Studi sul Cristianesimo Primitivo

Spiegazione di 2 Pietro 1:20

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view post Posted on 7/3/2017, 09:46     +1   -1

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Buongiorno.
Ho bisogno del vostro aiuto per risolvere un problema di interpretazione di 2 Pietro 1:20:

Sappiate prima di tutto questo: che nessuna profezia della Scrittura proviene da un’interpretazione personale.

Ho letto pareri discordanti in merito al senso da attribuire a quel interpretazione personale. Secondo alcuni, il testo vuole dire che la spiegazione della scrittura profetica (e di tutta la Scrittura) non è un compito soggettivo, personale per l'appunto. Secondo altri, visto pure il contesto più ampio dal quale è estratto il versetto, Pietro starebbe ponendo in essere non un problema meramente ermeneutico, ma starebbe parlando dell'origine della Scrittura come si evince dal versetto successivo. Il tutto comunque sembra dipendendere dal senso di ἐπίλυσις: spiegazione, interpretazione, che non pare accordarsi tanto con la seconda spiegazione che ho indicato. Tuttavia, dato il contesto, anche io propenderei per quest'ultima soluzione. Noto che ad esempio, la versione NIV (New International Version) traduce (o interpreta?) così:

Above all, you must understand that no prophecy of Scripture came about by the prophet’s own interpretation of things.

Resto in attesa dei vostri autorevoli pareri, specialmente in merito al senso di ἐπίλυσις.


P.S. Mi rendo conto adesso che forse la sezione più appropriata era Esegesi. Mi scuso se ho sbagliato a postare qui.
 
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Lorenzo M
view post Posted on 11/3/2017, 10:04     +1   -1




Personalmente, per le ragioni che hai indicato tu, propendo per la 2a spiegazione.
 
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view post Posted on 23/3/2017, 17:04     +1   -1

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Grazie per il tuo parere :2029.gif:
 
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view post Posted on 26/3/2017, 20:26     +1   -1
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Intanto il testo:

τοῦτο πρῶτον γινώσκοντες ὅτι πᾶσα προφητεία γραφῆς ἰδίας ἐπιλύσεως οὐ γίνεται,

Varianti
πᾶσα προφητεία γραφῆς] Biz ς
πᾶσα γραφὴ προφητείας] 206 378 429 522 614 1108 1758 2138
πᾶσα προφητεία καὶ γραφὴ] P72

Il testo è abbastanza stabile, sebbene il P72 scelga di sciogliere il genitivo epesegentico (profezia, cioè scrittura). Se accettiamo questa premessa – e possiamo anche non farlo –, le domande da farsi sarebbero comunque almeno due:

- Che cosa intende l'autore per "Scrittura"? L'AT? Una parte dell'AT? Anche parti del NT?
- Che cosa si intende esattamente per epilysis? (ciò che è stato chiesto)

Chi si vuole buttare? Altrimenti vado io.
 
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Lorenzo M
view post Posted on 26/3/2017, 21:19     +1   +1   -1




Se a nessuno va, inizio io...
Allora, innanzitutto grazie per aver messo il testo e le varianti, sei stato gentilissimo :lol:
Parto dalla prima domanda. La Seconda Lettera di Pietro, in 3.16, sembra annoverare le epistole dell'apostolo Paolo tra le Scritture. Ciò sembrerebbe indicare che il corpus delle Scritture preso in considerazione dall'autore includa alcuni scritti di Paolo. Ora, questo non può tuttavia risolvere le seguenti questioni:
- Quali lettere sono incluse sotto il nome di Paolo? Sono le 7 autentiche? Le 13 canoniche? Sono incluse delle epistole apocrife (forse a noi non giunte)?
- Erano inclusi altri testi, come uno o più vangeli, o cose simili?
- Il canone dell'AT coincideva con qualche canone moderno? Erano inclusi libri come i deuterocanonici? Erano esclusi libri oggi del canone moderno?
E infine sarebbe da chiedersi: l'idea di un "canone" di Scritture era davvero così stabile e determinato/fisso? Purtroppo, 2Pt ci dice troppo poco per rispondere alle nostre domande. Probabilmente, esisteva un certo tipo di canone fatto da AT (quale?) e almeno da alcune lettere di Paolo (quante? Quali?).
Quanto alla seconda domanda, va detto che:
- La parola επιλυσις compare, in tutto il NT, solamente qui, e quindi non possiamo verificare dai passi paralleli un suo determinato uso;
- Etimologicamente, il termine deriva dal verbo λυω, che significa "sciogliere", ed anche "risolvere, spiegare", per estensione. Personalmente, l'unica traduzione che trovo nel dizionario del termine è proprio quella di "interpretazione", e non saprei dire molto di più.
Detto ciò, credo che il senso generale del senso sia che le Scritture non derivano da un'osservazione di alcuni filosofi (sarebbe interessante, in questo senso, vedere se la parola επιλυσις ricorre nel linguaggio filosofico del tempo, ma non posso verificarlo di persona, adesso), ma sono il prodotto di uomini ispirati da Dio.
Cedo il posto a chi vuole...
 
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view post Posted on 26/3/2017, 22:01     +1   -1
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CITAZIONE (Lorenzo M @ 26/3/2017, 22:19) 
La Seconda Lettera di Pietro, in 3.16, sembra annoverare le epistole dell'apostolo Paolo tra le Scritture. Ciò sembrerebbe indicare che il corpus delle Scritture preso in considerazione dall'autore includa alcuni scritti di Paolo. Ora, questo non può tuttavia risolvere le seguenti questioni:
- Quali lettere sono incluse sotto il nome di Paolo? Sono le 7 autentiche? Le 13 canoniche? Sono incluse delle epistole apocrife (forse a noi non giunte)?
- Erano inclusi altri testi, come uno o più vangeli, o cose simili?
- Il canone dell'AT coincideva con qualche canone moderno? Erano inclusi libri come i deuterocanonici? Erano esclusi libri oggi del canone moderno?
E infine sarebbe da chiedersi: l'idea di un "canone" di Scritture era davvero così stabile e determinato/fisso? Purtroppo, 2Pt ci dice troppo poco per rispondere alle nostre domande. Probabilmente, esisteva un certo tipo di canone fatto da AT (quale?) e almeno da alcune lettere di Paolo (quante? Quali?).

Bravo.

Su epilysis magari aggiungo qualcosa io appena ho modo.
 
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Lorenzo M
view post Posted on 25/8/2017, 15:45     +1   -1




Disseppellisco un attimo il thread perché ho dato un'occhiata al Liddell Scott su ἐπίλυσις. Cito il paragrafo sotto la voce, preso da qui:

CITAZIONE
solution, σοφισμάτων S.E.P.2.246; explanation, 2 Ep.Pet.1.20, Vett. Val.172.3 (pl.), Hld.1.18, 4.9, Iamb.Protr.21 (pl.).

(Non ho considerato gli altri significati perché mi sembrano poco plausibili visto il contesto).
Allora, cominciamo col dire che effettivamente la parola compare ogni tanto in senso filosofico. In Sesto Empirico (Pyrrh. Hyp. 2.246), ritroviamo sia il termine che il verbo collegato (ἐπιλύω) nella seguente frase:

CITAZIONE
Se dunque le cose che la dialettica non può risolvere le potesse utilmente spiegare (epilyo), ed i ragionamenti che uno può dare per essere da essa spiegati (epilyo) avessero una cattiva soluzione, la dialettica, per la spiegazione (epilysis) dei ragionamenti, sarebbe inutile.

Qui, si pone la differenza tra "soluzione" (dialysis) e "spiegazione" (epilysis). Quindi c'è un significato di tipo filosofico (e in questo caso dialettico) di "sviluppo, spiegazione".
Nel romanzo di Eliodoro (1.18), si ha un significato analogo:

CITAZIONE
(...) non prese sonno, e dubitando della spiegazione (epilysis), rimase sveglio a pensare.

Anche in Giamblico (Protr., 21) abbiamo:

CITAZIONE
Dunque, secondo che gli presentiamo delle spiegazioni (epilyseis) profane (exoterikas) e comuni ad ogni filosofia (...).

Avevo poi scordato di controllare l'uso del verbo ἐπιλύω, donde deriva la parola tanto discussa. Esso compare in Mc 4:34 col significato di spiegare, e in Atti 19:39 col senso di risolvere.

Spero che aiuti.
 
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view post Posted on 26/8/2017, 13:32     +1   -1

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È fuor di dubbio quindi il senso di epilysis di spiegare, risolvere una difficoltà. Stante ciò, continuo a ritenere più plausibile (visto il contesto) l'interpretazione secondo la quale l'autore di II Pietro in 1:20 intendeva porre l'accento sull'origine della profezia e non su chi abbia l'autorizzazione a spiegarla, né intendeva negare uno studio individuale della stessa.
Mi chiedo poi se quel privata spiegazione, non potrebbe pure stare a significare che l'esposizione della scrittura profetica non deve essere circoscritta ad un pubblico selezionato (privato appunto), ma all'intera comunità.

Resto in attesa di eventuali altri pareri.
 
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Lorenzo M
view post Posted on 26/8/2017, 13:35     +1   +1   -1




Personalmente ritengo che il senso della frase sia che i profeti non hanno inventato con qualche osservazione filosofica le loro scritture, ma le hanno ricevute come ispirazione divina.
 
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view post Posted on 10/2/2018, 17:26     +1   -1
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La questione del senso e della traduzione del versetto 2Pt 1,20 mi ha sempre interessato: me ne occupo... da 50 anni!
- - -
Vedo che qui si è focalizzata l’attenzione sui termini ἐπίλυσις e γραφῆς; Akrio si è posto anche un dubbio su ἰδίας (si parlerebbe di spiegazione/interpretazione in ambito ristretto o pubblico?).
Quanto a ἐπίλυσις, il senso mi pare già chiarito dagli altri interventi. Riporto, comunque la spiegazioni di Bauckham: “spiegazione o interpretazione di enigmi o espressioni oscure, presagi, sogni, visioni, miti, parabole” (allo stesso modo: C. Bigg, A. Charue, C. Spicq, E. Fuchs, M. Zerwick...).(*)
Il termine ricorre solo qui, come dice Lorenzo M, ma il concetto è molto presente nell’AT proprio in riferimento ai profeti (lo dico particolarmente per rispondere ad Akrio che trova difficile accostare il concetto di interpretazione a quello di profezia). Infatti, a parte il caso di Mosè, col quale Dio parlava “faccia a faccia” e “non con enigmi” (Nm 12,6-8), la via ordinaria dell'ispirazione profetica era costituita da segni che Dio mandava ai profeti: essenzialmente, sogni e visioni, che necessitavano di interpretazione. Geremia ha visioni chiare, ma non ne conosce il significato, che Dio stesso gli spiega (1,11-14); ad Amos sono date visioni e anche la loro spiegazione (7,7-8; 8,1-4); Daniele sa di dover indagare il significato delle visioni (8,15) ed è consapevole che la spiegazione di esse non può trovarla da sé, ma deve essergli data (7,15-16).
A me pare di basilare importanza anche il significato di γίνεται.
C. Bigg dice che significa semplicemente “è” (*); ma R.J. Bauckham dice: “ghínetai potrebbe, naturalmente, significare semplicemente è, ma il significato sorge, accade, deriva da è comune” (*). La Volgata, che riporta “fit” (avviene/si fa), appare quindi aderente al testo greco. Questo dovrebbe chiarire che il v. 20 sta parlando proprio di come nasce la profezia.

Possiamo rinviare all’eventuale seguito ogni discussione sul lessico, sul contesto e sulle strutture retoriche della lettera.
Vorrei qui ricordare che ci sarebbe una semplice scorciatoia per risolvere il problema di questo versetto. La Volgata traduce: “.... omnis prophetia Scripturae propria interpretatione non fit”. Questa versione è stata conservata, come corretta, anche nella Neo-Volgata, che, nei documenti della chiesa cattolica, è stata definita normativa per ogni futura versione (*).
Certo, non è molto scientifico riferirsi all’autorità di altri: ma quello che per quindici secoli è sembrato correttamente interpretato da San Girolamo qualche peso può averlo.
Spero che la discussione riprenda...
(*) ho cercato di non appesantire il discorso, ma sono pronto a documentare ogni cosa...
 
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view post Posted on 10/2/2018, 20:06     +1   -1
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Secondo me il soggetto potrebbe essere ancora più circoscritto.

L'autore potrebbe riferirsi alle Scritture profetiche che riguardano Gesù. Ossia le profezie che si erano adempiute durante la sua vita e quelle che riguardano il suo ritorno.
Questo perché le profezie sono "testimoni" di lui le quali mediante la fede ne permettono la -conoscenza-. Che ritengo sia una "parola/ concetto chiave".

In 1:2 augura la "la conoscenza" di Gesù

In 1:3 dice mediante la "conoscenza" di lui si ha tutto ciò che riguarda la vita e la pietà.

In 1:16 ricorda che hanno fatto -conoscere- ai credenti la venuta di Gesù (probabilmente mediante le Scritture e quindi non andando dietro a favole)

Cita tre testimoni:
Loro come testimoni oculari, la voce di Dio Padre che venne dal cielo e infine -la parola profetica-
che non viene dall'uomo ma da Dio.

"L'interpretazione personale" a mio avviso è uno specchio delle "favole" del verso 1:16 e la profezia della Scrittura lo specchio della conoscenza della venuta di Gesù data dall'apostolo ai credenti.

Il resto dell'epistola mette sotto cattiva luce coloro che hanno -conosciuto- ma hanno dimenticato e rinnegato Gesù...e finisce dicendo di porre fede nel ritorno di Gesù (probabilmente come aveva loro insegnato secondo "le Scritture") e gli incoraggia nuovamente nella conoscenza di Gesù (3:18).

Quindi a mio avviso le profezie della Scrittura non soggette a interpretazione personale sono quelle che si riferivano a Gesù.
 
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view post Posted on 10/2/2018, 23:48     +1   -1
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CITAZIONE (Tranego @ 10/2/2018, 17:26) 
La questione del senso e della traduzione del versetto 2Pt 1,20 mi ha sempre interessato: me ne occupo... da 50 anni!

Mi ricordi quel personaggio di "Caro Diario" di Nanni Moretti che si era ritirato su isola da trent'anni per studiare l'Ulisse di Joyce :lol: :lol:

Provo ad essere serio...

Relativamente a πᾶσα προφητεία γραφῆς leggendo e rileggendo mi sono fatto l'idea (non saprei quanto fondata) che l'esistenza di varianti antiche come πᾶσα γραφὴ προφητείας e πᾶσα προφητεία καὶ γραφὴ possano indicare come almeno questo copisti intendessero il soggetto come "La Scrittura" (i.e. ciò che allora era ritenuto testo sacro, quindi congrua parte di ciò che oggi chiamiamo Antico Testamento e probabilmente qualcosa del Nuovo). In altri termini, profezia mi pare qui sinonimo di Scrittura (o di canonico) e basta, cioè senza un'accento particolare sull'aspetto "profetico".

Quanto a γίνεται mi viene anche una traduzione un po' controcorrente rispetto a quanto vedo nei commentarî, qualcosa del tipo: «la Scrittura non si spiega da sola» perché per spiegarla ci vuole lo stesso armamentario che c'è voluto per scriverla, cioè lo Spirito (v. 21 poiché non da volontà umana fu recata mai una profezia, ma mossi da Spirito Santo parlarono quegli uomini da parte di Dio).

Comunque si intenda quell' ἰδίας (chi legge il forum forse si ricorderà di quanto abbiamo sbattuto la testa sullo stesso aggettivo in At 20,28) il senso mi pare essere quello che l'interpretazione autoritativa di una scrittura canonica risiede dell'aver ricevuto un po' di quello Spirito che avevano gli agiografi. Calato il testo nella sua prospettiva storica di testo tardivo ed ecclesiastico questa cosa non stupisce: smettetela di dare retta agli eretici (con cui buona parte della lettera se la prende) e lasciate fare questa roba a chi ha ricevuto lo Spirito (vescovi/presbiteri?).

Ecco sparata l'esegesi teodoriana. Il bello è che con l'esegesi è come con l'arabo: puoi dire tutto, il suo contrario, e qualcosa che ha a che fare con un cammello.
 
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Lorenzo M
view post Posted on 10/2/2018, 23:57     +1   -1




CITAZIONE
Relativamente a πᾶσα προφητεία γραφῆς leggendo e rileggendo mi sono fatto l'idea (non saprei quanto fondata) che l'esistenza di varianti antiche come πᾶσα γραφὴ προφητείας e πᾶσα προφητεία καὶ γραφὴ possano indicare come almeno questo copisti intendessero il soggetto come "La Scrittura" (i.e. ciò che allora era ritenuto testo sacro, quindi congrua parte di ciò che oggi chiamiamo Antico Testamento e probabilmente qualcosa del Nuovo). In altri termini, profezia mi pare qui sinonimo di Scrittura (o di canonico) e basta, cioè senza un'accento particolare sull'aspetto "profetico".

A questo si potrebbe aggiungere che il termine di "profeta" era attributo in un senso un po' più ampio di quello che oggi usiamo, dal momento che anche Davide è detto profeta e le sue Scritture sono trattate da testo profetico. Inoltre, anche prendendo per buona l'interpretazione di προφητεία come "profezia circa Gesù", non mi pare che i Cristiani avessero problemi a vedere profezie da Genesi a Malachia (anche se ammetto che le citazioni dei libri storici in questo senso magari si fanno un po' sentire di meno – ma non si scordi mai Matt. 2.23 // Giudici 13.5, se mai si possono davvero dire paralleli), quindi in fondo si dice la stessa cosa.
 
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view post Posted on 11/2/2018, 08:31     +1   -1
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♫“Uno alla volta per carità”♫ !!!
Alessandro ritiene di poter ridurre l’ampiezza del termine “profezia”, limitandola alle profezie riguardanti Gesù e capaci di farcelo conoscere, e ne porta le prove. Convincente!
Poi viene Teodoro che, viste le varianti testuali, ne deduce che (almeno per i copisti) qui si sta parlando della Scrittura in generale. Convincente!
Alla fine viene Lorenzo che sottolinea la diversa ampiezza che il concetto di profezia ha avuto nel tempo e conclude: in fondo si dice la stessa cosa. Convincente!
Cerco (come Lorenzo, in fondo) di riportare ad unità le diverse posizioni.
Letteralmente la 2Pt parla delle profezie che ci portano luce su Gesù e sul suo ritorno. Il v. 1,21 ci fa presente che i profeti non hanno parlato di testa loro, ma perché mossi dallo Spirito Santo. Ma questo lo possiamo dire per tutta la Scrittura: tutti gli agiografi hanno scritto perché ispirati e non per fornirci romanzi di loro invenzione.
Direi, allora, che siamo tutti d’accordo.
L’oggetto di questa discussione, però, dovrebbe essere il senso di 1,20.
Abbiamo il testo greco e due diverse traduzioni:
“.... πᾶσα προφητεία γραφῆς ἰδίας ἐπιλύσεως οὐ γίνεται”
“.... nessuna profezia della Scrittura proviene da un’interpretazione personale”
“.... nessuna scrittura profetica va soggetta a privata spiegazione”.
Il testo greco lo ha riportato Teodoro; la prima traduzione l’ha trascritta Akrio aprendo la discussione; la seconda traduzione è quella della CEI, evocata dalla prima interpretazione di cui parla Akrio (7/3/2017, 09:46) e dall’ultima riga di Alessandro (10/2/2018, 20:06) .
Che si parli di tutte le profezie, o solo di quelle che riguardano Gesù, o di tutta la Scrittura, Akrio vuole una mano a capire se in 1,20 si dice che la spiegazione della scrittura profetica (e di tutta la Scrittura) non è un compito soggettivo, oppure se si parla dell’origine della Scrittura; Akrio propenderebbe per la seconda ipotesi, ma gli pare che ἐπίλυσις non si accordi col v. 1,21.
A me (che sono vecchio, ma illuso come un bambinello) pare che il problema si possa risolvere con criteri scientifici (art. 3 Reg.) e che si possa andare oltre l’esilarante (ma, ahimè, sconfortante) battuta di Teodoro sull’esegesi, l’arabo e il cammello...
Torniamo al problema posto da Akrio? Cioè: è giusta la prima traduzione (Nuova Riveduta) o quella della CEI?
(sennò butto via 2PT e me ne torno sull’isola con l’Ulisse di Joyce....)
 
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view post Posted on 11/2/2018, 11:38     +1   -1

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@Tranego: sì, il mio dubbio diciamo che è indipendente dal senso da attribuire a "profezia della Scrittura" e ruota attorno al dilemma che hai riassunto in chiusura di messaggio.
Mentre siamo in tema, mi veniva in mente una curiosità: come è messo il brano in termini di storia dell'interpretazione? Abbiamo teologi o padri della chiesa che si sono occupati di commentare l'epistola in questione? Forse potrebbe servire ad aggiungere un tassello ai fini della soluzione al problema.

Edited by Akrio - 11/2/2018, 13:43
 
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