Studi sul Cristianesimo Primitivo

Leone X e la favola di Cristo

« Older   Newer »
  Share  
Saulnier
view post Posted on 7/4/2010, 18:06 by: Saulnier     +1   -1




Concentriamo a questo punto l’attenzione sui protagonisti dell’aneddoto, Leone X e Pietro Bembo. E’ evidente che l’unica persona che può aver riferito per prima questa storia non può essere che il grande umanista veneziano, Pietro Bembo, a meno di non ipotizzare che una terza persona molto vicina ad entrambi, abbia potuto intendere il colloquio tra i due, ad esempio Jacopo Sadoleto, l’altro segretario di Leone X e amico fraterno di Bembo, dall’infanzia fino alla morte.
Qual era l’atteggiamento di Bembo nei confronti del papa Leone X?

(Un decennio della vita di Pietro Bembo (1521-1531), Vittorio Cian, 1885.)

Il 10 di giugno dell’anno 1524 egli scriveva al Cardinale Innocenzo Cibò, legato pontificio a Bologna: “Avvennero poco dappoi (cioè dopo la partenza del Bembo da Roma) molte altre cose tristi: la morte di leone, la vacanza del Pontificato e la pienezza poi di lui, che vie peggior fu che la vacanza non era stata”. Affermando che il pontificato di Adriano era stato ancora peggiore della vacanza della Santa Sede che l’aveva preceduto, il Bembo gettava un’oltraggiosa calunnia sul non grande ma buono e pio pontefice fiammingo. Egli doveva sapere troppo bene, che l’intervallo corso tra la morte di Leone X (1 dicembre 1521) e l’ingresso di Adriano in Roma (29 agosto 1523) aveva segnato una delle pagine più tristi che la storia italiana di quel tempo ricordi. Ma un tale giudizio, per quanto ingiustamente esagerato, non ci deve recare meraviglia, perché vi sono molte ragioni abbastanza note che ci permettono di spiegarlo e, fino ad un certo punto, giustificarlo. Anzitutto il Bembo era pur sempre l’umanista, il cortegiano che aveva vissuto i suoi più begli anni fra lo splendore delle corti gaie e festose ed aveva preso parte non piccola in quel pontificato di Leone X, che fu detto a ragione il chiassoso baccanale delle arti e dello spirito pagano. Il giudizio che il Bembo così crudamente esprimeva del papato di Adriano VI, la più strana ed inaspettata reazione a quello del suo predecessore, trovava perfetto riscontro nella maggior parte dei letterati, degli artisti, degli spiriti colti d’allora, come anche nel popolo di Roma e d’Italia.

Bembo fu un umanista prima che un religioso, e con lo spirito di un’umanista guardava il pontificato di Leone X, con il quale, se ci fosse del vero in alcuni aneddoti che circolarono su di lui, condivideva qualcosa di più che le cosiddette tendenze gentilesche.
In "Notae in Jacobi Gaffarelli Curiositates (Amburgo 1676) di Gregorius Michaelis" leggiamo che una volta il Bembo, essendo stato informato che Sadoleto era in procinto di scrivere una spiegazione dell’Epistola ai Romani, gli avrebbe detto “Omitte has nugas; non enim decent gravem virum tales ineptiae” ovvero “Lascia perdere queste sciocchezze; esse male si addicono ad una persona seria”.
Le ‘nugas’ di Bembo sono in perfetta sintonia con le ‘nugas de Christo’ di Leone X nell’aneddoto riportato da Lubbertus.
Ancora il Cian sui rapporti tra il Bembo e i letterati del tempo.

Fra i moltissimi letterati coi quali il Bembo ebbe specialmente in questi anni, lunga consuetudine di lettere e di amicizia o, più propriamente di quella sodalitas literaria che in nessun altro tempo come il Rinascimento ebbe tanto sviluppo, spiccano alcune nobili figure di umanisti stranieri, che ebbero una parte assai notevole nel movimento religioso e filosofico di quell’età: primo fra tutti Erasmo da Rotterdam, conosciuto dal Bembo durante il suo soggiorno a Roma, poi l’Agricola, il Budeo, il Longolio già da noi ricordato insieme col celebre Melantone. Senza voler menomamente entrare nella questione tutt’altro che facile, intorno alla vera attitudine assunta dal Bembo di fronte al movimento religioso del suo tempo ci limitiamo a constatare l’importanza di tali relazioni e a ricordare quello che abbiamo altra volta occasione di dire, cioè che codeste relazioni avevano più che altro un carattere letterario e muovevano naturalmente da comunanza di studi e di coltura.

E poi Cantù, Gli eretici di Italia, Vol.1, 1865.

Se non che, mentre in Germania fu partito de’ principi, in Francia partito de’ nobili, in Italia fu principalmente partito de’ letterati. Dopo che la protesta fu formulata in Germania, la estesa reputazione de’ dotti italiani fece che i novatori forestieri ne sollecitassero l’adesione, e cercassero qui divulgare le loro scritture, mentre la vivacità degli ingegni nostrali inuzzoliva delle nuove predicazioni. Alcuni di qua si tenevano in corrispondenza coi dotti tedeschi; e i cardinali Bembo e Sadoleto coll’erudito Melantone, il principale apostolo di Lutero, amante la pace e mediatore, ma senza iniziativa.

Arriviamo qui ad un punto cruciale della nostra analisi. Il Cian ci parla di comunanza di studi e di coltura che giustificavano questi intensi rapporti, soprattutto epistolari, tra cattolici e protestanti. Questo è senz’altro vero ma è altrettanto vero che ci fu dell’altro. Certamente fino alla Dieta di Ratisbona (1541) e prima della rottura sancita con il Concilio di Trento le parti moderate di entrambi gli schieramenti (cattolici e protestanti) cercarono una mediazione e un accordo. Tra i cattolici moderati e disponibili ad una riforma della Chiesa Cattolica vi furono per l’appunto il Bembo ed il Sadoleto, mentre tra i protestanti, Filippo Melantone, era considerato oltre che un grandissimo erudito una persona calma e disponibile al dialogo.

Ma è plausibile che in uno di questi carteggi il Bembo (o magari il Sadoleto) possano aver riferito al Melantone dell’aneddoto su Leone X?

La risposta a questa domanda, secondo me non può che essere negativa. I due cardinali non avrebbero mai messo per iscritto una storia del genere. Con quale fine poi?
Già Sadoleto in una lettera del 15 luglio 1537, aveva scritto a Melantone, convinto della possibilità di dialogo tra le chiese cristiane e desideroso di costruire un rapporto con il più disponibile tra i riformatori luterani al dialogo con i cattolici. La lettera presentava toni a dir poco elogiativi nei confronti del Melantone, iniziava con
Dilectissimo tanquam fratri, Ph. Melanchtoni sacrarum litterarum Professori e si chiudeva con un mieloso Vale mi doctissime Melanchthon, et nos tui amantissimos dilige.

Melantone rese nota questa lettera ai suoi più fedeli amici.

Mitto tibi exemplum epistolae Sadoleti, quam nuper adeo ad me missit, quam non ostendes, nisi fidis amicis. Nam spargi in vulgos nolo. Est venustissime scripta et cautissime.

Tanto bastò perché la lettera ben presto fosse denunciata dagli ambienti più conservatori del Vaticano come un vero e proprio atto di tradimento e lo stesso Sadoleto dovette difendersi strenuamente dall’accusa di essere passato dall’altra parte della barricata.
Questo solo per comprendere quanto poco verosimile sia che un aneddoto come quello su Leone X potesse figurare nei carteggi tra il Bembo e il Sadoleto e il Melantone senza che notizia se ne fosse sparsa.
Il Bembo poteva aver riferito quell’episodio solo di persona, oralmente, a qualcuno a lui legato da affinità letterarie ma che allo stesso tempo si trovava dall’altra parte della barricata.
Un umanista protestante in qualche modo anche legato a Filippo Melantone.
Georgius Sabino.
Il Sabino nato nel 1508, seguì i suoi studi a Wittenberg e ben presto fu amato dal Melantone in virtù del suo straordinario talento letterario. La stima di Melantone per Sabino fu tale che la figlia prediletta del più grande discepolo di Lutero, Anna Melantone, gli fu concessa in sposa nel 1536.
L’amicizia tra i due non finì nemmeno con la morte prematura, nel 1545, di Anna, probabilmente la più grande disgrazia che ebbe a sconvolgere la vita di Filippo Melantone.
Prima del matrimonio però, nel 1533, Sabino volle visitare l’Italia e fu in quel periodo che egli conobbe i più grandi umanisti dell’epoca, tra i quali proprio Pietro Bembo con il quale si legò in intensa amicizia, tanto da dedicargli numerosi carmi. Il Bembo apprezzava moltissimo il Sabino, oltre che per il suo latino anche per il ruolo da lui svolto nel tentativo di ricomposizione del mondo cristiano fino alla Dieta di Ratisbona come testimoniano le sue lettere che vanno dal 1533 al 1545.
Facile immaginare come proprio durante il suo soggiorno presso di lui, il Sabino possa aver ascoltato dall’amico Bembo, quei numerosi aneddoti che circolarono negli anni successivi, soprattutto in ambiente protestante, sul veneziano, compreso il più famoso su Leone X e la favola di Cristo.
Impossibile inoltre credere che tali aneddoti non siano giunti alle orecchie del Melantone, suocero del Sabino. Sulla riservatezza del Melantone l’umanista tedesco evidentemente poteva contare in maniera indiscutibile.
Per il ruolo delicato svolto dal Sabino in quegli anni (Dieta di Ratisbona), sono evidenti i motivi per i quali non solo la fonte, ma gli aneddoti stessi cominciarono a circolare solo dopo la morte del Bembo, nel 1547.
Che le cose possano essere andate effettivamente così, cioè che fu opera del Sabino questa ‘fuga di notizie’ su vari episodi della vita del Bembo ce lo conferma un altro aneddoto che vede protagonisti proprio il Sabino ed il Bembo e che ci viene raccontato da Melchior Adam in "Vitae Germanorum Theologorum, 1620."

In questo aneddoto leggiamo che Melantone mandò il Sabino dal Bembo con una lettera di presentazione. Bembo invitò il Sabino a cena e durante il convivio fece al Sabino tre domande, ovvero: quale fosse il salario del Melantone, quale il numero dei suoi ascoltatori ed infine quale fosse la sua opinione sulla vita eterna e sulla resurrezione dei morti.
Alla prima domanda egli rispose che il Melantone riceveva 300 fiorini all’anno. Al che Bembo esclamò “Ah ingrata Germania, pagare così poco un uomo così grande!”. Alla seconda domanda Sabino rispose che solitamente Melantone aveva 1500 ascoltatori. Al che il Bembo: “Non ci posso credere, non conosco Università d’Europa, all’infuori di Parigi, in cui un professore abbia così tanti studenti”. Melantone in verità aveva di frequente anche 2500 ascoltatori. Alla terza domanda Sabino ripose che dalle opere del Melantone era evidente che egli credesse ad entrambi gli articoli. Da cui la risposta scioccante del Bembo: “Haberem virum prudentem, si hoc non crederet”.
Ancora una volta vediamo il Bembo manifestare una opinione non dissimile da quella del suo amatissimo papa...

Ora chi altri se non il Sabino stesso può aver messo in circolazione questo aneddoto?
 
Top
10 replies since 6/4/2010, 15:54   7665 views
  Share