| θεον ουδεις εωρακε(ν) πωποτε, μονογενης θεος ο ων εις τον κολπον του πατρος εκεινος εξηγησατο
Il primo nesso è semplice: "Nessuno ha mai visto (un/il) Dio" (il sostantivo è determinato o indeterminato nella nostra lingua a seconda di come si interpreta θεος nella teologia dell'autore). Se si ritiene che per l'autore del vangelo di Giovanni esista un unico Dio che coincide con JHWH e che chiama θεος allora questo sostantivo in pratica diventa un nome proprio ed è indefferente, quando non intervengono necessità grammaticali, scrivero con l'articolo (ο θεος) piuttosto che senza (θεος). Nei testi pagani dove invece esistono gli dèi (θεοι) ecco che alcune volte il sostantivo anarticolato potrebbe denotare "un" dio nel senso di "uno degli dèi" in contrapposizione a ο θεος che indicherebbe Zeus, il padre degli dèi e degli uomini.
μονογενης è un aggettivo, che significa lett. "unico" per stirpe o genere, per esempio andrebbe utilizzato in combinazione con un sostantivo, es. μονογενης τεκνον = "figlio unico" (non ci sono altri "fratelli" ed esiste egli solo come figlio).
Nel nostro caso però manca υιος o parola similare, d'altra parte è una caratteristica di Giovanni sostantivare questo aggettivo e usarlo da solo per "l'unigenito" (sarebbe Gesù), cfr. Gv. 1:14 sebbene in Gv. 3:16 o 3:18 ci sia in pratica μονογενης υιος.
Alcune soluzioni possibili sono dunque:
(1) μονογενης lo si intende come agg. sostantivato anarticolato e Θεος è visto come apposizione di μονογενης. L'apposizione è qualcosa del tipo Vittorio Emanuele re d'Italia = Vittorio Emanuele, che è re d'Italia (ecco da dove salta fuori il "che è") per cui avremmo: (l')unigenito, (che è) Dio, colui che esiste/si trova nel seno del padre, quello l'ha spiegato/raccontato/rivelato (verbo εξηγεομαι). Così abbiamo dimostrato l'interpretazione della Bibbia di Gerusalemme. Vedo che propende per questa interpretazione del testo ad es. D.B. Wallace che rende il passaggio "the unique One, God, who was in the bosom of the Father" (Greek Grammar Beyond the Basic, Zondervan, p. 360). La Bibbia di Gerusalemme avrebbe soltanto disambiguato, rendendola più chiara al lettore, una apposizione non immediatamente evidente.
(2) In linea di principio si potrebbe anche intendere: (un) dio unigenito (μονογενης θεος), colui che esiste nel seno del padre, quello l'ha rivelato". Una interpretazione TDG-like, tendo ad escluderla proprio per l'uso peculiare che Giovanni fa del sostantivo μονογενης che è sempre usato per il "figlio" unigenito (Gesù). Con (un) dio unigenito (generato da Dio) sembrerebbe appunto che Gesù sia una divinità intermedia, un dio che rivela il Dio. Ma mi sembra più che altro un bisticcio di parole.
Nota: l'espressione εις τον κολπον è idiomatica ma non è un ebraismo. Per esempio in Arr.EpictD. 4,7,24 abbiamo τί οὖν, ἂν ἀπὸ τύχης ῥιπτοῦντος αὐτοῦ ἔλθῃ εἰς τὸν κόλπον ἰσχάς; = Che sarà, dunque, se, per caso (απο τυχης), [quando] quello getta, (un) fico secco (ισχας = nom.vo) andrà (a finire) nel grembo? C. Cassanmagnago traduce εις τον κολπον in questa frase di Arriano/Epittèto con “in una piega del mio vestito” (espressione segnalata dal Montanari per κολπος).
Nota aggiuntiva. E' anche interessante l'insistenza sul concetto di μονογενης di Giovanni, ovvero la sua enfasi nel voler designare Gesù come essere unico e irripetibile. Forse mi sbaglierò ma potrebbe essere un mettere i puntini sulle "i" nei confronti di una parte importante della filosofia greco-romana del tempo, per esempio per il neostoicismo, movimento filosofico che si rifaceva a dottrine greche ben più antiche, secondo il quale tutti noi siamo esseri semidivini in quanto abbiamo il λογος, la facoltà di ragionare, che è letteralmente un pezzo del divino, di Zeus, che alberga in noi, nel nostro corpo carnale. Giovanni sembra quasi dire che bisogna fare attenzione, non è vero che noi siamo figli di Dio a motivo del λογος, al contrario è esistito un solo figlio di Dio che sarebbe Gesù Cristo e solo lui ha avuto un pezzo del divino in sè ed infatti è interessante l'uso della parola λογος in Giovanni, che non significa nel suo caso "ragione", "facoltà di ragionare", ma denota la parola, il verbo, la facoltà di pronunciare le parole di quel Dio/JHWH che nessuno ha mai appunto potuto vedere se non Cristo.
Edited by Hard-Rain - 1/8/2010, 22:51
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