Studi sul Cristianesimo Primitivo

Pietro e Paolo a Roma

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Polymetis
view post Posted on 24/8/2008, 15:30 by: Polymetis     +1   -1
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CITAZIONE
“Altrettanto non si può dire di Pietro. Ma da dove si evince che venne in Italia a fondare la Chiesa romana?”

Quanto alla fondazione la prima fonte pare essere Ireneo, ma comunque c’è una moltitudine di fonti che mettono in evidenza l’importanza del legame tra Roma e Pietro, e a mio avviso si tratta di fare solo un due più due.
Abbiamo dimenticato due fonti sulla presenza di Pietro a Roma, entrambe del I secolo, anche se non trattano specificamente della fondazione della comunità romana mettono in evidenza il legame speciale che esiste tra l’apostolo e questa Chiesa. I due sono la piccola apocalisse cristiana contenuta nell'Ascensio Isaiae e il fr. Rainer: c’è una trattazione concisa di entrambi nella monografia su Pietro di Gnilka, vi riassumo concisamente le sue considerazioni.
Il primo passo è tratto da un testo apocrifo del I secolo composto in tre parti e contenente una piccola apocalisse cristiana(Asc. Is: 3,13-4,18). Per chi volesse leggerlo in italiano lo potette trovare in M. Erbetta, Gli apocrifi del Nuovo Testamento, tomo III, 175-204. In questa apocalisse si triva un passo che dovrebbe riferirsi al martirio di Pietro. Si parla di un re ingiusto, di un matricida, nel quale si sarebbe incarnato Beliar(=il diavolo). In una finta profezia si predice che avrebbe perseguitato la piantagione piantata dai dodici apostoli del Diletto (del Figlio Diletto) e che uno dei dodici sarebbe stato dato in sua mano (Asc. Is 4,2 s.). Non c’è alcun dubbio che col re matricida si voglia indicare Nerone,. Questo nome si era attaccato saldamento all’imperatore. (Dione Cassio 62,18,4; Or. Sib. 4,121)Egli ha perseguitato la piantagione del diletto, cioè la Chiesa. Quando, in un siffatto contesto, si menziona uno dei dodici apostoli, non può trattarsi che di Pietro. Paolo non appartiene al gruppo dei dodici apostoli. Se il nome di Pietro non viene fatto esplicitamente ciò è dovuto allo stile apocalittico che procede per riferimenti indiretti. “Dato in mano a qualcuno” è una formulazione già di per sé minacciosa; ma se la mano di un matricida quella in cui si cade, può trattarsi solo del peggio. Merita di osservare che il passo connette ancora una volta la persecuzione della comunità e il destino di Pietro con Nerone. C’è uno stretto nesso tra questo testo e il frammento Rainer dell’Apocalisse di Pietro, anch’esso di fine I secolo (Sulla datazione: E. Peterson, Das Martyrium des hl. Petrus nach der Petrus-Apocalypse, in Frühkirke, Judentum und Gnosis, Roma, 1959, 88-91)

Il fr. Rainer recita quanto segue: “Ecco, o Pietro, ti ho rivelato e spiegato tutto. Ora va nella città della prostituzione e bevi il calice che ti ho promesso dalle mani del Figlio di colui che si trova nell’Ade. Così la sua distruzione avrà inizio, ma tu sarei invece degno della promessa”(la citazione è da Gnilka, pag 115).
Tutto ciò, inutile dire, si incastra perfettamente con l’Ascensio Isaiae, si parla di una persecuzione romana(la città della prostituzione) di Pietro, ad opera dell’imperatore (il Figlio di colui che si trova nell’Ade). Non a caso queste designazioni sono le stesse di Babilonia la Grande dell’Apocalisse. Come commenta Gnilka: “Effettivamente il frammento collima col testo trattato sopra (l’Ascensio N.d.R.) nel collegare nello stesso discorso Nerone, Pietro e l’orizzonte escatologico: Nerone ha i connotati dell’Anticristo(cf. 2Ts 2,3.8); il martirio romano è espresso in termini non equivocabili: la città della prostituzione è Roma, il calice è l’immagine della morte violenza (cf Mc 10,39 par.). Importante è anche la concetrazione su Pietro che contraddistingue questa tradizione. Essa è più antica di quella che pone Pietro e Paolo in parallelo. Dovrebbe essere sorta come tradizione autonoma: essa ci diviene accessibile verso gli anni 90 del I secolo, cioè tren’anni dopo gli eventi. Questa distanza cronologica relativamente breve garantisce l’attendibilità del martirio romano di Pietro. In questa medesima decade rientra la composizione della I lettera di Clemente, della piccola apocalisse contenuta dell’Ascensione di Isaia, dell’Apocalisse di Giovanni e anche del testo contenuto nel fr. Rainer” (Joachim Gnilka, Pietro e Roma,Brescia, 2003, Paideia, pagg. 115-116)

CITAZIONE
“La "tradizione" è stranamente molto sicura nel ricostruire certi eventi. Si potrebbe cominciare con Ireneo di Lione, Adv. Haer. 3,1,1 (citato da Eusebio di Cesarea) secondo cui Pietro e Paolo operarono assieme a Roma fondando la Chiesa. Il passaggio è una vera e propria crux, anche perchè Paolo nell'epistola ai Romani fa intendere che la comunità era già stata fondata da altri diverso tempo prima”

Thiede così commentava questo passo: “Egli (Ireneo) inizia con una affermazione che sembra essere erronea, cioè che sia Pietro sia Paolo fondarono la comunità romana (a meno che non si legga il verbo che egli usa per «fondare», themelioo, allo stesso modo in cui viene usato in 1Pt 5,10, dove significa «rafforzare», «confermare»; in questo senso, l'affermazione di Ireneo è naturalmente vera sia per Pietro sia per Paolo).” (Carsten Peter Thiede, Simon Pietro dalla Galilea a Roma, Milano 1999, Edizioni Massimo, pag 235)
CITAZIONE
"perchè Paolo nell'epistola ai Romani fa intendere che la comunità era già stata fondata da altri diverso tempo prima”

Paolo dice di non voler “costruire su un fondamento altrui” (Rm 15,20 e 23-24), allusione a Pietro? Si nota per la comunità romana da parte di Paolo la stessa riverenza che le mostrerà Ignazio (alle altre Chiese solo ordini, per Roma solo elogi)
CITAZIONE
“At. 12:17 potrebbe essere una allusione a un viaggio di Pietro proprio a Roma, lontano dalla Palestina dove era ricercato dalle guardie di Agrippa. Ma è impossibile esserne certi perchè il testo non lo afferma espressamente. Certamente è strano che un ipotetico viaggio di Pietro a Roma in quel periodo non sia stato segnalato più accuratamente da chi stese gli Atti.”

A margine, noto che questa lettura mi è sempre parsa sensata. Quell' "allon topon" è forse una citazione di Ezechiele (12,3), dove con tale espressione si indicava Babilonia, e sappiamo bene che Babilonia è una designazione di Roma nel cristianesimo primitivo.
Il già citato Thiede:
“Luca è uno storico accurato. Se non accenna nemmeno alle peregrinazioni di Pietro fino alla sua ricomparsa in occasione del Concilio apostolico degli Atti 15, doveva avere delle buone ragioni. L'ipotesi che egli avesse perso interesse nel seguente ruolo di Pietro perché voleva favorire Paolo è troppo semplicistica, ed è in ogni caso contraddetta dal ruolo determinante che Pietro gioca negli Atti 15. E' comprensibile che Luca non voglia nominare il luogo (o i luoghi) dove Pietro si recò. Il motivo è lo stesso che causò l'omissione del nome di Pietro nel racconto di Luca e Marco (ripreso anche da Matteo) della mutilazione dell'orecchio del servo al Getsemani. Scrivendo mentre Pietro era ancora vivo, e a un alto funzionario romano, Luca vuole evitare qualsiasi cosa che possa compromettere l'attività dell'apostolo (che era legalmente un fuggitivo dalle autorità dello stato) nei confini dell'Impero romano. Luca sapeva dove era andato Pietro e dove si trovava nel momento in cui scriveva, ma rimase zitto. Anche Pietro cerca di essere vago a questo proposito, quando manda la sua prima Lettera da Roma usando lo pseudonimo topografico di «Babilonia» al posto di Roma (1Pt 5,13). Ed è proprio l'uso di «Babilonia» che ci dà la chiave per identificare l'«altro luogo» di Luca.

Sebbene non si possa determinare quando Babilonia fu usata per la prima volta come crittogramma al posto di Roma, una tale identificazione è indiscutibile (30). La scelta di Babilonia (invece, per esempio, di Sodoma o Gomorra) era immediata poiché implicava sia il simbolo del potere e del male, dell'arroganza e della corruzione che sarebbero stati sconfitti dal Signore (cfr. Is 13,1-14,23), sia l'«esilio» della Chiesa cristiana nel centro del paganesimo. Ma qualunque fosse la somma di ragioni che indusse la scelta di Pietro, i suoi lettori sarebbero stati ben consapevoli dei riferimenti della Scrittura a Babilonia. Ce ne sono molti, ma uno è particolarmente illuminante: Ezechiele 12,1-13. Vi sono qui dei riferimenti all'«esilio», alla fuga da Gerusalemme a notte fonda (12,7) e a Babilonia (12,13). Anche se tutti questi elementi sono presenti in questo passo (che contiene, naturalmente, un significato e una profezia molto più ampi e complessi), tuttavia è un altro verso che offre la chiave all'«indovinello» di Luca: «(...) preparati a emigrare; emigrerai dal luogo dove stai verso un altro luogo», recita Ez 12,3. La Bibbia dei Settanta usa l'espressione eis heteron topon, la stessa usata da Luca per indicare la destinazione di Pietro. L'«altro luogo» è Babilonia, e Babilonia è Roma.”(op. cit. pag 228)

L’unica pecca di questa ipotesi è che presuppone una datazione della redazione degli Atti decisamente troppo alta per i miei gusti.

Edited by Polymetis - 24/8/2008, 16:47
 
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