Studi sul Cristianesimo Primitivo

Una lezione di metodo, Ciò da cui non si può prescindere

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Beliél
view post Posted on 25/9/2011, 16:00     +1   -1




QUESTA DISCUSSIONE È UNO SPIN-OFF DELLA PRESENTAZIONE DI BELIEL. CI OFFRE LO SPUNTO PER FARE (SPERO UNA VOLTA PER TUTTE) UNA RIFLESSIONE SUL METODO STORICO-CRITICO. INVITO DUNQUE TUTTI GLI ACCADEMICI DEL FORUM A ILLUSTRARE CON LA DOVUTA PAZIENZA I PRINCIPI DI BASE DEL NOSTRO LAVORO.

TEO
_____________________________________________________________________________________________________________________________________

CITAZIONE (Polymetis @ 25/9/2011, 13:48) 
CITAZIONE
“Nei primi versetti di questo Salmo si dice che Yahweh Elohim siede in mezzo all’assemblea di El (forma al singolare usata per designare il “dio”supremo) Elijòn (!wyl[ Altissimo/Elevato/Che-Sta-In-Alto) e sta pronunciando la sua sentenza in mezzo ad altri Elohim, suoi colleghi, ma evidentemente di rango inferiore. “

Beh, a dire il vero alcuni credono che questo salmo sia una satira verso dei giudici umani, basata sul fatto che elohim vuol dire in ebraico sia “Dio” sia “giudici”. Sicché, esattamente come Dio siede nel suo consiglio celeste presso gli altri elohim (dèi- esseri divini), così qui il salmista gioca sull’ambivalenza del termine “elohim”, tenendo aperto un doppio registro di significato, e significando contemporaneamente che questi sono giudici umani in mezzo ai quali Dio presiede. Ovviamente, la seconda immagine, cioè che dio presiede in mazzo a dei giudici umani, non è reale ed è costruita solo tramite un gioco di parole reso possibile dal fatto che gli elohim sono anche esseri divini alla corte di YHWH, sicché l’immagine dell’assemblea celeste ne fonda una di un consesso di giudici terreno. Continua la sua satira il salmista affermando poi che se questi giudici “elohim”, hanno un nome che condividono cogli esseri sovrannaturali al servizio di YHWH, allora evidentemente nella loro iniquità disonorano Dio e quel nome.
Gesù stesso, in Giovanni, usa questo passo, facendoci capire che nel suo intendimento il Salmo parlava di uomini, quando dice ai giudei “voi siete dèi” (Gv 10,34)! L’argomentazione di Gesù, anche qui un gioco di parole, era che se persino uomini sono chiamati “elohim” (dèi), anche lui, a maggior ragione, che è Figlio di Dio, può chiamarsi Dio.
Sia Gesù che il Salmista fanno satira. Il salmista perché dei giudici iniqui sono chiamati “Dèi” perché si danno arie di onnipotenza, e il salmista dice loro che non sono degni di condividere il nome di “elohim”(giudici) coi figli di Dio (elohim in altro senso).

Io sono dell'opinione che l'Antico Testamento, quando ci parla, ci dice esattamento quello che ci vuole dire, nulla di più, nulla di meno. Alle parole della Torah si possono attribuire anche settanta significati diversi, ma c'è ne uno che non possono non avere, ed è il significato letterale.
Naturalmente l'interpretazione che Lei ha fornito in riferimento al passo del Salmo 82 (83) è una delle numerose che vengono riportate per la spiegazione di questo Salmo; intepretazione che però continua a non convincermi.

In primis perché non tiene in considerazione gli altri passi biblici riferiti ad El Elyon, dove si fa chiaramente una distinzione tra questa divinità (probabilmente da identificare con ANU) e lo Yahweh biblico.
In secundis perché questa interpretazione si basa sulla visione di un discorso riportato da un Gesù (Gv. 10: 34) che in questo contesto è stato palesemente inventato.
Vediamo perché.

Il passo di Giovanni ove Gesù pone in relazione i Giudei al Salmo biblico 82 (83) fa riferimento ad una situazione di astio instauratasi coi Giudei, i quali "raccolsero di nuovo le pietre per lapidarlo" (Gv. 10: 31).
Pochi versetti prima, l'evangelista ci dà una informazione sull'ambientazione, il periodo ed il contesto storico in cui questa diatriba si è articolata:

"Ricorreva allora a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era inverno e Gesù passeggiava nel tempio, sotto il portico di Salomone. Gli si fecero attorno i Giudei e gli dicevano: "Fino a quando ci tiani con l'animo sospeso? Se sei il Cristo, diccelo apertamente!" (Gv. 10: 22).

Gesù non avrebbe mai potuto in quel discorso fare riferimento al Salmo biblico 82 (83), dandogli quella determinata interpretazione, perché il contesto storico in cui è ambientata questa diatriba dimostra chiaramente l'invenzione di questa vicenda.
Il portico di Salomone dove passeggiava Gesù e sotto il quale si riunirono i Giudei che volevano lapidarlo, in quel periodo non esisteva!

Nel libro XVII dal paragrafo 254 al 270, Giuseppe Flavio ci riferisce che, poco dopo la morte di Erode il Grande (siamo alla fine del mese di maggio dell’anno 4 af.C.), giunta la Pentecoste, in Gerusalemme vi fu una pericolosa rivolta da parte di Giudei, Galilei e Idumei contro il procuratore romano Sabino, il quale si mobilitò subito per inviare una lettera di soccorso al governatore della Siria Varo Quintilio.

Nel corso della rivolta Giuseppe Flavio riferisce che, durante i combattimenti:

“Avvenne che i Romani, trovandosi in una situazione disperata, diedero fuoco ai portici senza essere visti dai Giudei, saliti sopra, e il fuoco nutrito da molte mani e da materiale molto combustibile, presto raggiunse il tetto. Questo conteneva legname saturo di pece, di cera, e macchiato d’oro e subito si arrese (alle fiamme); e quell’opera grandiosa e magnifica fu completamente distrutta. E quelli che erano sui portici furono presi in modo inaspettato da tale distruzione, poiché quando precipitò il tetto furono coinvolti nella sua rovina, altri, invece, chiusi da ogni parte dal nemico, crollarono”
(Ant. XVII 261, 262).

Le fiamme, alimentate da materiali altamente combustibili, trovarono una facile via nei soffitti dei porticati i quali, ci informa Giuseppe Flavio, “furono fatti di legno massiccio” (Ant. XV 416), ed alla cui struttura erano legate le pesanti colonne del porticato. In conseguenza alla caduta del soffitto, le colonne caddero le une sulle altre, ingenerando un effetto domino e danneggiandosi irrimediabilmente. Il portico orientale del tempio, ov’era ubicato il portico definito “di Salomone”, fu quello che subì più danni, costruito com’era a picco della profonda valle del Cedron (Qidrón in ebraico, cioè “oscuro”), nel quale caddero molte delle colonne monolite, disintegrandosi.

Il portico di Salomone, distrutto completamente durante la rivolta della Pentecoste del 4 af.C., non fu mai ricostruito, nonostante la volontà degli abitanti i quali – alla fine della procura di Albino e poco prima della venuta di Gessio Floro (a cavallo tra il 63 e il 64 df.C.) – ne richiesero espressamente la costruzione al re Agrippa II:

“Proprio ora era stato completato il tempio. Il popolo vide che gli operai, erano più di diciottomila, non lavoravano e sarebbero rimasti senza paga, perché col lavoro del tempio guadagnavano da vivere; […] spinsero così il re a innalzare il portico orientale” (Ant. XX 219, 220).

A causa del bisogno di manodopera, dunque, che avrebbe lasciato oltre 18.000 operai senza lavoro, il popolo reclamò a gran voce l’erezione del portico detto di Salomone; di cui Giuseppe Flavio, nel continuo della narrazione, spiega:

“Questo portico era parte del lato esterno del tempio e dava su di una valle profonda (il Cedron); aveva mura di quattrocento cubiti di lunghezza ed era costruito con pietre quadrate, completamente bianche, ognuna di esse aveva la lunghezza di venti cubiti e sei cubiti di altezza. Questa era un’opera del re Salomone, che per primo eresse tutto il tempio” (Ant. XX 221)

A questo punto della narrazione, lo storiografo ebreo giustifica la decisione di Agrippa rifacendosi alla passata rivolta che indusse i romani a dare alle fiamme i porticati del Tempio:

“Il re, al quale Claudio Cesare aveva affidato la cura del tempio, pensava che è sempre facile demolire una struttura (in questo caso si riferisce ad una demolizione non da effettuarsi, ma già avvenuta nel passato, NdA), ma difficile erigerne un’altra e ancor più nel caso di questo portico, in quanto il lavoro avrebbe richiesto tempo e notevole quantità di denaro, respinse perciò la loro richiesta, ma non vietò la pavimentazione della città con pietre bianche. (Ant. XX 222).

Il re, dunque, “respinse la loro richiesta”: quella di innalzare (e non sostituire!) il portico orientale del Tempio, distrutto 70 anni prima dai Romani.

Dalla cronologia degli avvenimenti sopra esposti, pertanto, risulta palese l'inesistenza, all'epoca di Gesù, del portico sotto cui si erano svolti i fatti a noi interessati, e quindi: Gesù non avrebbe mai potuto passeggiare in quel contesto storico sotto un portico inesistente; i Giudei non si sarebbero mai potuti riunire per lapidare Gesù e, infine, cosa che a noi interessa, Cristo non avrebbe mai potuto citare il riferimento al Salmo biblico 82 (83) fornendoci l'interpretazione che Lei ha riportato.

Al limite, si potrebbe affermare che questa era l'interpretazione del passo biblico dell'autore - o più probabilmente della scuola di pensiero - che aveva, nel passo di Giovanni 10: 22-42, inventato questo Gesù.

A mio parere le interpretazioni sono molteplici, e bisogna ricercarle in riferimento ad altri versetti biblici.

--
Ad maiora
Beliel


Edited by Beliél - 8/12/2012, 00:34
 
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view post Posted on 25/9/2011, 17:05     +1   -1
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CITAZIONE (Beliél @ 25/9/2011, 17:00) 
Io sono dell'opinione che l'Antico Testamento, quando ci parla, ci dice esattamento quello che ci vuole dire, nulla di più, nulla di meno.

Il problema è che l'Antico Testamento non esiste. Esiste una collezione di libri che godono di un qualche status (assai variabile) di canonicità, composti da una molteplicità di autori in un lasso di tempo lungo quasi un millennio, caratterizzati ognuno da un proprio sitz-im-leben, stile, genere letterario, linguaggio, finalità, destinatario, etc. Inoltre, anche prendendo un solo testo (ammesso che questo possa considerarsi unitario in quanto a fonti che lo compongono e redazione), la notevole fluttuazione attribuibile alla presenza di varianti testuali (spesso non censite!) rende difficile qualsiasi assioma come il tuo, perché il testo che leggiamo già di base può essere assai malsicuro. Ma anche ammettendo che in un testo unitario ci sia un pezzo testualmente sicuro, ci sono le difficoltà linguistiche: ancor oggi ci sono lessemi di cui si ignora bellamente il significato, e tale problema è particolarmente acuto in libri come Giobbe o altri sapienziali, per non parlare di alcuni tra i salmi più antichi. Dunque affermare che un testo dice ciò che dice (un pochino tautologico, no?) è giusto, il problema di base, che forse ti sfugge è che prima questo testo andrebbe letto. Id est, la filologia non è un orpello, ma è la base dalla quale cominciare a discutere.

CITAZIONE
[...]in riferimento al passo del Salmo 82 (83) è una delle numerose che vengono riportate per la spiegazione di questo Salmo; intepretazione che però continua a non convincermi.
In primis perché non tiene in considerazione gli altri passi biblici riferiti ad El Elyon, dove si fa chiaramente una distinzione tra questa divinità (probabilmente da identificare con ANU) e lo Yahweh biblico.

Carissimo, va bene hai 17 anni e va bene non si può dire che il tuo ambiente di formazione sia un fulgido esempio di rigore scientifico, ma un po' di buon senso dovrebbe suggerire di essere meno dogmatico, e non aver la pretesa di insegnare il mestiere a gente che vive nel mondo accademico e che pubblica nell'editoria scientifica. Dunque, prima di iniziare con la fantamitologia, potresti indicare le fonti di queste affermazioni. Fonti primarie e fonti secondarie, perché uno dei cardini del metodo scientifico è che le affermazioni (tutte) devono essere illustrate (evito la parola "dimostrate") da un congruo numero di fonti.

CITAZIONE
In secundis perché questa interpretazione si basa sulla visione di un discorso riportato da un Gesù (Gv. 10: 34) che in questo contesto è stato palesemente inventato.

È molto probabile che il discorso di Gesù sia stato "palesemente inventato", ma non per le ragioni che hai in mente tu, e questo è del tutto pacifico.
Di certo, però, l'interpretazione del Salmo data da Poly non si basa affatto su Gv 10, ma sullo studio diacronico del lessema in questione, che puoi seguire su qualsiasi lessico, ad esempio il classico Kittel, ad vocem.

CITAZIONE
Gesù non avrebbe mai potuto in quel discorso fare riferimento al Salmo biblico 82 (83), dandogli quella determinata interpretazione, perché il contesto storico in cui è ambientata questa diatriba dimostra chiaramente l'invenzione di questa vicenda. Il portico di Salomone dove passeggiava Gesù e sotto il quale si riunirono i Giudei che volevano lapidarlo, in quel periodo non esisteva!

Qui ci sono due enormi problemi di metodo. Abbiamo due ipotesi: Il portico esisteva, oppure non esisteva.
Nel caso esisteva, non abbiamo alcun elemento per dire che Gesù fece quel discorso, ma al massimo per dire che la cornice narrativa è realistica.
Nel caso non esisteva, non abbiamo alcun elemento per dire che Gesù NON fece quel dicorso, ma al massimo per dire che la cornice narrativa NON è realistica.
Gesù può aver fatto quel discorso in un altro posto e poi il redattore, magari 70 anni dopo, ha inventato di sana pianta la cornice, oppure Gesù può aver fatto un discorso simile, ma il redattore lo ha completamente aggiustato fornendolo di una cornice storica non plausibile per l'epoca, oppure può essere tutto inventato tout-court. Sui criteri di storicità esiste una vastissima letteratura (cito solo il più famoso J.P.Meier, A Marginal Jew, vol I), ma se leggi un po' la sezione "Gesù Storico" ce n'è quanto ne vuoi. Qui, tuttavia, siamo a un livello ancora previo, cioè la semplice logica, dove per fondare un nesso causale ci vuole una acribìa ben maggiore.

E ora qualcuno prosegua... :rolleyes:
 
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view post Posted on 25/9/2011, 21:03     +1   -1
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Caro Beliél, non vorrei che tu avessi frainteso le mie parole. Io non mi sono affatto pronunciato sulla tua tesi circa una distinzione tra El Elyon ed YHWH in strati arcaici della tradizione vetero-testamentaria, né, a dire il vero, ti ho detto alcunché su quale sia il mio parere circa il Sal 82. Ti ho segnalato un’interpretazione, ma non t’ho detto se io la condivida.
Detto questo, devo dirti alcune cose:

1)Dici che c’è un senso letterale, che è di sicuro vero, e che poi ce ne possono essere altri. Quello che vorrei farti capire è che il problema qui è proprio quale sia il senso letterale. Siccome “elohim” può voler dire sia “dèi” che “giudici” terreni in ebraico, allora non puoi dirmi che l’interpretazione letterale è che qui ci sia scritto “dèi”, e che “giudici” sarebbe un’interpretazione. Non è così che funziona. Il punto è che elohim vuol dire anche giudice, e dunque leggere “giudici” può essere una lettura altrettanto letterale e di prima battuta. Sicché, come ti ha detto Teo, non puoi dire che segui un senso letterale se prima non stabilisci quale sia il senso letterale. Se prendi la versione di Rav Disegni infatti traduce il v. 5 con: “I giudici non sanno, non capiscono qual è la loro responsabilità”, e tutto il Salmo in genere è preceduto da una nota in cui si dice “Invettiva contro i giudici che sovvertono la giustizia”.
Elohim indica qualsiasi essere potente, umano o divino. Il fatto che YHWH sieda ad un concesso di giudici umano, cosa materialmente impossibile, può essere proprio un gioco semantico fatto dall’autore sfruttando l’ambivalenza di “elohim” come “dèi” e come “giudici”. Vale a dire che, proprio prendendo a prestito l’immagine della corte celeste di YHWH, che è fatta di elohim (dèi), l’agiografo faccia un gioco di parole, basato sul fatto che “elohim” vuol dire anche giudici, e satireggi così questi giudici che si comportano come dèi. Oppure c’è un parallelismo: così come Dio ha affidato a ciascuno dei suoi elohim sovrannaturali una porzione di terra da proteggere, così Dio ha affidato anche a ciascun governante\giudice una porzione di mondo, eppure essi non sanno far rispettare la giustizia sulla parte di mondo a loro affidata.
2)Come vedi quest’interpretazione, che io non ho detto di condividere, ma che ti segnalo perché è quella della tradizione rabbinica, non si basa sul fatto che Gesù l’abbia fatta propria, ergo la storicità o meno del dialogo di Gesù non sposta la questione. Io non so se quel dialogo sia di Cristo, e francamente non ho il tempo di mettermi a studiare se davvero quel porticato di fosse o no, ma la cosa non è granché rilevante perché quasi nessun esegeta cristiano crede oggi che i discorsi giovannei siano gli ipsissima verba di Gesù. Se non sono parole sue, sono comunque un’interpretazione di qualcuno del I secolo, e come tali vanno considerate.
3)Non vedo cosa c’entri la distinzione tra El Elyon e Yhwh, eventualmente ricavabile da altri passi biblici. Qui può darsi benissimo che il Dio supremo che giudica sia YHWH, e che gli altri elohim (dèi) di cui si parla siano esseri sovrannaturali sottoposti a YHWH. Sicché, anche ipotizzando che in questo salmo ci sia una visione dove si parla solo di creature celesti, non occorre andare a scomodare una distinzione tra El Elyon e Yhwh, e basta utilizzare una divisione tra YHWH ed “angeli”/”esseri divini” a lui inferiori.
La distinzione tra El Elyon e Yhwh, quest’ultimo visto come un dio locale, si potrà eventualmente ricavare da altri passi biblici.
 
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rocny_24
view post Posted on 25/9/2011, 22:07     +1   -1




CITAZIONE
Alle parole della Torah si possono attribuire anche settanta significati diversi, ma c'è ne uno che non possono non avere, ed è il significato letterale.

Ahimé Beliél, il senso letterale nei libri che compongono il cosiddetto Antico Testamento, così come nel Nuovo Testamento, è comunque difficile da trovare, ma soprattutto non è la prospettiva giusta per leggere questo genere letterario.
Tutti i testi dell'AT e NT vengono scritti per testimoniare/trasmettere l'esperienza religiosa e di fede di una persona, di un gruppo o di un popolo.
Sono scritti che raccontano di fatti avvenuti molti anni prima, ripercorrono l'esperienza vissuta con la comprensione che viene data dall'esperienza di vita. E' una capacità, credimi, molto importante, sapere rileggere i fatti avvenuti nel nostro passato con una migliore comprensione. Ed allora non si può essere precisi e puntuali nei fatti, né certo si può descrivere in termini scientifici l'esperienza dell'incontro con "il divino".

Leggere il senso letterale degli scritti biblici è come leggere il senso letterale di una poesia d'amore. Ne ricavi solamente un significato distorto.
 
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view post Posted on 25/9/2011, 22:10     +1   -1
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Ebbene, già da queste poche parole avrai intuito che la materia è vasta e si basa su presupposti di cui in larga parte (più che normalmente, vista l'età) non eri al corrente. Ad esempio in un di quei video un po' grotteschi dove il povero Nanni (di cui vi consiglio il suo saggio sull'esorcismo "il dito di Dio") cerca invano di trovare un linguaggio comune per potervi illustrare il suo punto di vista, sembri non ammettere che il testo biblico possa avere delle fluttuazioni.
Questo introduce un secondo punto su cui far riflettere tutti i neofiti, cioè la differenza tra il discorso religioso e quello puramente scientifico. Dal punto di vista letterario, il testo biblico non si comporta diversamente da tutti i testi trasmessi dall'antichità attraverso secoli di copiatura, o di errori se preferite.
Questo non scandalizza nessuno, a parte qualche protestante di terza generazione che ritiene la Bibbia una sorta di masso caduto dal cielo con su una sorta di stenografia divina. Il resto del mondo, quello che accetta e condivide il metodo storico-critico, lavora su questi testi innanzituttonper stabilire un testo criticamente affidabile, lasciando poi il passo all'esegesi, la teologia, etc.
La prima cosa da fare, dunque, è sempre stabilire il testo, e la filologia serve a questo.

La seconda cosa da fare è "pesare" le fonti, metterle in relazione, ma sempre in maniera critica. Non possiamo accettare Giuseppe Flavio, ad esempio, solo perché da qualche parte dice qualcosa che ci fa comodo per un risultato cui vogliamo arrivare, non è così che funziona. Tutte le fonti possono riportare errori volontari o involontari: ad esempio Giuseppe era un lealista, e difficilmente parlerà male dei suoi protettori (i.e. vespasiano e Tito), dunque occorrerà fidarsi di quanto dice solo se i suoi dati coincidono, ad esempio, con qualcuno del partito avverso. Ma anche ammettendo che lo storico parli in buona fede non è detto che conosca i fatti: le sue fonti potrebbero essere approssimative, o proprio inaffidabili come spessissimo accade negli storici dell'antichità. In ultimo, la fonte deve a sua volta passare attraverso l'imbuto copista, con tutto il rischio di selezione del materiale e/o eventuali interpolazioni, come nel caso del celebre testimonium.

Come vedi, le cose non sono semplici. Provo a sintetizzare alcuni princípi.

1) non bisogna mai partire sapendo già dove si vuole arrivare. Quando si ha a che fare con la Chiesa, è una tentazione di molti quella di immaginare complotti planetari o scenari da fantascienza, questo lo sappiamo.
2) il dubbio è il cuscino del saggio. Dubitare di tutto, e ragionare in primo luogo con fonti primarie lette nella loro lingua originale e in edizione critica
3) rasoio d'Ockham. Frustra fit per plura quod potest fieri per pauciora. A parità di condizioni, la spiegazione più semplice di solito è anche quella vera.
4) siamo sulle spalle dei giganti. Non siamo i primi a interessarci di questa roba. Ci sono trecento anni di fonti secondarie da conoscere, prima di iniziare il lavoro.

Ci sarebbe ancora molto da dire, ma lascio spazio ad altri.
 
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Beliél
view post Posted on 25/9/2011, 22:34     +1   -1




CITAZIONE (Teodoro Studita @ 25/9/2011, 18:05) 
Poiché ho presente il dispendio di energia (in termini di... ἡσυχία!), inizio io con le prime righe. Invito gli altri a fare lo stesso, col prosieguo.

CITAZIONE (Beliél @ 25/9/2011, 17:00) 
Io sono dell'opinione che l'Antico Testamento, quando ci parla, ci dice esattamento quello che ci vuole dire, nulla di più, nulla di meno.

Il problema è che l'Antico Testamento non esiste. Esiste una collezione di libri che godono di un qualche status (assai variabile) di canonicità, composti da una molteplicità di autori in un lasso di tempo lungo quasi un millennio, caratterizzati ognuno da un proprio sitz-im-leben, stile, genere letterario, linguaggio, finalità, destinatario, etc. Inoltre, anche prendendo un solo testo (ammesso che questo possa considerarsi unitario in quanto a fonti che lo compongono e redazione), la notevole fluttuazione attribuibile alla presenza di varianti testuali (spesso non censite!) rende difficile qualsiasi assioma come il tuo, perché il testo che leggiamo già di base può essere assai malsicuro. Ma anche ammettendo che in un testo unitario ci sia un pezzo testualmente sicuro, ci sono le difficoltà linguistiche: ancor oggi ci sono lessemi di cui si ignora bellamente il significato, e tale problema è particolarmente acuto in libri come Giobbe o altri sapienziali, per non parlare di alcuni tra i salmi più antichi. Dunque affermare che un testo dice ciò che dice (un pochino tautologico, no?) è giusto, il problema di base, che forse ti sfugge è che prima questo testo andrebbe letto. Id est, la filologia non è un orpello, ma è la base dalla quale cominciare a discutere.

CITAZIONE
[...]in riferimento al passo del Salmo 82 (83) è una delle numerose che vengono riportate per la spiegazione di questo Salmo; intepretazione che però continua a non convincermi.
In primis perché non tiene in considerazione gli altri passi biblici riferiti ad El Elyon, dove si fa chiaramente una distinzione tra questa divinità (probabilmente da identificare con ANU) e lo Yahweh biblico.

Carissimo, va bene hai 17 anni e va bene non si può dire che il tuo ambiente di formazione sia un fulgido esempio di rigore scientifico, ma un po' di buon senso dovrebbe suggerire di essere meno dogmatico, e non aver la pretesa di insegnare il mestiere a gente che vive nel mondo accademico e che pubblica nell'editoria scientifica. Dunque, prima di iniziare con la fantamitologia, potresti indicare le fonti di queste affermazioni. Fonti primarie e fonti secondarie, perché uno dei cardini del metodo scientifico è che le affermazioni (tutte) devono essere illustrate (evito la parola "dimostrate") da un congruo numero di fonti.

CITAZIONE
In secundis perché questa interpretazione si basa sulla visione di un discorso riportato da un Gesù (Gv. 10: 34) che in questo contesto è stato palesemente inventato.

È molto probabile che il discorso di Gesù sia stato "palesemente inventato", ma non per le ragioni che hai in mente tu, e questo è del tutto pacifico.
Di certo, però, l'interpretazione del Salmo data da Poly non si basa affatto su Gv 10, ma sullo studio diacronico del lessema in questione, che puoi seguire su qualsiasi lessico, ad esempio il classico Kittel, ad vocem.

CITAZIONE
Gesù non avrebbe mai potuto in quel discorso fare riferimento al Salmo biblico 82 (83), dandogli quella determinata interpretazione, perché il contesto storico in cui è ambientata questa diatriba dimostra chiaramente l'invenzione di questa vicenda. Il portico di Salomone dove passeggiava Gesù e sotto il quale si riunirono i Giudei che volevano lapidarlo, in quel periodo non esisteva!

Qui ci sono due enormi problemi di metodo. Abbiamo due ipotesi: Il portico esisteva, oppure non esisteva.
Nel caso esisteva, non abbiamo alcun elemento per dire che Gesù fece quel discorso, ma al massimo per dire che la cornice narrativa è realistica.
Nel caso non esisteva, non abbiamo alcun elemento per dire che Gesù NON fece quel dicorso, ma al massimo per dire che la cornice narrativa NON è realistica.
Gesù può aver fatto quel discorso in un altro posto e poi il redattore, magari 70 anni dopo, ha inventato di sana pianta la cornice, oppure Gesù può aver fatto un discorso simile, ma il redattore lo ha completamente aggiustato fornendolo di una cornice storica non plausibile per l'epoca, oppure può essere tutto inventato tout-court. Sui criteri di storicità esiste una vastissima letteratura (cito solo il più famoso J.P.Meier, A Marginal Jew, vol I), ma se leggi un po' la sezione "Gesù Storico" ce n'è quanto ne vuoi. Qui, tuttavia, siamo a un livello ancora previo, cioè la semplice logica, dove per fondare un nesso causale ci vuole una acribìa ben maggiore.

E ora qualcuno prosegua... :rolleyes:

Carissimo Sig. "Teodoro Studita",

non si preoccupi, la ἡσυχία è una dote che la Storia ha imparato a nutrire da secoli nei confronti di posizioni ideologico fideiste di parte che rappresentano l'unico ostacolo per chiudere definitivamente la questione "storica" neotestamentaria.

Ho purtoppo avuto l'amara sensazione che il mio intervento, ove sostengo l'eventuale inesistenza nel Tempio di Gerusalemme del Portico orientale, detto di Salomone, nel periodo ove si svolgono le vicende neotestamentarie (Gv. 10: 22, 23; At. 3: 11; Atti 5: 12-16), abbia suscitato in Lei una sorta di "allarme", nonché, forse, di ostilità, che, mi è sembrato, cerca di celare attraverso una leggera εἰρωνεία.

Le "accuse" che mi sono da Lei state fatte riguardo una mia eventuale assenza di metodologia storica e di rigore scientifico, mi sembra si basino su argomentazioni alquanto risibili, che provvederò nelle seguenti righe a chiarificare.
Partendo dal fatto che nei miei interventi non ho espresso studi o ricerche tendenti a dimostrare qualsivoglia argomentazione (intenzione che ho affermato esplicitamente di non avere in quella determinata sede), mi è parso leggermente fuori luogo rimproverarmi di non aver condotto una rigorosa analisi scientifica in un post ove non avevo assolutamente l'intezione, dichiarata in maniera esplicita, di approfondire le tematiche prima affrontate.
Detto questo, chiariamo che, con le prime due righe del mio ultimo intervento, intendevo mettere in evidenza l'asperità, secolare, in cui inevitabilente ci si imbatte ogniqualvolta si affrontano temi che implicano il sentire più profondo, le convinzioni che determinano le scelte di vita, come la religione e la fede che le è necessariamente annessa, in particolare quando si affrontano questioni relative all'interpretazione di passi biblici. Indi è nato il mio umile suggerimento, atto a verificare la corretta interpretazione biblica, di iniziare la comprensione di un testo dal suo significato letterale, che è l'unico univoco, per poi passare alla costruzione (come sappiamo molto teorica) di illazioni interpretative del versetto biblico interessato.
Mi permetto di continuare a non riportare i versetti tendenti a dimostrare la distinzione tra El Elyon e lo Yahweh biblico, in quanto, come già spiegato, è mia intenzione farlo in uno studio che ho intenzione di postare in una sezione apposita.
Sono perfettamento conscio che l'interpretazione del Salmo 82 (83) del Sig. "Polymetis" si basa sullo studio diacronico del lessema "Elohim", dal significato plurivalente; ciò nonostante la menzione del passo di Giovanni 10: 34, con il quale l'utente ha inteso rafforzare la propria visione interpretativa, mi ha costretto a sottolineare la cautela, con la quale bisogna affrontare tali argomentazioni, dovuta alla eventuale "non storicità" del passo in questione (usato, è ancor bene ricordare, per rafforzare la propria visione).
La distinzione tra YHWH ed El Elyon, ricavabile da altri eventuali passi biblici che in uno studio apposito mi accingerò a riportare, tengo a precisare che è rilevante in quanto questa "separazione" ci costringerebbe ad annoverare lo stesso Yahweh tra gli Elohim biblici, e dunque questo ci porterebbe ad escludere il secondo significato di "Giudici" attribuibile al lessema "Elohim".
Non mi pronuncio ancora sull'interpretazione del Salmo in questione perché prendo atto che questa non è la sezione adatta; o meglio preferisco postare una raccolta di tali interpretazioni in riferimento ad altri passi biblici in una diversa apposita sezione del forum.

Detto questo, ritengo estremamente importante verificare la storicità dello studio da me riportato, in quanto, oltre al citato capitolo decimo di Giovanni, numerosi altri sono gli avvenimenti neotestamentari che si svolgono sotto la "testimonianza" di questo "probabilmente inesistente" Portico orientale.

Oltre al già citato riferimento:

[22] “Ricorreva allora a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era inverno
[23] e Gesù passeggiava nel tempio, sotto il portico di Salomone (Gv. 10: 22, 23)

il Portico "detto di Salomone" viene citato altre due volte nel libro degli Atti:

1) “Mentre egli (lo zoppo) si teneva a Pietro e a Giovanni, tutto il popolo corse verso di loro sotto il portico detto di Salomone. Pietro, vedendo ciò, disse al popolo: «[…] Il Dio di Abramo, d’Isacco e di Giacobbe, il Dio dei nostri padri ha glorificato il suo servo Gesù, che voi avete consegnato e rinnegato davanti a Pilato, mentre egli aveva deciso di liberarlo. Voi avete rinnegato il santo e il giusto, avete chiesto che vi fosse graziato un assassino e avete ucciso l’autore della vita. Ma Dio l’ha risuscitato dai morti e noi ne siamo testimoni” (At. 3: 11).

2) “Per mano degli apostoli avvenivano molti miracoli e prodigi in mezzo al popolo. Tutti stavano insieme uniti e concordi nel portico di Salomone. Nessuno degli altri osava unirsi a loro, ma il popolo ne faceva grandi lodi. Sempre più andava aumentando il numero dei credenti nel Signore, una moltitudine di uomini e di donne, tanto che i malati venivano portati nelle piazze e posti sui lettini e barelle perché, quando Pietro passava, almeno la sua ombra coprisse qualcuno di loro. La folla confluiva anche dalle città attorno a Gerusalemme, portando malati e persone tormentate da spiriti immondi, e tutti venivano guariti” (Atti 5: 12-16).

Se questa è proposta come testimonianza degli episodi accaduti, affermare che la cornice narrativa non è realtistica, significherebbe inficiare interamente la veridicità del racconto, perché l'esistenza di questa è resa come elemento imprescindibile per l'attuazione e lo svolgimento delle vicende in questione.

Se Tizio tra centocinquanta anni inventa l'esistenza di un "x" personaggio, e per farlo apparire storicamente verosimile gli fa pronunziare, nel 2011, un discorso all'interno delle torri gemelle (che sappiamo essere state abbattute nel 2001), risulterebbe ridicolo continuare a credere nella veridicità di tale narrazione, perché sapendo che, nel periodo in cui l'avvenimento è ambientato, le torri gemelle non esistevano più (perché abbattute dieci anni prima), ne consegue che il personaggio "x" in questione non avrebbe mai potuto effettuare un discorso, nel 2011, al loro interno.

L'unica alternativa sarebbe ammettere che Gesù avesse pronunziato la sua orazione in un periodo compreso tra il 18 ed il 4 a.C.

Rendendoci conto che la posta in questione è la veridicità storica che testimonia l'esistenza reale di Gesù, detto il Cristo, ripropongo in maniera un po' più approfondita lo studio atto a dimostrare la non esistenza di questo porticato.


Il Tempio di Gerusalemme



Nel XV libro di “Antichità Giudaiche” (paragrafi 382-425), Giuseppe Flavio ci descrive i pesanti lavori di ristrutturazione del secondo tempio di Gerusalemme – ricostruito, secondo la Bibbia, da Esdra e Neemia in seguito alla distruzione del primo da parte di Nabucodonosor, nel 586 af.C. –, iniziati nel 23-22 af.C. sotto Erode il Grande, che ne celebrò l’inaugurazione nel 18 af.C. In realtà, come pure attestato da valenti studiosi (vedi Moraldi in “Antichità Giudaiche” – UTET 1998 – a piè di pg. 984, nota n° 104), i lavori si protrassero per diversi anni, ed il Tempio fu realmente completato al tempo del procuratore Albino (62-64 df.C.), pochi anni prima della sua distruzione.



Nel libro XVII dal paragrafo 254 al 270, lo storico ebreo ci riferisce che, poco dopo la morte di Erode il Grande (siamo alla fine del mese di maggio dell’anno 4 af.C.), giunta la Pentecoste, in Gerusalemme vi fu una pericolosa rivolta da parte di Giudei, Galilei e Idumei contro il procuratore romano Sabino, il quale si mobilitò subito per inviare una lettera di soccorso al governatore della Siria Varo Quintilio.

Nel corso della rivolta Giuseppe Flavio riferisce che, durante i combattimenti:
“Avvenne che i Romani, trovandosi in una situazione disperata, diedero fuoco ai portici senza essere visti dai Giudei, saliti sopra, e il fuoco nutrito da molte mani e da materiale molto combustibile, presto raggiunse il tetto. Questo conteneva legname saturo di pece, di cera, e macchiato d’oro e subito si arrese (alle fiamme); e quell’opera grandiosa e magnifica fu completamente distrutta. E quelli che erano sui portici furono presi in modo inaspettato da tale distruzione, poiché quando precipitò il tetto furono coinvolti nella sua rovina, altri, invece, chiusi da ogni parte dal nemico, crollarono” (Ant. XVII 261, 262).

Le fiamme, alimentate da materiali altamente combustibili, trovarono una facile via nei soffitti dei porticati i quali, ci informa Giuseppe Flavio, “furono fatti di legno massiccio” (Ant. XV 416), ed alla cui struttura erano legate le pesanti colonne del porticato. In conseguenza alla caduta del soffitto, le colonne caddero le une sulle altre, ingenerando un effetto domino e danneggiandosi irrimediabilmente. Il portico orientale del tempio, ov’era ubicato il portico definito “di Salomone”, fu quello che subì più danni, costruito com’era a picco della profonda valle del Cedron (Qidrón in ebraico, cioè “oscuro”), nel quale caddero molte delle colonne monolite, disintegrandosi.

Il portico di Salomone, distrutto completamente durante la rivolta della Pentecoste del 4 af.C., non fu mai ricostruito, nonostante la volontà degli abitanti i quali – alla fine della procura di Albino e poco prima della venuta di Gessio Floro (a cavallo tra il 63 e il 64 df.C.) – ne richiesero espressamente la costruzione al re Agrippa II:

“Proprio ora era stato completato il tempio. Il popolo vide che gli operai, erano più di diciottomila, non lavoravano e sarebbero rimasti senza paga, perché col lavoro del tempio guadagnavano da vivere; […] spinsero così il re a innalzare il portico orientale (Ant. XX 219, 220).

A causa del bisogno di manodopera, dunque, che avrebbe lasciato oltre 18.000 operai senza lavoro, il popolo reclamò a gran voce l’erezione del portico detto di Salomone; di cui Giuseppe Flavio, nel continuo della narrazione, spiega:

“Questo portico era parte del lato esterno del tempio e dava su di una valle profonda (il Cedron); aveva mura di quattrocento cubiti di lunghezza ed era costruito con pietre quadrate, completamente bianche, ognuna di esse aveva la lunghezza di venti cubiti e sei cubiti di altezza. Questa era un’opera del re Salomone, che per primo eresse tutto il tempio” (Ant. XX 221)

A questo punto della narrazione, lo storiografo ebreo giustifica la decisione di Agrippa rifacendosi alla passata rivolta che indusse i romani a dare alle fiamme i porticati del Tempio:

“Il re, al quale Claudio Cesare aveva affidato la cura del tempio, pensava che è sempre facile demolire una struttura (in questo caso si riferisce ad una demolizione non da effettuarsi, ma già avvenuta nel passato, NdA), ma difficile erigerne un’altra e ancor più nel caso di questo portico, in quanto il lavoro avrebbe richiesto tempo e notevole quantità di denaro, respinse perciò la loro richiesta, ma non vietò la pavimentazione della città con pietre bianche"
(Ant. XX 222).

Il re, dunque, “respinse la loro richiesta”: quella di innalzare (e non sostituire!) il portico orientale del Tempio, distrutto 70 anni prima dai Romani.

Siamo coscienti, quindi, che la non esistenza di questo portico orientale inficerebbe l'intera veridicità degli eventi neotestamentari; prendiamo dunque atto che per continuare a ritenere "inconfutabile" l'esistenza storica di Gesù, bisognerebbe, prima, dare risposta a questa ed altre ricerche che ci inducono a sospettare della reale esistenza di questo personaggio.

Ad maiora
Beliel


Edited by Beliél - 8/12/2012, 00:34
 
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Caro Alessio,
Sono sinceramente amareggiato dal vedere come un 17enne possa pensare di saperne o capirne di più di persone che queste cose le insegnano nelle università italiane. Purtroppo questa pseudostoria allestita dilettantisticamente la abbiamo sentita, più o meno nei medesimi termini, dozzine di volte, da signori che si svegliano la mattina pensando di fare lo scoop ed emulare le gesta (id est il conto in banca) di Dan Brown, riuscendo tuttavia solo a clonarne la cialtroneria (in termini scientifici, intendo, non di fiction). Questi signori, di cui non troverai mai le pubblicazioni in un dipartimento di studi religiosi di un'università (che pure sono roccaforti laiche), si chiamano Cascioli, Donnini, Tranfo, Salsi, ma la lista è lunga. Alcuni di questi e buona parte dei loro epigoni sono passati da qui e sono stati unanimemente buttati fuori a pedate dal comitato scientifico del forum il quale, a dispetto della retorica che di norma gravita intorno ai ban, è totalmente aconfesionale e dove, anzi, i cattolici rappresentano una minoranza.
Infatti questo forum ha 3 admin, un ateo, un cattolico e un ortodosso, e anche tra i moderatori i cattolici sono in minoranza. Se tutte le decisioni sono prese all'unanimità è banalmente perché tutti condividiamo il metodo scientifico, unica vera base condivisa del nostro lavoro.
Questo introduce al perché abbiamo deciso di risponderti invece che invitarti cordialmente a seguire quella banda di fannulloni. Il motivo è che hai 17 anni e, per ragioni meramente anagrafiche, non puoi avere gli strumenti minimi di lavoro, che si conquistano a fatica dopo 8-10 anni di studio universitario (cioè il tempo medio di una laurea specialistica e un dottorato).
Ora, prima di entrare in re, ti invito a pensare un attimo con la tua testa e a chiederti cosa mai faccia la gente per 10 anni chiusa in un dipartimento polveroso se un fotografo (Donnini), un perito agrario (Cascioli, pace all'anima sua), o un militare in pensione (Salsi) possono con facilità ri-scrivere la storia del Cristianesimo dimostrando all'intera ecumene accademica che non ha capito niente.
Chiediti anche perché esistono grammatiche di duemila pagine di greco septuagintico se basta il liceo classico (che pure qui tutti abbiamo fatto, intendiamoci) per leggere la LXX, perché se ti occupi di biblica devi conoscere anche almeno l'ebraico (ma anche l'aramaico e le principali lingue orientali di traduzione:siriaco, copto, armeno, georgiano, ge'ez, slavonico). Il latino lo do per scontato, visto che la letteratura scientifica fino all'inizio del XX secolo è per buon parte in latino.
De hoc satis. Sei palesemente di fronte a un bivio. Qui c'è gente disposta a spendere del tempo per parlare con te e dalla quale puoi imparare qualcosa. Ma se credi di sapere già tutto, perché te lo ha detto il Salsi di turno (sic!), lascia pure perdere, perché qui tutti sono stra-impegnati tra articoli, conferenze, saggi e impegni universitari di vario genere che di tutto hanno voglia tranne che di perdere tempo dietro ai cialtroni egomaniaci di stampo arpiolide.
Fatta questa doverosa premessa, è corretto che io risponda al tuo (?) argomento di questo benedetto portico.
______________________________________

Relativamente a questo cd. "Portico di Salomone" ci sono un mucchio di cose da dire, che cercherò di schematizzare per una migliore comprensione di tutti.

1) L'unica fonte extrabiblica che abbiamo che ne parli è Giuseppe Flavio, che però scrive verso il 93, quindi a tempio distrutto da un pezzo.
2) Non sappiamo se sotto la dicitura "portico di Salomone" Giuseppe, Luca e l'autore di Gv intendano la medesima struttura.
3) Lc e Gv sono molto probabilmente fonti indipendenti: se entrambe parlano di un portico di Salomone contro la testimonianza di Giuseppe Flavio, la cosa più probabile è una di queste due
4a - Giuseppe ha torto, oppure non riporta l'intera vicenda, ad es. che il portico fosse stato ricostruito
4b - Giuseppe ha ragione, allora in quella sezione Gv conosce Lc e ne copia la cornice ambientandovi il discorso di Gesù

Considerato, tuttavia, che in generale Lc è una fonte più attendibile di Giuseppe perché è un testimone oculare e scrive diversi anni prima, la cosa che a di primo acchito mi sembra più verosimile è che ai tempi di Lc sotto la denominazione "Portico di Salomone" andasse un'altra porzione del vestibolo, che magari coincideva parzialmente con quella caduta in rovina prima della ricostruzione erodiana.

Questo modo di ragionare si basa sull'applicazione dei princìpi che ho sommariamente (e in modo oltraggiosamente incompleto) esposto al post precedente, uniti ai normali criteri di storicità. Cercando brevemente in rete, mi sembra che questa sia una buona sintesi di tali criteri:

www.gliscritti.it/blog/entry/732

Prescindendo, tuttavia, dalla questione sulla esistenza o meno del portico, ancora non ti avvedi del colossale problema logico a monte. Dici infatti:

CITAZIONE
Se Tizio tra centocinquanta anni inventa l'esistenza di un "x" personaggio, e per farlo apparire storicamente verosimile gli fa pronunziare, nel 2011, un discorso all'interno delle torri gemelle (che sappiamo essere state abbattute nel 2001), risulterebbe ridicolo continuare a credere nella veridicità di tale narrazione, perché sapendo che, nel periodo in cui l'avvenimento è ambientato, le torri gemelle non esistevano più (perché abbattute dieci anni prima), ne consegue che il personaggio "x" in questione non avrebbe mai potuto effettuare un discorso, nel 2011, al loro interno.

Questo è completamente falso, per il banale motivo che non tiene conto dei generi letterari. È tipico degli storici dell'antichità (ma non solo degli storici, ovviamente) l'allestire narrazioni di fatti arricchendo l' esposizione di dettagli secondari (immaginari!) che rendano più vivida l'immagine. È celebre l'esempio dei grandi discorsi che Tucidide mette in bocca ai politici o ai generali delle sue Storie, o all'ampio spazio lasciato alla fantasia nelle Vite di Plutarco, ma gli esempi potrebbero essere centinaia. Non possiamo giudicare un'opera dell'antichità con il metro di oggi, senza comprendere prima gli stilemi tipici dei relativi generi letterari. Dunque, anche se Lc o Gv avessero ambientato un discorso di Gesù sulla luna, questo non dimostrerebbe che allora il discorso non è mai stato pronunciato, tale conclusione è completamente abusiva. Naturalmente per poter capire questo dovresti prima aver letto qualcosa sulla stratificazione di questi testi, specialmente sulla distinzione tra fonti e redazione. Puoi trovare queste cose in una qualsiasi buona introduzione al Nuovo Testamento, sebbene di fatto ciò non costituisca un proprium del NT ma un problema comune nei testi antichi in genere.

È chiaro che, stanti queste premesse, il seguito va seriamente riconsiderato:

CITAZIONE
Rendendoci conto che la posta in questione è la veridicità storica che testimonia l'esistenza reale di Gesù

Se dubitiamo di questa esistenza, dobbiamo dubitare anche di quella di Giulio Cesare, della quale possediamo un numero decisamente inferiore di fonti. Altro problema è, naturalmente, stabilire chi fosse esattamente questo Gesù, perché se possiamo affermare con certezza che sia esistito un uomo Gesù, nulla possiamo dire sull'aspetto religioso, e cioè se questo Gesù fosse anche Dio, un suo emissario, o quello che vuoi tu. Ma questo è un problema del tutto secondario quando ci si occupa di testi.

E ora che ho impiegato (notare l'eufemismo) due ore per scrivere una risposta garbata, esigo il medesimo rispetto. Vedi dunque un po' tu ciò che vuoi fare, perché questo ripasso di ovvietà è stato fatto a tuo beneficio, non certo nostro.

Ciao,
 
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CITAZIONE (Beliél @ 25/9/2011, 23:34) 
Carissimo Sig. "Teodoro Studita",

non si preoccupi, la ἡσυχία è una dote che la Storia ha imparato a nutrire da secoli nei confronti di posizioni ideologico fideiste di parte che rappresentano l'unico ostacolo per chiudere definitivamente la questione "storica" neotestamentaria.

Ho purtoppo avuto l'amara sensazione che il mio intervento, ove sostengo l'eventuale inesistenza nel Tempio di Gerusalemme del Portico orientale, detto di Salomone, nel periodo ove si svolgono le vicende neotestamentarie (Gv. 10: 22, 23; At. 3: 11; Atti 5: 12-16), abbia suscitato in Lei una sorta di "allarme", nonché, forse, di ostilità, che, mi è sembrato, cerca di celare attraverso una leggera εἰρωνεία.

Le "accuse" che mi sono da Lei state fatte riguardo una mia eventuale assenza di metodologia storica e di rigore scientifico, mi sembra si basino su argomentazioni alquanto risibili, che provvederò nelle seguenti righe a chiarificare.

Caro Alessio, permettimi come prima cosa un consiglio, probabilmente paternalistico, ma tant'è, oramai mi sono immedesimato nel ruolo 24h: non entrare come un treno appena arrivato in un forum, soprattutto un forum tecnico come questo, cerca prima di "annusare" l'ambiente e di leggere e comprendere quello che gli altri utenti ti stanno dicendo. Ok, pistolotto finito. Veniamo al dunque. Riguardo ai Salmi e all'AT non mi pronuncio, non è il mio campo e francamente trovo l'argomentazione assai poco interessante, anche perchè non ne sono chiari gli scopi. Mi limiterò pertanto alla questione del Portico e della storicità di Gesù. Anche io come Teodoro ravviso errori di metodo, consequenza di errori di logica. Il primo errore è il classico errore del complottista: se tutto non combacia, se tutto non è chiaro, se tutto non è coerente, c'è qualcosa sotto, qualcuno mente e vuole nascondere la verità. Il problema di questa posizione è che la storia, ma se è per questo anche la cronaca, raramente è priva di problemi di coerenza, senza che questo indichi chissà quali oscure macchinazioni. Semplicemente noi abbiamo a che fare con dei sopravvissuti, ovvero le fonti, e quindi con delle risultanze che per propria natura saranno parziali sia dal punto di vista descrittivo che prospettico. Ti faccio un esempio semplice semplice poichè recente. Il sottoscritto è stato citato varie volte in una miscellanea di studi. Il problema è che alcune volte il mio cognome, certamente non facile, è stato scritto male e in diverse forme. Un autore addirittura ha affermato che l'incarico che ricopro è ahilui vacante, mentre un altro non ne ha dato la dicitura corretta. Usando il tuo metodo, uno storico, qualora dovesse rinvenire tale documento, dovrebbe concludere che il sottoscritto non è mai esistito, giacchè non solo non vi è concordanza nella grafia del cognome tra diversi autori, il che è già sospetto, ma un autore si è addirittura lasciato scappare che il mio presunto incarico in realtà è vacante (forse inesistente) mentre un altro non ha saputo definirlo precisamente. Tuttavia questa non sarebbe la spiegazione più logica, anzi non sarebbe affatto logica, perchè confligge con altri dati forniti da altri autori sia in tale miscellanea che in altri libri (attestazioni multiple) che rendono la mia esistenza assai plausibile, nonostante io venga citato addirittura per altri ruoli, ma soprattutto tale spiegazione non sarebbe la più semplice. E' infatti molto più semplice e logico ipotizzare che data la difficoltà del mio cognome vi siano stati banali errori di battitura causati dalla fretta o dalla distrazione o dalla controintuitività o dall'eccezione agli usi linguistici del cognome stesso. L'autore che ha affermato che il mio incarico era momentaneamente non ricoperto da nessuno semplicemente aveva informazioni vecchie rispetto alla data di pubblicazione della miscellanea (opera che spesso richiede alcuni anni) e non si è preso la briga di controllare se sono aggiornate (stesso errore di chi ha editato il testo), idem per l'altro autore che dato una definizione non precisa del mio incarico. Per cui ci si deve rassegnare, nonostante lo scritto in questione sia impreciso e contraddittorio, io esisto. E stiamo parlando praticamente dell'attualità, pensa quanto più complicata è la situazione quando si parla di eventi storici di duemila anni fa. Ne segue la prima importante lezione, incongruenze ed errori non solo non sono rari ma da aspettarsi con una certa frequenza e soprattutto non inferiscono di per sè invenzioni e tantomeno macchinazioni o complotti. Incoerenze nei racconti o nella descrizione dei caratteri e delle azioni dei personaggi non implicano la loro non esistenza o anche solo la falsità di tali descrizioni. Su questa problematica ti rimando alle riflessioni contenute in:

V. Cinzio: Le contraddizioni della storia. Dialogo con Cosimo Damiano Fonseca; Sellerio 2002

In secondo luogo concordo con Teodoro, gli autori dei vangeli non si fanno in quattro per essere accurati nelle descrizioni e collocazioni geografiche, ma ancora una volta questo nulla ci dice della veridicità o plausibilità degli eventi narrati, l'evento infatti potrebbe essere vero ma collocato in una cornice errata o per errore dell'autore o per volontà espressa dell'autore che usa tale cornice con valenza simbolica.
Venendo più strettamente alla questione proposta, ciò che dovrebbe farti riflettere è che abbiamo almeno tre attestazioni provenienti da due fonti diverse riguardanti tale Portico. Non puoi semplicemente scartarle in base al pregiudizio che i vangeli raccontano favole, parlando di miracoli e affini, e preferire Giuseppe Flavio a priori, semplicemente perchè coincide con le tue tesi (bias confermativo) o ti permettere di sferrare attacchi contro qualcosa che evidentemente ti da fastidio. Se abbiamo tre attestazioni un motivo ci dovrà pur essere, e quindi va ricercato o quantomeno ipotizzato in maniera credibile e ragionevole, qualora non possa darsi una dimostrazione cogente. Sinceramente non ho perso tempo a ricercare chi e soprattuto se qualcuno abbia affrontato la questione dell'esistenza o meno di tale portico durante la cornice temporale della vita di Gesù, perchè francamente è questione scarsamente interessante, almeno posta in questi termini. Ma posso formulare un paio di ipotesi, accettando il racconto flaviano, assai più semplici e probabili rispetto alla tua conclusione di inesistenza storica. La prima ipotesi è che appunto agli autori poco interessasse la cornice reale degli avvenimenti narrati, considerata un orpello, e abbiano preferito pertanto collocarli in un luogo simbolico per la storia di Israele, in questo caso il simbolo prevale sulla collocazione geografica corretta, ma nulla ci dice della non storicità dell'avvenimento e tantomeno dei suoi protagonisti. Un'altra possibilità, è che se effettivamente il portico in quanto tale è stato distrutto e non ricostruito, tuttavia rimaneva lo spiazzo su cui si ergeva, che come GF stesso ci narra, era caro agli ebrei dell'epoca che infatti invocavano la ricostruzione del portico stesso, per cui nulla ci vieta di pensare che gli ebrei dell'epoca frequentassero tale spiazzo e continuassero a chiamarlo con il suo nome originario, Portico di Salomone, a testimonianza del loro attaccamento per tale costruzione, anche se essa di fatto non esisteva più o era ridotta in macerie, un po' come i nomi delle vie Torre X o Torre Y, dove della torre spesso rimane solo qualche maceria informe.
Un altro errore logico, o se vuoi una sua diversa formulazione risopetto a quanto preteso in precedenza, è infine la correlazione forzata che del tutto arbitrariamente hai stabilito tra esistenza del portico ed esistenza storica di Gesù:

Se questa è proposta come testimonianza degli episodi accaduti, affermare che la cornice narrativa non è realtistica, significherebbe inficiare interamente la veridicità del racconto, perché l'esistenza di questa è resa come elemento imprescindibile per l'attuazione e lo svolgimento delle vicende in questione

E perchè mai infatti la precisa collocazione geografica sarebbe "elemento imprescindibile" degli avvenimenti e ancor più della storicità di Gesù, visto che sappiamo quanto gli antichi, non solo gli autori dei vangeli, possano essere poco precisi e fedeli nelle loro descrizioni e narrazioni? Non c'è nessuna inferenza logica cogente tra esistenza del portico ed esistenza di Gesù, è solo una tua arbitraria correlazione, il che è una fallacia logica, derivante dalla tua necessità di trovare conferma ad una tesi preconcetta.

Mi permetto, a conclusione del tutto, di consigliarti di riflettere attentamente su quanto ti è stato detto, non solo dal sottoscritto ;) . Partecipare a questo forum infatti potrà essere per te un'occasione per affinare le tue capacità, se avrai l'umiltà di ascoltare e imparare (non dal sottoscritto, ovviamente, che a malapena sa leggere e scrivere) da persone veramente preparate.

Ogni bene
 
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view post Posted on 26/9/2011, 13:21     +1   -1
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Carissimo Beliél, anch’io avevo scritto qualcosa per te, appena prima di andare a pranzo. Ho lasciato incompiuto il testo pensando di finirlo dopo aver pranzato, ma vedo che nel frattempo Teodoro e Waylander ti hanno scritto diverse cose che anch’io avevo già notato, e questo significa che tutti e tre abbiamo rilevato le medesime falle tipiche di chi tratti gli studi di neotestamentaria senza essersi sufficientemente confrontato con la storia antica in generale e le sue problematiche. Perché davvero ti fai dei problemi per delle cose che invece accadono normalmente, e sembri affetto della malattia complottista che vuole una trasparenza totale dai testi antichi, quando questa non c’è mai, per nessuno storico. Ecco dunque quello che ti avevo scritto, sperando possa farti riflettere:

CITAZIONE
“Ho purtoppo avuto l'amara sensazione che il mio intervento, ove sostengo l'eventuale inesistenza nel Tempio di Gerusalemme del Portico orientale, detto di Salomone, nel periodo ove si svolgono le vicende neotestamentarie (Gv. 10: 22, 23; At. 3: 11; Atti 5: 12-16), abbia suscitato in Lei una sorta di "allarme”

Ma perché dovrebbe suscitare allarme in Teo una cosa del genere? Ho l’impressione che tu tratti la Bibbia come fanno i fondamentalisti protestanti americani, ma alla rovescia. Cioè pensi che l’unico modo per intenderla sia quello di crederla tutta storica fino all’ultima lettera, e perciò pensi di dire qualcosa che sconvolga un cattolico se affermi che un episodio del Vangelo di Giovanni non è mai avvenuto. Ciò è piuttosto ingenuo, e mi chiedo quanto tu conosca l’esegesi cattolica e protestante moderna, visto che la maggioranza degli esegeti odierni alla storicità dei discorso di Gesù in Giovanni non crede minimamente, ma questo non fa stracciare le vesti proprio a nessuno. Da tempo infatti è pacifico anche per i teologi che i cristiani della fine del I secolo, volendo spiegare la comprensione del mistero di Cristo che essi avevano maturato, misero in bocca a Gesù dei discorsi da lui mai pronunciati, ma che essi immaginavano esprimere le vere intenzioni di Gesù. Questo, si badi, non è un modo di fare disonesto, ma una modalità di fare storia comune a tutta la storiografia antica. Siccome non c’erano registratori, gli storici antichi si sentivano autorizzati a mettere in bocca a politici e governanti dei discorsi inventati che però lo storico in questione riteneva esprimessero bene le idee del politico in questione. Se hai letto Tucidide ad esempio, lui ci dice candidamente quando si sia prodigato per inventare dei bei discorsi da mettere in bocca a Pericle. Eppure, la sua “Guerra del Peloponneso” è considerato un teso storico da tutti. Perché? Perché i criteri per fare storiografia erano diversi 2 millenni fa ed oggi. Alcune cose non rientrano nelle libertà che lo storico moderno solitamente può permettersi, ma rientravano invece nelle libertà che gli storici antichi si prendevano, e come ripeto non per malafede, ma convinti di rendere un servizio migliore al personaggio.

CITAZIONE
intendevo mettere in evidenza l'asperità, secolare, in cui inevitabilente ci si imbatte ogniqualvolta si affrontano temi che implicano il sentire più profondo, le convinzioni che determinano le scelte di vita, come la religione e la fede che le è necessariamente annessa, in particolare quando si affrontano questioni relative all'interpretazione di passi biblici.”

Guarda che la storicità o meno di quel discorso di Gesù non cambia la vita proprio a nessun esegeta.

CITAZIONE
Indi è nato il mio umile suggerimento, atto a verificare la corretta interpretazione biblica, di iniziare la comprensione di un testo dal suo significato letterale, che è l'unico univoco, per poi passare alla costruzione (come sappiamo molto teorica) di illazioni interpretative del versetto biblico interessato.”

Come già detto, il problema non è l’assunto che si deve partire dal significato letterale, bensì individuare quale sia il suo significato letterale. Quanto ad “elohim”, sia “giudice” che “dio” che “angelo” che “essere potente” sono tutti significati letterali, quindi sono tutte letture legittime, e non è che una interpreta più delle altre.

CITAZIONE
“del Sig. "Polymetis" si basa sullo studio diacronico del lessema "Elohim", dal significato plurivalente; ciò nonostante la menzione del passo di Giovanni 10: 34, con il quale l'utente ha inteso rafforzare la propria visione interpretativa, mi ha costretto a sottolineare la cautela, con la quale bisogna affrontare tali argomentazioni, dovuta alla eventuale "non storicità" del passo in questione (usato, è ancor bene ricordare, per rafforzare la propria visione).”

Come ho già spiegato nel mio precedente post, il fatto che Gv 10,34 dia quella lettura del Salmo 82, che poi è quella della tradizione rabbinica e del targumim, non costituisce il fulcro della mia argomentazione. Quella lettura del Sal reggerebbe anche se nessuno l’avesse mai fatta propria. Il fatto che si menzioni che anche qualcun altro l’ha accettata, è solo un elemento in più che aggiungo per completezza. Ed è irrilevante, tra l’altro, che quell’interpretazione venga da Gesù o qualcun altro, si tratta sempre comunque della testimonianza che qualcuno nel I secolo dava tale lettura del Salmo.
CITAZIONE
“La distinzione tra YHWH ed El Elyon, ricavabile da altri eventuali passi biblici che in uno studio apposito mi accingerò a riportare, tengo a precisare che è rilevante in quanto questa "separazione" ci costringerebbe ad annoverare lo stesso Yahweh tra gli Elohim biblici, e dunque questo ci porterebbe ad escludere il secondo significato di "Giudici" attribuibile al lessema "Elohim".”

Ma perché? Il significato di giudici è comunque applicabile al Salmo sia che si accerti che YHWH era un dio minore in strati arcaici della tradizione, sia che si accerti il contrario.
Innanzitutto bisogna vedere cosa si intende con la tua frase “annoverare lo stesso Yahweh tra gli Elohim biblici”. Siccome “elohim” è già usato per indicare YHWH, come qualsiasi altro essere potente, anche un rabbino ortodosso ti concederebbe che “YHWH è uno degli elohim”, per la semplice ragione che anche in ebraico moderno “elohim” si può usare per riferirsi a YHWH.
Tu però volevi dire qualcos’altro, cioè che gli elohim sono dei semi-dèi, sottomessi a El Elyon che sarebbe il Dio supremo, e ciascuno di questi elohim avrebbe un popolo a se assegnato, sicché YHWH era in origine solo l’elohim preposto agli Ebrei, un dio locale che poi fece carriera divenendo universale.
Ora, anche ammettendo questa ipotesi, che non ha nulla di sconvolgente ed è accettata da diversi semitisti cattolici, non si vede quali conseguenze ciò dovrebbe avere col Sal 82. In primo luogo perché, se anche fosse corretta, non sta scritto da nessuna parte che il Sal 82 risalga a questa epoca della storia della religiosità israelitica. Vale a dire che se anche in un periodo della storia YHWH fosse stato un sottoposto di El Elyon, nulla implica che il Sal 82 risalga a quest’epoca.
Esso può risalire ad un epoca di molto successiva, in cui dunque gli attori del Salmo sono l’ormai divenuto Dio supremo YHWH, e gli altri dèi sono esseri divini a lui sottoposti. O, ancora, il protagonista è YHWH, e gli elohim sono dei giudici umani.
Sicché, non si vede proprio cosa c’entri questa tua indagine sull’originale posizione nel pantheon cananeo di YHWH con la decifrazione di questo Salmo.

CITAZIONE
“Se questa è proposta come testimonianza degli episodi accaduti, affermare che la cornice narrativa non è realtistica, significherebbe inficiare interamente la veridicità del racconto, perché l'esistenza di questa è resa come elemento imprescindibile per l'attuazione e lo svolgimento delle vicende in questione.
Se Tizio tra centocinquanta anni inventa l'esistenza di un "x" personaggio, e per farlo apparire storicamente verosimile gli fa pronunziare, nel 2011, un discorso all'interno delle torri gemelle (che sappiamo essere state abbattute nel 2001), risulterebbe ridicolo continuare a credere nella veridicità di tale narrazione, perché sapendo che, nel periodo in cui l'avvenimento è ambientato, le torri gemelle non esistevano più (perché abbattute dieci anni prima), ne consegue che il personaggio "x" in questione non avrebbe mai potuto effettuare un discorso, nel 2011, al loro interno.”

Continuo a non capire dove starebbe la necessità di questo ragionamento. Può darsi invece che la tradizione orale si tramandasse un discorso di Gesù, senza riferirne però la collocazione, e che dunque, all’epoca della redazione del Vangelo di Giovanni, qualcuno abbia riportato il discorso che la tradizione orale gli aveva tramandato, e che abbia ipotizzato qual era la cornice. In questo caso il discorso potrebbe essere autentico, e la cornice falsa.
C’è anche da valutare il cosiddetto effetto “telefono senza fili”, cioè la tendenza, man mano che passa il tempo, ad aggiungere particolari ad una storia. Vale a dire che, di bocca in bocca, potrebbe essersi tramandato un discorso autentico di Gesù, ma ad un certo punto della trasmissione qualcuno ha aggiunto l’ambientazione, col risultato che tutta la tradizione successiva s’è tramandata l’informazione di un luogo fittizio, quando invece però il discorso originale era autentico.
Sicché, da capo, non sta scritto da nessuna parte, ed anzi è storicamente errato, dire che se una cornice è errata, allora è errato anche il suo contenuto.
Questo lo sapresti se avessi studiato meglio la storia greca e romana, infatti non è certo il primo caso in cui abbiamo delle fonti che ci descrivono gesta di governanti greci o romani ambientandoli in luoghi diversi. E allora che fare? Semplicemente una delle due fonti ha avuto un’informazione sbagliata riguardo al luogo, e dunque dovremmo stabilire di che si tratta.
Se Teo ti ha detto che la cornice errata non inficia la veridicità del racconto è perché, banalmente, succede spesso nello studio della storia greca e romana di avere a che fare con eventi storici, ma riferiti come accaduti in un luogo errato, e che sappiamo errato perché altri fonti ci danno una locazione alternativa. Similmente in Giovanni può esserci un luogo errato, ma per nostra sfortuna non ci sono pervenute altre fonti che ci tramandino la vera ubicazione dell’episodio, e questa carenza delle fonti è del tutto casuale.

CITAZIONE
“Rendendoci conto che la posta in questione è la veridicità storica che testimonia l'esistenza reale di Gesù, detto il Cristo, ripropongo in maniera un po' più approfondita lo studio atto a dimostrare la non esistenza di questo porticato.”

Trovo questa tua ricostruzione un tantino lacunosa, e te ne spiego il motivo.
1)Trai le tue affermazioni contro il Nuovo Testamento dal solo Giuseppe Flavio, ma non spieghi perché, nel caso di una discordanza, dovremmo fidarci più di Giuseppe Flavio che degli agiografi neotestamentari. Hai riferito che si parla di questo portico in Giovanni ed Atti, due testi della seconda metà del I secolo esattamente come le Antichità Giudaiche, eppure scarti due testi concordi nell’affermare che qualcosa esisteva per privilegiare un solo testo che dice che qualcosa non esisteva. Perché non potrebbe essersi sbagliato Flavio visto che è in minoranza? L’autore del Vangelo di Giovanni mostra di conoscere infatti assai bene la geografia gerosolimitana precedente la distruzione del tempio, e in passato gli studiosi che hanno dubitato delle sue conoscenze geografiche sono sempre stati smentiti dall’archeologia. Il fatto che ad esempio Giovanni nomini la piscina di Betesda e il Litostroto, su cui alcuni mitologi del cristianesimo s’erano accaniti per trovare chissà quale significato simbolico, dimostra che egli conosceva bene la geografia della di Gerusalemme prima della distruzione, e infatti gli studiosi che negavano l’esistenza di questi luoghi sono stati smentiti.
2)Non c’è bisogno di vedere alcuna contraddizione tra Giuseppe Flavio e gli agiografi del Nuovo Testamento. Se viene detto che Gesù predica nel portico di Salomone, ciò si può spiegare in mille altri modi. Ammettendo che l’edificio fosse stato distrutto, potrebbe darsi che, per comodità, il luogo avesse conservato quel nome, proprio in ricordo di cosa vi sorgeva. Ancora oggi ad Atene puoi sentir dire i cittadini “andiamo all’areopago”, ma invano potresti aspettarti di trovare edifici in quel luogo, visto che ciò che rimane è una spoglia collina brulla che assomiglia ad un masso erratico caduto dal cielo. Ancora oggi le nostre fermate della metro, a Milano o a Roma, hanno dei nomi in ricordo di edifici che sorgevano in quei dintorni, e che invano cercheresti in superficie, così come a Venezia, dove a lungo ho abitato, il luogo dove sorge la stazione dei treni si chiama “Santa Lucia” perché lì c’era una chiesa con quel nome, che ovviamente sarebbe inutile cercare visto che è stata rasa al suolo.
Sicché, può darsi benissimo che al tempo di Gesù si indicasse con quel nome il luogo ove sorgeva la costruzione che portava quel nome, senza dunque implicare alcuna contraddizione tra Flavio e il Nuovo Testamento.
3)Non costituisce una obiezione seria il fatto che in alcune traduzioni si dice che Gesù predicava “sotto il portico”, come se l’edificio fosse ancora in piedi. Se vai a vedere il testo greco ci sono dei banali en+dativo, stati in luogo, ergo al massimo è un problema dei traduttori moderni.
4)Nei testi di Flavio che citi, non c’è alcuna prova che il Portico fosse andato del tutto distrutto. Se rimanevano delle macerie, a maggior ragione si può capire perché si continuasse a chiamarlo Portico di Salmone, venendo là le vestigia di quell’edificio. Una simile lettura, che presuppone una qualche persistenza del Portico, si ha ad esempio nell’edizione dei Meridiani curata da Simonetti delle Antichità Giudaiche, dove la nota a XX, 222 dice “Il portico era un avanzo del tempio precedente alla ricostruzione erodiana, e per questo ora se ne proponeva la sua sostituzione con un altro”.
Le parole “avanzo” e “sostituzione” fanno pensare che secondo Simonetti fosse rimasto qualche rudere.
5)Non può essere considerata una prova che il Portico andò del tutto distrutto il passo di Flavio da te citato che dice: “Questo conteneva legname saturo di pece, di cera, e macchiato d’oro e subito si arrese (alle fiamme); e quell’opera grandiosa e magnifica fu completamente distrutta.”
La sezione dove si dice “completamente distrutta” infatti è inventata, e non ha appigli nel testo greco. Il problema è che hai citato la notoriamente inaffidabile traduzione curata da Luigi Moraldi, che, com’è noto nell’ambiente accademico, non ha tradotto dal testo greco ma ha scopiazzato la traduzione inglese della Loeb, o lui direttamente oppure qualcuno dei suoi collaboratori ai quali ha appaltato diverse parti della traduzione. Il testo greco dice semplicemente “ὁ δὲ ξύλωσιν παρέχων πίσσης τε καὶ κηροῦ πλέον ἔτι δὲ χρυσὸν ἐπαληλιμμένονεὐθέως ήκειν, ἔργα τε μεγάλα ἐκεῖνα καὶ ἀξιολογώτατα ἠφανίζετο”, che, come traduce Simonetti, va reso: “Questo aveva un’armatura di legno imbottita di pece e cera e anche l’ora era stato spalmato di cera, per cui cedette subito, e così andarono distrutte opere d’arte grandi e di gran pregio”.

Ad maiora

Edited by Polymetis - 26/9/2011, 14:46
 
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Frances Admin
view post Posted on 26/9/2011, 17:05     +1   -1




Caro Alessio, sono la fondatrice del forum, ateaccia (propensa all’agnosticismo), terrore e orrore dei vari Salsi, Cascioli, Cefa, etc.
A proposito di cornice narrativa falsata, ti racconto una storia, risalente al 416 a.C., che ha per protagonisti Tucidide, Ioscrate, una epigrafe e Senofonte.
Tucidide narra di un conflitto sorto tra Etene e l’isola di Melo a causa della dichiarazione di indipendenza di Melo e la conseguente defezione dall’alleanza. Dice Tucidide che il casus belli si era originato dall’omissione del versamento del tributo annuale da parte di Melo. Ne conseguì un conflitto sanguinoso, la sconfitta di Melo, la confisca della terra, il massacro delle popolazione locale isolana e la riduzione in schiavitù di donne e bambini (v. anche Senofonte).
Nel Museo dell’Acropoli di Atene, giace un’epigrafe, attestante la lista dei tributari dell’arché. Vi si legge il nome di Melo. Stando a questa fonte, Melo versava regolarmente il tributo ad Atene (lo si deduce anche da Isocrate, che parla di tradimento) ed è logico pensare che ad un certo punto, inseguendo la chimera dell’indipendenza, Melo sospende il versamento, donde l’ira di Atene. Questa le mosse guerra a causa della defezione dall’archè, comportante la sospensione (e non omissione come si evince da Tucidide) del pagamento del tributo al fine di rendersi indipendente ed equidistante dalle due potenze in auge, Atene e Sparta.
In assenza di questa epigrafe avremmo avuto a disposizione l’unica fonte fededegna di Tucicide. Ma costui, che dello storico aveva incontestabilmente dalla sua parte la consapevolezza del ruolo e la scelta oculata delle fonti critiche, non era certo esente da inclinazioni retoriche e propagandistiche. Poiché l’annientamento di Melo risuonava crudele e ingiustificata ai posteri, Tucidide al fine di giustificare, o quantomeno, pareggiare l’affronto subito (l’indipendenza), evita di menzionare Melo tra i gli Stati regolarmente tributari. Omette dunque un dato determinante, o meglio, lo sostituisce con un altro dato che regge le fondamenta del conflitto: conteggiare Melo tra gli Stati defezionisti ab origine al fine giustificare quell’immane massacro di vite umane.
Per questo episodio di storia antica abbiamo a disposizione ben quattro fonti che consentono di risolvere l’enigma. Ma la fonte privilegiata, Tucidide, contiene un racconto deviato e fedifrago. Deviato perché rimescola la cornice narrativa. Fedifrago perché, nel suo intento propagandistico, omette la vera causa del conflitto, sostituendola con un’altra causa “soft” digeribile al suo pubblico di riferimento.

Un evento storico impone al lettore una serie di domande: chi, quando, dove, perché, come? Tucidide non omette alcun elemento narrativo, ma fa di peggio: alla domanda più delicata, “perché” diventa fonte inattendibile, ma non del fatto storico, quanto della causa del conflitto.
Ma alla luce del comportamento di Tucidide possiamo considerare il conflitto tra Atene e Melo un falso storico? La risposta è recisamente negativa. Primo perché l’evento è attestato da molteplici di fonti tra loro indipendenti, in secondo luogo perché non c’è motivo alcuno di dubitare la storicità di questo episodio della storia antica, in assenza di elementi fondanti.

Il mio discorso è teso a far comprendere al lettore la pericolosità di un metodo di ricerca che fonda esclusivamente l’analisi del fatto storico sui dati ricavabili dalla cornice storico-narrativa (il sitz im leben del cristianesimo primitivo). La cornice narrativa fornisce importanti indizi storici sul fatto narrato, è un valido sussidio per la comprensione del fatto stesso, ci illumina sulla psicologia dell’autore, sul contesto storico, etc. Ma mai potrà essere identificata col fatto storico. Se questo si innesta sulla cornice narrativa, tra i due non vi è né identità, né rapporto di consequenzialità.
Aggiungo un’altra, quanto ovvia considerazione. Non è sufficiente scovare l’inganno (che va sempre dimostrato col metodo filologico), si deve motivarlo, muovendo dalla psicologia dell’autore. Nel caso di Tucidide la risposta è scontata: da Ateniese, è proclive a giustificare ed esaltare l’atteggiamento imperialista della sua patria. Non sempre la storia ci riserva un trattamento così benevolo. Su temi simili si sono combattute e si combatteranno le più aspre battaglie filologiche.

Muovendo ora dal conflitto Melo-Atene ai versetti giovannei incriminati, ti suggerisco di procedere come segue: trova l’inganno, spiegalo. Ogni anomalia va spiegata minuziosamente. Tradotto in un modulo operativo: trova la fonte che sostiene incontrovertibilmente l’inesistenza del Portico di Salomone; spiega perché Giovanni avrebbe mentito riguardo questo dettaglio geografico. Se la cornice narrativa falsata mette in crisi l’impianto narrativo, spiega con dovizia il rapporto di consequenzialità.
Ora, per quanto mi consta, tu non hai mosso da nessuno di questi principi filologici basilari per poter sostenere la non storicità dell’episodio a partire da un dettaglio geografico accessorio e irrilevante. Infatti, nell’economia dell’episodio, quel dettaglio non ha rilevanza alcuna al fine di restaurare gli ipsissima verba di Gesù. L’unica attività cui ti sei dilettato è la collazione di fonti silenziose, che nulla dicono a proposito della inesistenza del Portico di Salomone. L’argumentum e silentio è una fallacia del ragionamento critico, molto caro ai complottisti, ma non ha diritto di cittadinanza nel corpus metodologico della filologia.

Edited by Frances Admin - 26/9/2011, 19:42
 
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view post Posted on 26/9/2011, 22:08     +1   -1
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Grazie, Frances, per questa bella lezione. Come vedete (e qui parlo a noi), c'è sempre da imparare anche quando si ragiona su cose risapute. Lasciamo ora il tempo al nostro giovane amico di riflettere su questo mucchio di cose e a noi un po' di relax. Lascerò questo thread in evidenza a imperitura memoria della linea editoriale del forum nei confronti non solo della questione arpiolide ma, più in generale, di tutta la pseudoscienza che si trova a così buon mercato in Rete.
Grazie ancora a tutti.
 
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10 replies since 25/9/2011, 16:00   1797 views
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