Studi sul Cristianesimo Primitivo

Due censimenti per una sola Natività...

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G. Tranfo
view post Posted on 9/2/2008, 13:01 by: G. Tranfo     +1   -1




Mi affaccio su più forum con un nuovo topic "provocatorio" (non in senso polemico ma dialettico), avvalendomi di uno scritto "a due mani" predisposto da me e da Emilio Salsi, studioso toscano di storia e di cristianesimo delle origini.
Ad Emilio devo molto. Nel mio libro di prossima uscita mi sono avvalso (dietro suo esplicito benestare) di molte sue intuizioni, ma il bello deve ancora venire in quanto entrambi stiamo lavorando ad un nuova futura pubblicazione, ricca di aspetti assolutamente inediti emersi dalla stretta comparazione tra testi storici e "scritti sacri".
La mia speranza è che quanto segue possa stimolare un (acceso :796.gif: ) dibattito su un argomento intorno al quale talvolta non vengono fatte valere le giuste osservazioni nemmeno da parte degli "appassionati non allineati".

CITAZIONE
Sulla tesi del “doppio censimento” effettuato in Giudea dal Luogotenente imperiale di Cesare Augusto, Pubblio Sulpicio Quirino, Governatore della Provincia romana di Siria.
Gli evangelisti equivocano spesso sul nome di “Erode”.
In effetti tale nome fu ripreso da molti discendenti (ebbe nove mogli) di “Erode il Grande”, così lo chiama Giuseppe Flavio, lo storico ebreo, perché fu Re di tutta la Palestina; non solo della Giudea, territorio compreso nel suo regno insieme ad altre sette regioni che, alla sua morte, verranno ripartite fra tre figli maschi, eredi del “Grande” Re.
“In quel tempo il re Erode cominciò a perseguitare alcuni membri della Chiesa e fece uccidere di spada Giacomo” (At. 12,1).
Quando Benedetto XVI si è rivolto alla folla di fedeli, nella “Udienza Generale” tenuta in Piazza San Pietro il 21 Giugno 2006, riferita alla morte dell’Apostolo Giacomo, ha dichiarato che “essa fu disposta da re Erode Agrippa"
Come leggiamo dal verbale reso pubblico, il pontefice sapeva che quel semplice “re Erode”, così come viene riportato negli “Atti degli Apostoli”, in realtà era “Agrippa”, grazie a riferimenti storici precisi che collocavano l’evento alla fine del regno di quel Re, esercitato su tutta la Palestina che comprendeva la Giudea dal 41 al 44 d.C.
Nel Vangelo di Luca leggiamo “Al tempo di Erode, re della Giudea” anche noi, per capire a quale “Erode” abbia inteso riferirsi l’evangelista, abbiamo un dato preciso: il censimento di Quirino cui si richiama Luca, che la storia attesta inequivocabilmente “avvenuto il 37° anno dalla disfatta di Azio (31 a.C.), inflitta da Cesare ad Antonio”, cioè il 6 d.C. (Antichità Giudaiche XVIII, 2).
Fu l’unico, la storia non ne riporta altri perché non ve ne furono altri.
Infatti, sin dagli albori del “cristianesimo”, essendo palese l’insostenibile contraddizione fra le “nascite” raccontate da Luca e Matteo, Orìgene, il più importante fra i Padri apologisti, intorno al 250 d.C., così la racconta: “Nei giorni del censimento, quando con ogni probabilità nacque Gesù, un certo Giuda Galileo conquistò al suo seguito un gran numero di Giudei e Erode il tetrarca (Erode Antipa) mandò degli uomini per uccidere tutti i bambini nati in quel tempo, ritenendo di togliere di mezzo anche Gesù per timore che gli potesse occupare il regno” (Contro Celso I, 57-58).
Un altro Padre apologista cristiano, Tertulliano, qualche anno prima di Orìgene, arrivò a smentire addirittura il Vangelo di Luca dichiarando che il censimento lo aveva fatto Saturnino, un Legato di Cesare Augusto che aveva governato la Siria durante gli ultimi anni di vita di Erode il Grande.
Fin dall’inizio il compito dei cristiani più dotti (ai quali fu riferito il titolo di “apologisti” e/o “Padri della Chiesa”) fu quello di correggere le contraddizioni e le incoerenze delle narrazioni neotestamentarie spesso frutto della fallace redazione da parte di uomini, ignoranti di storia e reciprocamente scoordinati.
A seguito di tale attività di “editing”, protrattasi per secoli allo scopo di conferire coerenza, verosimiglianza e attendibilità testimoniale ai “sacri testi”, si vennero a cristallizzare incongruenze (come quella della doppia nascita) ancora più profonde e insanabili alla quali, storici ed esegeti “compiacenti”, ancora oggi credono di poter porre rimedio “plasmando” la storia a proprio piacimento.
Ecco, dunque, che per restituire reciproca sintonia alle natività di Matteo e Luca viene inventato un altro censimento disposto da Quirino anteriormente a quello del 6.d.c. a supporto del quale vengono fatte valere argomentazioni capziose e basate sul nulla.
Tale “geniale espediente” appare, infatti, fragile e illogico e chiunque si addentri (con sano spirito critico) nella lettura del Nuovo Testamento non troverà alcuna risposta alla più ovvia delle osservazioni: se il racconto di Luca può raccordarsi a quello di Matteo e se, dunque, il censimento al quale riferirsi è quello (inesistente) avvenuto negli ultimi anni di vita di Erode il Grande, come mai Luca, a differenza di Matteo, non accenna minimamente alla fuga della “Sacra Famiglia” in Egitto di fronte all’incombente pericolo (così grave da non poter essere ignorato) della strage degli innocenti?
Non è forse questo già sufficiente per dimostrare che l’“Erode” di Luca fu un “Erode” ben diverso da quello di Matteo?
Non parliamo poi del “viaggio” da Nazareth a Betlemme, inventato da Luca, che costrinse la Madonna, in stato interessante, a fare un tortuoso viaggio di oltre 200 Km. sulla groppa di un asino (il “medico” Luca che scrisse ciò probabilmente in vita sua non vide mai il ventre nudo di una donna incinta vicina a partorire!)
Di tale viaggio non vi è alcuna traccia in Matteo perché la “sacra famiglia”, secondo il suo racconto, risiedeva già a Betlemme e non aveva bisogno di affrontare alcun viaggio per farsi censire.
Da una parte abbiamo, dunque, il silenzio di Matteo su un inesistente censimento che, in coerenza con la sua cronologia, sarebbe dovuto avvenire sotto il Legato di Siria Saturnino, dall’altra restano le due menzioni di Luca: nei Vangeli e negli Atti dove, peraltro, l’evento viene corredato da un riferimento inequivocabile alla rivolta promossa da Giuda il Galileo nel 6.d.c.
Non meno eclatanti appaiono tutte le altre incongruenze tra i racconti dei due evangelisti che “resistono” a qualsiasi forzato assemblaggio, sia esso o meno razionalizzato dal capzioso “raccordo di coerenza” ottenibile con l’”innesto” nella storia di un censimento mai avvenuto: il nonno di Gesù, che secondo Matteo si chiamava “Giacobbe”, mentre per Luca era “Eli” (Mt. 1,16; Lc. 3, 23); i “Re Magi” che esistono solo in Matteo ma non in Luca; la “stella di Natale” che per Matteo si posizionò sulla casa di Gesù (non sulla grotta e senza l’ipotetica, infantile, “congiunzione astrale” che non avrebbe potuto guidare né i Magi né alcun navigatore) mentre Luca non ha visto alcuna “stella di Natale"; e soprattutto la “lunga” gestazione di Maria che, come appare testimoniata da Luca nel suo Vangelo, termina nel 6 d.c. (unico vero censimento di Quirino) dopo essere iniziata, per intervento dello Spirito Santo, nel 4 a.c. (10 anni!) e cioè tra Erode il Grande ed (Erode) Archelao, che verrà destituito il 6 d.C., allorquando il suo territorio verrà annesso alla Provincia di Siria governata dal Legato imperiale, ragion per cui si rese necessario quel censimento che prima non avrebbe avuto ragion d’essere.
Archelao, che prevaricando i poteri di “Etnarca” concessigli da Cesare Augusto “aveva spinto alcuni (sacerdoti) a cingerlo del diadema e si era assiso sul trono e agito con poteri di Re” (Guerra Giudaica II, 27), si proclamò Re della Giudea (non della Palestina) alla morte del padre, come è possibile leggere in Giuseppe Flavio e nei Vangeli dove è detto: “Al tempo di Erode, re della Giudea” (Lc. 1,5) “avendo saputo che era re della Giudea, Archelao” (Mt. 2, 22). Sono gli evangelisti ad affermare che Archelao ("Erode" come il padre) fu (come il padre) "Re" della Giudea.
Tutte le diversità riscontrate, e siamo solo alla “nascita”, dimostrano semplicemente che i Vangeli altro non sono che una “creazione letteraria” alla quale da due millenni viene impropriamente riconosciuta (per fini ben diversi da quelli apparenti…) un’impropria “patente di storicità”.


Giancarlo Tranfo
Emilio Salsi


Un caro saluto a tutti.

Giancarlo

 
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