CITAZIONE (Teodoro Studita @ 19/6/2012, 16:52)
Non sono particolarmente d'accordo nel definire questo testo come la più antica anafora, e non solo per l'esistenza di altri testi che più si attagliano a tale definizione (il papiro di Strasburgo o l'anafora di Addai e Mari), ma perché mi sembra di vedere in questo testo degli strati più recenti che in qualche modo hanno "sommerso" l'eventuale strato antico
Premetto che la mia primaria fonte su questi Atti è l’introduzione, peraltro sostanziosa e di ottimo livello: Knut Schaferdiek “The Acts of John” in ed. Wilhelm Schneemelcher New Testament Apocrypha vol 2. Cambridge, Clarke & Co. Westminster/John Knox Press, 2003, pag 152-171, insieme alle altre introduzioni sempre nello stesso volume (
qui). Le introduzioni dell’Erbetta sembrano invece di un livello minore.
Gli atti di Giovanni, insieme peraltro a quelli di Andrea, Paolo, Pietro e Tommaso, facevano parte di un corpus utilizzato dai manichei (setta gnostica). Questo corpus è attestato da fonti manichee già nel terzo quarto del 3 secolo (ivi pag 91), che rappresenta quindi il terminus ante quem. In particolare questo termine, anzi la metà del terzo secolo, è confermato anche per gli Atti di Giovanni (ivi pag 167). Inoltre alcuni capitoli, tra cui i 109/110, si ipotizza siano testi preesistenti inseriti poi nella redazione finale degli Atti. (una datazione non dopo la metà del terzo secolo è comunque una datazione “tarda”, l’Erbetta popone la seconda metà del 2 secolo).
Gli Atti di Giovanni - e in particolare i capitoli finali 106-115 usati anche come testo a sé stante come memoria liturgica legata alla basilica di Efeso - ebbero un’enorme diffusione in tutto il mondo cristiano già nel 4 secolo. Abbiamo oltre le greche, le versioni latina, siriaca, armena, georgiana, sahidica, boharica, e questo nonostante che tali atti siano già stati condannati dalla grande Chiesa nel 4 secolo: la loro diffusione si esaurì nel 5 secolo in occidente e più lentamente in oriente.
All’interno di questa anafora potrebbero ben esserci più livelli, magari un Ur-Text “cattolico” ritoccato per renderlo consono alla teologia manichea (ad esempio mi viene subito a mente l’assenza della lode a Dio creatore), ma anche i ritocchi non possono essere successivi la metà del terzo secolo, e quindi possiamo tranquillamente escludere che sia costruita come semplificazioni/ristrutturazione/scimmiottamento di anafore già ben strutturate, in quanto la strutturazione delle anafore “cattoliche” avviene solo a partire dal 4 secolo (al di là del fatto che non si vede perché i manichei dovessero basarsi sui testi della Grande Chiesa).
Quanto all’anafora di Addai e Mari il più antico testo che abbiamo è del xi secolo, e ricostruire da lì l’Ur-Ur-text del terzo secolo è comunque un’operazione assai ipotetica, su cui infatti non c’è accordo tra gli studiosi.
Il caso del papiro di Strasburgo è più interessante: quello che sappiamo di sicuro è che è un papiro del 6-7 secolo e che il testo è assolutamente compatibile con l’inizio dell’Anafora di San Marco (sia pure in forma arcaica. la dossologia finale non crea problema come insegna lo Sprinks). Il punto è se semplicemente si sono persi gli altri fogli o se tale testo fosse considerato un’anafora completa (cosa peraltro difficile da ipotizzare visto che a partire dal 4 secolo esistono già anafore ben strutturate, come Serapione, Barcellona, per non parlare poi di Basilio nelle sue recensioni ecc). Si può però ipotizzare, ma è sempre un’ipotesi su cui non c'è consenso, che il ringraziamento (“prefazio” per gli amanti del canone) che troviamo all’inizio dell’anafora di San Marco (o nel papiro di Strasburgo) fosse stato nel terzo secolo un anafora a sé stante. Ma anche qui è solo un ipotesi: per questo analizzare un testo anaforico sicuramente non successivo alla metà del terzo secolo, seppure usato dai manichei, è importante.
Pur essendo trasmessi da “gnostici” questi testi sono comunque assai interessanti per il cristianesimo, e questo sia per la datazione sia perché, con riferimento a questi atti, non è possibile mantenere una netta antitesi tra “cattolico” e “gnostico”(ivi pag 83).
CITAZIONE (Teodoro Studita @ 19/6/2012, 16:52)
Nella fattispecie, l'espressione del §86 «κοινωνήσας τοῖς ἀδελφοῖς πᾶσι τῆς τοῦ κυρίου εὐχαριστίας» ha un certo sapore di terminus technicus che sembra descrivere una prassi eucaristica già ben radicata che risulterebbe scarsamente compatibile con una datazione così alta come quella che proponi. Che sia un indizio di una seconda mano redazionale?
Si potrebbe suonare strano però non mi scandalizzo, visto che in Didachè troviamo “μηδεὶς δὲ φαγέτω μηδὲ πιέτω ἀπὸ τῆς
εὐχαριστίας ὑμῶν, ἀλλ’ οἱ βαπτισθέντες εἰς ὄνομα κυρίου· ”.
Potremmo anche spingerci oltre: se compariamo questo verso della Didaché con quello che abbiano negli Atti di Giovanni 109 (ἑκάστῳ τῶν ἀδελφῶν ἐπευχόμενος ἄξιον ἔσεσθαι αὐτὸν τῆς τοῦ κυρίου χάριτος καὶ τῆς ἁγιωτάτης
εὐχαριστίας) oltre che quello del par 86 notiamo in tutti i tre casi l’uso del sostantivo “eucarestia” nella stessa posizione: infatti questa frase è detta nei tre casi all’inizio della distribuzione della comunione, ed è difficile che sia un caso. Poi in Didache e in 109 abbiamo anche l’idea che è necessario essere degni/cristiani per ricevere l’eucarestia. Certo da “…τῆς εὐχαριστίας ὑμῶν” arriviamo al più formale "...τῆς ἁγιωτάτης εὐχαριστίας" e “τοῦ κυρίου εὐχαριστίας”, ma la cosa è naturale con lo scorrere dei decenni.
CITAZIONE (Teodoro Studita @ 19/6/2012, 16:52)
la presenza delle azioni tipiche di Gesù nell’ultima cena (prese il pane / rese grazie / lo spezzò / lo diede / dicendo )
Il fatto che non sia un racconto di istituzione potrebbe far pensare ad una datazione alta, ma di per sé non basta, anche perché questa emulazione pedissequa del NT fa tanto pensare più ad un vangelo gnostico che ad una paleoanafora. Ma si tratta solo di una sensazione, a onor del vero
Oserei dire che se fosse un testo costruito deliberatamente sui verbi dell'ultima cena avrebbe seguito le azioni precise: λαμβάνω / εὐχαριστέω o εὐλογέω / κλάω / δίδωμι / λέγω o εἶπον, ma non abbiamo una corrispondenza precisa. Le azioni sono presenti ma solo in linea di massima, per cui non sembra che si sia un tentativo di rifarsi direttamente ai testi neotestamentari. Non abbiamo neanche un tentativo di cena né di benedizione sul calice. E il tema della passione e morte è del tutto assente. E questo è interessante.
CITAZIONE (Teodoro Studita @ 19/6/2012, 16:52)
CITAZIONE
e) la dichiarazione di intento relativa agli elementi tipici delle anafore: lodare / offrire / rendere grazie
Ma sono in un contesto abbastanza diverso. Penso agli studi della Winkler sul Basilio armeno, dove si parla proprio di questo. Qui è vero che abbiamo la sequenza δοξάζομέν - μαρτυροῦμέν - αἰνοῦμέν - εὐχαριστοῦμέν. Se volessimo fare una sinossi con un'anafora nota, dove possiamo trovare una sequenza simile a questa?
Il ringraziamento che troviamo all’inizio dell’anafora di San Marco (ovvero nel papiro di Strasburgo) include la lode, il ringraziamento e l'offerta. Nonché la lode al Nome. L'analogia è assai interessante.
Quello che c'è nel papiro di Strasburgo ma qui (nel 109) manca è la lode al Dio Creatore, che però per i manichei era il Dio "cattivo", quindi è logico che non ci sia il riferimento. [PS il "δοξάζομέν σου τὸ λεχθὲν ὑπὸ τοῦ πατρὸς ὄνομα" in 109 viene detto sempre di Cristo, che per i manichei rappresentava il Dio "buono", e a cui loro davano anche il titolo di Padre (ma non era considerato il creatore)]
Edited by a_ntv - 20/6/2012, 23:55