli inferi (1Sam 28), si constaterà l’incapacità del pensiero esegetico classico di uscire dalle contraddizioni in cui è involto a causa del presupposto dell’inerranza delle Scritture. Si mostrerà attraverso vari autori l’incapacità di distinguere i diversi problemi della storicità dell’episodio, della ricostruzione della cultura dell’epoca in cui l’episodio è ambientato come eventualmente differente dalle convinzioni dell’agiografo che lo scrisse, e, da ultimo, l’incapacità di accettare che l’autore di 1Sam 28 non abbia alcunché da dire sui problemi escatologici sorti in epoca neotestamentaria. L’analisi di alcuni autori normalmente considerati più inclini a letture allegoriche, Origene tra tutti, si rivela inaspettatamente più vicina ad una lettura storico-critica come quella odierna, manifestando precoci intuizioni di critica letteraria.
A. Nicolotti, La Sindone di Torino in quanto tessuto. Descrizione materiale della Sindone e della sua struttura tessile, con riferimento alla tecnologia di tessitura e ai paralleli riscontrabili nelle diverse epoche storiche, e confronto con quanto ci è noto dalla storia della tessitura e dall’archeologia, in particolare di area palestinese.
V. Polidori, Fozio e le donne. Note preliminari a uno studio di genere.
Lo studio intende esaminare la figura femminile così come appare tratteggiata nelle opere di Fozio, per evidenziare l’immaginario di un erudito bizantino nei confronti dell’universo femminile. Questa indagine preliminare, che tiene comunque conto della maggior parte della produzione dell’autore, illustra come anche Fozio non si distacchi dalla cultura del suo tempo che vede la donna in ruolo di naturale subalternità nei confronti dell’uomo. Pur avvinto anch’egli dagli stereotipi del suo tempo, tuttavia, il grande patriarca riesce almeno per un momento ad esprimere un’autocritica nei confronti di questa visione dominante, che lo proietta recta via alla modernità che gli studiosi futuri gli riconosceranno.
E. Tuccinardi, Applicazione di un metodo stilometrico per la verifica della paternità di uno scritto basato sui profili autoriali: indagine sull’autenticità della lettera di Plinio il Giovane riguardante i Cristiani.
La lettera di Plinio il Giovane a Traiano riguardante i Cristiani rappresenta un tema cruciale per gli studi sul Cristianesimo primitivo. Importanti dispute in merito alla sua autenticità sorsero tra la fine del 19° e gli inizi del 20° secolo, mentre negli ultimi decenni la paternità Pliniana della lettera non è mai stata seriamente messa in discussione. In questa relazione, viene descritto un moderno metodo stilometrico applicato al libro X delle epistole di Plinio al fine di chiarire se l’evidenza linguistica interna permette di dirimere, in maniera definitiva, la questione. I risultati di questa analisi tendono a contraddire l’attuale opinione del consensus, che afferma l'autenticità della lettera, e suggeriscono invece una presenza importante di interpolazioni, dal momento che il suo comportamento stilistico appare assai differente da quello del resto del libro X.
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