Studi sul Cristianesimo Primitivo

Il Cristo storico, il Gesù della fede ed una "coraggiosa" riflessione del prof Jossa

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jehoudda
view post Posted on 8/8/2010, 18:10 by: jehoudda     +1   -1

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CITAZIONE
Saulnier Inviato il: 6/8/2010, 11:37
Grazie jehoudda! Davvero un bell’intervento.
CITAZIONE (jehoudda @ 6/8/2010, 00:47)Bisognerebbe invece, secondo me, accettare quale premessa di base che la materia costitutiva di quel pensiero sia al di la della sua intrinseca complessità (problema ermeneutico generale) non storicamente e direttamente riconducibile in maniera oggettivamente certa alla persona che si sta indagando (e al sue specifico agire nella Storia) ma sia, come ho tentato di argomentare, a sua volta frutto di un lungo processo ermeneutico di vasto respiro (tradizione orale, delocalizzazione delle tradizioni orali, elaborazione scritta non uniforme nello spazio e nel tempo delle stesse, rielaborazioni successive durante una lunga fase di consolidamento delle scritture operate in un clima di drammatici conflitti di natura sempre più teologica e quindi sempre meno sensibile al recupero di “informazioni reali”)

Ti chiedo:

ritieni gli sviluppi cronologici condivisi dal consensus (morte di Cristo intorno all’anno 30 e redazioni degli scritti neotestamentari comprese tra gli anni 50 e 100) compatibile con quel complesso instaurarsi di fenomeni da te evocati
?

Caro Saulnier
ti ringrazio per l'apprezzamento che ricambio per il lavoro estremamente coraggioso ed originale che stai portando avanti sia su questo forum che su quello altrettanto intrigante di consulenza Ebraica.
concordo in modo particolare con le parole che Negev ha speso per te per sottolineare che, si condividano o meno i tuoi contenuti (io li trovo condivisibili), presenti sempre le tue riflessioni con indiscutibile correttezza e invidiabile serenità.

Cio detto, rilevo che mi poni una domanda di una "certa portata".
si tratta di una delle questioni più "rognose" di questa incredibile storia...
ovviamente la domanda mi sembra pertinente visto i contenuti che ho tentato di esprimere in questa discussione
Ho riflettuto in questi due giorni sulla maniera in cui poter esprimere quella che è la mia "sensazione" più generale (non mi sento di definirla una convinzione, sarebbe tecnicamente esagerato e metodologicamente inopportuno)

La mia sensazione è che sia più plausibile situare la morte di Cristo attorno al 35/36, e no, non ritengo gli sviluppi cronologici condivisi dal consensus in merito alla cronologia delle redazioni degli scritti neotestamentari necessariamente compatibile con quel complesso instaurarsi di fenomeni da me evocati.
Credo che il modello generale condiviso dal consensus specialistico sia poco convincente, e che potrebbe essere rimesso in questione.
Ci sarebbe ovviamente da discutere per pagine e pagine per tentare di motivare questo punto di vista e capirai che non è agevole farlo appropriatamente su due piedi. Potremmo certamente sviluppare un confronto, se vuoi, su questa questione estremamente delicata e drammaticamente centrale per la comprensione delle profonde dinamiche che hanno plasmato la storia delle origini del cristianesimo.
Potremmo al limite aprire un 3d specifico nel quale esporre le nostre reciproche perplessità (intanto mi farebbe piacere conoscere anche il tuo più generale punto di vista) e condividere il discorso con tutti gli altri utenti che si sentissero (a prescindere dalle posizioni espresse ovviamente) interessati.

Mi sento per ora di dire quanto segue:

La riflessione da me fatta sulla questione metodologica del rovesciamento della prospettiva di indagine (o quanto meno di un uso eccessivo di questa linea) che ha teso e tende, di fronte alla innegabile "povertà" di dati "nudi e crudi" diretti e storicamente affidabili sulla figura reale e storica del Cristo, a cercare di ricostruire a rebours quella figura e le azioni storiche che lo hanno visto protagonista partendo da una "violenta" e, secondo me, spesso fuorviante decostruzione di un personaggio "successivo" che è la radicale e complessa rivisitazione e rielaborazione in chiave "teologica" di quella figura, se da un lato ha, come dicevo, portato ad una messe di risultati mediocri ed insoddisfacenti (ma questo ci può stare), dall'altro non ha saputo globalmente farsi carico dell' inaridimento ermeneutico a cui fatalmente andava incontro (e questo mi sembra più criticabile su un piano epistemologico)
Complici anche una certa autoreferenzialità tipica del mondo scientifico e, quello che un po rozzamente definirei un narcisistico autocompiacimento nell'errore, la comunità degli specialisti internazionali si è voluta fondamentalmente incaponire su un approccio palesemente incapace di produrre risultati di un certo spessore, e ha finito per generare una serie di varianti tecnico-interpretative all'interno dello stesso modello ermeneutico, che si sono rivelate spesso più nocive del "male" che volevano curare.
Una sorta di implosione di un modello esegetico che ha tentato di autorigenerarsi (autoripararsi) sulla base di appendici speculative sempre più complesse e contorte, ma tutte (o quasi) innestate su un "corpo" la cui vitalità era (ed è) secondo me estremamente flebile.

Hanno certamente influito anche gli enormi interessi (culturali e non solo) in gioco e probabilmente una crescente "mancanza di richiesta di mercato" (l' uomo medio che non è mai stato particolarmente sensibile a questo tipo di problematiche, si è distaccato sempre più da una questione che peraltro diventava anno dopo anno sempre meno alla portata, sempre più confinata in una ristretta cerchia di "iniziati" poco propensi a condividere i loro progressi rendendone intellegibili i contenuti. Fenomeno questo che, me lo si lasci dire, non è dispiaciuto affatto a certi ambiti...)

In relazione alla specifica e centrale questione della datazione delle fonti neotestamentarie, questo modello deficitario ha secondo me prodotto una serie di necessarie ma strumentali "forzature" speculative che tento di enumerare (chiedo scusa per la disorganicità e per la relativa approssimazione nell'esposizione, ma si tratta solo di rendere un' idea, poi eventualmente da circostanziare meglio, di alcune delle questioni che a me appaiono emblematiche):

1) Massimo contenimento del periodo definito di pura tradizione orale atto a giustificare una più diretta consequenzialità logico-storica fra il Cristo storico e i resoconti "su di lui" redatti dagli sconosciuti autori degli stessi. Con conseguente (apparente) azione di moderazione degli effetti "teologizzanti" che sono davvero evidenti e che su scala temporale più lunga sarebbero più difficili da "ignorare".
In realtà questa si dimostra un' arma a doppio taglio in quanto lo schiacciamento di questa fase esclusivamente (?) orale sembra difficilmente in grado di giustificare una così complessa ed articolata serie di elaborazioni teologiche

2) Datazione attualmente accettata basata su interpretazioni di elementi interni a mio avviso molto labili e controverse
(ad esempio la datazione all'anno 70 di Marco basata su un possibile riferimento alla distruzione del Tempio di Gerusalemme avvenuta in quell'anno e contenuta in 13,14-24, il brano noto come "piccola apocalisse".)

3) Utilizzo a supporto di fonti patristiche molto posteriori e decisamente poco chiare (uso della curiosa testimonianza indiretta di Papia via Eusebio di Cesarea,
difficoltà esegetiche su Giustino e Ireneo ecc)

4) Astrusa e per me poco convincente ipotesi della teoria delle due fonti soprattutto in relazione alla postulata esistenza di una speculativa Fonte Q a tutt' oggi ancora priva di qualsivoglia pur minimo riscontro documentale diretto (classico esempio di modello teorico che "risolve" un problema in cui però le variabili di base sono già state parzialmente "orientate")
Ho giustamente l'impressione che la fonte Q e tutte le elaborazioni che la concepiscono siano l'ingegnoso tentativo di soluzione ai problemi insiti nell'impostazione di "scavo dall'alto" di una tradizione che nel suo livello più esterno si presenti troppo "sofisticata" rispetto ai livelli più profondi (con il risultato che inevitabilmente si finisca per proiettare sui livelli più profondi una caratterizzazione ed una fisiologia che non necessariamente gli appartengono)

5) Utilizzo a supporto molto discutibile di una serie di testimonianze papirologiche che nella sostanza si rivelano molto meno determinanti di quanto si voglia far credere. A parte la problematicità del piccolissimo P52 la cui datazione alta è oggi lontana dal godere il consensus generale (più di uno specialista non esclude che il tanto sbandierato 125-150 potrebbe scivolare anche 50/75 anni dopo) , restano intesi quali databili con una relativa sicurezza ad un periodo che si attesta fra il 200 e il 250 circa una piccolissima manciata di esemplari (meno di dieci se non erro)
E fra questi testimoni, se no erro, il primo frammento contenente parti del secondo Marco, che il consensus generale considera oggi il primo dei vangeli con datazioni attestata al 65/70, risulterebbe Il papiro di Chester Beatty P45 datato al 200-250 A.D., (Marco (IV, da 36 a IX, 31; XI, da 27 a XII, 28)

6) sottovalutazione del "silenzio" che Flavio Giuseppe sembra mantenere nei confronti di una setta che oltre ad avere presumibilmente fondato una comunità importante a Roma già dagli anni 50 del primo secolo (Pietro e Paolo) possiederebbe dal 65/70 un vangelo (Marco) che sicuramente deve aver avuto in loco un minimo di risonanza. Flavio Giuseppe che avrebbe scritto in Antichità Giudaiche il TF e che visse a Roma quasi trent'anni dal 71 al 100 non darà mai un pur piccolo riscontro di questa setta, pur avendo inserito quel TF nelle sue Antichità, e questo mi sembra davvero poco chiaro.
Mi lascia a dir poco perplesso questo strano "viaggiare in parallelo senza mai incontrarsi" di FG e dei cristiani...

7) sottovalutazione delle analoghe situazioni riferentesi alla lettera di Plinio a Traiano e alle opere di Svetonio e Tacito

8) sottovalutazione del problema posto dalla "variabile storica" Marcione anche e soprattutto in relazione al corpus paolino e all' ipotesi di trasmissione di un suo personale (?) vangelo in un periodo in cui i testi canonici sarebbero già in circolazione da sei/sette decenni.

Mi fermo qui pur considerando l'elenco non esaustivo.
Come detto la questione è di estrema rilevanza e particolare complessità.

Vorrei però aggiungere una piccola nota a margine di tipo metodologico:

come avevo detto in un post precedente:

Attenzione poi, per quanto concerne il suddetto meccanismo della storicizzazione dei teologumeni, perché proprio una troppo radicale applicazione di questa categoria interpretativa alle fonti testuali cristiane ha aperto il varco che ha condotto spesso alcuni autori a teorizzare una totale astoricità della figura di Gesù, negandole ogni plausibile esistenza storica e facendone un puro prodotto mitologico (o, mi si passi il neologismo, miteologico…) .
Conclusione che, paradossalmente, nella sua radicalità ha finito secondo me per fare gioco ad una certa esegesi di parte che ha preferito scontrarsi con una posizione del genere piuttosto che essere costretta a misurarsi con chi, pur sostenendo la sostanziale astoricità del Gesù della fede, e anzi proprio a causa di questa convinzione, tentava di “mettere il naso” nelle vicende che si celavano dietro quel fantomatico Gesù teologico per riportare alla luce le reali coordinate storiche dell’ uomo che probabimente incarnò le caratteristiche del Messia liberatore antiromano.


alcuni dei punti da me addotti in critica dell' attuale datazione delle narrazioni neotestamentarie sono stati e sono frequentemente abusati e controabusati(soprattutto in rete) in un ottica tesa a dimostrare la totale inesistenza di un Cristo storico.
E' mia convinzione che si tratti di una deriva errrata della vecchia scuola mitista (che pure secondo me aveva espresso in passato anche cose molto interessanti)
Una linea interpretativa che sembra diventata oggi particolarmente sterile e che tende paradossalmente a confondere (come la linea cattolica) il cristo storico con il Gesù della fede (che in altro post, servendomi di un neologismo, io ho definito miteologico)


Sono comunque al momento su una posizione che esprimerei così:

non vedo ad oggi motivi scientificamente inoppugnabili che possano far considerare definitivo e definitivamente acquisito l'attuale consolidato inquadramento cronologico delle fonti neotestamentarie;
penso altresì che non vi siano ragioni ostative insormontabili per considerare (o riconsiderare) anche modelli totalmente diversi, che rivalutando una idea di sviluppo progressivo più lento di una elaborazione/rielaborazione/trasfigurazione cristologica degli originari eventi storici(anche in sintonia con molti dei punti sopra espressi) più "importante" di quanto oggi non si ammetta, riconducano la datazione di una primitiva redazione scritta (più simile a quella pervenutaci) delle fonti neotestamentarie ad un periodo che vada opportunamente ricollocato nella prima metà del secondo secolo.



CITAZIONE
PAS60 Inviato il: 6/8/2010, 18:05
Scusami se mi permetto di entrare in questa discussione anche se non ho le competenze adeguate, ma vorrei porre il problema da un punto di vista pratico:
secondo te, ai tempi di Gesù, quando non era mai stata fatta alcuna biografia di persona comune, popolana, come era possibile che delle persone senza nemmeno conoscere perfettamente la lingua e assolutamente non edotti - come quelli che erano considerati scrittori - avrebbero potuto accingersi in un'opera del genere se non avessero avuto una spinta particolare, per esempio avevano riconosciuto in Gesù il Messia, o erano stati curiosi seguento le voci della gente e poi si erano convertiti a Lui, oppure lo hanno visto risuscitato vivo? Come si può pensare che uno storico dell'epoca, non attratto da Gesù, avesse scritto la biografia di un uomo del popolo? E avrebbe avuto valore la storia scritta senza spinta emozionale, per esempio per soldi?
Come ti voglio far notare , è nella natura che non è possibile un porsi autenticamente neutrale, che ne pensi? Sono stato chiaro?

Premetto che sono cristiano e ti faccio un esempio di oggi in Italia (un esempio analogo in qualche modo per quanto per noi vi è sempre una differenza incolmabile tra Gesù e qualunque altro uomo, come sai): c'è stata una signora stigmatizzata, una tale Natuzza di una frazione di Mileto in Calabria, che è morta meno di un anno fa. Finora, oltre a libriccini chiamiamoli devozionali ad uso persone che l'hanno conosciuta o che comunque si sono fidati di lei, è appena uscito un solo libro che si vende normalmente nelle librerie e di cui ho appena letto la recensione oltre che l'intervista all'autore sulla rivista Jesus di agosto.
Chi è l'autore? Potrebbe sembrare un'opera apologetica; in effetti l'autore è stato in qualche modo convertito da lei. Cioè: secondo te chi si mette a ricercare e divulgare oggi, che è ben più facile che al tempo di Gesù, la biografia di una signora qualunque di un paesino sperduto del Vibonese, se non fosse attratto dal misticismo o se volesse al contrario dimostrare che è tutta una montatura?
Chi potrebbe scrivere la sua storia a prescindere dalle sue esperienze mistiche? E chi la leggerebbe? ecc...

Scusami per lo sproloquio, volevo sotanto porti la preoccupazione di coniugare il discorso metodologico che hai fatto con la naturale spinta che c'è in chi si dedica in particolare a personaggi "speciali".

Ciao da Pasquale

Caro Pasquale non hai nulla di cui scusarti e anzi ti ringrazio per la grande cordialità con la quale esprimi le tue idee.
Non credo che per esprimersi liberamente come tu ed io facciamo, da amatori in uno spazio di amatori, sia richiesto "avere o meno le competenze adeguate"
(quali sarebbero poi le competenze adeguate per un amatore o per chiunque volesse in ambito non specialistico tentare semplicemente di esprimere un suo modesto parere?)
ciò detto parto dalla tua ultima riflessione:

"volevo sotanto porti la preoccupazione di coniugare il discorso metodologico che hai fatto con la naturale spinta che c'è in chi si dedica in particolare a personaggi "speciali" "

vedi, quanto mi proponi non è semplice in quanto, se capisco bene il tuo messaggio, si tratterebbe di coniugare un discorso metodologico teso a dimostrare (o quanto meno ad evidenziare) che la vera natura storica di un personaggio poi assunto come personaggio "speciale", anzi "il più speciale" di tutti, in quanto Dio incarnato, da una enorme fetta dell' umanità,(con una visione di fede che non posso che rispettare massimamente quale personale e libero sentimento) sia decisamente diversa da quella rielaborazione successiva,
con le differenti e particolari motivazioni che spingono alcuni "biografi convertiti" a narrare la vita di taluni personaggi "speciali" nel quadro di una loro personale, emotiva partecipazione e condivisione della "natura speciale" di detti personaggi.

Comprendo il tuo punto di vista dichiaratamente cristiano ma ti prego di comprendere anche la mia; personalmente ritengo che la persona che "abbia dato vita" al Gesù che tu in una rispettabile assunzione di fede ritieni essere il tuo massimo riferimento storico e spirituale, sia stato sicuramente una persona "speciale" ma di tutt'altra natura (tutta ancora da riscoprire) che quella incarnatasi poi nella trascendente visione della Chiesa Cattolica (qui intendo chiesa non come istituzione ma come insieme di tutti i credenti)

si tratta quindi di un tentativo di leggere la storia in maniera razionale, se vuoi, riconducendone i contenuti su un piano in cui la trascendenza e la libera adesione ad essa, siano solo alcuni degli elementi che contribuiscano insieme a tanti altri alla definizione degli eventi umani, senza che ne siano una "Necessità esterna"

e perdonami, il tuo intervento sembra emblematicamente confermare, nella sua, ripeto, totale legittimità, quanto possa risultare importante (condizionante?) la proiezione delle proprie convinzioni interiori nell' analisi di un fatto storico.

Certo sono d'accordo con te quando dici

è nella natura che non è possibile un porsi autenticamente neutrale


ma mi permetto di farti notare che di fronte a questa innegabile evidenza (la storia in una visione antropologica non è neutrale) si tratta di sforzarsi, quando si voglia ricostruire una vicenda storica nella maniera più prossima a quei "fatti nudi e crudi" di cui parlavamo, di mettere da parte le proprie personali assunzioni filosofico/religiose (quali che esse siano) perchè le stesse non diventino una insormontabile pregiudiziale al raggiungimento della verità storica (che ovviamente esiste a prescindere e deve venir fuori pur potendo poi eventualmente convivere o meno con la propria Verità personale, che se è forte e matura abbastanza, troverà il modo di affrontarne coraggiosamente il confronto, quale che ne sia poi l'esito finale)
Proprio a tal proposito vorrei riportare il giudizio di quel Graham Stanton citato dal prof Jossa (la citazione è tratta dalla edizione francese "Parole d'evangile?" Cerf 1997 del volume "Gospel Truth? New light on Jesus and the gospels" 1995
Si legge a pag 167:

"Anche quando piena attenzione sia stata accordata ai diversi tipi di testimonianze esterne ai Vangeli, sono i Vangeli stessi che ci forniscono i dati storici essenziali sulla vita di Gesù. Detto questo, io non accordo ai Vangeli un ruolo privilegiato semplicemente perchè essi fanno parte del Nuovo Testamento. In quanto cristiano, ma non in quanto storico, gli riconosco certamente un posto privilegiato in ragione del loro ruolo di documenti fondatori della fede cristiana.
In qualita di storico devo esaminare la loro testimonianza in maniera critica, come qualunque altra testimonianza.
In questo capitolo, esaminerò in che modo lo storico può utilizzare questi "scritti di fede" in maniera effettiva."


sembra un giudizio equilibrato eppure...se letto con attenzione cela più insidie psicologiche e metodologiche di quanto possa apparire ad una prima lettura.

c'è poi una considerazione nel tuo messaggio che mi ha fatto molto riflettere:

"secondo te, ai tempi di Gesù, quando non era mai stata fatta alcuna biografia di persona comune, popolana, come era possibile che delle persone senza nemmeno conoscere perfettamente la lingua e assolutamente non edotti - come quelli che erano considerati scrittori - avrebbero potuto accingersi in un'opera del genere se non avessero avuto una spinta particolare, per esempio avevano riconosciuto in Gesù il Messia, o erano stati curiosi seguento le voci della gente e poi si erano convertiti a Lui, oppure lo hanno visto risuscitato vivo? Come si può pensare che uno storico dell'epoca, non attratto da Gesù, avesse scritto la biografia di un uomo del popolo? E avrebbe avuto valore la storia scritta senza spinta emozionale, per esempio per soldi?"

ecco questo tuo pensiero mi da lo spunto per la seguente riflessione:

quanto dici mi sembra profondamente condivisibile, infatti mi sembra chiaro che la struttura redazionale dei racconti neotestamentari, lungi dal costituire la distaccata biografia di un uomo "storicamente eccezionale" per quei tempi riverbera piuttosto la narrazione sorta in seno ad una piccola comunità di uomini e donne che per motivi molto personali lo "sentirono" quale essere/entità "speciale".
Mi viene da aggiungere fra l'altro che, forse, quando ci si meraviglia tanto della scarsità di riscontri dell'epoca esterni alle fonti cristiane, si cade vittima di un errato meccanismo di proiezione della dimensione che oggi si riconosce a Gesù (il Gesù della fede), su di un'epoca nella quale probabilmente la vicenda di questo "Gesù della fede" non dovette necessariamente avere risonanza tale da giustificare significative e circostanziate attenzioni da parte del mondo pagano (e questo per almeno due o tre secoli) La distorsione scaturirebbe insomma da una sopravvalutazione del peso che la vicenda cristiana (sia quella del reale Cristo storico, sia quella teologicamente "deformata" del successivo Gesù della fede) dovette avere agli occhi dell' antichità contemporanea e immediatamente posteriore,
Un discutibile meccanismo di eccessiva ed ingiustificata retroproiezione cristocentrica sulla storia globale di quel tempo, che ancora per molto tempo, non dovette sentire una particolare ed incisiva presenza del movimento gesuano.
Quando poi nei secoli successivi questo accadde, quasi nessuno, fuori dal movimento stesso, e forse anche all'interno del movimento, aveva onestamente chiare nozioni di quale fosse stata la reale origine di quel movimento diventato così "arrembante".

saluto entrambi con molta cordialità
jehoudda




 
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