Studi sul Cristianesimo Primitivo

il Purgatorio, Quando è nato, come è nato

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Polymetis
view post Posted on 7/7/2011, 12:32 by: Polymetis     +1   -1
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Ho l'impressione che Lucifero non vada oltre la logica binaria, e che dunque veda solo o bianco o nero, incapace di cogliere le sfumature della teologia.
Un Padre della Chiesa può essere ovviamente sia santo che eretico per quanto concerne determinate dottrine, e questo è ovvio anche in casa cattolica, considerato che nessuno è infallibile, neppure il papa, bensì, com'è noto, alcuni suoi atti sono infallibili.
Che dunque singoli autori possano avere, accanto al loro tronco ortodosso, dei singoli rami eretici, è pacifico.
Ingenuo poi è pensare che possa esistere un "numero" di Padri della Chiesa che rende un dato appartenente alla Traditio. La cosa non ha senso. Esattamente come per la Scrittura, l'unica autorità che può stabilire cosa faccia parte o meno della Traditio è il giudizio della Chiesa, nessun calcolo matematico esterno dunque può dar conto di questo fatto.
La più famosa definizione di ciò che deve essere considerato Traditio è la definizione di Vincenzo di Lerins, il quale dice: "Magnopere curandum est ut id teneatur quod ubique, quod semper, quod ab omnibus creditum est".
Ma, come mostrano i cascami eretici dei singoli Padri della Chiesa, non esiste niente che sia stato creduto "sempre, ovunque, e da tutti", sicché, da capo, bisogna, per stabilire cosa è stato creduto da tutti, che il giudizio della Chiesa separi quella che è la deviazione eretica del Padre della Chiesa x sull'argomento y, al fine di stabilire che, con l'eccezione di quel Padre della Chiesa e di pochi altri, sull'argomento y in tutte le epoche c'è stata concordanza, cioè, al tempo in cui il Padre della Chiesa professava l'eresia riguardo a y, c'era tuttavia il resto della Chiesa che professava l'opinione corretta. Sicché in ogni epoca occorrerebbe esser in grado di distinguere il parere comune dalla singola opinione eretica che si trova in questo o quell'autore. Sicché fa parte della Tradizione ciò che abbia un filo di sviluppo interrotto, e sia stato patrimonio della maggioranza. Vale a dire che nel secolo x ci potrebbero essere anche 10 Padri della Chiesa che professano un eresia, ma ciò è irrilevante se nello stesso secolo 100 predicano l'ortodossia. Sicché, non può esistere alcun numero "minimo" per entrare nella Traditio.
A questo proposito, il giudizio su quale dottrina soddisfi il requisito di essere sempre stata parte dell'ortodossia maggioritaria, spetta sempre alla Chiesa.
Nel cattolicesimo e nell'ortodossia il giudizio su cosa faccia parte della Traditio non è scollegabile dal parere dei depositari stessi della Traditio, cioè i vescovi.


CITAZIONE
Se riconosciamo i nostri peccati, egli che è fedele e giusto ci perdonerà i peccati e ci purificherà da ogni colpa. (1Giovanni 1:9)

Chiunque è nato da Dio non commette peccato, perché un germe divino dimora in lui, e non può peccare perché è nato da Dio. (1Giovanni 3:9)

Sappiamo che chiunque è nato da Dio non pecca: chi è nato da Dio preserva se stesso e il maligno non lo tocca. (1Giovanni 5:18)

Questi versetti rientrano in quella che si chiama normalmente "giustificazione", nel senso che grazie alla fede Dio ci imputa una giustizia per Grazia. Sono cioè i frutti dello Spirito. Chi segue la parola di Dio e la lascia fruttare in sé, non pecca. Ma questo ovviamente non implica che noi, dotati di libero arbitrio, riusciamo sempre a mantenere questo stato. Chi risponde a Dio e segue lo Spirito non pecca, ma noi facciamo ciò incessantemente? Purtroppo a volte anziché ricordarci la nostra vocazione battesimale, seguiamo la terrestrità. Sicché i versetti non vanno intesi nel senso che all'uomo sia impossibile peccare, perché chi avesse scritto una cosa del genere sarebbe stato immediatamente smentito dall'esperienza fattuale. Si tratta invece di un modo di dire secondo cui quando diventiamo uomini nuovi perché rispondiamo positivamente alla Grazia, non pecchiamo.
Quanto alla giustificazione per fede, questa dottrina sostiene che noi non possiamo guadagnarci la salvezza con le nostre sole forse (l'eresia di Pelagio), e che dunque abbiamo bisogno della Grazia di Dio che ci giustifica, che ci rende giusti, ci imputa la giustizia, e ci perdona le colpe.
Com'è noto la teologia cattolica però distingue la remissione della colpa dalla remissione della pena, sicché la remissione della colpa non comporta automaticamente la remissione della pena.

Per Teo
CITAZIONE
"Non mi permetterei mai di fare scherzi filosofici a un filosofo, tuttavia non posso fare a meno di notare come l'atemporalità di cui parli (e che personalmente condivido) faccia a pugni con "prima di accedere". Per quanto mi riguarda, tirando le conseguenze del discorso sull'atemporalità, "prima di accedere" a Dio uno è vivo. Posso accettare "quando" (i.e. al momento in cui), ma non "prima", altrimenti stiamo sussumendo che esista un lasso di tempo tra la morte e l'accesso a Dio. Mi sembra altrettanto pacifico che il purgatorio nella sua esplicitazione classica non sia compatibile con questa atemporalità di cui parliamo, mentre può funzionare con il "prima" che lascia aperte le porte a ogni tipo di speculazione su questo tempo intermed"

Hai perfettamente ragione. Credo che alla dottrina del purgatorio basti affermare che la purificazione dell'anima fa assurgere ad un maggiore livello di comunione con Dio. Si può dunque affermare che anche l'anima del purgatorio è al cospetto di Dio, e, proprio mentre è al suo cospetto, viene purificata dalla fiamma dell'amore divino, accedendo così ad una più piena comunione con Dio.
Del resto, quando si dice che le anime del purgatorio e dell'inferno non vedono Dio, non si può comunque a mio avviso escludere una partecipazione divina a differenti livelli in nessuno di questi due stati. Se ogni cosa è in quanto la volontà di Dio la fa sussistere, allora Dio tiene nell'essere anche le anime dei dannati, o l'inferno, per parlare con metafore "locali". L'inferno dunque è una privazione da Dio nel senso di una condizione quanto più possibile distante da Lui, ma non credo si possa arrivare a dire che c'è una parte dell'Essere in cui Dio non è presente, tale sezione della realtà infatti precipiterebbe nel nulla (Eb 1,3). Si dovrà dunque parlare di partecipazioni graduate...
Dopo la morte, come diceva Ravasi, l'anima viene giudicata, amata e purificata in un tutt'uno, tre aspetti distinti di un medesimo istante di eternità. Forse in successione logica, ma non certo cronologica. A tale istante di giudizio e purificazione afferiscono le preghiere per i defunti. Il tema è quello della solidarietà della Chiesa, che è il corpo di Cristo, per tutti i suoi membri: Il Catechismo della Chiesa Cattolica cita Giovanni Cristostomo, il quale scriveva: « Rechiamo loro soccorso e commemoriamoli. Se i figli di Giobbe sono stati purificati dal sacrificio del loro padre, 626 perché dovremmo dubitare che le nostre offerte per i morti portino loro qualche consolazione? [...] Non esitiamo a soccorrere coloro che sono morti e ad offrire per loro le nostre preghiere ». (San Giovanni Crisostomo, In epistulam I ad Corinthios, homilia 41, 5: PG 61, 361.)

CITAZIONE
A beneficio dei lettori, lucrum, come il corrispettivo greco λάω, indica etimologicamente qualcosa che si arraffa e che costituisce un guadagno (ἀπολαύω). Il termine è assolutamente perfetto perché nella fattispecie come ogni bene fisico anche questi sconti di pena avevano un valore monetario e un mercato. Oggi questo non esiste più ma è rimasto il relitto linguistico.

Continuo a non capire dove starebbe l'argomentazione. Se lucrum è ciò che si arraffa e si costituisce un guadagno, allora l'ottenere un'indulgenza è un guadagno per il credente a prescindere da come la si sia ottenuta, cioè con soldi o con mere pratiche votive. Non capisco dunque perché il verbo "lucrare" riferito all'ottenimento delle indulgenze avrebbe in sé una connotazione acquisto monetario.

Ad maiora
 
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56 replies since 4/7/2011, 18:14   2683 views
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