Studi sul Cristianesimo Primitivo

Datazione del Titulus Crucis

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view post Posted on 20/4/2011, 09:38     +1   -1
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Poiché ci avviciniamo alla Pasqua, ecco la datazione ufficiale al radiocarbonio del cosiddetto "Titulus Crucis", reliquia conservata presso la Basilica di “Santa Croce in Gerusalemme” a Roma.

250px-Titulus

https://digitalcommons.library.arizona.edu...3_685_689_v.pdf

In breve:

Radiocarbon age of the “Titulus Crucis” = 1020 ± 30 BP
Calendar age of the “Titulus Crucis” = AD 996–1023 (1 σ); AD 980–1146 (2 σ)

Si tratta quindi di un artefatto medioevale.
Tuttavia, non è da escludere che possa essere un copia dell'originale Titulus Crucis, reliquia della quale abbiamo qualche traccia storica.
Nel diario di viaggio di Egeria, ad esempio, abbiamo testimonianza siretta dell'esistenza di tale reliquia a Gerusalemme intorno al 383:
<<et affertur loculus argenteus deauratus, in quo est lignum sanctum crucis, aperitur et profertur, ponitur in mensa tam lignum crucis quam titulus.>> (Itinerarium Egeriae 37,1)
Veniva quindi mostrata durante le celebrazioni liturgiche.

Vi è anche la testimonianza, più tarda, di un altro pellegrino del VI secolo che descrive l'iscrizione come "Questi è il re dei giudei", mentre il Titulus a Roma riporta : "Gesù Nazareno Re dei Giudei".

Vi sono interessanti discussioni relative al Titulus, quindi.... more to come ! ^_^

stay tuned, ciao
Talità

Edited by Talità kum - 3/4/2012, 14:14
 
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SimoneG82
view post Posted on 20/4/2011, 19:40     +1   -1




Strano, ricordavo che fosse del VI secolo. Poco male. L'epigrafia del titulus è abbastanza chiaramente una scrittura che non ha nulla a che vedere con quella di X secolo, è molto più vicina a quella di I secolo. Pur non essendo un esperto in tal senso, il fatto che sia una copia mi pare abbastanza palese: copia di originale, o copia di copia, o quel che vi pare, sicuramente non un artefatto inventato di sana pianta.
Ovviamente, non è da escludere che siano stati copiati documenti paleografici (da non confondere con quelli epigrafici), ma se ciò può essere vero per le righe latina e greca, certamente molto più complesso è l'aspetto dell'ebraico, che richiama spazi, arrotondamenti ed altre caratteristiche della scrittura ebraica del tempo di Gesù.
 
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view post Posted on 20/4/2011, 20:47     +1   -1
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Sono ormai quasi 5 anni che sto scrivendo un saggio sulla forma della croce, e il capitolo sul titulus è pressoché completo, dunque ho moltissimo materiale su questo. Scelgo solo qualcosa che può essere utile ai foristi. Innanzitutto le fonti della inventio crucis: Ambrogio, De obitu Theodosii, 41-48; Rufino di Aquileia in Beatus Rhenanus, Auctores Historiae Ecclesiasticae, 10,7,223; Giovanni Crisostomo, Omilia in Johannem, 85,2; Socrate Scolastico, Historia Ecclesiastica, xvii, Sozomeno Ermia Salaminio, Historia Ecclesiastica 2,4-6; Teodoreto di Cirro, Historia Ecclesiastica, Capitolo XVII. Eusebio di Cesarea, che avrebbe avuto più di tutti interesse a celebrare il suo mecenate Costantino con il racconto del ritrovamento della croce misterioramente tace completamente, fatto interpretato dalla maggioranza degli storici, come prova della leggendarietà della inventio.

Una chicca che pochi conoscono è che Sozomeno che, pur dipendendo ampiamente da Rufino, tramanda un particolare inedito che rimanda subito la mente alle tabulae dealbatae:

περὶ τὸν αὐτὸν τόπον τρεῖς ηὑρέθησαν σταυροί, καὶ χωρὶς ἄλλο ξύλον ἐν τάξει λευκώματος ῥήμασι καὶ γράμμασιν Ἑβραϊκοῖς Ἑλληνικοῖς τε καὶ Ῥωμαϊκοῖς τάδε δηλοῦν· Ἰησοῦς ὁ Ναζωραῖος ὁ βασιλεὺς τῶν Ἰουδαίων. (Salaminius Hermias Sozomenus Scr. Eccl., Historia ecclesiastica (2048: 001, Ed. Bidez, J., Hansen, G.C. erlin: Akademie–Verlag, 1960; Die griechischen christlichen Schriftsteller 50, 2,1,5: )

Per ciò che attiene alla tavoletta di S.Croce, la paladina dell'autenticità (o al massimo della copia da originale) è la Rigato (Maria Luisa Rigato, I.N.R.I., Il titolo della Croce, EDB, Bologna, 2010), ma prima di lei si erano occupati della cosa a livello scientifico il bibliotecario sessoriano Leandro De Corrieri, De sessorianis praecipuis passionis D.N.J.C. reliquiis commentarius, Ed. F. Bourliaeum, 1830, che tratta del titulus soprattutto nelle pp. 72-129. Prima di lui si possono citare Johann Daniel Haack, De titulo crucis dominicæ exercitatio historica, 1672;, Domenico Maria Manni, De titulo Dominicae Crucis archetypo commentarius, 1748.

Non entro sulla questione di cosa diavolo sarebbe scritto sulla riga ebraica perché è un po' ostico. Salto alle conclusioni.

A favore dell'autenticità:
Nessuna chiesa all'infuori di s.Croce in Gerusalemme rivendica di possedere tale reliquia.
Un ipotetico falsario si sarebbe verosimilmente attenuto più fedelmente alla descrizione dei vangeli, difficilmente avrebbe usato una scrittura retrograda, difficilmente avrebbe potuto produrre imitazioni paleograficamente verosimili.

Contro l'autenticità:
la Santa Sede ha autorizzato il prelievo di campioni del legno che sono stati datati utilizzando il Metodo del carbonio-14. I risultati, pubblicati nel 2002, hanno determinato che il legno risale all'intervallo tra gli anni 980 e 1150.
Le dimensioni attuali (26 x 14 cm) sono malamente compatibili con la funzione che la tabella doveva avere in origine, cioè consentire agli spettatori dell'esecuzione di leggerne le motivazioni. Ogni riga infatti è alta appena 2,5 cm di media, dato che mal si concilia con la posizione sommitale che il titulus doveva avere, almeno a un paio di metri da terra e dagli occhi degli osservatori.

Personalmente trovo troppo forti gli argomenti contro l'autenticità della reliquia di S.Croce in Gerusalemme per poter dare un giudizio positivo. Rimane tuttavia una possibilità non trascurabile, che,cioè, la tabella romana sia una copia piuttosto fedele, realizzata sullo scorcio del primo millennio o poco dopo, di un originale di dimensioni maggiori, andato perduto per degrado fisico. Questo darebbe ragione sia della datazione al radioarbonio, sia del problema relativo alle dimensioni ridotte delle epigrafi.
 
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view post Posted on 21/4/2011, 01:21     +1   -1
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Ricordo che materiale prezioso si trova anche in :

Pier Franchi de' Cavalieri in " De La Furca , o de la sua sostituzione alla Croce nel Diritto Penale Romano 1907

Chi sa se sul net si trova ..

zio ot :mf_bookread.gif:
 
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SimoneG82
view post Posted on 21/4/2011, 20:35     +1   -1




CITAZIONE (Teodoro Studita @ 20/4/2011, 21:47) 
Le dimensioni attuali (26 x 14 cm) sono malamente compatibili con la funzione che la tabella doveva avere in origine, cioè consentire agli spettatori dell'esecuzione di leggerne le motivazioni.

Non scherziamo... Il titulus veniva portato appeso al collo da parte dei condannati, produrre una tavoletta leggibile da una altezza di 3m avrebbe richiesto un araldo per il suo trasporto... Le sue dimensioni sono compatibili, la datazione del legno non osta all'autenticità del pezzo poiché, come detto, se trattasi di copia di originale per noi è come avere l'originale... :)
Sarebbe come dire che siccome di alcune statue greche noi abbiamo solo la copia romana, allora non conosciamo l'originale greco... ^_^

Non vedo l'ora di leggere le conclusioni del tuo studio e metterle in comparazione con quelle di altri amici che si sono occupati recentemente della questione. Poi se vuoi ti metto in contatto con la Rigato (sempre che tu già non lo sia), ma preparati ad essere sepolto sotto una valanga di informazioni. :lol:
 
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view post Posted on 21/4/2011, 22:07     +1   -1
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Non scherziamo... Il titulus veniva portato appeso al collo da parte dei condannati, produrre una tavoletta leggibile da una altezza di 3m avrebbe richiesto un araldo per il suo trasporto... Le sue dimensioni sono compatibili

Ah si? E quante attestazioni hai di cartelli appesi al collo? Quella era certamente una possibilità, ma la maggior parte delle fonti che abbiamo dicono semplicemente che c'era un cartello, ma non dove esso fosse. Anzi, una buona parte dice che il cartello era portato dal condannato o da qualcun altro, come ad esempio si vede in questo rilievo

Peraltro nel caso di Gesù l'unica menzione del titolo dice che esso era ἐπάνω τῆς κεφαλῆς (Mt), ἐπ' αὐτῷ (Lc), mentre è del tutto ovvio che quando il titolo era portato al collo, lì rimaneva anche durante la crocifissione. Oppure dobbiamo pensare che i soldati romani, noti per il loro alto senso estetico, perdessero tempo a fare balletti del titulus, ora al collo, poi gli togliamo la cordicella e lo mettiamo ben bene in cima alla croce. Qui quello che scherza non sono io.

Inoltre io non ho mai parlato di 3 mt, ne bastavano due o poco più, ma di certo le dimensioni non sono acconce.

Quanto alla Rigato, trovo del tutto inaccettabile che nel suo libro non citi l'unico articolo con un dato incontrovertibile per il semplice fatto che ai suoi amici di S.Croce (che hanno fatto vedere il titulus a lei e solo a lei) la cosa non sarebbe piaciuta. E non mi venisse a dire che non lo conosceva, visto che tale articolo era uscito ben 8 anni prima del suo libro.
Inoltre, mentre dell'ermafrodito o della Venere callipigia abbiamo dozzine di copie tali da poter dire con un buon margine di sicurezza come fosse l'archetipo greco, di titulus ce n'è uno solo, quindi per quanto ne sappiamo potrebbe essere una bella copia, una brutta copia o semplicemente un falso che non ha nulla a che vedere con l'originale, e ognuna di queste asserzioni può vantare diversi argomenti probatori.

Dunque io sceglierei una linea più moderata...



 
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SimoneG82
view post Posted on 24/4/2011, 17:30     +1   -1




In base a cosa dici che è impossibile dire che i Romani appendessero al collo di un condannato alla croce il motivo della sua condanna? Solo perché non avrebbero avuto voglia di toglierlo al momento di inchiodarlo alla croce? Questo è umorismo.
La prova che hai portato caso mai conferma ciò che dico: il condannato è costretto a portare il motivo della sua condanna, ed è ovvio che un condannato alla croce portava al collo il motivo della sua condanna, essendo costretto al contempo a portare un pezzo della croce sulle spalle.
Ma volendo anche ammettere che fosse un'altra persona a portare il motivo della condanna mentre Gesù camminava tra la folla, rimane ugualmente irrilevante dire che l'iscrizione doveva essere letta anche una volta attaccata alla croce: questo avrebbe costretto il palo centrale ad essere 1m più alto almeno sopra la testa del condannato, e se già trattasi di una crocifissione particolarmente alta affinché fosse vista da lontano, quanto sarebbe stato alto questo palo? Una croce di questo tipo doveva essere alta almeno 3m o giù di lì, una croce di 2m sarebbe stata una croce normale come tutte le altre, essendo gli uomini del tempo alti 1,6-1,7m o qualcosa del genere. Le dimensioni non sono irrilevanti se si fa una obiezione del genere. Devi ipotizzare un cartello appeso a 4m se non oltre, quindi prendere le misure di quanto dovevano essere alte le lettere per essere viste da un passante che pur alzando lo sguardo si trovava dunque almeno 2m sotto (tra l'altro va ricordato si era alla parasceve, quindi i condannati non sarebbero rimasti appesi fino alla morte "naturale"), calcolare quindi quanto spazio occupavano sulla riga, prendere le misure, moltiplicare questo lavoro anche per le righe greca e latina, ottenere così le dimensioni della tavola ed il suo peso a questo punto non irrilevante.
Ovviamente, se il titulus non veniva appeso alla croce (cosa tuttavia in disaccordo con le fonti a nostra disposizione: non dimenticare che Giovanni dice che l'iscrizione venne posta sulla croce, anche se non specifica dove), qualsiasi disquisizione sulle sue dimensioni è priva di qualsivoglia significato scientifico.
Mentre trovo assolutamente priva di significato l'obiezione che se il condannato portava al collo il titulus, poi doveva tenerselo appeso al collo.. Perché? Perché i Romani non avrebbero avuto voglia di tagliare la cordicella? Torniamo all'umorismo di cui sopra, poco rilevante.
Però trovo non trascurabile l'idea che la copia magari non sarebbe stata fatta 1:1 ma in dimensioni più piccole, ipotesi alla quale tuttavia non mi sento di aderire perché non trovo motivazioni convincenti per ipotizzare che fosse di grandi dimensioni.

Infine dimentichi un particolare: lamentarsi della non conservazione dei tituli è un poco umoristico, giacché non si capirebbe il motivo per cui i familiari di un condannato dovessero andare a chiedere il titulus. Il fatto che se ne sia eventualmente conservato uno (in copia) è dunque un fatto del tutto eccezionale, collegato ad un evento ritenuto del tutto eccezionale. Mentre la Venere Callipigia è conservata in numerose copie per il suo valore artistico rimasto immutato nei secoli, cosa che per il titulus evidentemente non avviene.
Non ci sono prove evidenti e definitive per emettere una sentenza sul titulus: le uniche evidenze certe e/o convincenti sono la datazione al X secolo della tavoletta e la datazione al I secolo della scrittura ebraica, o quanto meno certamente la paleografia non risulta di X secolo. Le restanti sono opinioni poco utili ai fini scientifici. Solo se la paleografia fosse dimostrabile essere di X secolo o comunque molto tarda, avremmo chiuso il cerchio in favore di un artefatto medievale, altrimenti mi pare di poter dire che attualmente l'opinione più convincente va verso la possibile autenticità dell'originale. Altra possibilità: il falsario medievale è stato molto bravo a copiare la scrittura ebraica antica. Chi aderisce a questa posizione deve però anche dimostrarla e non già soltanto enunciarla. Io la trovo totalmente inverosimile.

La linea moderata è quella di legare motivazioni scientifiche alle proprie tesi e perdonami, non vedo motivazione scientifica nel citare il senso estetico dei soldati romani. ;)
 
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view post Posted on 24/4/2011, 19:41     +1   -1
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In base a cosa dici che è impossibile dire che i Romani appendessero al collo di un condannato alla croce il motivo della sua condanna?

Non l'ho detto, dunque è inutile chiedermi il motivo di una cosa che non ho detto. Io ho detto che è una possibilità, perché delle fonti che abbiamo solo una piccola parte riferisce del cartello appeso al collo. Ho invece chiesto quante attestazioni conosci di tituli appesi al collo, domanda che hai brillantemente evaso con questa abduzione (o άπαγωγή, se preferisci), un mezzuccio alla Schopenhauer che prepara alla confutazione di una cosa mai detta dall'interlocutore e al tempo stesso ti leva d'impaccio dal dover fornire ragione di una asserzione altrimenti gratuita.
Ciò naturalmente non sposta di una virgola la questione. Stante che:

- Solo una minima parte delle fonti menziona l'uso di appendere al collo il titulus
- Nelle fonti della crocifissione non vi è alcuna attestazione di tale pratica, anzi tutto fa pensare al contrario

Su cosa basiamo l'asserzione che Gesù portò al collo il titulus prima di essere crocifisso? Quod gratis adfirmatur, gratis negatur!

CITAZIONE
Solo perché non avrebbero avuto voglia di toglierlo al momento di inchiodarlo alla croce? Questo è umorismo.

Abbiamo diverse fonti che ci descrivono come la prassi della crocifissione fosse improntata alla massima praticità: lo stipes già piantato al suolo (che poi veniva riutilizzato), l'aculeus per facilitare l'operazione di fissaggio del patibulum allo stipes, il crurifragium per non andare troppo per le lunghe, sono solo alcuni esempi di questa mentalità romana tipicamente pragmatica. Sappiamo altresì che in condizioni di fretta o urgenza tale prassi era oltremodo accentuata. È celebre l'esempio di Giuseppe Flavio (Bellum, 2,14,9) in cui si dice che erano talmente tante le crocifissioni che i soldati si divertivano ad appendere i poveretti nei modi più disparati:

[...] προςήλουν δὲ οἱ στρατιῶται δι' ὀργὴν καὶ μῖσος τοὺς ἁλόντας ἄλλον ἄλλῳ σχήματι πρὸς χλεύην, καὶ διὰ τὸ πλῆθος χώρα τε ἐνέλειπε τοῖς σταυροῖς καὶ σταυροὶ τοῖς σώμασιν. [...]

Nella fattispecie della condanna di Gesù, la fretta ce l'avevano eccome, per l'imminente festività che avrebbe costretto a rimuovere in fretta e furia i cadaveri prima del tramonto. Questi elementi presi nel loro insieme suggeriscono che sia poco probabile che i soldati perdessero tempo a 1) fabbricare un titulus con cordicella 2) tagliare o rimuovere la stessa prima della crocifissione 3) inchiodare il titulus nel momento in cui dovevano anche – e soprattutto – affiggere il condannato. La cosa più sensata è che il titulus fosse posizionato sulla sommità dello stipes prima della crocifissione vera e propria. È ovvio che questa non è una dimostrazione, ma almeno si basa sulle notizie che abbiamo, mentre l'idea che Gesù portasse il titulus al collo si basa solo su una debole analogia. Come visto, le possibilità erano molteplici e, se proprio se ne vuole scegliere una, occorre darne ragione, come illustrato dal nostro Regolamento (art.3) e prima ancora dal buon senso.

CITAZIONE
La prova che hai portato caso mai conferma ciò che dico: il condannato è costretto a portare il motivo della sua condanna, ed è ovvio che un condannato alla croce portava al collo il motivo della sua condanna, essendo costretto al contempo a portare un pezzo della croce sulle spalle.

Questo lo dici tu, non le fonti che abbiamo. Per quanto ne sappiamo il titulus poteva essere benissimo portato da chiunque in testa alla processione al Golgotha, o financo da nessuno, trovandosi già affisso allo stipes. Infatti il dialogo di Gv 19,19-21 non ha ragion d'essere se la funzione del titulus non fosse stata quella di rendere il più visibile il motivo della condanna:

ἔγραψεν δὲ καὶ τίτλον ὁ Πιλᾶτος καὶ ἔθηκεν ἐπὶ τοῦ σταυροῦ· ἦν δὲ γεγραμμένον, Ἰησοῦς ὁ Ναζωραῖος ὁ βασιλεὺς τῶν Ἰουδαίων. τοῦτον οὖν τὸν τίτλον πολλοὶ ἀνέγνωσαν τῶν Ἰουδαίων, ὅτι ἐγγὺς ἦν ὁ τόπος τῆς πόλεως ὅπου ἐσταυρώθη ὁ Ἰησοῦς· καὶ ἦν γεγραμμένον Ἑβραϊστί, Ῥωμαϊστί, Ἑλληνιστί. ἔλεγον οὖν τῷ Πιλάτῳ οἱ ἀρχιερεῖς τῶν Ἰουδαίων, Μὴ γράφε, Ὁ βασιλεὺς τῶν Ἰουδαίων, ἀλλ' ὅτι ἐκεῖνος εἶπεν, Βασιλεύς εἰμι τῶν Ἰουδαίων. ἀπεκρίθη ὁ Πιλᾶτος, Ὃ γέγραφα, γέγραφα.

Se, come sostieni (gratuitamente) tu, non era importante che il titulus fosse visibile una volta fissato sulla sommità dello stipes, gli ἀρχιερεῖς non avrebbero avuto motivo di protestare. È chiaro infatti che un numero relativamente esiguo di persone avrebbero potuto leggere il titulus appeso al collo durante il suo trasporto (sia per la relativamente breve durata di questo, sia per la difficoltà pratica di leggere un cartello con un uomo piegato sopra che gli fa sicuramente ombra, oltre al fatto di muoverlo), ma moltissimi avrebbero potuto leggerlo nelle ore in cui sarebbe stato fermo, bene in vista in cima alla croce.
Inoltre trovo del tutto insensata la tua obiezione:

CITAZIONE
questo avrebbe costretto il palo centrale ad essere 1m più alto almeno sopra la testa del condannato, e se già trattasi di una crocifissione particolarmente alta affinché fosse vista da lontano, quanto sarebbe stato alto questo palo? Una croce di questo tipo doveva essere alta almeno 3m o giù di lì, una croce di 2m sarebbe stata una croce normale come tutte le altre, essendo gli uomini del tempo alti 1,6-1,7m o qualcosa del genere.

Ancora una volta, sappiamo che le crocifissioni avvenivano sempre in luoghi isolati e spesso elevati (Artemidoro, Onirocritica, 1,76 ; 4,49; Plin. Nat. Hist. XIV, 12 ). Il nostro caso rientra in questa fattispecie visto che ci troviamo fuori delle mura della città e in cima a un monticello. Il contesto, dunque, consente una perfetta leggibilità di un cartello posto a un paio di metri da terra. Tuttavia le dimensioni del frammento di S.Croce in Gerusalemme anche a questa modesta altezza (e anche ipotizzando che le tracce bianco-bluastre siano un segno che l'originale fosse dealbata) risultano illeggibili anche agli spettatori "in prima fila". Ho personalmente fatto l'esperimento con una riproduzione del titulus di S.Croce in dimensioni originali e ti assicuro che non si legge. Dunque bisogna concludere che l'originale doveva esse più grande, non molto più grande ma di certo tale da precludere definitivamente l'ipotesi del trasporto al collo, il che fornisce un ulteriore argomentum contra tale ipotesi.

CITAZIONE
Infine dimentichi un particolare: lamentarsi della non conservazione dei tituli è un poco umoristico, giacché non si capirebbe il motivo per cui i familiari di un condannato dovessero andare a chiedere il titulus.

E da quale fonte siamo documentati del fatto che i familiari richiesero il titulus di Gesù? Ancora una volta da nessuna, né mi risulta che in casi analoghi siamo sommersi da questo genere di documentazione. Tale ipotesi, viceversa è la spiegazione fornita dalla signora Rigato per spiegare una altrimenti poco comprensibile conservazione del titulus, che ella vuole far coincidere con quello conservato presso s.Croce in Gerusalemme. Ciò chiarisce il movens di questa asserzione (compiacere gli amici di s.Croce), ma come tutte le affermazioni prive di una solida (o in questo caso di qualsiasi) fonte documentale a sostegno, va senz'altro rigettata.

CITAZIONE
Il fatto che se ne sia eventualmente conservato uno (in copia) è dunque un fatto del tutto eccezionale, collegato ad un evento ritenuto del tutto eccezionale. Mentre la Venere Callipigia è conservata in numerose copie per il suo valore artistico rimasto immutato nei secoli, cosa che per il titulus evidentemente non avviene.

Ciò infatti dimostra che l'analogia che stabilivi tra originale-copia per il titulus e per le statue romane copia di greche è priva di ogni logica.

CITAZIONE
Non ci sono prove evidenti e definitive per emettere una sentenza sul titulus: le uniche evidenze certe e/o convincenti sono la datazione al X secolo della tavoletta e la datazione al I secolo della scrittura ebraica, o quanto meno certamente la paleografia non risulta di X secolo.

Se posso essere d'accordo sulla prima parte della frase, certamente la paleografia (ma qui si tratta più propriamente di epigrafia) non ha mai costituito una "prova evidente e definitiva". Tanto più se parliamo di una mezza riga smozzicata di una lingua che non ha certo conservato milioni di attestazioni tali da poter stabilire confronti sicuri. Se è così per il greco, lingua il cui uso è attestato per millenni in tutto il mediterraneo (per inciso la codicologia nasce proprio per l'impossibilità della paleografia greca di datare con certezza un manoscritto) a maggior ragione per l'ebraico e l'aramaico.

CITAZIONE
Le restanti sono opinioni poco utili ai fini scientifici.

Visto che finora l'unico a citare delle fonti sono stato io, posso tranquillamente rispedire al mittente questa accusa.

CITAZIONE
Solo se la paleografia fosse dimostrabile essere di X secolo o comunque molto tarda, avremmo chiuso il cerchio in favore di un artefatto medievale, altrimenti mi pare di poter dire che attualmente l'opinione più convincente va verso la possibile autenticità dell'originale. Altra possibilità: il falsario medievale è stato molto bravo a copiare la scrittura ebraica antica. Chi aderisce a questa posizione deve però anche dimostrarla e non già soltanto enunciarla. Io la trovo totalmente inverosimile.

Che sia un artefatto medioevale è il radiocarbonio a dircelo, con buona pace della signora Rigato, su questo non credo ci sia molto da aggiungere. Che sia una copia di un originale è una possibilità che non possiamo né provare né escludere, dunque l'unico giudizio possibile mi pare essere un non liquet, e non è certo accusando il tuo interlocutore di "umorismo" (ben tre volte) che si può far pendere l'ago della bilancia da una parte o dall'altra.
 
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view post Posted on 25/4/2011, 21:34     +1   -1
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mi chiedo cosa facciano a fare analisi in laboratori scientifici se poi la risposta non gli sta mai bene e pretendono che la loro erudizione paleografica sia superiore ad un dato oggettivo e verificabile. :rolleyes:
 
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view post Posted on 25/4/2011, 22:02     +1   -1
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pretendono che la loro erudizione paleografica sia superiore ad un dato oggettivo e verificabi

L'oggettività? E che cos'è? Pensavamo fosse tramontata da un pezzo.
Comunque, in questo casa eventuali analisi paleografiche sarebbero ingannate dal fatto che, per ipotesi, il titulus è la copia di uno più antico, e dunque sebbene lo stile della scrittura è compatibile con quello del I secolo, il supporto materiale può essere più tardo.

Ad maiora
 
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view post Posted on 26/4/2011, 00:21     +1   -1
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Dopo aver stabilito, quale punto fermo, la datazione medioevale del Titulus conservato in S.Croce, ecco alcuni aspetti peculiari di tale reliquia.
Innanzitutto è composto di tre iscrizioni sovrapposte, dall'alto verso il basso abbiamo aramaico (presumibilmente), greco e latino, secondo quanto descritto nel Vangelo di Giovanni. Del titolo aramaico sono visibili solo pochi segni, decisamente troppo scarsi per qualunque ipotesi.
I titoli in greco e latino invece hanno la caratteristica di essere scritti da destra verso sinistra, come le lingue semitiche, e leggono :

[ΝΩΙΑΔΥΟΙ ΝΩΤ CΥΕΛΙCΑ]Β CΥΝΕΡΑΖΑΝ CΙ
[MVROEADVI XE]R SVNIRAZAN.I

Mi chiedo se tale pratica sia attestata altrove nel I sec. Finora la risposta che ho trovato è no (e questo è male per il Titulus ^_^ ), in quanto l'uso del Boustrophedon sembra tramontare già qualche secolo prima di Cristo.

Osservo poi che le lettere non sono dipinte sul legno bensì incise. Mi chiedo: perché incise? Non sarebbe stato più rapido e semplice dipingerle?

Proseguendo la carrellata di osservazioni, la parte in latino non riporta il nome di Gesù per intero bensì lo abbrevia con la sola iniziale seguita da un punto. Era una normale pratica del tempo abbreviare i nomi in tal modo?
Sempre la parte in latino mostra un cambio "e"/"i", abbiamo infatti Nazarinus invece che Nazarenus. Clamorosa svista del falsario o lectio difficilior potior? Siamo forse di fronte ad un itacismo simile a quello che trasformò Cristo in Cresto e Cristiani in Crestiani (mi vengono in mente Svetonio e Tertulliano)?

Nella parte in greco, il nome di Gesù è abbreviato con due lettere. Anche qui, non saprei dire se fosse un uso comune.. Di certo, non possiamo considerarlo un nomen sacrum!! ^_^
A differenza del testo giovanneo (ma potrebbe sfuggirmi qualche variante) Gesù non è chiamato "Nazoràios" (Ναζωραιος ) bensì "Nazarenus", in una sorta di traslitterazione dal latino (con lo scambio e/i). Anche su questo, non saprei che dire.

Le peculiarità sono comunque tali per cui mi si sarei aspettato di trovare qualche studio paleografico che liquidasse la questione in maniera chiara. Invece l'impressione è che, una volta accertato che la reliquia è un falso medioevale, la questione sia stata ritenuta chiusa. In pratica, non ho trovato studi paleografici specifici sul Titulus che possano liquidarlo come un centone, né d'altra parte ho trovato convincenti i lavori (pro-titulus) della Rigato, di Thiede e di Hesemann (sic!). Quindi ammetto che potrei essermi perso qualcosa.

Ah, un'ultima curiosità: questo è il crocifisso di Santo Spirito del buon Michelangelo Buonarroti:

image

E questo è un dettaglio del titulus di Michelangelo (scusate le dimensioni grottesche)

image

Direi notevole somiglianza, ritroviamo anche il Boustrophedon .. Eppure i titoli sono diversi rispetto al Titulus di S.Croce.
Il crocifisso di Michelangelo viene fatto risalire al 1493, e poiché il Titulus in S.Croce fu rinvenuto un anno prima, probabilmente la notizia raggiunse Firenze e la corte de Medici.
Forse Michelangelo non ebbe occasione di vedere direttamente la reliquia, così la riprodusse sì al contrario (come gli era giunta voce) ma rifacendosi direttamente al vangelo di giovanni per quel che riguarda il testo.

Ciao
Talità
 
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CITAZIONE (Talità kum @ 26/4/2011, 01:21) 
Innanzitutto è composto di tre iscrizioni sovrapposte, dall'alto verso il basso abbiamo aramaico (presumibilmente), greco e latino, secondo quanto descritto nel Vangelo di Giovanni.

Occorre spendere qualche parola sulle varianti antiche di questi testi. Nella fattispecie il testo lucano ha almeno due varianti antiche che godettero di grande diffusione e che interpolano, forse su influsso del testo giovanneo, γρὰμμασιν Ἑλληνικοῖς καὶ Ῥωμαϊκοῖς καὶ Ἑβραϊκοῖς: "in lettere greche e romane ed ebraiche".
Per il testo giovanneo sono attestate queste due lezioni relativamente all'ordine delle lingue del titulus:

Ἑβραϊστί, Ῥωμαϊστί, Ἑλληνιστί (Ebraico, Romano, Greco) B, L, N, X, 33, 74, versioni siriaca palestinese, copte e armena
Ἑβραϊστί, Ἑλληνιστί, Ῥωμαϊστί (Ebraico, Greco, Romano) A Dsupp I Y Γ Θ Λ Π Biz, Vulgata, Peshitta siriaca, siriaca harclense


CITAZIONE
Del titolo aramaico sono visibili solo pochi segni, decisamente troppo scarsi per qualunque ipotesi.

La lettura è molto congetturale, e si basa su diverse ipotesi di integrazione delle lettere non completamente leggibili e quelle irrimediabilmente perse. Si tratterebbe comunque di ebraico in alfabeto quadrato,e non di aramaico, come pure in passato si è postulato. Tra lo shin iniziale e i due mem finali, la cui lettura è abbastanza certa, vi sono quattro aste verticali, che possono essere variamente interpretate. Secondo la recente ricostruzione della Rigato, la riga ebraica andrebbe così integrata:

י)שו נ(צ)רי מ(לככ)מ) Jeshu natsari malkekem

Laddove il primo yod sarebbe perduto per danno fisico e il lamed con i due kaf sarebbero da sottintendere, come normale nelle abbreviazioni per contrazione.
Altre letture sono state proposte, tra cui Yeshua' Nazoraia Malka Diyehudaye e Yeshu HaNozri WeMelek HaYehudim.
Nessuna di queste è esente da problemi e, personalmente, nessuna mi soddisfa. Ho un'opinione e una proposta di lettura ma non voglio entrare in questo campo.

CITAZIONE
Mi chiedo se tale pratica sia attestata altrove nel I sec. Finora la risposta che ho trovato è no (e questo è male per il Titulus ^_^ ), in quanto l'uso del Boustrophedon sembra tramontare già qualche secolo prima di Cristo.

Attenzione, l'epigrafe non è bustrofedica (cioè come quella dell'aratro che va avanti e indietro nell'aratura, infatti deriva da βοῦς e στρέφειν), ma sinistrorsa o, se preferisci un termine più connotato occidentalmente, rerograda. Non è difficile trovare dei paralleli. C'è da dire che alcune lettere sono speculari, il che tradisce forse una insicurezza dello scriba. Sono state fatte molte ipotesi sul perché la scrittura sia retrograda anche in lingue destrorse, nessuna pienamente soddisfacente.

CITAZIONE
Osservo poi che le lettere non sono dipinte sul legno bensì incise. Mi chiedo: perché incise? Non sarebbe stato più rapido e semplice dipingerle?

Probabilmente si, non possiamo tuttavia escludere che fossero anche dipinte su un fondo bianco, o incise su un fondo bianco.

CITAZIONE
Proseguendo la carrellata di osservazioni, la parte in latino non riporta il nome di Gesù per intero bensì lo abbrevia con la sola iniziale seguita da un punto. Era una normale pratica del tempo abbreviare i nomi in tal modo?

Ricordiamoci che questa fantomatica I è una congettura, essendo perduta per danno fisico. L'abbreviazione è una possibilità anche se non soddisfa.

CITAZIONE
Sempre la parte in latino mostra un cambio "e"/"i", abbiamo infatti Nazarinus invece che Nazarenus. Clamorosa svista del falsario o lectio difficilior potior? Siamo forse di fronte ad un itacismo simile a quello che trasformò Cristo in Cresto e Cristiani in Crestiani (mi vengono in mente Svetonio e Tertulliano)?

La vocalizzazione nazarinus (con la maggior parte degli autori) oppure nazarenus (con la Rigato) è controversa. Dobbiamo ritenere migliore la la seconda lettura non solo perché la Rigato (e non altri) ha avuto l'opportunità di studiare attentamente l'originale, ma anche perché altrimenti non si spiegherebbe la vocalizzazione con epsilon nella riga greca, ναζαρενους e non ναζαρηνους, come ci si sarebbe pure potuto aspettare avendo paralleli in Mt 4,13 e Lc 4,16. Come suggerito dalla Rigato, potrebbe trattarsi di un calco dal latino, vocalizzato con 'E'.

CITAZIONE
Nella parte in greco, il nome di Gesù è abbreviato con due lettere. Anche qui, non saprei dire se fosse un uso comune.. Di certo, non possiamo considerarlo un nomen sacrum!! ^_^
A differenza del testo giovanneo (ma potrebbe sfuggirmi qualche variante) Gesù non è chiamato "Nazoràios" (Ναζωραιος ) bensì "Nazarenus", in una sorta di traslitterazione dal latino (con lo scambio e/i).

Non pone grossi problemi. Ci sarebbe tutto il film sulla forma della zeta ma, perlappunto, è un film funzionale al sostegno di una certa lettura della riga ebraica.
 
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view post Posted on 26/4/2011, 11:51     +1   -1
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Grazie per le precisazioni e gli approfondimenti.. A questo punto aspettiamo con ansia la conclusione del tuo saggio sulla forma della croce.

CITAZIONE (Teodoro Studita @ 26/4/2011, 11:23) 
Altre letture sono state proposte, tra cui Yeshua' Nazoraia Malka Diyehudaye e Yeshu HaNozri WeMelek HaYehudim.

Riguardo a quest'ultima lettura, leggo e riporto da Wiki (senza riferimenti):

<<molti anni fa un erudito ebreo, Schalom Ben-Chorin, ha avanzato l'ipotesi che la scritta ebraica fosse: "Yeshua Hanozri W(u)melech Hajehudim", cioè letteralmente: "Gesù il Nazareno è il Re dei Giudei". In tal caso le iniziali delle quattro parole corrisponderebbero esattamente con il tetragramma biblico, il nome impronunciabile di Dio, motivando con maggior forza le proteste degli ebrei>>

Personalmente non credo che il Pilato di "ciò che ho scritto ho scritto" potesse conoscere così bene l'ebraico e le relative tradizioni in modo tale da ordire siffatta perfida trama. E quindi, se fosse una pura coincidenza, a parer mio il valore teologico di tale ipotesi sarebbe talmente violento da squalificarla tout-court (tra l'altro immagino che tale "coincidenza" si sarebbe impressa abbastanza univocamente nella tradizione e, di riflesso, nei resoconti evangelici che invece sono discordanti sul contenuto del titulus).

ciao
Talità
 
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SimoneG82
view post Posted on 26/4/2011, 18:58     +1   -1




La composizione di un testo su legno, seppure imbiancato (preferisco scrivere in modo che qualsiasi utente della rete comprenda ciò che scrivo), perfettamente leggibile da un uomo di altezza media di 1,7m, che si trova almeno a 10m dal testo, doveva prevedere lettere di almeno 20cm di altezza, anche se forse mi tengo un po' basso: un cartiglio di quel genere avrebbe richiesto un tempo di composizione sensibilmente più alto di un testo normale, oltre a prevedere una tavola di legno alta almeno 80cm e larga anche più di 1m (tutti calcoli fatti a occhio, lo sottolineo). Se non ci sono dubbi che tale titulus doveva esistere a quel tempo, è molto più facile spiegare che lo scrittore antico realizzasse una tavoletta "normale" che una "fuori misura". Ma questa è solo una mia opinione ad occhio, vorrei capire come tu risolvi la questione.

CITAZIONE
Come visto, le possibilità erano molteplici e, se proprio se ne vuole scegliere una, occorre darne ragione, come illustrato dal nostro Regolamento (art.3) e prima ancora dal buon senso.

Il processo si celebra di mattina, Gesù è sulla croce già alle ore 12:00, di lì al tramonto sarebbero trascorse diverse ore, quindi tecnicamente il tempo per scrivere al volo su una tavoletta tra la condanna e l'avviamento al patibolo vi era eccome. L'incisione del legno con scrittura ordinaria per chi è pratico si può fare in pochi minuti.
CITAZIONE
Se, come sostieni (gratuitamente) tu, non era importante che il titulus fosse visibile una volta fissato sulla sommità dello stipes, gli ἀρχιερεῖς non avrebbero avuto motivo di protestare.

Infatti essi protestano per il motivo della condanna in primis, quando essa viene scritta da Pilato. Mentre tu ti appoggi ancora una volta all'interpretazione che dai al pensiero degli antichi e cioé che i sacerdoti ebrei non avrebbero protestato pensando che tanto la scritta non l'avrebbe letta nessuno una volta inchiodata alla croce a motivo del suo essere piccola, quindi doveva per forza essere grande.

CITAZIONE
Ancora una volta, sappiamo che le crocifissioni avvenivano sempre in luoghi isolati e spesso elevati (Artemidoro, Onirocritica, 1,76 ; 4,49; Plin. Nat. Hist. XIV, 12 ).

Tuttavia sappiamo che 6000 schiavi vennero crocifissi lungo la via da Capua a Roma

CITAZIONE
E da quale fonte siamo documentati del fatto che i familiari richiesero il titulus di Gesù?

Nessuna, ma non ha alcun senso porre la domanda: il titulus poteva essere recuperato e solo nel caso di Gesù si poteva avere una qualche intenzione di effettuare questo recupero. In altri casi sarebbe stato del tutto sciocco farlo, il che spiegherebbe la non conservazione di altri tituli.

CITAZIONE
Se posso essere d'accordo sulla prima parte della frase, certamente la paleografia (ma qui si tratta più propriamente di epigrafia) non ha mai costituito una "prova evidente e definitiva".

Infatti nessuno ha parlato di prova definitiva, ma al massimo di prova convincente

CITAZIONE
Tanto più se parliamo di una mezza riga smozzicata di una lingua che non ha certo conservato milioni di attestazioni tali da poter stabilire confronti sicuri. Se è così per il greco, lingua il cui uso è attestato per millenni in tutto il mediterraneo (per inciso la codicologia nasce proprio per l'impossibilità della paleografia greca di datare con certezza un manoscritto) a maggior ragione per l'ebraico e l'aramaico.

Resta il fatto che l'analisi paleografica del testo ebraico rende quelle lettere molto più vicine agli esemplari di primo secolo che conosciamo piuttosto che a quelli di altre epoche. Non servono milioni di esemplari, ne basta uno che sia chiaramente datato. Poi uno può anche non concordare, mica casca il mondo.

Boustrophedon:
Risposta convincente già data.

Incisione:
Più semplice sì, ma l'incisione avrebbe garantito una maggiore durabilità nel tempo.

Le osservazioni sul testo sono corrette, questo mi spinge ad una affermazione del tipo: un falsario, tanto più se falsario medievale (quindi ammettendo che ciò che Egeria vide nel IV secolo andò perduto nei secoli successivi per essere poi rifatto), avrebbe copiato il testo evangelico senza commettere errori così banali, altrimenti nessuna chiesa l'avrebbe recepito a motivo del suo contrasto con i vangeli stessi. Classico caso di reperto di cui per il rasoio di Occam è quasi più facile postulare la sua antichità che non la sua medievalità.

Edited by Talità kum - 26/4/2011, 20:38
 
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view post Posted on 26/4/2011, 20:52     +1   -1
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CITAZIONE (SimoneG82 @ 26/4/2011, 19:58) 
La composizione di un testo su legno, seppure imbiancato (preferisco scrivere in modo che qualsiasi utente della rete comprenda ciò che scrivo), perfettamente leggibile da un uomo di altezza media di 1,7m, che si trova almeno a 10m dal testo, doveva prevedere lettere di almeno 20cm di altezza, anche se forse mi tengo un po' basso: un cartiglio di quel genere avrebbe richiesto un tempo di composizione sensibilmente più alto di un testo normale, oltre a prevedere una tavola di legno alta almeno 80cm e larga anche più di 1m (tutti calcoli fatti a occhio, lo sottolineo). Se non ci sono dubbi che tale titulus doveva esistere a quel tempo, è molto più facile spiegare che lo scrittore antico realizzasse una tavoletta "normale" che una "fuori misura". Ma questa è solo una mia opinione ad occhio, vorrei capire come tu risolvi la questione.

In realtà basta una dimensione di poco maggiore (diciamo del 50%) per essere leggibile almeno agli astanti. Ora, visto che le lettere più grandi della tavoletta di s.Croce sono di 3-4 cm, non serve usare una sequoia della California, basta realizzare una tavoletta un po' più grande per assolvere il suo compito, quello, cioè di essere leggibile una volta piazzata sulla croce. Infatti, siamo informati di questo momento, mentre nulla possiamo inferire circa il trasporto, visto il totale silenzio non solo delle fonti specifiche, ma anche di quelle parallele. Dunque non vedo nessuna difficoltà, il titulus di s.Croce è un falso medioevale (e questo già lo sappiamo) e, qualora fosse la copia del vero titulus, lo sarebbe verosimilmente in scala ridotta.

CITAZIONE
Il processo si celebra di mattina, Gesù è sulla croce già alle ore 12:00, di lì al tramonto sarebbero trascorse diverse ore, quindi tecnicamente il tempo per scrivere al volo su una tavoletta tra la condanna e l'avviamento al patibolo vi era eccome. L'incisione del legno con scrittura ordinaria per chi è pratico si può fare in pochi minuti.

A parte il non sequitur (dalle 12 al tramonto c'è tanto tempo, ma dalla condanna e l'avviamento al patibolo assolutamente no), non l'ho mai considerato un problema. Di certo chi realizzò la tavoletta non pensò di fare una capolavoro di epigrafia, dunque non penso che l'investimento di tempo sia certo stato dell'ordine delle ore. Questo tuttavia nulla aggiunge a quanto già detto sulla datazione (id est sulla originalità del titulus di s.Croce).

CITAZIONE
Infatti essi protestano per il motivo della condanna in primis, quando essa viene scritta da Pilato.

A prescindere dalla querelle sulla storicità o meno del racconto, è del tutto irrazionale che i sacerdoti protestassero perché Gesù non era stato condannato per qualcosa di diverso dalla lesa maestà (violazione della Lex Iulia, o quello che ti pare), quando è ovvio che a loro interessava che Gesù fosse tolto di mezzo, chissenefrega della motivazione. Protestano perché dalla motivazione non si evince che in effetti Gesù non era il Re dei Giudei, ma uno che millantava tale titolo. Questa è almeno la percezione del redattore del vangelo, che si suppone avesse maggiore accesso a questo genere di notizia di noi (su questo si può sentire anche il parere dell'ottimo Weiss). E se il titulus non fosse stato ben leggibile a tutti, che senso avrebbe avuto la protesta, quello di una questione di principio? Infatti il titulus fu posto dove doveva essere, cioè bene in vista, come confermato dalle fonti che lo collocano "sopra", o "sopra la testa". Più chiaro di così...

CITAZIONE
Tuttavia sappiamo che 6000 schiavi vennero crocifissi lungo la via da Capua a Roma

Ogni regola, per definizione, ha delle eccezioni. E crocifissioni di seimila persone erano casi eccezionali. Negli altri, siamo ben documentati dalle fonti che avvenivano perlopiù in luoghi isolati e ben visibili, in funzione deterrente. Era così a Roma, nelle province, ovunque.

CITAZIONE
CITAZIONE
E da quale fonte siamo documentati del fatto che i familiari richiesero il titulus di Gesù?

Nessuna, ma non ha alcun senso porre la domanda: il titulus poteva essere recuperato e solo nel caso di Gesù si poteva avere una qualche intenzione di effettuare questo recupero. In altri casi sarebbe stato del tutto sciocco farlo, il che spiegherebbe la non conservazione di altri tituli.

Io penso che sarebbe stato sciocco farlo anche le caso di Gesù, a meno di non voler retroproiettare la nostra percezione di Gesù sui contemporanei, un'operazione quantomeno discutibile. Gesù agli occhi dei suoi contemporanei era un condannato a morte, non molto diverso dai Bar Koshiba o dai sobillatori che periodicamente creavano tumulti in palestina. I suoi stessi discepoli erano placidamente tornati alla pesca dopo la sua morte, perché darsi dunque cura di conservare "reliquie"?

CITAZIONE
Resta il fatto che l'analisi paleografica del testo ebraico rende quelle lettere molto più vicine agli esemplari di primo secolo che conosciamo piuttosto che a quelli di altre epoche.

Allora potresti iniziare a portare dei dati, visto che in tre post non abbiamo visto lo straccio di una fonte. Vediamole queste scritture datate su cui fare una comparazione.

CITAZIONE
Incisione:
Più semplice sì, ma l'incisione avrebbe garantito una maggiore durabilità nel tempo.

Certo perché lo schiavo o il soldato che scrisse il titulus sicuramente pensò a come conservare nei millenni il suo capolavoro. Come no.

CITAZIONE
(quindi ammettendo che ciò che Egeria vide nel IV secolo andò perduto nei secoli successivi per essere poi rifatto)

L'inventio crucis è palesemente leggendaria. Le fonti contemporanee non ne parlano, la storia viene fuori sessant'anni dopo in maniera quantomeno sospetta. Non abbiamo nessun modo di provare che ciò che videro Egeria o il pellegrino di Piacenza sia il titulus di s.Croce, per quanto ne sappiamo potrebbe essere qualsiasi cosa.

CITAZIONE
Le osservazioni sul testo sono corrette, questo mi spinge ad una affermazione del tipo: un falsario, tanto più se falsario medievale [...] avrebbe copiato il testo evangelico senza commettere errori così banali, altrimenti nessuna chiesa l'avrebbe recepito a motivo del suo contrasto con i vangeli stessi.

Questo è l'unico argomento serio a favore della copia da originale. Stai ripetendo ciò che già avevo scritto nel mio primo post. Se non ci fosse questo non ci sarebbe proprio nulla da discutere.

In ogni modo ti invito ad evitare gli assiomi che piovono dal cielo, per quelli ci bastano gli Odifreddi e i suoi molti epigoni. Almeno qui cerchiamo di ragionare con le fonti, sia quelle antiche, che sui lavori contemporanei prodotti dall'accademia. Questo è richiesto ai semplici foristi prima ancora che ai moderatori.

 
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