Studi sul Cristianesimo Primitivo

Gv 1,18, μονογενης θεος

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chimofafà
icon11  view post Posted on 1/8/2010, 15:13     +1   -1




Vorrei una vostra consulenza su Gv 1,18:

"Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato" (La Bibbia di Gerusalemme, Ed. EDB, 2009).

Stessa versione in: La Sacra Bibbia (CEI), Arnoldo Mondadori Editore S.p.A. 2010.

Sullo stesso testo base: I Vangeli illustrati(CEI), Edizioni PIEMME, 2007 allo stesso passo si salta "che è Dio".

"Nessuno ha mai visto Dio; l'unigenito Dio, che è nel seno del Padre, è quello che l'ha fatto conoscere." (La Bibbia, Nuova riveduta 2006, Società Biblica di Ginevra, 2008).

"Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato. (Neste-Aland, Nuovo Testamento , Greco-Italiano, Società Biblica Britannica & Forestiera, 1996 idem A. Merk-G. Barbaglio, Nuovo Testamento , Greco e Italiano, Ed. EDB, 2006).

Da dove salta fuori la versione "che è Dio"?

Inoltre in Gv 17, 3 viene affermato:

"Questa è la vita eterna: che conoscano te, il solo vero Dio e colui che hai mandato Gesù Cristo".

Grazie e ciao.

Edited by Teodoro Studita - 24/5/2011, 15:11
 
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Hard-Rain
view post Posted on 1/8/2010, 21:22     +1   -1




θεον ουδεις εωρακε(ν) πωποτε, μονογενης θεος ο ων εις τον κολπον του πατρος εκεινος εξηγησατο

Il primo nesso è semplice: "Nessuno ha mai visto (un/il) Dio" (il sostantivo è determinato o indeterminato nella nostra lingua a seconda di come si interpreta θεος nella teologia dell'autore). Se si ritiene che per l'autore del vangelo di Giovanni esista un unico Dio che coincide con JHWH e che chiama θεος allora questo sostantivo in pratica diventa un nome proprio ed è indefferente, quando non intervengono necessità grammaticali, scrivero con l'articolo (ο θεος) piuttosto che senza (θεος). Nei testi pagani dove invece esistono gli dèi (θεοι) ecco che alcune volte il sostantivo anarticolato potrebbe denotare "un" dio nel senso di "uno degli dèi" in contrapposizione a ο θεος che indicherebbe Zeus, il padre degli dèi e degli uomini.

μονογενης è un aggettivo, che significa lett. "unico" per stirpe o genere, per esempio andrebbe utilizzato in combinazione con un sostantivo, es. μονογενης τεκνον = "figlio unico" (non ci sono altri "fratelli" ed esiste egli solo come figlio).

Nel nostro caso però manca υιος o parola similare, d'altra parte è una caratteristica di Giovanni sostantivare questo aggettivo e usarlo da solo per "l'unigenito" (sarebbe Gesù), cfr. Gv. 1:14 sebbene in Gv. 3:16 o 3:18 ci sia in pratica μονογενης υιος.

Alcune soluzioni possibili sono dunque:

(1) μονογενης lo si intende come agg. sostantivato anarticolato e Θεος è visto come apposizione di μονογενης. L'apposizione è qualcosa del tipo Vittorio Emanuele re d'Italia = Vittorio Emanuele, che è re d'Italia (ecco da dove salta fuori il "che è") per cui avremmo: (l')unigenito, (che è) Dio, colui che esiste/si trova nel seno del padre, quello l'ha spiegato/raccontato/rivelato (verbo εξηγεομαι). Così abbiamo dimostrato l'interpretazione della Bibbia di Gerusalemme. Vedo che propende per questa interpretazione del testo ad es. D.B. Wallace che rende il passaggio "the unique One, God, who was in the bosom of the Father" (Greek Grammar Beyond the Basic, Zondervan, p. 360). La Bibbia di Gerusalemme avrebbe soltanto disambiguato, rendendola più chiara al lettore, una apposizione non immediatamente evidente.

(2) In linea di principio si potrebbe anche intendere: (un) dio unigenito (μονογενης θεος), colui che esiste nel seno del padre, quello l'ha rivelato". Una interpretazione TDG-like, tendo ad escluderla proprio per l'uso peculiare che Giovanni fa del sostantivo μονογενης che è sempre usato per il "figlio" unigenito (Gesù). Con (un) dio unigenito (generato da Dio) sembrerebbe appunto che Gesù sia una divinità intermedia, un dio che rivela il Dio. Ma mi sembra più che altro un bisticcio di parole.

Nota: l'espressione εις τον κολπον è idiomatica ma non è un ebraismo. Per esempio in Arr.EpictD. 4,7,24 abbiamo τί οὖν, ἂν ἀπὸ τύχης ῥιπτοῦντος αὐτοῦ ἔλθῃ εἰς τὸν κόλπον ἰσχάς; = Che sarà, dunque, se, per caso (απο τυχης), [quando] quello getta, (un) fico secco (ισχας = nom.vo) andrà (a finire) nel grembo? C. Cassanmagnago traduce εις τον κολπον in questa frase di Arriano/Epittèto con “in una piega del mio vestito” (espressione segnalata dal Montanari per κολπος).

Nota aggiuntiva. E' anche interessante l'insistenza sul concetto di μονογενης di Giovanni, ovvero la sua enfasi nel voler designare Gesù come essere unico e irripetibile. Forse mi sbaglierò ma potrebbe essere un mettere i puntini sulle "i" nei confronti di una parte importante della filosofia greco-romana del tempo, per esempio per il neostoicismo, movimento filosofico che si rifaceva a dottrine greche ben più antiche, secondo il quale tutti noi siamo esseri semidivini in quanto abbiamo il λογος, la facoltà di ragionare, che è letteralmente un pezzo del divino, di Zeus, che alberga in noi, nel nostro corpo carnale. Giovanni sembra quasi dire che bisogna fare attenzione, non è vero che noi siamo figli di Dio a motivo del λογος, al contrario è esistito un solo figlio di Dio che sarebbe Gesù Cristo e solo lui ha avuto un pezzo del divino in sè ed infatti è interessante l'uso della parola λογος in Giovanni, che non significa nel suo caso "ragione", "facoltà di ragionare", ma denota la parola, il verbo, la facoltà di pronunciare le parole di quel Dio/JHWH che nessuno ha mai appunto potuto vedere se non Cristo.

Edited by Hard-Rain - 1/8/2010, 22:51
 
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mono247
view post Posted on 2/8/2010, 11:32     +1   -1




CITAZIONE
(2) In linea di principio si potrebbe anche intendere: (un) dio unigenito (μονογενης θεος), colui che esiste nel seno del padre, quello l'ha rivelato". Una interpretazione TDG-like, tendo ad escluderla proprio per l'uso peculiare che Giovanni fa del sostantivo μονογενης che è sempre usato per il "figlio" unigenito (Gesù). Con (un) dio unigenito (generato da Dio) sembrerebbe appunto che Gesù sia una divinità intermedia, un dio che rivela il Dio. Ma mi sembra più che altro un bisticcio di parole.

Che in realtà traducono in questa maniera:

(Giovanni 1:18) 18 Nessun uomo ha mai visto Dio; l’unigenito dio* che è nel[la posizione del] seno presso il Padre è colui che l’ha spiegato.

Aggiungendo in nota quanto segue:

“L’unigenito dio”, P75אc; P66א*BC*, “unigenito dio”; ACcItVgSyc,h, “l’unigenito Figlio”.
 
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Hard-Rain
view post Posted on 2/8/2010, 11:38     +1   -1




Sì, immagino come possano tradurre, anche senza aver mai letto la loro traduzione. Il problema è però capire cosa sia [ο] μονογενης θεος. Loro considerano Gesù Cristo una specie di divinità o essere inferiore rispetto a Dio (= JHWH), che però lo si chiama sempre Dio (θεος). Dal punto di vista della grammaica astratta, come dicevo, senza un contesto, l'interpretazione è possibile. Il punto è se sia coerente col resto del vangelo.

Edited by Hard-Rain - 2/8/2010, 13:20
 
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mono247
view post Posted on 2/8/2010, 12:56     +1   -1




CITAZIONE (Hard-Rain @ 2/8/2010, 12:38)
Sì, immagino come possano tradurre, anche senza aver mai letto la loro traduzione. Il problema è però capire cosa sia [ο] μονογενης θεος. Loro considerano Gesù Cristo una specie di divinità o essere inferiore rispetto a Dio, che però lo si chiama sempre Dio (θεος). Dal punto di vista della grammaica astratta, come dicevo, senza un contesto, l'interpretazione è possibile.

In realtà credo che non ci sia modo di saperlo, né l'una né l'altra contestualizzazione è verificabile in quanto non possiamo entrare nella testa dell'autore per sapere se intedesse la Divinità nella forma esplicitata a Nicea, se in quella monoteista affine all'essenismo (quindi vicina ai tdG) o se quella più in armonia con certe altre correnti.


CITAZIONE
Il punto è se sia coerente col resto del vangelo.

Potrei obbiettare che la coerenza è cosa che attiene più alla matematica e alla logica piuttosto che alla teologia (compresa quella descritta in Giovanni). Tanto che persino oggi è possibile scovare nei manuali di teologia espressioni che se non relativizzate e specificizzate potrebbero essere tranquillamente classificate come eretiche alla luce dei dogmi , persino l'espressione “unigenito Dio” non è priva di problematicità in questo senso, ma se io o chiunque altro oggi siamo in grado di riconoscerle come tali è perché a priori abbiamo tutti i mezzi per sapere cosa dice l'ortodossia e soprattutto per sapere cosa non dice, ma nel caso del Vangelo di Giovanni non è che si possa fare la stessa operazione. Qual è la teologia di Giovanni? Certamente quella che esprime attraverso il testo, ma se il testo è variamente interpretabile sulla base di quale autorità decretiamo quale debba essere la corretta chiave di lettura?

Hurtado spiega che discutere di monoteismo giudaico senza informare adeguatamente il termine (cioè spiegando cosa significhi “monoteismo” nel particolare contesto) può lasciar addito a chiavi di lettura anacronistiche e arbitrarie, con questo in mente prendo atto della situazione e applico il medesimo criterio per il Vangelo di Giovanni chiedendomi quale tipo di monoteismo sott'intenda e perché. Ovviamente ognuno potrà trovare le risposte che più gli aggradano come è nel pieno diritto, però non bisogna dimenticare che i dogmatismi trascendono qualunque categoria religiosa, storica, filosofica e umana che dir si voglia.
 
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Hard-Rain
view post Posted on 2/8/2010, 13:17     +1   -1




QUOTE
Qual è la teologia di Giovanni? Certamente quella che esprime attraverso il testo, ma se il testo è variamente interpretabile sulla base di quale autorità decretiamo quale debba essere la corretta chiave di lettura?

Sono testi che a noi risultano criptici per tutta una serie di motivi, in primis perchè quei testi scritti sono il riassunto di tutta una attività di tradizione e predicazione orale che chi conosceva bene per averla appresa risuciva poi ad interpretare attraverso il testo. Del resto non sono meno criptici anche testi pagani che parlano di cosmologia o di religione. Quella parte del vangelo, poi, così poetica, sembra una specie di carme, è ancora più complessa ed enigmatica (come lo è un testo poetico). Certamente se Giovanni ha inteso differenziale Gesù dal Dio intendendoli come due entità totalmente differenti (non della stessa sostanza, diremmo oggi) è stato particolarmente ambiguo perchè avrebbe potuto sistemare meglio le cose. Ma il suo problema non era farsi comprendere a gente che sarebbe venuta secoli dopo quanto condensare una lunga tradizione orale nell'economia di un libro.

Forse Giovanni voleva semplicemente dirci che il λογος, anzichè appartenere a tutti gli uomini indistintamente, caratterizzò un particolare uomo solamente, vale a dire Gesù Cristo. Come dicevo anche per gli stoici il λογος è qualcosa di divino, che ci accomuna a Zeus. Però, a differenza del cristianesimo, ogni essere umano è imperniato del λογος e quindi ha un contatto diretto col divino. I filosofi stoici affermano letteralmente che ciascuno di noi porta in giro un pezzo del divino, cioè di Zeus. Mi sembra che Giovanni, polemicamente usando la stessa parola λογος, sebbene con un altro significato, prenda le distanze da questa visione che, per esempio, caratterizza la filosofia stoica. Non è vero, dice Giovanni, che tutti gli uomini sono parzialmente divini, ma è vero che un solo uomo, da cui μονογενης, Gesù Cristo, ebbe questo contatto così divino con JHWH e dunque solo Gesù ha autorità morale rispetto a tutti gli uomini. Allora Gesù non è Dio. Se la persona fisica Gesù Cristo fosse esattamente il Dio = JHWH, allora non sarebbe vero che nessuno ha mai visto Dio (θεον ουδεις εωρακε(ν) πωποτε), dal momento che Gesù fu visto da tanti uomini. Però Gesù è l'unico essere che nella storia è stato invaso dal λογος. La sua autorità morale deriva da questo. la teoria stoica del contatto col divino per ciascun essere umano tramite il λογος (= facoltà di ragionare) è respinta in blocco. Il neo stoicismo fu un movimento che ebbe una notevole diffusione tra gli intellettuali a cavallo tra il I e il II secolo d.C., proprio quando si diffondeva il cristianesimo, ebbe carattere sostanzialmente romano ed è a Roma che fin dai primi momenti si espande il cristianesimo, mentre il vangelo di Giovanni è ritenuto essere il più recente tra i vangeli canonici, scritto proprio alla fine del I secolo d.C. Seneca, Epittèto, Musonio Rufo e addirittura l'imperatore romano Marco Aurelio sono considerate le colonne portanti della stoà moderna. Ma vi furono tutta una serie di uomini politici, retori, intellettuali minori o comunque personaggi importanti culturalmente o politicamente che si formarono da maestri di pensiero neostoico. E' vero che il cristianesimo va studiato nel suo contesto ebraico, tuttavia la sua diffusione avvenne nel resto del mondo ed ebbe a che fare con movimenti e teorie tipicamente gentili. Dovette sicuramente affrontare le obiezioni e la concorrenza delle scuole filosofiche pagane per conquistare gli intellettuali greco romani. Oltre al contesto ebraico ritengo sia doveroso studiare bene anche il contesto greco-romano nel quale poi materialmente si diffuse il cristianesimo.

Edited by Hard-Rain - 2/8/2010, 14:41
 
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mono247
view post Posted on 2/8/2010, 13:40     +1   -1




CITAZIONE (Hard-Rain @ 2/8/2010, 14:17)
Certamente se Giovanni ha inteso differenziale Gesù dal Dio intendendoli come due entità totalmente differenti (non della stessa sostanza, diremmo oggi) è stato particolarmente ambiguo perchè avrebbe potuto sistemare meglio le cose.

Che è come dire...

certamente se Empedocle ha inteso distinguere acqua, fuoco, aria e terra come i quattro princìpi originatori
dell'esistenza (cioè gravità, elettromagnetismo, nucleare forte e nucleare debole ... diremmo oggi) è stato particolarmente ambiguo perché avrebbe potuto sistemare meglio le cose.


Il che non ha nessun senso proprio in virtù del fatto che non ha nessun senso tirare in ballo la categoria della “sostanza” per spiegare il vangelo di Giovanni, tanto più che in quel caso la grammatica permetterebbe di intendere “Dio” nel suo senso di sostanza seconda, se proprio vogliamo fare filosofia ...


Sarebbe la stessa cosa se io ti dicessi che sulla base delle mie letture estive di PhiliP k. Dick i tuoi post mi risultano indecifrabili e quindi per reazione mi mettessi a tentar di farli quadrare in base alle mie competenze di science fiction.

Ma la realtà è che per capire i tuoi post Philip Dick non mi aiuterà in nessuno modo, così come nel caso di Giovanni non mi aiuterà Aristotele e tanto meno San Tommaso.
 
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Hard-Rain
view post Posted on 2/8/2010, 13:46     +1   -1




QUOTE
Il che non ha nessun senso proprio in virtà del fatto che non ha nessun senso tirare in ballo la categoria della “sostanza” per spiegare il vangelo di Giovanni, tanto più che in quel caso la grammatica permetterebbe di intendere “Dio” nel suo senso di sostanza seconda, se proprio vogliamo fare filosofia insomma...

Evidentemente non mi sono spiegato bene. Il vangelo di Giovanni non è un trattato di filosofia nel senso tecnico del termine. Se leggi quanto ha scritto Aristotele o Platone, troverai migliaia di pagine. Quel testo è un riassunto che poteva comprendere solo chi aveva seguito la predicazione orale di scuola giovannea che a noi è oggi preclusa a meno di non sostenere che vi è una continuità diretta tra gli insegnamenti della Chiesa e quella antica predicazione, cosa che faccio fatica a credere ovviamente. Peraltro io sostengo anche che quegli scrittori cristiani primitivi non avessero neppure le necessarie capacità intellettuali per formalizzare tecnicamente certi concetti filosofici e religiosi. Sono scritti di sentimenti, vagheggiamenti di bambini che hanno un ardore infinito per il loro amato maestro morto a quella maniera e così bravo, bello e buono da sembrare un pezzo del Dio. Scritti che testimoniano un amore e una venerazione ma non una definita dottrina filosofica o teologica. Mancano di sistematizzazione o forse era necessario sapere altre informazioni per comprenderli pienamente (la tradizione orale).

QUOTE
Ma la realtà è che per capire i tuoi post Philip Dick non mi aiuterà in nessuno modo, così come nel caso di Giovanni non mi aiuterà Aristotele e tanto meno San Tommaso.

Ti potresti chiarire le idee nel caso tu conoscessi la scuola alla quale mi sono formato, le cose che leggo, a chi mi ispiro quando scrivo e i problemi che devo affrontare ogni giorno rispondendo a questo o a quello nel forum. Se tu conoscessi questo ambiente ecco che potresti dire perchè ho scritto quella frase a quella persona, ecc...
 
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mono247
view post Posted on 2/8/2010, 14:16     +1   -1




CITAZIONE (Hard-Rain @ 2/8/2010, 14:46)
CITAZIONE
Il che non ha nessun senso proprio in virtà del fatto che non ha nessun senso tirare in ballo la categoria della “sostanza” per spiegare il vangelo di Giovanni, tanto più che in quel caso la grammatica permetterebbe di intendere “Dio” nel suo senso di sostanza seconda, se proprio vogliamo fare filosofia insomma...

... io sostengo anche che quegli scrittori cristiani primitivi non avessero neppure le necessarie capacità intellettuali per formalizzare tecnicamente certi concetti filosofici e religiosi. Sono scritti di sentimenti, vagheggiamenti di bambini che hanno un ardore infinito per il loro amato maestro morto a quella maniera e così bravo, bello e buono da sembrare un pezzo del Dio. Scritti che testimoniano un amore e una venerazione ma non una definita dottrina filosofica o teologica. Mancano di sistematizzazione o forse era necessario sapere altre informazioni per comprenderli pienamente (la tradizione orale).

Ma se come dici tu non avevano nemmeno gli strumenti mentali per pensarla “quella cosa lì” , allora dobbiamo dedurre che nemmeno avessero intenzione di scriverla “quella cosa lì”. A posteriori qualcuno potrebbe chiamare in causa l'ispirazione divina che evidentemente già allora si portava avanti coi tempi (per così dire), ma se ci riduciamo a tappare le lacune storiche postulando interventi divini alla bisogna allora più che un'operazione scientifica si rischia di realizzare un'operazione di tipo confessionale, legittima a suo modo, ma pur sempre confessionale.

Se posso dir la mia, che pur essendo tdG non sono allo stesso tempo totalmente in sintonia con la nostra interpretazione ufficiale, a mio parere esageratamente idealista... io credo che una soluzione del dilemma in grado di accontentare tutti esista, è una soluzione semplice, banale e da sempre sotto gli occhi di tutti, ma nessuno pare accorgersene.

Mi fermo qui per ora, il mondo non è ancora pronto! :lol: :lol:
 
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Hard-Rain
view post Posted on 2/8/2010, 14:20     +1   -1




QUOTE
Ma se come dici tu non avevano nemmeno gli strumenti mentali per pensarla

Non avevano gli strumenti mentali per formalizzarla o almeno non lo hanno fatto in quei testi.

Sarebbe come se io ti dicessi "la mia fidanzata è bella". Capisci che non ho formalizzato una asserzione ma ho espresso un sentimento? Quella gente ha scritto soltanto che quel Cristo aveva a che fare col divino. Ma che vuol dire ciò? Appunto non lo hanno formalizzato secondo la usuale tecnica filosofica.

Se ti dico che "la mia fidanzata è bella", non ti ho detto un granchè! Prima devo dire che cosa significhi essere bello e rispetto a cosa. Bello moralmente, bello in senso fisico, perchè bello, ecc...

Chiaramente può darsi che loro sapessero cosa volesse dire essere "divino". In ore e ore di predicazione e di discussione ne avranno ben parlato! Ora, il punto che il testo non lo precisa, un po' per mancanza di capacità tecnica degli autori, i quali del resto non vollero certo scrivere un trattato filosofico o morale besnì un semplice resoconto agiografico della vita di Cristo, un po' perchè si dava per scontato che i destinatari del messaggio sapessero.

QUOTE
qualcuno potrebbe chiamare in causa l'ispirazione divina

Dal punto di vista teologico si potrebbe tirare in ballo la comprensione dei fenomeni religiosi che si è consolidata nei secoli per secoli. Anche l'ispirazione crea problemi, non solo l'inerranza (ormai superata). Perchè Paolo, se era ispirato in ogni momento, si sbaglia nel predire la venuta di Cristo quando egli sarebbe stato ancora in vita? Come avviene per tutti i fenomeni complessi in realtà non è stato tutto subito chiaro neppure agli evangelisti, con il concorso della Chiesa intera si può arrivare prossimi alla verità. Ma questa è, chiaramente, una ipotesi assolutamente teologica.

Edited by Hard-Rain - 2/8/2010, 15:30
 
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mono247
view post Posted on 2/8/2010, 14:32     +1   -1




CITAZIONE
Ti potresti chiarire le idee nel caso tu conoscessi la scuola alla quale mi sono formato, le cose che leggo, a chi mi ispiro quando scrivo e i problemi che devo affrontare ogni giorno rispondendo a questo o a quello nel forum. Se tu conoscessi questo ambiente ecco che potresti dire perchè ho scritto quella frase a quella persona, ecc...

Ovviamente concordo.

CITAZIONE (Hard-Rain @ 2/8/2010, 15:20)
CITAZIONE
Ma se come dici tu non avevano nemmeno gli strumenti mentali per pensarla

Non avevano gli strumenti mentali per formalizzarla o almeno non lo hanno fatto in quei testi.

Sarebbe come se io ti dicessi "la mia fidanzata è bella". Capisci che non ho formalizzato una asserzione ma ho espresso un sentimento? Quella gente ha scritto soltanto che quel Cristo aveva a che fare col divino. Ma che vuol dire ciò? Appunto non lo hanno formalizzato secondo la usuale tecnica filosofica.

Se ti dico che "la mia fidanzata è bella", non ti ho detto un granchè! Prima devo dire che cosa significhi essere bello e rispetto a cosa. Bello moralmente, bello in senso fisico, perchè bello, ecc...

Chiaramente può darsi che loro sapessero cosa volesse dire essere "divino". In ore e ore di predicazione e di discussione ne avranno ben parlato! Ora, il punto che il testo non lo precisa, un po' per mancanza di capacità tecnica degli autori, i quali del resto non vollero certo scrivere un trattato filosofico o morale besnì un semplice resoconto agiografico della vita di Cristo, un po' perchè si dava per scontato che i destinatari del messaggio sapessero.

No un momento, guarda che io mi riferivo proprio alla formalizzazione, se non avevano gli strumenti per pensarne la formalizzazione è ovvio che questa formalizzazione non la poterono nemmeno vergare, ma se quella che leggiamo non è una formalizzazione cade necessariamente qualunque pretesa interpretativa assolutistica, non c'è insomma alcuna certezza in merito al cosa volessero dire con quelle parole e quindi - nei limiti del possibile -... largo all'immaginazione.
 
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Hard-Rain
view post Posted on 2/8/2010, 14:40     +1   -1




QUOTE
No un momento, guarda che io mi riferivo proprio alla formalizzazione, se non avevano gli strumenti per pensarne la formalizzazione è ovvio che questa formalizzazione non la poterono nemmeno vergare, ma se quella che leggiamo non è una formalizzazione cade necessariamente qualunque pretesa interpretativa assolutistica, non c'è insomma alcuna certezza in merito al cosa volessero dire con quelle parole e quindi - nei limiti del possibile -... largo all'immaginazione.

Se sia un problema di capacità personali piuttosto che di carattere del testo del vangelo è difficile da stabilire. Certo non possiamo non notare che il greco dei vangeli, anche di quello di Giovanni, non è particolarmente elegante, è un periodare sintatticamente semplice, vicino all'idioma vernacolare. Non si esprimeva a quel modo così semplice nè uno che avesse voluto scrivere un testo di un certo livello, nè uno che avesse dovuto tenere una orazione pubblica destinata a persone istruite, neppure nel periodo in cui furono composti quei testi. Dal linguaggio e dal modo di esprimersi si deducono tante cose. Ecco perchè ho affermato che è possibile che quegli autori non fossero particolarmente istruiti e forbiti. Paolo è più enigmatico, ma già le epistole paoline sono più complesse dei vangeli, indubbiamente. Ma per rendersene conto bisogna leggere i testi degli autori coevi (Filone, Flavio Giuseppe, Epittèto, Musonio Rufo, Plutarco, Arriano, ecc...) e nella lingua originale, poichè le traduzioni spesso nascondono le difficoltà sintattiche e lessicali per rendere comprensibile la versione in italiano.
 
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chimofafà
view post Posted on 2/8/2010, 14:50     +1   -1




"Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e [...]" Gv 17,3).

CITAZIONE
per sapere se intedesse la Divinità nella forma esplicitata a Nicea,

D'altro canto in Giovanni troviamo anche:

Dio è Spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in Spirito e verità” (Gv 4,24).

In questo caso "Spirito", non ha la valenza dello "Spirito Santo".

In linea di massima forse troviamo una teologia binitaria più che Trinitaria, anche se a mio avviso la formula dovette nascere molto prima di Nicea, per esempio andando alle catacombe di S. Callisto a Roma, ho notato delle tombe (prima del III secolo d.C. forse a metà) con dei bassorilievi che indicavano, non saprei dire se Gesù o altri l'apertura della mano con tre dita, l'ho fotografata per testimonianza e chiesi se poteva essere un possibile riferimento alla trinità, ma la guida mi rispose che sarebbe potuto essere anche un gesto ripreso dai greci (benedicevano con tre dita). Poi la guida parla invece di un segno Trinitario nella cripta di Santa Cecilia (li c'è una copia marmorea della Santa) l'originale è nell'omonima chiesa a Roma. E' stata rinvenuta con tre dita (potrebbe essere rigor mortis) della mano destra estese, la Santa sembra che sia vissuta durante le persecuzioni di Diocleziano, ma non si ha certezza su quale ondata persecutoria trovò la morte. In buona sostanza Papa San pasquale I (817-824) dalle catacombe la fece trasferire nella basilica che gli dedicarono. Nel 1559 aprirono la tomba e la trovarono (fu decapitata) con le tre dita (che hanno inteso come messaggio Trinitario) estese, ne fecero fare una statua a Stefano Maderno (1566-1636), così come era la posizione originale (?)Dovrebbe esserci un verbale di questo avvenimento.

Di conseguenza nelle scritture non ci sono evidenti attestazioni trinitarie, se non tramite giri di collegamento, ma sembra che la credenza nella formula Trinitaria possa essere fatta risalire a prima di Nicea, per esempio con Papa Zefirino (198-218) ci fu una polemica che lo coinvolse con gli eretici modalisti, sulla negazione della Trinità (che anche lui sembrava condividere).

Per quanto riguarda Gv 1, 18 Piero Coda distiungue due possibilità interpretative:

Dio unigentito (con o senza articolo);
Figlio Unigenito (che è la lettura della Volgata).

Lui riporta il passo con "Dio unigenito", ma nelle note lascia intendere che la seconda lettura: "Figlio unigenito", sia più corretta criticamente.

A me sembra che le interpretazioni siano passibili di variabili e la seconda pone in subordine Gesù rispetto a Dio (è un'affermazione ricorrente spesso sia in Atti che in Paolo).
 
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Hard-Rain
view post Posted on 2/8/2010, 15:12     +1   -1




QUOTE
Lui riporta il passo con "Dio unigenito", ma nelle note lascia intendere che la seconda lettura: "Figlio unigenito", sia più corretta criticamente.

D'accordo ma se risolvi con μονογενης [scil. υιος], poi come sistemi grammaticalmente il sostantivo θεος? Si va verso l'interpretazione (il) (figlio) unigenito (che è) Dio.

Edited by Hard-Rain - 2/8/2010, 16:23
 
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chimofafà
view post Posted on 2/8/2010, 15:50     +1   -1




CITAZIONE (Hard-Rain @ 2/8/2010, 16:12)
CITAZIONE
Lui riporta il passo con "Dio unigenito", ma nelle note lascia intendere che la seconda lettura: "Figlio unigenito", sia più corretta criticamente.

D'accordo ma se risolvi con μονογενης [scil. υιος], poi come sistemi grammaticalmente il sostantivo θεος? Si va verso l'interpretazione (il) (figlio unigenito) (che è) Dio.

La spiegazione la trovi nella nota 18 a pag.1191-1192 di I Quattro Vangeli di Piero Coda, Ed. BUR

Riporto in sintesi:

Lui parla che lo stico "Dio Unigenito" ha una differente tradizione manoscritta: semplice (Unigenito) e (Dio Unigenito, con o senza l'articolo). La Volgata legge: Unigenitus Filius , sembra che questa lettura sia da preferire perché meglio attestata dai manoscritti e dall'antichità ed anche perché ha minori probabilità di essere stata ritoccata; la formula ό μονογενης θεος (spero di non avere riportato qualche castroneria), invece sembra essere derivata, visto che ricorre in altre formule Giovannei (Giov 3, 16,18; 1 Giov 4,9). Se hai il testo di Coda puoi leggere la nota con l'analisi del greco.

Ciao.
 
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