| Sono in accordo con I due post Che mi precedono. Approfitto Della domanda per riportare testimonianze scritte almeno Sui tre apostoli dei sinottici. Penso Che in qualche modo possano aiutare l,utente. • Il prologo antimarcionita al vangelo secondo Luca, scritto a Roma verso il 180 «Luca è un siro di Antiochia, di professione medico, discepolo degli apostoli. Seguì in un secondo tempo Paolo fino al suo martirio. Servendo senza macchia il Signore, non si sposò mai, né ebbe figli. Mori in Beozia a 80 anni pieno di Spirito Santo. Orbene, pur avendo Matteo in Giudea, Marco in Italia, scritto i loro vangeli, ispirato dallo Spirito Santo, scrisse questo vangelo in Acaia, facendo in principio notare che, prima del suo, erano stati scritti altri vangeli, ma che su di sé sentiva gravare un imprescindibile dovere di esporre per ordine ai fedeli di Grecia tutta la serie dei fatti con lo scopo specifico che essi non rimanessero nostalgicamente attratti nell’orbita delle parole giudaiche e che non slittassero dalla verità nell’errore sedotti da favole eretiche e fallaci lusinghe. Pertanto prese come punto iniziale, dettatogli da assoluta necessità, la storia della natività di Giovanni, che segna l’inizio del vangelo: egli fu precursore di nostro Signore Gesù Cristo, suo collaboratore nell’elevare e perfezionare il popolo e nell’introdurre il battesimo, così anche fu compagno di martirio. Di lui e della sua funzione uno dei dodici, Malachiel, ricorda la figura. In seguito Luca scrisse gli Atti di apostoli. E dopo, l’apostolo Giovanni scrisse l’Apocalisse nell’isola di Patmos e poi in Asia il vangelo». • Ireneo di Lione, morto verso il 200, conobbe e fu discepolo, in Oriente, di Po- licarpo di Smirne, che a sua volta aveva goduto «consuetudine familiare con Giovanni e con gli altri che avevano visto lo stesso Signore» (PG 20, 486). Egli scrisse: «Che il disegno della nostra salvezza sarebbe stato anche salda colonna della nostra fede non sono stati altri a farcelo sapere, ma coloro tramite i quali è giunto a noi il vangelo, di cui essi furono allora araldi e che poi, per espressa volontà divina, ci tramandarono nelle Scritture. Essi si portarono in tutta la terra; annunziarono all’umanità la pace che viene dall’alto, tutti e ciascuno in possesso dell’evangelo di Dio. Così Matteo scrisse un vangelo presso gli Ebrei nella sua lingua materna, mentre Pietro e Paolo a Roma annunciavano la parola di Dio e fondavano la Chiesa. Dopo che costoro morirono, Marco, discepolo e interprete/traduttore di Pietro, anche lui ci ha
trasmesso per iscritto la predicazione di Pietro. Luca poi, compagno di Paolo, scrisse il vangelo da lui (Paolo) predicato. In seguito anche Giovanni, il discepolo che posò il capo sul cuore di Gesù, ci lasciò un vangelo composto durante la sua permanenza ad Efeso nell’Asia» (Adversus haereses, III,1,1 - PG 7, 344 - Storia Eccles. 5,8 n. 2-4). • Tertulliano di Cartagine scrisse nel 207: «...il documento evangelico, noi lo proclamiamo, ha per autori gli apostoli. Ad essi il Signore in persona ha affidato l’incarico di predicare il vangelo... Quelli tra gli apostoli che ci ispirano fiducia sono Giovanni e Matteo; tra gli "apostolici" invece chi ce la rinnova sono Luca e Marco» (Adversus Marcionem IV, n. 2 - PL. 2. p.363). «In tutto, è certo, il maggiore o minore grado di verità di una cosa si misura in base alla sua antichità; la maggiore o minore antichità poi in base al suo rifarsi o meno alle origini; queste infine in base all’appartenenza o no alla tradizione apostolica. Se è certo questo, lo sarà anche l’affermazione che fa parte della tradizione apostolica tutto ciò che è sacrosanto presso le chiese costituite dagli apostoli. Facciamo un momento attenzione a quale nutrimento vitale hanno assorbito i Corinti da Paolo; a qual norma sono stati ricondotti i Galati; a cosa leggono Filippesi, Tessalonicesi, Efesini; a che pensieri gli stessi Romani hanno dei fratelli, essi che ricevettero da Pietro e da Paolo l’evangelo unito al marchio del loro martirio. E poi ci sono le chiese tirate su da Giovanni. Infatti per quanto Marcione rigetti la sua Apocalisse, tuttavia l’assemblea dei presbiteri, creata originariamente, resterà ancorata all’autorità indiscutibile di Giovanni. Allo stesso modo si riscontra l’autenticità delle restanti. Pertanto io affermo che questo vangelo di Luca, che noi difendiamo con ogni interesse e che è conosciuto alla maggior parte dei Marcioniti, era diffuso non solo nelle chiese fondate dagli apostoli, ma in tutte quelle che con esse sono unite in virtù della comunanza del sacro legame... E’ questa stessa autorità in seno alle chiese apostoliche che fornirà appoggio anche agli altri vangeli che noi possediamo per mezzo di esse e secondo la loro visuale, i vangeli di Giovanni, voglio dire, e di Matteo e poi quello, per così dire, di Pietro, pubblicato da Marco che era appunto il suo redattore. Come pure in realtà si vuole attribuire a Luca quanto è esposizione di Paolo»(Adversus Marcionem, IV, n.5 - PL. 2, 366). b) specifiche • per Matteo: — Papia, vescovo di Gerapoli, scrisse nel 130 una «spiegazione dei detti del Signore» di cui Eusebio riporta frammenti. Ha conosciuto gli apostoli. Scrive: «Matteo raccolse in dialetto ebraico i detti (del/sul Signore) e ciascuno li interpretò/tradusse come era capace» (Storia Eccles. III, 39,16). — Eusebio di Cesarea ancora riferisce : «Si dice che egli (Panteno) andò nelle Indie; si dice anche che trovò che la sua venuta era stata pre- ceduta dal vangelo di Matteo presso alcuni indigeni del paese che conoscevano il Cristo; a costoro Bartolomeo, uno degli apostoli aveva predicato e aveva lasciato in caratteri ebraici l’opera di Mat- teo...» (Storia Eccl. V, 9, 1; 10, 1). Ho tratto le citazioni da libri cristiani, la formatione dei vangeli sinottici
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