CITAZIONE
4/8 11:31 Hard-Rain: Johannes se sei online mi dai un parere su quello che ho scritto nel thread su Isaia 7:14? Le tue osservazioni sono oro prezioso per me. Grazie!
Oro prezioso?? io? sono tanto lusingato quanto perplesso...comunque...se, propro me lo chiedi... proviamoci!
Mi piacerebbe provare a dire “due cosette” sulla questione della possibile illegittimità di Gesù.
Sai meglio di me che J.P. Meier nel primo volume di A marginal Jew esamina per bene l’ipotesi della illegittimità di Gesù, concludendo che essa non ha reale fondamento nel testo di Mc 6,3 (e meno ancora in Gv 8,39-41).
Meier fa anzitutto notare che l’identificazione a partire dalla madre, pur essendo chiaramente qualcosa di molto inusuale, non è propriamente senza precedenti (nell’ AT tre capi dell’esercito di Davide vengono indicati per un totale di 24 ricorrenze come “figli di Zeuria”. Meier afferma inoltre – senza però fornirci la documentazione, bensì rinviando al volume di un tale McArthur - che tale “uso” continua in seguito in Flavio Giuseppe e nella letteratura rabbinica).
In secondo luogo – e sembra essere il suo punto decisivo – Meier propende per assegnare alla strana espressione “figlio di Maria” un’origine nel contesto specifico dell’episodio nella singagoga: egli immagina che Maria, insieme agli altri suoi figli, fosse presente nella sinagoga, e che quindi la reazione di disappunto ed invidia (ma come? Ti conosciamo da sempre: tu non sei né speciale né migliore di noi!) da parte dei compaesani abbia fatto, in modo perfettamente naturale, riferimento ai famigliari presenti nel luogo.
La difficoltà, a mio avviso, con questa soluzione di Meier (certamente possibile) è che 1) come egli stesso precisa, la presenza di Maria e dei fratelli in sinagoga (pur probabile) dev’essere “immaginata”, in quanto non viene esplicitamente segnalata nel testo; 2) suppongo che sia anche possibile non essere così certi che la voce popolare riportata in Mc 6,3 abbia trovato espressione proprio nell’ambito della riunione sinagogale: potrebbe essere anche essere sorta in un altro contesto, per poi ricevere contestualizzazione nella scena della sinagoga durante il processo di tradizione (io però sono incline a pensare una cosa diversa...vedi sotto).
Ad ogni modo, penso comunque che Meier abbia ragione a vedere nell’ipotesi dell’illegittimità in riferimento a Mc 6,3 un caso di nostra retro-proiezione sul testo di una “voce” posteriore (Celso).
Dal punto di vista della storia della tradizione, è chiaro che Marco ha costruito la scena di Mc 6,1-6 mettendo insieme materiali tradizionali di origine diversa: questo è anzitutto il caso del v. 4 (il profeta è disprezzato in patria), un detto che secondo Bultmann circolava in modo originalmente indipendente, e che trovò un ottimo contesto appunto in questa scena.
Ma, oltre a ciò è possibile individuare una tensione tra il v. 2 (e, forse anche di buona parte del 3) e la frase conclusiva del v. 3 (“E si scandalizzavano di lui”). Sempre secondo Bultmann, questa finale reca l’impronta della redazione marciana, che modifica un racconto pre-marciano su una qualche apparizione di successo di Gesù. In effetti esso costituisce proprio il passaggio-chiave che consente l’aggancio del v. 4.
Se invece provassimo a leggere Mc 6,1-3b, eliminando “c” (cioè il riferimento narrativo allo scandalizzarsi) e gli altri tre versi successivi, non è più così evidente nel testo quel clima di astio e mormorazione che siamo soliti attribuirgli.
Nel v. 2, anzi, le cose sembrano stare proprio all’inverso: qui si dice che i compaesani, piuttosto che scandalizzarsi, si stupivano dell’insegnamento di Gesù. Leggo dal commento di Joel Marcus (Mark 1-8, Anchor Bible, 1999) che il verbo “explessesthai” nel vangelo di Marco ha sempre una valenza positiva. Marcus fa notare anche l’evidente parallelismo tra 6,2a-b-c-d e, rispettivamente 1,21-22-27a-27b , l’episodio nella sinagoga di Cafarnao, di carattere inequivocabilmente positivo, dove si dice che la gente era “stupita” per il suo insegnamento autoritativo, non come quello degli scribi, il che viene ribadito nell’episodio immediatamente seguente dell’esorcismo (un insegnamento nuovo … gli spiriti immondi gli obbediscono).
Tornando, al racconto sull’episodio a Nazaret, in 6,2c vediamo che, oltretutto, gli astanti sembrano interpretare l’insegnamento di Gesù come una dimostrazione di “sapienza”, il che difficilmente sembra poter esprimere una caratterizzazione negativa. Secondo Marcus, anche la menzione dei famigliari di Gesù può essere vista come una valutazione positiva del tipo “il ragazzo è cresciuto proprio qui a Nazaret, sotto il nostro naso, in una famiglia che conosciamo tutti – e nessuno poteva immaginare di quali fantastiche cose fosse capace!”.
E anche Luca, del resto, sembra aver interpretato la scena in termini nettamente positivi: infatti, là dove Marco afferma che “lo ascoltavano e si stupivano”, Luca scrive addirittura che “tutti gli rendevano testimonianza e si meravigliavano per le parole di grazia che uscivano dalla sua bocca: e dicevano ‘Non è il figlio di Giuseppe costui?” (Lc 4,22).
Questo è di particolare importanza perché rende improbabile la tesi secondo cui la modifica lucana “non è il figlio di Giuseppe?” fosse dovuta all’imbarazzo di fronte ad un’ambiguità che poteva alludere ad una origine illegittima di Gesù. Luca infatti conosce l’episodio nella sinagoga di Nazaret (4,16-22) come un netto successo da parte di Gesù. E’ evidente infatti che la scena successiva – costruita ricorrendo al suo materiale proprio (L) – è incredibilmente in tensione – una tensione ancora maggiore di quella che troviamo tra Mc 6,2(3) e Mc 6,4-6 – con ciò che viene detto sopra: ma come? Prima i nazareni riuniti nella sinagoga rendono testimonianza a Gesù e sono meravigliati delle sue parole di grazia, e un minuto dopo sono pieni di furore, lo cacciano fuori dalla città e cercano di buttarlo giù dal monte?
Anche J. Fitzmyer (The Gospel According to Luke, vol. I, Anchor Bible, 1970) attribuisce la scena di successo dei versi 20-22 – con cui, a suo avviso, Luca ricalca, pur rielaborandola attingendo a fonti proprie, la versione di Marco - e quella di rifiuto a partire dal v. 23, rispettivamente a due contesti o fonti diverse.
Dunque, la domanda “non è il figlio di Giuseppe?” che troviamo in Luca non costituisce probabilmente una modifica con cui Luca avrebbe “corretto” Marco sulla base dell’imbarazzo verso le ambiguità del “figlio di Maria”: l’episodio nella sinagoga di Nazaret, così come lo conosce Luca, fu infatti un evento di successo ed egli conosce i riferimenti ai famigliari di Gesù che emersero durante tale riunione come espressione di meraviglia, e non di mormorazione.
Ora, alla luce della tensione che caratterizza anche lo stesso racconto di Marco, mi pare che ci si possa ragionevolmente chiedere se anche la tradizione marciana, in origine, conosceva un episodio di successo di Gesù nella sinagoga di Nazaret, che successivamente venne ad agganciarsi alle altre tradizioni (6,4-6) – di genere negativo – sulle reazioni degli abitanti di Nazaret nei confronti di Gesù.
Tale accostamento (marciano? Pre-marciano?) fece sì che l’interrogativo in riferimento ai famigliari di Gesù, che in origine era un’espressione positiva di meraviglia, venisse in un secondo momento a “colorarsi” di un certo tono di scetticismo e “mormorazione”; senza però che lo stupore positivo originario sparisse del tutto.
Se, dunque, in origine la domanda “Non è costui l’artigiano, il figlio di Maria etc. ?” era connotata da stupore positivo, allora ben difficilmente si può pensare che il riferimento a Gesù come “figlio di Maria” anziché “di Giuseppe” puntasse alla nascita illegittima di Gesù: come possiamo pensare, infatti, che i nazareni interpretassero come “sapienza” le parole di un individuo pubblicamente noto per essere nato da un rapporto illegittimo?