Studi sul Cristianesimo Primitivo

Vangelo segreto di Marco, Un discusso ritrovamento

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Lycanthropos
view post Posted on 21/4/2011, 20:02     +1   -1




Credo ci sia anche da aggiungere l'allusione da Matteo 5:13(e paralleli: Mc 9,50 Lc 14,34) quando dice
"viene così corrotta che, come si dice, anche il sale
perde il sapore."
A occhio, Clemente, o chi per lui, non si fa il problema a citare vecchio e nuovo testamento, o comunque i testi che ritiene sacri. Al punto 1 direi però che l'immagine è ripresa da Giuda, piuttosto che dai riferimenti di Giuda.
Quanto al problema sull'attribuzione a sofia del detto neotestamentario, potrebbe essere un risultato della tendenza a vedere la sofia ed il logos come due aspetti della stessa idea, ergo la sofia ed il logos dicono le stesse cose. ma è un'ipotesi un po' tirata per i capelli.
 
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Frances Admin
view post Posted on 21/4/2011, 20:03     +1   -1




CITAZIONE
Punto (2) - Avevo pensato a τα κατεψευσμενα come a un participio sostantivato (neutro plurale) che potrebbe essere: (i) oggetto del participio προτεινουσι da cui, in base all'uso predicativo di ειμι, la resa: "Non bisogna concedere loro, [se/quando] (costoro) mettono davanti le (cose) che sono state falsificate (τα κατεψευσμενα), che esista il vangelo mistico di Marco".

Ma il verbo proteinousin potrebbe non essere un participio. Il valore sostantivato di ta katepseusmena mi sembra un’interpretazione accettabile, ma in tal caso è soggetto della infinitiva. Inoltre se attribuisci al verbo eimi valore predicativo il predicato nominale tou mystikon euangelion è una qualità del nome del predicato. In breve, il verbo eimi nella proposizione infinitiva non sta ad indicare l’esistenza di un oggetto, ma a mettere in luce una qualità, il fatto che le falsificazioni dei carpocraziani non coincidono col contenuto del vangelo mistico di Marco.
Poco prima Clemente affermava che Carpocrate, venuto in possesso del “vangelo mistico” di Marco, apportò al testo modifiche secondo la sua personale dottrina. Clemente così descrive il contenuto del vangelo mistico di Marco: “archantois kai agiais lexesin”. Mi sembra una incontrovertibile presa di posizione a favore dell’esistenza e della genuinità del vangelo mistico. Nel passaggio sotto analisi, Clemente ribadisce questo concetto, ma per mezzo di un exhortatio.

Edited by Frances Admin - 21/4/2011, 21:27
 
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Lycanthropos
view post Posted on 21/4/2011, 20:09     +1   -1




CITAZIONE
Ma il verbo proteinousin non è un participio.

Cioè, lo intendi come una terza persona plurale? Può essere entrambe. Ma mi pare abbia più senso la sintassi della frase, se lo intendiamo come participio.
 
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Hard-Rain
view post Posted on 21/4/2011, 20:41     +1   -1




CITAZIONE
Ma il verbo proteinousin non è un participio

Avevo pensato - come credo anche Lyca - a προτεινω, participio dativo plurale presente, con cordato con αυτοις = loro stessi (i carpocraziani).

In pratica avremmo, in questa interpretazione:

ου δε προτεινουσιν αυτοις τα κατεψευσμενα συγχωρητεον του Μαρκου ειναι το μυστικον ευαγγελιον

Non bisogna concedere (agg. verb. συγχωρητεον) a loro [se/quando] metteranno davanti (da προτεινω) le falsificazioni (neutro pl. τα κατεψευσμενα) che il vangelo segreto sia di Marco (o che esista il vangelo segreto).

Così avremmo appunto προτεινουσι(ν) participio presente dativo plurale concordato con αυτοις e pensato come participio congiunto con (ad es.) valore ipotetico o anche temporale. L'oggetto diretto di questo participio congiunto, in questa interpretazione, è τα κατεψευσμενα. L'infinito ειναι va a "completare" συγχωρητεον.

Ovviamente, siamo tutti d'accordo che sul piano strettamente morfologico προτεινουσι(ν) potrebbe anche essere una terza persona plurale, diatesi attiva, del presente ind.vo di προτεινω. Nemmeno l'accentazione, così come è stata proposta da chi ha curato la trascrizione del testo dal manoscritto, consente di distinguere se sia un participio o un indicativo di terza plurale.

Edited by Hard-Rain - 21/4/2011, 21:45
 
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Frances Admin
view post Posted on 21/4/2011, 20:45     +1   -1




CITAZIONE (Lycanthropos @ 21/4/2011, 21:09) 
CITAZIONE
Ma il verbo proteinousin non è un participio.

Cioè, lo intendi come una terza persona plurale? Può essere entrambe. Ma mi pare abbia più senso la sintassi della frase, se lo intendiamo come participio.

Potrebbe, anche se quell'eikteon mi disturba assai. Questo è un costrutto ammesso in greco, per lo più con i nomi collettivi e con il soggetto generico, traducibile in italiano con il "si" impersonale. Ma tieni presente che eikteon è proprio in soggetto generico.
 
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Hard-Rain
view post Posted on 21/4/2011, 20:59     +1   -1




CITAZIONE
Quanto al problema sull'attribuzione a sofia del detto neotestamentario, potrebbe essere un risultato della tendenza a vedere la sofia ed il logos come due aspetti della stessa idea, ergo la sofia ed il logos dicono le stesse cose. ma è un'ipotesi un po' tirata per i capelli.

Non saprei perchè appunto parla della σοφια του θεου δια σολομωντος, "la sapienza di Dio per mezzo di Salomone" e un paio di quelle citazioni sono riconducibili a libri sapienziali come Proverbi e Qoelet che secondo la tradizione sono attribuiti a Salomone. Resta come scheggia impazzita in quel contesto quella strana allusione a Mt. 13,12 // Mc. 4,25 // Lc. 8,18; Mt. 25,29 // Lc. 19,26.

Edited by Hard-Rain - 21/4/2011, 22:43
 
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view post Posted on 21/4/2011, 21:09     +1   -1
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Leggo solo ora questa discussione, molto interessante, e credo che chi ha letto il libro di Carlson, cioè Frances, potrebbe chiarirci una domanda fatta da Hard qualche pagina fa:

CITAZIONE
Carlson nel suo libro si occupa anche di una perizia calligrafica o sbaglio? Mi pare sia proprio lui. Ma allora mi chiedo: chi è questo Carlson da avanzare simili ipotesi se già dei paleografi professionisti hanno almeno esaminato le fotografie?

Da quel che ho capito da un articolo di Introvigne Carlson è un "criminologo" esperto di perizie calligrafiche, cioè confronta un testo con altri testi per vedere se sono stati scritti dalla stessa persona. Introvigne scrive:
"Carlson dimostra persuasivamente – tanto da avere convinto tutti i recensori specializzati in criminologia – che è possibile provare non solo che il testo è stato prodotto nel XX secolo, non nel XVIII, ma anche che l’autore dello scritto è lo stesso Morton Smith. Le prove calligrafiche, estremamente tecniche, sono di per sé sufficienti"

www.cesnur.org/2005/mi_12_smith.htm

I paleografi di cui parla Hard, fanno un lavoro ben diverso, cioè possono certificare se quello stile di scrittura è veramente del '600, cioè dell'epoca a cui dovrebbe risalire la copia del manoscritto pervenutaci. Mentre Carlson, se ho capito bene, non ha valutato se la scrittura corrisponda o meno coi canoni paleografici del '600, bensì ha confrontato questo testo con altri testi scritti da M. Smith di suo pugno, al fine di stabilire, tramite un confronto calligrafico, se sono stati vergati dalla stessa mano. Di solito si valuta la pressione che si usa per scrivere, la forma di alcune lettere e il modo in cui si tracciano, ecc.

Vorrei dunque chiedere a Frances se ho capito bene l'articolo di Introvigne, e cioè se Carlson fa dei confronti tra cose scritte a mano da M. Smith e questo presunto manoscritto antico, per vedere se sono opera della stessa mano, o se invece le perizie calligrafiche di cui si parla sono altra cosa.

Ad maiora
 
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Hard-Rain
view post Posted on 21/4/2011, 21:27     +1   -1




CITAZIONE
Di solito si valuta la pressione che si usa per scrivere, la forma di alcune lettere e il modo in cui si tracciano, ecc.

Ma Carlson non so come abbia valutato la pressione della mano o altre cose del genere dal momento che il manoscritto della lettera a Teodoro è scomparso e non si può fare nessuna analisi diretta, nè calligrafica, nè chimico fisica. Oggi sono a disposizione soltanto delle fotografie. Il problema della "sparizione" del manoscritto è un piccolo-grande giallo ben noto. Oltretutto il testo della lettera di Clemente è appunto in caratteri greci mentre invece Smith non credo scrivesse abitualmente in greco e, come se non bastasse, se davvero progettò un falso, avrà preso mille precauzioni.

P.S.: volevo poi aggiungere che alcuni biblisti o storici del cristianesimo (cito ad esempio il professor Cacitti) ritengono autentica la lettera e persino i due frammenti dello pseudo Marco in essa contenuti e li usano per le loro deduzioni. Se non ricordo male, invece, Mauro Pesce è molto più cauto e mantiene aperta la possibilità che la lettera sia un falso, appoggiandosi a Carlson o ad altri studi. Indipendentemente da questo, se si leggono i frammenti dello pseudo Marco contenuti nella lettera si ha subito l'impressione che siano un centone di frasi scopiazzate dal vangelo di Marco canonico, stesse parole e stesse forme verbali e costruzioni, la sensazione che siano una invenzione è abbastanza forte perchè scopiazzature del genere non si ritrovano in alcuna parte del vangelo di Marco canonico. Per quanto concerne la lettera in sè, premetto di conoscere pochissimo di Clemente di Alessandria, tuttavia così in generale mi sembra strana la precisione millimetrica con cui inserisce i due frammenti secondo lui provenienti dal vangelo mistico nel vangelo di Marco canonico, una precisione più degna dei nostri problemi "moderni" che di quelli del tempo di Clemente. Ma questa è solo una mia impressione, chiaramente.
 
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view post Posted on 21/4/2011, 21:40     +1   -1
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Ci sono alcune lettere greche simili od uguali a quelle latine, che possono servire come confronto, o forse ha trovato appunti di Morton Smith in cui ha annotato delle frasi greche... Visto che era un antichista, forse tra le sue carte avrà trovato frasi in greco.
Comunque, oggi, non occorre per una perizia calligrafica avere gli originali, a quanto ne so la tecnologia s'è così evoluta che persino dalle foto si possono confrontare 2 stili di scrittura.
Ripeto comunque che solo chi ha letto il libro può dirci di che perizia parli Carlson.

Edited by Polymetis - 21/4/2011, 22:52
 
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Hard-Rain
view post Posted on 21/4/2011, 21:48     +1   -1




Sì bisogna aver letto il libro. Ma le lettere greche simili a quelle latine quali sarebbero? A parte omicron, iota (in parte) e kappa? Oltretutto quella lettera era scritta con una grafia minuscola appunto del XVII secolo e mi immagino che le righe di greco che eventualmente ha potuto scrivere Morton Smith nel XX secolo fossero un po' diverse. Inoltre Carlson dovrebbe essere almeno un po' competente di come si scrive in greco per poter confrontare. Attendiamo comuqnue il parere di chi ha letto il libro di Carlson.
 
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Frances Admin
view post Posted on 22/4/2011, 13:34     +1   -1




Si, Carlson è un analista forense, perito calligrafico, per la precisione. Grazie a quel libercolo, è riuscito ad attirare un seguito di devoti ammiratori. Ve ne potete rendere conto voi stessi visitando il suo blog e del tenore delle discussioni ospitate.
L'unica cosa in comune che perizia calligrafica giudiziale e paleografia hanno in comune è l'oggetto d'indagine, ossia la scrittura. La prima, mediante l'analisi della grafia di un autore, si propone di conoscere la psicologia di un individuo e si spinge fino ad indagare il movente di uno scritto. Potete immaginare quale sia lo status scientifico di questa disciplina. Infatti, il libro di Carlson è una indagine sulla personalità di Smith. Qua e là compaiono valutazioni filologiche prive di taglio scientifico, vere e proprie castronerie. Il mio giudizio negativo sul testo di Carlson non è basato sulla sua mestiere di perito calligrafico, bensì sulla metodologia sbarazzina applicata al vangelo segreto di Marco. Di recente il testo della Lettera a Teodoro è stato sottoposto a un a seconda indagine calligrafica. L'autrice, Venetia Anastasoupolou, esperta di grafia greca, è giunta a conclusioni diametralmente opposte a quelle di Carlson. Nell'articolo commissionato dalla rivista BAR, la Anastasoupolou non esprime mai giudizi di valore su Smith.
 
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view post Posted on 22/4/2011, 13:39     +1   -1
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Ho trovato questa analisi dei 2 lavori (ma non l'ho ancora letta):

http://www.bib-arch.org/scholars-study/sec...ponse-brown.pdf
 
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Hard-Rain
view post Posted on 25/4/2011, 11:48     +1   -1




Ho verificato l'uso di διατριβη nelle tre opere principali di Clemente di Alessandria.

Negli Stromateis 3 occorrenze di διατριβη e in tutte il senso è sempre quello di "scuola filosofica" (in contesto greco) (Strom. 1,14; 1,16; 5,9). Nel passaggio 1,16 usa l'espressione τους κατα διατριβην λογους = "discorsi (retorici) da scuola filosofica".

Nel Protrepticus 1 occorrenza in: σωκρατικη διατριβη, la "scuola (filosofica) socratica" (Protr. 7,76,3).

Nel Paedagogus 1 occorrenza in: η εν τοις αμφοδοις διατριβη = "perdita di tempo/ozio nelle piazze" (Paed. 3,2,10,4).

Nella traduzione inglese che compare in un articolo di F.F. Bruce abbiamo comunque: "Mark, then, during Peter’s stay in Rome, recorded the acts of the Lord" (F.F. Bruce, The ‘Secret’ Gospel of Mark, 1974, pag. 8, disponibile online: www.google.it/url?sa=t&source=web&c...uDNIg8_OjVgLCCw). Anche Morton Smith traduce questa frase allo stesso modo ("As for Mark, then, during Peter’s stay in Rome he wrote an account of the Lord’s doings") nel suo libro "Clement of Alexandria and a Secret Gospel of Mark", Harvard University Press, 1973, fonte: www.bib-arch.org/scholars-study/secret-mark-translation.asp Credo che le due traduzioni (Bruce vs. Morton Smith) siano indipendenti.

Edited by Hard-Rain - 26/4/2011, 18:18
 
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Hard-Rain
view post Posted on 29/4/2011, 07:15     +1   -1




Ho messo online nel mio sito la mia "versione", https://digilander.libero.it/Hard_Rain/Lettera_Clemente.pdf

In nota 6 ho segnalato il problema dell'espressione κατα την του Πετρου εν Πωμῃ διατριβην. Vi è una certa convergenza a interpretare διατριβη come "soggiorno" (di Pietro) a Roma, piuttosto che come "predicazione", stante anche l'uso che di solito viene riservato a διατριβη da parte di Clemente di Alessandria.

In nota 14 ho riportato l'altro problema di considerare il participio sostantivato τα κατεψευσμενα: i) soggetto dellʹinfinito ειναι (oppure che il soggetto di ειναι sia ellittico e dato per scontato al lettore); ii) oggetto diretto di προτεινουσι (considerato participio dativo plurale) ed ειναι con senso predicativo di "esistere" (in mancanza di un altro elemento che si combini con questo infinito). Ho riportato, sempre in nota 14, anche le due traduzioni di questo delicato passaggio, l'una secondo Morton Smith, l'altra secondo F.F. Bruce, ques'ultima desunta da un articolo che circola in rete (vedi nota 6 per dettagli): i due studiosi traducono in maniera diversa il passaggio, mi pare che Morton Smith vada nella direzione per cui Clemente esortava a tenere segreta l'esistenza del vangelo mistico (considerato autentico da Clemente) di Marco ("nor, when they put forward their falsifications, should one concede that the secret Gospel is by Mark") mentre invece F.F. Bruce interpreta il passaggio come se Clemente stesse dicendo, semplicemente, di negare l'autenticità delle falsificazioni del vangelo segreto operate da Carpocrate e usate dai carpocraziani ("nor must one make any concession to them when they pretend that their tissue of falsehoods is the mystical Gospel of Mark"). Tutto ciò ha significative implicazioni. Infatti se Clemente sta dicendo semplicemente di negare l'autenticità delle falsificazioni, non sta esortando a negare "il falso" poichè per lui è evidente che quelle falsificazioni sono dei falsi e non sono attribuibili a Marco: questa posizione sarebbe coerente col pensiero espresso da Clemente sulla "verità" (η αληθεια) in altri passaggi delle sue opere. Se invece sta dicendo di negare che sia mai esistito un vangelo mistico di Marco, poichè egli sa che esiste, allora egli sta esortando a dire il falso, cioè una bugia cosciente, per continuare a mantenere il segreto su questo scritto e, contemporaneamente, destituire di ogni credibilità il vangelo dei carpocraziani: questo, come notano i commentatori, sembra contrastare col pensiero di Clemente sulla "verità" espresso in altri passaggi delle sue opere.

Edited by Hard-Rain - 29/4/2011, 14:22
 
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