Studi sul Cristianesimo Primitivo

Supposizioni

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JohannesWeiss
view post Posted on 21/12/2009, 11:26 by: JohannesWeiss     +1   -1




Rispetto al significato di Mc 12,35-37 nel vangelo di Marco, c'è chi sostiene che vada interpretato come un rifiuto dell'idea del Messia come figlio di Davide, ritenendo che le acclamazioni di Bartimeo in Mc 10,47 e del corteo che accompagna l'entrata di Gesù in Mc 11,10 non dimostrino affatto il contrario, in quanto pronunciate rispettivamente da un cieco e da voltagabbana (qualora si trattasse di folle di pellegrini, anziché del seguito vero e proprio di Gesù) che di lì a poco sarebbero passati a chiedere la crocifissione di Gesù. Ma forse sono interpretazioni eccessive.
Forse per Marco il senso di Mc 12,35-37 è che la categoria del Messia davidico non è del tutto adeguata, poiché Gesù è prima di tutto il Figlio dell'uomo sofferente e destinato a essere vendicato, che non il Figlio di Davide vittorioso.

Ma rispetto al Gesù storico il problema rimane. Sappiamo che Matteo e Luca fecero notevoli sforzi (vedi gli assai divergenti racconti sulla nascita a Betlemme, nonché le genealogie) per dare a Gesù un pedigree davidico. In Q non abbiamo nulla (se non ricordo male), e in Marco abbiamo tradizioni controverse: Mc 12,35-37 è ambiguo se non negativo, mentre Mc 10,47 e 11,10 sono pro-davidicità, ma è comunque significativo che compaiano solo sulle bocche di outsiders (se il corteo in Mc 11,10 non è identico al gruppo di Gesù - e notiamo anche che in Mc 10,47 i discepoli non gradiscono affatto l'acclamazione di Bartimeo) e solo in una circostanza molto particolare quale l'approssimarsi a Gerusalemme.
Ciò porta J.P. Meier a formulare l'ipotesi (con cui egli ammette di contravvenire al suo stesso veto sulla possibilità di fare ipotesi circa "sviluppi" di Gesù nel corso del suo ministero, dal momento che la cornice narrativa dei vangeli è redazionale) secondo cui mentre Gesù durante tutto il suo ministero volle presentarsi nelle vesti del "profeta-simile-a-Elia" (prendendo così consapevolmente le distanze dalla discendenza davidica della sua famiglia), alla fine decise di gettare la maschera, presentandosi apertamente come messia davidico, e ciò influì sulla sua condanna (cfr. J.P. Meier, "From Elijah Like Prophet to Davidic Messiah", in D. DONNELLY (ed.), Jesus. A Colloquium from the Holy Land, Continuum, New York, 2001, in particolare pp. 70-72).
Anche per Paula Fredriksen Gesù non si presentò mai come messia davidico durante il suo ministero, e anche per lei tuttavia tale reputazione giocò un ruolo nella fine di Gesù: a differenza di Meier, però, Fredriksen non ritiene che sia stato Gesù a rivendicarsi come figlio di Davide in occasione della sua visita finale a Gerusalemme, bensì che siano state le folle di pellegrini ad acclamarlo come tale (contro quindi le sue intenzioni), fraintendendo in parte il suo messaggio sulla venuta imminente del regno di Dio.
Entrambe queste ipotesi storiche sono molto...ipotetiche.

La sola cosa su cui mi sembra ci sia certezza è che Gesù - se anche la sua famiglia vantasse la discendenza davidica e quand'anche egli stesso abbia deciso di rivendicare questo pedigree alla fine della sua vicenda - non incentrò il suo ministero (eccetto il cambio d'idea finale?) sulla presentazione di sé stesso come messia figlio di Davide. Probabilmente egli non si ritrovava molto nella specifica concezione "combattiva" e vittoriosa del messia davidico (vedi Ps. Sal. 17 - composto non molto tempo prima - dove si auspica la comparsa di un figlio di davide che purificherà Gerusalemme dai gentili).
In poche parole, tutte le energie profuse nel corso del suo ministero non avevano niente a che fare con il rivendicarsi come messia figlio di Davide.
Alla fine cambiò idea? Non mi sembra probabile. Sto più con Fredriksen che con Meier.
 
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8 replies since 15/12/2009, 19:50   326 views
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