Studi sul Cristianesimo Primitivo

Esaltazione senza preesistenza: la cristologia originaria

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view post Posted on 8/4/2016, 19:07     +3   +1   -1
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Ho letto il thread con interesse e forse a qualcuno può interessare qualche altro punto di vista, dunque ecco i miei due cents.

Innanzitutto un accenno di metodologia. Va bene, anzi benissimo, fare il punto sul consensus negli studi moderni. Lo facciamo sempre e continueremo a farlo, per notare magari che su alcune vexatae quaestiones alla fine assistiamo spesso a dei cicli vichiani per cui opinioni considerate démodé, dopo qualche decennio ritornano in auge, e viceversa. Ciò che sembra un po’ in ombra, per non dire assente, invece, è l’esegesi patristica. Eppure i grandi intellettuali dei primi secoli del Cristianesimo avevano alcune armi che noi non abbiamo, ad esempio:

- Una comprensione trasmessa attraverso l’oralità e il culto, dalle prime generazioni dei cristiani. Naturalmente mon è detto che si tratti del sensus auctoris, ma questo “senso ecclesiale” è troppo spesso sottovalutato, salvo poi quando ci ricordiamo che il NT è un testo scritto dalla Chiesa, nella Chiesa e per la Chiesa;
- un testo del NT con qualche secolo in meno di pasticci in fase di trasmissione;
- una comprensione linguistica “da madrelingua”, almeno per i greci, cioè quasi tutti quelli che avevano qualcosa da dire.

In altri termini, tra cosa ne pensa Romano Penna (con tutto il rispetto, eh) e chessò… Origene, sono vagamente più interessato al secondo, o almeno gli darei lo stesso peso.

Secondo punto metodologico, ma che si ricollega in parte al primo: non sono affatto d’accordo nel sostenere che il culto non ci dice nulla su «le modalità con cui questo “status divino” viene concretamente concepito e rappresentato». Non lo sono in primo luogo perché tutti i brani significativi (i cd. “inni” di Fil e Col, 1Cor 8,6 e probabilmente anche la dossologia di Rm) sono elementi nati proprio in ambito cultuale. Ma non solo: il culto è la prima manifestazione della comprensione teologica, molto prima che questa venga digerita, assimilata e codificata: legem credendi lex statuat supplicandi, dicono quelli bravi.

Fatte queste doverose premesse, veniamo alla ciccia.


Sulla dossologia di Rm 9,5 mi risulta che per l’esegesi teologica siano solo Diodoro di Tarso e Fozio (qui il "solo" mi pesa un po' lo ammetto), mentre la maggior parte degli antichi autori ecclesiastici sia piuttosto per la lettura cristologica: Ireneo, III, 16,3; Ps-Ippolito, Adv. Noet., 6; Novaziano, Fid, 13; De Trin., 13; Tertulliano, Adv.Prax., XIII, 9 e XV, 7; Cipriano, Ad Quir., II, 6; Atanasio, Adv. Ar., 1,10; 4,1; ID., Ad Epict. 10; Agostino, De Trin., II, 13,23; ID., Conf., VII, 18; Basilio, Adv. Eun., 4; Epifanio, Pan., 57; Gregorio di Nissa, Adv. Eun., 11; Ilario di Poitiers, De Trin., 8,37; Ambrogio, De Fide, 4,6; ID., De S.Spir., 1,3,46; Giov.Crisostomo, In Roman., 17,3; Teodoro di Mopsuestia, In Roman.; Girolamo, Ep. 121,2; Cirillo di Alex., Adv Iul., 10.

Insomma, non venite a dirmi che questa sfilza di cristiani grecofoni dei secoli II e III non abbiano nulla da dire. Giusto a titolo di esempio, lo ps.Ippolito:

Consideriamo la parola dell’apostolo «dai patriarchi venne Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli». Queste parole dichiarano il mistero della verità giustamente e chiaramente. Colui che è sopra ogni cosa, è Dio; per questo egli parla audacemente e dice: «tutto mi è stato dato dal Padre mio». Colui che è sopra ogni cosa, Dio benedetto, è nato, è divenuto uomo. Egli è quindi il Dio per sempre.

Se proprio vogliamo essere più realisti del re, da Agostino apprendiamo che addirittura gli ariani attribuivano la dossologia al Figlio:

se è Dio anche il Figlio, come essi debbono ammettere, sia pure con- trovoglia, in forza delle parole dell’Apostolo: Egli è al di sopra di tut- te le cose, Dio benedetto nei secoli. (De Trin., II, 13,23)

In conclusione, e senza voler arrivare ad un giudizio definitivo, credo che almeno sia necessario tenere in considerazione l’esegesi antica.
Se poi qualcuno fosse interessato alla mia opinione personale, è in fondo al post :)


Veniamo ora a Colossesi. La mia posizione è riassunta in questo articolo (LINK ad Academia), cui rimando. Limito il cutpaste solo una parte delle conclusioni:

«…una dottrina del mediatore della creazione era trasversalmente presente, a vario titolo e con modalità diverse, praticamente in tutto il Mediterraneo orientale, sia nel mondo pagano che in quello ebraico. Tuttavia, la forma che tale dottrina assume nell'epistola ai Colossesi sembra maggiormente aderente al modello in voga presso circoli giudaici "marginali" (come quelli rappresentati, ad esempio, dai testi qumranici e dal ciclo enochiano) in cui il filone apocalittico/sapienziale era particolarmente fiorente. È in quest'ambito, più che nella cultura tardo-ellenistica, che bisogna guardare per rintracciare le fonti della dottrina del mediatore della creazione nell'Inno di Colossesi, come pure è dallo scostamento dagli stereotipi nei quali si era cristallizzata in tali circoli che si può trovare l'originalità cristiana, rappresentata in primo luogo dal tema della risurrezione, compimento di quello già presente in nuce (ad es. in Enoc) dell'incarnazione del logos.»


Sulla base di quanto riassunto in questo piccolo studio, non mi pare ardito ritenere che la lettura – pur affascinante – di 1Cor 8,6 in chiave escatologica possa non rappresentare la via esegetica più economica, specialmente in relazione a ciò che nella redazione del NT c’è prima (Filippesi) o dopo (Colossesi). Per pensare, cioè ad una nuova creazione nello Spirito dovremmo avere almeno altri contesti in cui è manifesta una simile “pneumatologia escatologica” realizzata nella persona di Gesù Cristo. Ma, poiché né a me ve vengono in mente, né Kuschel li menziona (nessuno degli esempi che offre è veramente calzante a mio avviso), mi sembra più semplice rintracciare la storia dell’idea in un tema – quello del mediatore della creazione – che vediamo in maniera pressoché ubiquitaria nella letteratura intertestamentaria e che certo gli agiografi avevano in qualche modo – magari anche solo indirettamente – masticato.
In altri termini, se non c’è nessun problema a intendere la figura del Cristo esaltato come una riconciliazione tra il creatore e l’uomo, trasformare 1Cor 8,6 in un’espressione di una pneumatologia della nuova creazione (un po’ in stile… Gioacchino da Fiore?) mi pare eccessivo e un po’ anacronistico.

Con ciò, peraltro, non sto dicendo che Paolo i i primi cristiani avessero una teologia consapevole di Cristo come sophia-logos-mediatore della creazione, ma che questa idea non fosse incompatibile con il loro retroterra culturale. Nel culto, si sa, a volte si esagera, come già si è detto, e questa in fondo è la mia linea.

In conclusione, visto che il thread parla di “cristologia originaria” e non “cristologia paolina” posso permettermi di ritenere che Paolo non avesse tra i suoi obiettivi quello di sviluppare il concetto di Cristo come mediatore della creazione ma allo stesso tempo di affermare che la cosa non fosse per lui inconcepibile (magari lo riteneva un po’ troppo “spinto”?) e di certo non lo era per la prima comunità orante.

Ecco i miei two cents. Se valgono solo uno, voglio il resto :)
 
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Sant'Atanasio
view post Posted on 8/4/2016, 19:48     +1   -1




Bel post Teodoro. Una domanda rigorosamente NON teologica

CITAZIONE (Teodoro Studita @ 8/4/2016, 20:07) 
Consideriamo la parola dell’apostolo «dai patriarchi venne Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli». Queste parole dichiarano il mistero della verità giustamente e chiaramente. Colui che è sopra ogni cosa, è Dio; per questo egli parla audacemente e dice: «tutto mi è stato dato dal Padre mio». Colui che è sopra ogni cosa, Dio benedetto, è nato, è divenuto uomo. Egli è quindi il Dio per sempre.

.

È folle sostenere che Ippolito avesse interpretato correttamente il pensiero di Paolo e degli altri apostoli in questo caso oppure è una costruzione apologetica posteriore e anacronistica che nulla ha a che vedere col pensiero di Paolo quando scriveva la lettera ai Romani?

Sottolineo che mi sto riferendo solamente al pensiero paolino e apostolico, nessun giudizio di "valore", sia chiaro.

Edited by Talità kum - 12/4/2016, 09:00
 
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view post Posted on 9/4/2016, 17:45     +1   -1
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CITAZIONE (Sant'Atanasio @ 8/4/2016, 20:48) 
È folle sostenere che Ippolito avesse interpretato correttamente il pensiero di Paolo e degli altri apostoli in questo caso oppure è una costruzione apologetica posteriore e anacronistica che nulla ha a che vedere col pensiero di Paolo quando scriveva la lettera ai Romani?

Troppi problemi in questa domanda:
- "correttamente" non vuol dire nulla
- Non si vede perché "Paolo e gli altri apostoli" dovrebbero avere il medesimo pensiero, quando è lo stesso NT a dirci il contrario (almeno con Pietro e probabilmente anche Giacomo)
- Non si capisce chi sarebbero "gli altri apostoli", né si dice come potremmo mai sapere quale fosse il pensiero di questi visto che nessuno, salvo forse Giovanni, ha scritto direttamente nulla.

In generale, peraltro, credo di non avere fisicamente il tempo di intavolare una discussione di questo tenore.
 
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Sant'Atanasio
view post Posted on 9/4/2016, 21:07     +1   -1




CITAZIONE (Teodoro Studita @ 9/4/2016, 18:45) 
Tutto li. Spero di non essere drammaticamente off topic, ma se è il caso apro un altro topic, poi magari rispondi quando hai tempo.

Admin: Come già precendentemente risposto alla medesima domanda: sì, apri un altro thread. Grazie.

Edited by Talità kum - 12/4/2016, 09:00
 
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myfriend2
view post Posted on 15/4/2017, 08:59     +1   -1




“La cristologia del kerygma primitivo è una cristologia pasquale, incentrata sulla risurrezione e glorificazione di Gesù ad opera del Padre. La sua esaltazione è un’azione di Dio, su Gesù, in nostro favore. E’ Dio che risuscita Gesù dai morti, che lo glorifica, lo esalta, che lo costituisce Signore e Cristo, Capo e Salvatore.
[…] La risurrezione è per Gesù l'inaugurazione di una condizione del tutto nuova. Egli entra nella fine dei tempi e nel mondo di Dio [...] E' importante notare che in questo stadio primitivo della cristologia non si afferma che Gesù, tramite la sua risurrezione, ritorna alla gloria che possedeva con Dio prima della sua vita eterna. Infatti non si pensa ancora alla 'pre-esistenza' di Gesù e all'incarnazione del Figlio eterno di Dio.


Va tutto bene.
Quello che non c'entra assolutamente nulla è il concetto di "Salvatore", che è un tipico concetto apocalitticista.
Non è assolutamente vero che dio ha risuscitato Gesù per farlo diventare nostro "Capo" e "Salvatore".
L'attribuzione della qualifica di "Salvatore" è una attribuzione del tutto arbitraria che si spiega solamente se si interpretano gli eventi di Gesù all'interno della visione apocalitticista di Paolo.

Gesù non è affatto il nostro "Salvatore" per il semplice motivo che non c'è proprio nulla dal quale noi dobbiamo essere "Salvati".
Non esiste nessuna evidenza storica che dimostri che Gesù è stato risuscitato perchè divenisse il nostro "Salvatore".
E non esiste nessuna evidenza storica che dimostri ci sia qualcosa dalla quale noi dobbiamo essere "salvati".
In altra parole, il concetto di "Salvatore" e di "salvezza" nascono da una interpretazione teologica dei fatti, che non ha nulla a che vedere con la storicità dei fatti stessi.

Edited by myfriend2 - 15/4/2017, 10:55
 
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