Carissimo Beliél, anch’io avevo scritto qualcosa per te, appena prima di andare a pranzo. Ho lasciato incompiuto il testo pensando di finirlo dopo aver pranzato, ma vedo che nel frattempo Teodoro e Waylander ti hanno scritto diverse cose che anch’io avevo già notato, e questo significa che tutti e tre abbiamo rilevato le medesime falle tipiche di chi tratti gli studi di neotestamentaria senza essersi sufficientemente confrontato con la storia antica in generale e le sue problematiche. Perché davvero ti fai dei problemi per delle cose che invece accadono normalmente, e sembri affetto della malattia complottista che vuole una trasparenza totale dai testi antichi, quando questa non c’è mai, per nessuno storico. Ecco dunque quello che ti avevo scritto, sperando possa farti riflettere:
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“Ho purtoppo avuto l'amara sensazione che il mio intervento, ove sostengo l'eventuale inesistenza nel Tempio di Gerusalemme del Portico orientale, detto di Salomone, nel periodo ove si svolgono le vicende neotestamentarie (Gv. 10: 22, 23; At. 3: 11; Atti 5: 12-16), abbia suscitato in Lei una sorta di "allarme”
Ma perché dovrebbe suscitare allarme in Teo una cosa del genere? Ho l’impressione che tu tratti la Bibbia come fanno i fondamentalisti protestanti americani, ma alla rovescia. Cioè pensi che l’unico modo per intenderla sia quello di crederla tutta storica fino all’ultima lettera, e perciò pensi di dire qualcosa che sconvolga un cattolico se affermi che un episodio del Vangelo di Giovanni non è mai avvenuto. Ciò è piuttosto ingenuo, e mi chiedo quanto tu conosca l’esegesi cattolica e protestante moderna, visto che la maggioranza degli esegeti odierni alla storicità dei discorso di Gesù in Giovanni non crede minimamente, ma questo non fa stracciare le vesti proprio a nessuno. Da tempo infatti è pacifico anche per i teologi che i cristiani della fine del I secolo, volendo spiegare la comprensione del mistero di Cristo che essi avevano maturato, misero in bocca a Gesù dei discorsi da lui mai pronunciati, ma che essi immaginavano esprimere le vere intenzioni di Gesù. Questo, si badi, non è un modo di fare disonesto, ma una modalità di fare storia comune a tutta la storiografia antica. Siccome non c’erano registratori, gli storici antichi si sentivano autorizzati a mettere in bocca a politici e governanti dei discorsi inventati che però lo storico in questione riteneva esprimessero bene le idee del politico in questione. Se hai letto Tucidide ad esempio, lui ci dice candidamente quando si sia prodigato per inventare dei bei discorsi da mettere in bocca a Pericle. Eppure, la sua “Guerra del Peloponneso” è considerato un teso storico da tutti. Perché? Perché i criteri per fare storiografia erano diversi 2 millenni fa ed oggi. Alcune cose non rientrano nelle libertà che lo storico moderno solitamente può permettersi, ma rientravano invece nelle libertà che gli storici antichi si prendevano, e come ripeto non per malafede, ma convinti di rendere un servizio migliore al personaggio.
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CITAZIONE
intendevo mettere in evidenza l'asperità, secolare, in cui inevitabilente ci si imbatte ogniqualvolta si affrontano temi che implicano il sentire più profondo, le convinzioni che determinano le scelte di vita, come la religione e la fede che le è necessariamente annessa, in particolare quando si affrontano questioni relative all'interpretazione di passi biblici.”
Guarda che la storicità o meno di quel discorso di Gesù non cambia la vita proprio a nessun esegeta.
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CITAZIONE
Indi è nato il mio umile suggerimento, atto a verificare la corretta interpretazione biblica, di iniziare la comprensione di un testo dal suo significato letterale, che è l'unico univoco, per poi passare alla costruzione (come sappiamo molto teorica) di illazioni interpretative del versetto biblico interessato.”
Come già detto, il problema non è l’assunto che si deve partire dal significato letterale, bensì individuare quale sia il suo significato letterale. Quanto ad “elohim”, sia “giudice” che “dio” che “angelo” che “essere potente” sono tutti significati letterali, quindi sono tutte letture legittime, e non è che una interpreta più delle altre.
CITAZIONE
“del Sig. "Polymetis" si basa sullo studio diacronico del lessema "Elohim", dal significato plurivalente; ciò nonostante la menzione del passo di Giovanni 10: 34, con il quale l'utente ha inteso rafforzare la propria visione interpretativa, mi ha costretto a sottolineare la cautela, con la quale bisogna affrontare tali argomentazioni, dovuta alla eventuale "non storicità" del passo in questione (usato, è ancor bene ricordare, per rafforzare la propria visione).”
Come ho già spiegato nel mio precedente post, il fatto che Gv 10,34 dia quella lettura del Salmo 82, che poi è quella della tradizione rabbinica e del targumim, non costituisce il fulcro della mia argomentazione. Quella lettura del Sal reggerebbe anche se nessuno l’avesse mai fatta propria. Il fatto che si menzioni che anche qualcun altro l’ha accettata, è solo un elemento in più che aggiungo per completezza. Ed è irrilevante, tra l’altro, che quell’interpretazione venga da Gesù o qualcun altro, si tratta sempre comunque della testimonianza che qualcuno nel I secolo dava tale lettura del Salmo.
CITAZIONE
“La distinzione tra YHWH ed El Elyon, ricavabile da altri eventuali passi biblici che in uno studio apposito mi accingerò a riportare, tengo a precisare che è rilevante in quanto questa "separazione" ci costringerebbe ad annoverare lo stesso Yahweh tra gli Elohim biblici, e dunque questo ci porterebbe ad escludere il secondo significato di "Giudici" attribuibile al lessema "Elohim".”
Ma perché? Il significato di giudici è comunque applicabile al Salmo sia che si accerti che YHWH era un dio minore in strati arcaici della tradizione, sia che si accerti il contrario.
Innanzitutto bisogna vedere cosa si intende con la tua frase
“annoverare lo stesso Yahweh tra gli Elohim biblici”. Siccome “elohim” è già usato per indicare YHWH, come qualsiasi altro essere potente, anche un rabbino ortodosso ti concederebbe che “YHWH è uno degli elohim”, per la semplice ragione che anche in ebraico moderno “elohim” si può usare per riferirsi a YHWH.
Tu però volevi dire qualcos’altro, cioè che gli elohim sono dei semi-dèi, sottomessi a El Elyon che sarebbe il Dio supremo, e ciascuno di questi elohim avrebbe un popolo a se assegnato, sicché YHWH era in origine solo l’elohim preposto agli Ebrei, un dio locale che poi fece carriera divenendo universale.
Ora, anche ammettendo questa ipotesi, che non ha nulla di sconvolgente ed è accettata da diversi semitisti cattolici, non si vede quali conseguenze ciò dovrebbe avere col Sal 82. In primo luogo perché, se anche fosse corretta, non sta scritto da nessuna parte che il Sal 82 risalga a questa epoca della storia della religiosità israelitica. Vale a dire che se anche in un periodo della storia YHWH fosse stato un sottoposto di El Elyon, nulla implica che il Sal 82 risalga a quest’epoca.
Esso può risalire ad un epoca di molto successiva, in cui dunque gli attori del Salmo sono l’ormai divenuto Dio supremo YHWH, e gli altri dèi sono esseri divini a lui sottoposti. O, ancora, il protagonista è YHWH, e gli elohim sono dei giudici umani.
Sicché, non si vede proprio cosa c’entri questa tua indagine sull’originale posizione nel pantheon cananeo di YHWH con la decifrazione di questo Salmo.
CITAZIONE
“Se questa è proposta come testimonianza degli episodi accaduti, affermare che la cornice narrativa non è realtistica, significherebbe inficiare interamente la veridicità del racconto, perché l'esistenza di questa è resa come elemento imprescindibile per l'attuazione e lo svolgimento delle vicende in questione.
Se Tizio tra centocinquanta anni inventa l'esistenza di un "x" personaggio, e per farlo apparire storicamente verosimile gli fa pronunziare, nel 2011, un discorso all'interno delle torri gemelle (che sappiamo essere state abbattute nel 2001), risulterebbe ridicolo continuare a credere nella veridicità di tale narrazione, perché sapendo che, nel periodo in cui l'avvenimento è ambientato, le torri gemelle non esistevano più (perché abbattute dieci anni prima), ne consegue che il personaggio "x" in questione non avrebbe mai potuto effettuare un discorso, nel 2011, al loro interno.”
Continuo a non capire dove starebbe la necessità di questo ragionamento. Può darsi invece che la tradizione orale si tramandasse un discorso di Gesù, senza riferirne però la collocazione, e che dunque, all’epoca della redazione del Vangelo di Giovanni, qualcuno abbia riportato il discorso che la tradizione orale gli aveva tramandato, e che abbia ipotizzato qual era la cornice. In questo caso il discorso potrebbe essere autentico, e la cornice falsa.
C’è anche da valutare il cosiddetto effetto “telefono senza fili”, cioè la tendenza, man mano che passa il tempo, ad aggiungere particolari ad una storia. Vale a dire che, di bocca in bocca, potrebbe essersi tramandato un discorso autentico di Gesù, ma ad un certo punto della trasmissione qualcuno ha aggiunto l’ambientazione, col risultato che tutta la tradizione successiva s’è tramandata l’informazione di un luogo fittizio, quando invece però il discorso originale era autentico.
Sicché, da capo, non sta scritto da nessuna parte, ed anzi è storicamente errato, dire che se una cornice è errata, allora è errato anche il suo contenuto.
Questo lo sapresti se avessi studiato meglio la storia greca e romana, infatti non è certo il primo caso in cui abbiamo delle fonti che ci descrivono gesta di governanti greci o romani ambientandoli in luoghi diversi. E allora che fare? Semplicemente una delle due fonti ha avuto un’informazione sbagliata riguardo al luogo, e dunque dovremmo stabilire di che si tratta.
Se Teo ti ha detto che la cornice errata non inficia la veridicità del racconto è perché, banalmente, succede spesso nello studio della storia greca e romana di avere a che fare con eventi storici, ma riferiti come accaduti in un luogo errato, e che sappiamo errato perché altri fonti ci danno una locazione alternativa. Similmente in Giovanni può esserci un luogo errato, ma per nostra sfortuna non ci sono pervenute altre fonti che ci tramandino la vera ubicazione dell’episodio, e questa carenza delle fonti è del tutto casuale.
CITAZIONE
“Rendendoci conto che la posta in questione è la veridicità storica che testimonia l'esistenza reale di Gesù, detto il Cristo, ripropongo in maniera un po' più approfondita lo studio atto a dimostrare la non esistenza di questo porticato.”
Trovo questa tua ricostruzione un tantino lacunosa, e te ne spiego il motivo.
1)Trai le tue affermazioni contro il Nuovo Testamento dal solo Giuseppe Flavio, ma non spieghi perché, nel caso di una discordanza, dovremmo fidarci più di Giuseppe Flavio che degli agiografi neotestamentari. Hai riferito che si parla di questo portico in Giovanni ed Atti, due testi della seconda metà del I secolo esattamente come le Antichità Giudaiche, eppure scarti due testi concordi nell’affermare che qualcosa esisteva per privilegiare un solo testo che dice che qualcosa non esisteva. Perché non potrebbe essersi sbagliato Flavio visto che è in minoranza? L’autore del Vangelo di Giovanni mostra di conoscere infatti assai bene la geografia gerosolimitana precedente la distruzione del tempio, e in passato gli studiosi che hanno dubitato delle sue conoscenze geografiche sono sempre stati smentiti dall’archeologia. Il fatto che ad esempio Giovanni nomini la piscina di Betesda e il Litostroto, su cui alcuni mitologi del cristianesimo s’erano accaniti per trovare chissà quale significato simbolico, dimostra che egli conosceva bene la geografia della di Gerusalemme prima della distruzione, e infatti gli studiosi che negavano l’esistenza di questi luoghi sono stati smentiti.
2)Non c’è bisogno di vedere alcuna contraddizione tra Giuseppe Flavio e gli agiografi del Nuovo Testamento. Se viene detto che Gesù predica nel portico di Salomone, ciò si può spiegare in mille altri modi. Ammettendo che l’edificio fosse stato distrutto, potrebbe darsi che, per comodità, il luogo avesse conservato quel nome, proprio in ricordo di cosa vi sorgeva. Ancora oggi ad Atene puoi sentir dire i cittadini “andiamo all’areopago”, ma invano potresti aspettarti di trovare edifici in quel luogo, visto che ciò che rimane è una spoglia collina brulla che assomiglia ad un masso erratico caduto dal cielo. Ancora oggi le nostre fermate della metro, a Milano o a Roma, hanno dei nomi in ricordo di edifici che sorgevano in quei dintorni, e che invano cercheresti in superficie, così come a Venezia, dove a lungo ho abitato, il luogo dove sorge la stazione dei treni si chiama “Santa Lucia” perché lì c’era una chiesa con quel nome, che ovviamente sarebbe inutile cercare visto che è stata rasa al suolo.
Sicché, può darsi benissimo che al tempo di Gesù si indicasse con quel nome il luogo ove sorgeva la costruzione che portava quel nome, senza dunque implicare alcuna contraddizione tra Flavio e il Nuovo Testamento.
3)Non costituisce una obiezione seria il fatto che in alcune traduzioni si dice che Gesù predicava “sotto il portico”, come se l’edificio fosse ancora in piedi. Se vai a vedere il testo greco ci sono dei banali en+dativo, stati in luogo, ergo al massimo è un problema dei traduttori moderni.
4)Nei testi di Flavio che citi, non c’è alcuna prova che il Portico fosse andato del tutto distrutto. Se rimanevano delle macerie, a maggior ragione si può capire perché si continuasse a chiamarlo Portico di Salmone, venendo là le vestigia di quell’edificio. Una simile lettura, che presuppone una qualche persistenza del Portico, si ha ad esempio nell’edizione dei Meridiani curata da Simonetti delle Antichità Giudaiche, dove la nota a XX, 222 dice “Il portico era un avanzo del tempio precedente alla ricostruzione erodiana, e per questo ora se ne proponeva la sua sostituzione con un altro”.
Le parole “avanzo” e “sostituzione” fanno pensare che secondo Simonetti fosse rimasto qualche rudere.
5)Non può essere considerata una prova che il Portico andò del tutto distrutto il passo di Flavio da te citato che dice: “Questo conteneva legname saturo di pece, di cera, e macchiato d’oro e subito si arrese (alle fiamme); e quell’opera grandiosa e magnifica fu completamente distrutta.”
La sezione dove si dice “completamente distrutta” infatti è inventata, e non ha appigli nel testo greco. Il problema è che hai citato la notoriamente inaffidabile traduzione curata da Luigi Moraldi, che, com’è noto nell’ambiente accademico, non ha tradotto dal testo greco ma ha scopiazzato la traduzione inglese della Loeb, o lui direttamente oppure qualcuno dei suoi collaboratori ai quali ha appaltato diverse parti della traduzione. Il testo greco dice semplicemente “ὁ δὲ ξύλωσιν παρέχων πίσσης τε καὶ κηροῦ πλέον ἔτι δὲ χρυσὸν ἐπαληλιμμένονεὐθέως ήκειν,
ἔργα τε μεγάλα ἐκεῖνα καὶ ἀξιολογώτατα ἠφανίζετο”, che, come traduce Simonetti, va reso: “Questo aveva un’armatura di legno imbottita di pece e cera e anche l’ora era stato spalmato di cera, per cui cedette subito,
e così andarono distrutte opere d’arte grandi e di gran pregio”.
Ad maiora
Edited by Polymetis - 26/9/2011, 14:46