Studi sul Cristianesimo Primitivo

Il Cristo storico, il Gesù della fede ed una "coraggiosa" riflessione del prof Jossa

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jehoudda
view post Posted on 31/7/2010, 17:11 by: jehoudda     +1   -1

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….Che poi si possa tranquillamente e dignitosamente proporre in questa sezione delle riflessioni su quello che io personalmente considero il Gesù mitologico consolidatosi nella cristologia cattolica "post eventum" tentando di sviscerarne le eventuali reali, oggettive coordinate storiche tuttoggi ancora fondamentalmente indecifrate, beh questo..."qualcosa vorrà dire"...

CITAZIONE
...Che poi si torni puntualmente e quasi ossessivamente su questo "giovanni di gamala" di cascioliana memoria, personaggio che ovviamente ha perfino meno probabilita di "aver avuto corpo" di quel Gesù mitologico consolidatosi nella cristologia cattolica "post eventum" , finendo per associare ogni tentativo di interpretazione storiografica del reale Gesù storico a una figura da romanzo mi sembra decisamente potersi considerare alla stessa stregua dell'operazione effettuata (in buona o cattiva fede) da chi da due millenni si intestardisce a proporre la romanzesca versione evangelico/neotestamentaria della vicenda gesuana quale "Fatto Storico sostanzialmente assodato”

Domando: chi è questo Gesù di Nazareth? se non erro sono 2000 anni che ne parlano tutti, ma nessuno, al di la di personalissime convinzioni di tipo fideistico basate anche su "semplici" testi di letteratura religiosa,(convinzioni che nulla tolgono o aggiungono alla definizione storica del problema) ne hai mai potuto stabilire una univoca identita storica.
Quale dei troppi gesù storici è quello giusto, quello che ha dato vita alla sua controfigura romanzesca e agiografica cristallizzatasi dopo molto decenni nelle pagine ondeggianti della variegata letteratura neotestamentaria?...

CITAZIONE
...di fronte al fatto da me rilevato che nonostante gli ultimi centocinquanta anni di ricerca specialistica, condotta da studiosi dalle indiscutibili competenze nei campi piu svariati, che si sono avvalsi delle piu rigorose metodologie scientifiche, non si sia riusciti a delineare una convincente ed univoca definizione di un Cristo Gesù storico, finendo al contrario per moltiplicare in maniera esponenziale il numero di possibili Gesù che altro non sono che dei prototipi storiografici più o meno plausibili e spesso non compatibili gli uni con gli altri...

CITAZIONE
Il punto centrale invece, secondo me, è che bisognerebbe prendere atto con più semplicità e direttamente che lo stato della ricerca specialistica sulla vicenda gesuana non ha prodotto ad oggi (e non è un'accusa ma una dolorosa constatazione) risultati che si possano definire soddisfacenti, se l' obiettivo era quello di mettere a fuoco la reale figura storica di questo uomo.

E questo a mio avviso anche perchè si è voluto, nella quasi totalità dei casi, seguire un approccio metodologico viziato da una sottesa (spesso inconscia) tendenza a lavorare i frammentari dati storici esterni in eccessiva contiguità con i piu forti dati letterari interni (le fonti neotestamentarie) finendo per orientare e quindi deformare quei dati di partenza pervenendo ad una visione globale del fenomeno poco stabile ed inevitabilmente poco convincente.

Una serie di immagini riflesse di un uomo oscuro intrappolato in una camera di specchi deformanti, nella quale ognuno è polemicamente libero di scegliere quella che più trova congeniale.

CITAZIONE
Se non ci si convince una volta per tutte che la rielaborazione letteraria postuma (e quanto postuma...) operata con valenza mistico-spirituale sulla base di quanto una comunità di credenti ha tramandato oralmente quale proiezione soggettiva e di massa di un desiderio incarnato, non può essere utilizzata quale base fondante di una valida ricostruzione storiografica, non si esce da quella camera degli specchi.

Il Cristo della fede, rispettabile fantasma di un gruppo umano accomunato dalla stessa speranza trascendente non è il Cristo della Storia, e voler pervicacemente insistere in un tentativo di sovrapposizione/conciliazione non può che soffocare ogni speranza di scorgere le coordinate immanenti del secondo, che poi è ovviamente il solo reale.

La psicologia religiosa capace di produrre alchimie letterarie di indubitabile interesse, reca con se lo "svantaggio" di riplasmare a volontà del credente la fisiologia storica di qualsiasi personaggio/evento reale.

Non mi sembra un caso che i pochi studiosi (non sempre dilettanti) che nel corso degli ultimi due secoli abbiano tentato un approccio simile o quantomeno una sua parziale esecuzione, abbiano nolenti o volenti, finito per individuare elementi estremamente interessanti che avrebbero potuto (e potrebbero ancora se debitamente rivalutati) contribuire a una profonda virata rispetto al quadro classico, se non fosse che per motivi per me non convincenti, sono stati "opportunamente" e "scientificamente" isolati e/o ignorati.

CITAZIONE
Molto difficile, se non addirittura impossibile, secondo me, conciliare una fede solida con una comunque fortemente sentita esigenza di indagare storicamente l'oggetto primario della propria fede.
Se vi è fede nella trascendenza di Gesù mi appare estremamente complessa una operazione di ricerca che si svincoli da questa premessa di base partendo da un' ipotesi che, seppur in via dubitativa, concepisca un Gesù immanente.

Mi sembra evidente che quella fede nella trascendenza di Gesù comporti ineluttabilmente la morte del concetto di "Gesù storico" per la buona e semplice ragione che in questo caso Gesù non sarebbe nella Storia, ma sarebbe egli stesso la Storia

Mi sono permesso di riportare qui alcune mie personali considerazioni (che nei giorni scorsi ho inserito nelle pagine della sezione MITI E RELIGIONI) in merito alla questione del rapporto fra il Cristo della storia ed il Gesù della fede, a mio avviso centrale nell' ambito della ricerca sulle origini del cristianesimo.

Riflessioni che partono dalla constatazione che, nonostante gli sforzi compiuti da un enorme numero di esegeti, non si sia sostanzialmente giunti a poter definire, per questa via, una dimensione credibile e storicamente “affidabile” per il reale uomo Gesù.

E’ mia convinzione che questo insuccesso sia fondamentalmente dovuto ad una errata impostazione di base, ossia l’aver prediletto un tentativo fondamentalmente retroproiettivo, basato sull’assunto che il Gesù della fede narrato dai testi neotestamentari potesse condurre per complesse destratificazioni successive (pur operate con sempre piu raffinati strumenti storico-critici) alla figura del Cristo della storia.

Questo metodo è stato dettato, secondo me da due motivazioni principali, una di ordine storico l’altra di ordine piu squisitamente logico-pragmatico.

1) L’ imprescindibile forza che il cristianesimo/cattolicesimo vincente e istituzionalizzatosi nel corso dei secoli ha acquisito e mantenuto nell’ ambito della società occidentale, che ha ineluttabilmente orientato e condizionato, in modi differenti secondo le differenti epoche, ogni (o quasi) indagine in merito.

2) L’ evidente sproporzione quantitativa (ma non necessariamente qualitativa) fra i presunti dati storico-biografici contenuti nei testi interni alla tradizione letterario-religiosa cristiana e i dati storici contenuti nelle meno omogenee e più lacunose fonti esterne.

Questi due elementi, combinati assieme, hanno inevitabilmente costituito un potente vettore che ha fortemente contribuito a centralizzare e circoscrivere la quasi totalità dei tentativi di investigazione sull’ ignoto Gesù della storia, in un sistema di riferimento in cui ogni dato, ogni ipotesi, ogni conclusione doveva (e ancora deve) subire il filtro deformante costituito dall’ uomo/dio astratto, anistorico, letterario, sedimentatosi posteriormente nei confusi e spesso contraddittori mosaici narrativi evangelico-neotestamentari.

Peraltro questa impostazione metodologica risulta tanto più sterile e inefficace in quanto il ribaltamento della logica investigativa che parte da una costellazione di eterogenei testi posteriori dalla struttura precipuamente teologico-sacrale, non puo godere neppure di una solida e precisa definizione del contesto sociale, cronologico, geografico, autoriale, nel quale questi stessi testi sarebbero stati elaborati e redatti, dopo una delicatissima fase che si ritiene almeno quarantennale di elaborazione e rielaborazione orale (a mio avviso troppo frettolosamente “passata in giudicato” quale compatto meccanismo di trasmissione che avrebbe “traghettato” in maniera sostanzialmente uniforme un originario Gesù storico verso quel definitivo Gesù della fede che ritroviamo nelle trascrizioni neotestamentarie)

Il risultato scaturito dopo secoli di indagini è a mio avviso, al di la delle apparenze e delle dichiarazioni troppo partigiane e un po autocompiaciute, ancora decisamente e oggettivamente mediocre oltre che fortemente lacunoso;
la retroproiezione operata a partire da quei testi a loro volta lacunosi e contraddittori non poteva che generare una panoplia difforme di prototipi di Gesù storici, spesso “l’un contro l’altro armati”, nessuno dei quali dotato di determinanti vantaggi in termini di verosimiglianza ripetto ad ognuno degli altri.

Come ho gia lasciato intendere in alcuni miei interventi in passato, personalmente propendo per tutt’altra ricostruzione della vicenda gesuana, identificando seppur ovviamente in termini ancora assolutamente ipotetici, un Gesù rivoluzionario politico-religioso personalmente coinvolto nell’ accanita lotta messianista condotta da alcuni settori della società ebraica del tempo contro la presenza/occupazione blasfema dei romani (spalleggiati da una certa “aristocrazia” ebraica collaborazionista e da una variegata stirpe di erodiani).
Questa ricostruzione che in varie e differenti accezioni, si è anche alimentata delle riflessioni di autori importanti come Reimarus, Robert Eisler, Samuel Brandon , pur avendo in questo forum qualche altro sparuto ma determinato sostenitore, viene sostanzialmente bollata dal consensus specialistico che ne ha denunciato spesso in maniera pervicace, la totale inverosimiglianza.
Una ricostruzione che viene considerata frutto di una serie di ingiustificate inferenze sui dati storici di cui siamo in possesso.
Non è comunque mia intenzione in questo intervento tentare una volta di piu di controbattere ed argomentare specificamente in favore ed in difesa di questo modello interpretativo.
Ne faccio parola solo per dire che se quell’ipotesi viene considerata inferenziale, non posso esimermi dal dire che appare fin troppo evidente quanto il tipo di ricostruzione sopra illustrata (e che in generale fa consensus) sia (oltre che altrettanto inferenziale) per converso, mi si passi il termine, chiaramente deferenziale , vale a dire paradossalmente figlia di una forzata rielaborazione al rovescio carica di deferenza per il Gesù della fede.

Non si puo francamente continuare a credere che si possa soddisfacentemente raggiungere il reale Cristo storico attraverso questo discutibile processo di decostruzione di un “personaggio altro” il cui DNA costitutivo soggiace nella rielaborazione mistica di una piccola comunità di ebrei che , per cause forse prettamente psicologiche, SI CONVINSE che un “uomo altro” (il cristo storico) fosse resuscitato dopo che per cause ancora tutte da chiarire gli era stata inflitta una morte violenta.

Non si puo non prendere atto che la magmatica mole di apparenti dati storici contenuti in quei testi che hanno inteso cristallizzare nella parola scritta un lungo processo di conservazione/trasmissione/rielaborazione orale della “irragionevole”, folle pretesa di una comunità che ha creduto che un uomo ad essa particolarmente caro fosse, seppur per breve tempo, tornato fisicamente dalla morte, costituisca quello che si definisce un processo di storicizzazione di teologumeni, cioè la traduzione di affermazioni/convinzioni teologiche in termini storici .

Il “credo quia absurdum” di Tertulliano appare in questa ottica una brillante ed emblematica sintesi teologica di quanto appena espresso.
Ora non ci si può continuare a illudere che in quell’ absurdum teologico, generatosi nell’ambito di una comunità di “irragionevoli credenti nell’irragionevole”, si possa recuperare con ragionevole affidabilità una verità storica altra che, nel frattempo, proprio una profonda teologizzazione dei fatti storici originali avrebbe provveduto a “mistificare”.

Non si può d’altra parte fingere di non vedere quanto articolata debba essere stata anche la fase di pura trasmissione orale, e la problematica complementare connessa al suo diffondersi in comunità lontane e non direttamente “controllate” dalla comunita originaria di Gerusalemme.
Senza dimenticare che sembrerebbe evincersi che la successiva fase di elaborazione/redazione scritta di quella tradizione orale comincerebbe solo dopo che la comunita originaria giudea scomparve e perse ogni sua centralità in seguito ai tragici eventi del 66/70.

Attenzione poi, per quanto concerne il suddetto meccanismo della storicizzazione dei teologumeni, perché proprio una troppo radicale applicazione di questa categoria interpretativa alle fonti testuali cristiane ha aperto il varco che ha condotto spesso alcuni autori a teorizzare una totale astoricità della figura di Gesù, negandole ogni plausibile esistenza storica e facendone un puro prodotto mitologico (o, mi si passi il neologismo, miteologico…) .
Conclusione che, paradossalmente, nella sua radicalità ha finito secondo me per fare gioco ad una certa esegesi di parte che ha preferito scontrarsi con una posizione del genere piuttosto che essere costretta a misurarsi con chi, pur sostenendo la sostanziale astoricità del Gesù della fede, e anzi proprio a causa di questa convinzione, tentava di “mettere il naso” nelle vicende che si celavano dietro quel fantomatico Gesù teologico per riportare alla luce le reali coordinate storiche dell’ uomo che probabimente incarnò le caratteristiche del Messia liberatore antiromano.

Vorrei riportare a margine di queste mie personali (e modestissime) considerazioni un intervento decisamente più autorevole che riveste senza dubbio un particolare interesse in relazione alle tematiche toccate.

Si tratta dell'acuta e "coraggiosa" premessa che il prof Giorgio Jossa anteponeva al suo brillante volume "La verità dei Vangeli. Gesù di Nazareth tra storia e fede" Carocci 1998.
La riporto integralmente perchè credo che meriti una lettura e una riflessione specifica (il libro che consiglio fortemente è a sua volta degno di nota e conferma secondo me il prof Jossa quale studioso di rilevante spessore)

[ grassetto e sottolineato sono miei]

"Il tema della “verità” dei Vangeli (dirò subito perché anche nel titolo ho preferito questa espressione a quella, forse più immediatamente comprensibile ma anche assai più ambigua, della “storicità” dei Vangeli) non è certamente nuovo.
E’ stato invece affrontato un numero infinito di volte. Nella forma, tutto sommato molto simile, di una discussione sulla realtà storica di Gesù o. come più spesso dice, sul Gesù storico (ma anche nel sottotitolo ho preferito evitare un riferimento preciso alla figura storica di Gesù) esso ha costituito anzi alcuni decenni fa l’oggetto privilegiato degli studi neotestamentari.

Vi sono tuttavia almeno due motivi per riprenderlo ancora una volta.

Il primo è che, con poche eccezioni, esso è rimasto, soprattutto in Italia, nei confini un po’ angusti del dibattito teologico accademico. Oggetto di dotte, e acute, discussioni nelle Università ecclesiastiche, quasi mai ha superato questi limiti per rivolgersi anche all ‘uomo di cultura curioso di conoscere e comprendere meglio questi testi che, accettati o meno che siano come testi di fede, comunque sono parte integrante del patrimonio spirituale e intellettuale dell’ Occidente Europeo.
In un recente Dizionario di Teologia Biblica il maggiore studioso italiano del Nuovo Testamento, oggi Vescovo di Nardò e Gallipoli, V. Fusco, cominciava in questi termini la sua voce sui Vangeli:

“Che cosa sono i Vangeli? Se proviamo a chiederlo a un ragazzo del catechismo, o anche a un cristiano adulto qualunque, o forse anche a un non praticante, la prima risposta che verrà fuori sarà con ogni probabilità: “La vita di Gesù” “ (1)
Ed è questa anche la risposta, come vedremo assolutamente insoddisfacente, che darebbe quell’ipotetico uomo di cultura di cui parlavo sopra.
E’ infatti un dato di fatto insieme triste ed inquietante, di cui Chiesa cattolica e intellettuali laici portano congiuntamente la responsabilità, che i Vangeli sono in Italia molto poco conosciuti e quasi per nulla compresi. La distinzione, fondamentale per essi, tra resoconto storico e testimonianza di fede, tra Gesù della storia e Cristo dei Vangeli, è in particolare quasi completamente ignorata.

Il secondo motivo è anche più grave.
Nei pochi casi in cui questo tentativo di raggiungere un pubblico più vasto di lettori è stato fatto, esso rivela quasi sempre una intenzione apologetica. Scritti da esegeti e teologi preoccupati di difendere la credibilità della tradizione cristiana, i pochi libri di questo genere, per quanto informati e moderni essi appaiano, mostrano abbastanza chiaramente l’intenzione (alcuni dicono addirittura: l’ossessione) di salvare la storicità sostanziale dei Vangeli o, per usare fin da adesso i termini che diverranno più chiari nel prosieguo dell’esposizione, di affermare una precisa continuità tra il Gesù della storia e il Cristo dei Vangeli.
E nel far questo si liberano con troppa disinvoltura delle opinioni contrastanti con la propria, spesso accompagnandone il rifiuto con giudizi inaccettabili sulla fede personale dei loro autori. E’ così che non soltanto un razionalista come HS Reimarus, ma anche dei teologi come DF Strauss e R. Bultmann, vengono respinti senza una seria confutazione, o addirittura senza una chiara esposizione dei loro argomenti, con una posizione che appare alquanto discutibile sia sul piano della serietà intellettuale sia su quello del rigore scientifico. (2)
Scopo di questo piccolo libro non è quindi discutere ancora una volta con esegeti e teologi la validità delle più recenti ipotesi scientifiche sui Vangeli, ma esporre in una forma semplice e accessibile la natura e le caratteristiche dei Vangeli quali si sono venute chiarendo negli ultimi due secoli attraverso le critiche anche radicali degli studiosi del Nuovo Testamento, senza la preoccupazione di salvarne a tutti i costi la “storicità” ma cercando invece di comprenderne il particolare tipo di “verità”.

E’ a quanti sono interessati a comprendere questo carattere dei Vangeli che si rivolge in realtà questo libro.


(1) V. Fusco Vangeli in Nuovo Dizionario di teologia biblica, Cinisello Balsamo 1988 p 1610

(2) Un esempio di questo tipo è a mio parere, nonostante la completezza e serietà dell’indagine, il volume, sull’argomento stesso di questo libro, del gesuita francese X Leon Dufour, I Vangeli e la storia di Gesù , Milano 1968. Non a caso infatti, fin dalla prefazione, l’ intenzione dell’autore di rispondere alla domanda, posta del tutto correttamente: “come, in realtà, raggiungiamo noi Gesù attraverso i quattro Vangeli?” viene riformulata subito dopo come volontà di “stabilire nella sua totale oggettività ciò che fu l’esistenza di Gesù di Nazareth”. E non a caso, subito prima, si individuano gli studiosi da rifiutare categoricamente in quegli autori, come un “Bultmann ed altri dopo di lui” che “ non contenti di minimizzare i risultati di una sana critica, negano ogni valore alla storia di Gesù”
Scopo del libro è palesemente ridare alla fede dei primi testimoni la sua concreta base storica, senza “adottare i pregiudizi che hanno compromesso i risultati di una ricerca che voleva essere scientifica”. Ma è proprio questa continuità che può apparire a volte problematica perché questi “pregiudizi” non sono forse del tutto infondati.
Diverso è senza dubbio il caso del recentissimo libro di G. Stanton col titolo quasi identico al mio,
La verità del Vangelo, Cinisello Balsamo 1998: un’esposizione completa ed equilibrata di tutti i principali problemi della tradizione evangelica.
Mosso dall’intento principale di contestare i tentativi di Thiede e O’Callaghan di garantire maggiore attendibilità storica alla narrazione dei Vangeli mediante un più alta datazione del Vangelo di Matteo (riportando il papiro del Magdalen College di Oxford fino alla metà del primo secolo) e di quello di Marco (identificando nel frammento qumranico in greco 7Q5 Mc 6, 52-53) esso riconosce infatti in maniera esplicita che le “tradizioni su Gesù furono conservate principalmente al servizio delle “verità del vangelo” piuttosto che della “verità storica” (p 86)
“Non abbiamo infatti nei nei Vangeli testimonianze storiche precise; in essi abbiamo quattro immagini diverse di Gesù lasciateci dagli evangelisti che intesero presentare la sua storia al fine di proclamarne il significato” (p 247)
E tuttavia alla fine anche questo libro mostra molto più la preoccupazione di indicare le vie più sicure (letterarie come archeologiche) per raggiungere la verità storica su Gesù che non quella di comprendere la natura particolare (che è teologica prima ancora che storica) della verità dei Vangeli.
Non soltanto infatti è a questa “prova storica”, fondata oltre tutto su una sopravvalutazione del carattere biografico dei Vangeli, che è dedicata la maggior parte dell’ indagine, ma a conclusione del libro scrive l ‘autore:
“Ho cercato di dimostrare che abbiamo molte testimonianze sulla vita di Gesù sia interne che esterne ai vangeli del Nuovo Testamento: molto più numerose di quelle che abbiamo per un qualsiasi altro maestro-profeta ebraico del I secolo” (p 241)
“La “verità del vangelo” […] dipende dalla generale attendibilità delle immagini di Gesù fornite dagli evangelisti” (p 247)

E in tal modo questa “verità del Vangelo” rischia di essere ricondotta nuovamente alla verità storica."
 
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17 replies since 31/7/2010, 17:11   1771 views
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