CITAZIONE (Giosia @ 13/4/2018, 09:08)
Penso che a livello filologico sia stato detto tutto quanto si poteva dire su 2 Pietro 1:20.
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No: lo studio va completato. A mio avviso, abbiamo esaminato 1,20 alla luce del contesto e della struttura della lettera, arrivando a conclusioni favorevoli all’antica versione di Girolamo. Resta ora da esaminare quanto è stato detto e ripetuto, negli ultimi 80 anni, per motivare la nuova versione del Vaccari, che la CEI ha recepito (v. post 11/2/2018, 23:35 - “La Sacra Bibbia tradotta dai testi originali con note a cura del Pontificio Istituto Biblico di Roma” - Casa editrice Adriano Salani, 1957 - Lettere di Pietro nella traduzione di Alberto Vaccari - l’imprimatur è del 1942).
Secondo la versione del Vaccari, il verbo γίνομαι reggerebbe un genitivo di possesso.
Così spiega M. Zerwick (in Analysis philologica Novi testamenti graeci - Pontificio Istituto Biblico - Roma 1960, pag. 548):
γίνεται: γίνομαί τινος fio, sum alcs, pertineo ad alqm: non fit (scil obiectum liberum) privatae interpretationis (sed eorum qui a Deo habent munus aut charisma interpretandi).
Per Zerwick, quindi, ἰδίας ἐπιλύσεως è un genitivo di possesso e il versetto si spiega così: «(la profezia) non appartiene (non è libero oggetto di) privata interpretazione (ma di coloro che da Dio hanno il compito e il carisma di interpretare)».
Si tratta di vedere che attendibilità abbia questa nuova lettura di 1,20, dopo tanti secoli di pacifica lettura della Volgata. Facciamoci aiutare da :
- ZORELL Franz:
Novi Testamenti lexicon graecum - P. Lethielleux, Parigi 1911;
- BLASS F., DEBRUNNER A.:
Grammatica del greco del Nuovo Testamento - Paideia 1982.
Complessivamente, questi autori individuano la costruzione di γίνομαι col genitivo di possesso nei seguenti passi: Lc 20,14; Lc 20,33; At 20,3; 2Pt 1,20; Ap 12,10 e Ap 11,15.
Tralasciando 2Pt 1,20, che è in discussione, esaminiamo i restanti cinque casi:
1) Lc 20,14: ἀποκτείνωμεν αὐτόν, ἵνα ἡμῶν γένηται ἡ κληρονομία (“Uccidiamolo e così l'eredità sarà nostra”. Letteralmente: “...., affinché l'eredità divenga di noi” - Volgata: “ut nostra fiat hereditas”). L'ἡμῶν (emôn) di questo versetto è senza dubbio un genitivo possessivo, ma quello in esame sembra un caso estremo: la costruzione di
ghínomai col genitivo possessivo non si sarebbe neppure riconosciuta se fosse stato usato l'aggettivo “nostra”. L’uso del genitivo del pronome personale in luogo del possessivo è un fatto ordinario nel greco del NT, dove il possessivo
emèteros è usato solo 16 volte, mentre gli altri innumerevoli casi sono risolti col genitivo
emôn (es.: nel “Padre nostro” il possessivo “nostro” è reso per tre volte con la forma pronominale “di noi”). A mio parere, in questo caso emôn è un semplice complemento predicativo del soggetto “eredità” e non un genitivo dipendente da
ghínomai.
2) Lc 20,33: ἡ γυνὴ οὖν ἐν τῇ ἀναστάσει τίνος αὐτῶν γίνεται γυνή; (“...di chi di loro sarà moglie?”). Il genitivo in questione è semplicemente un complemento di specificazione possessiva che si riferisce a “moglie” e non ha nulla a che fare col genitivo di possesso dipendente da ghínomai. Nella forma diretta, quale apparirebbe nella risposta “nella risurrezione la donna sarà (diventerà) moglie di X”, è evidente che “di X” è in relazione col sostantivo e non con il verbo.
3) At 20,3: “...decise...” (ἐγὲνετο γνώμης, divenne dell'opinione). Qui γνώμης non è un genitivo di pertinenza in dipendenza dal ἐγὲνετο, ma un genitivo di moto a luogo (figurato) dove è sottintesa la preposizione
ἐπί. Qui, come in altri passi, γίνομαι ha il senso di “giungere, arrivare”: nella maggior parte di questi casi il verbo è costruito con una preposizione (
en, epí, eis, engús, prós, katà) e il caso opportuno (genitivo, dativo, accusativo). In particolare troviamo 5 casi in cui è usata la preposizione
epí: due volte col genitivo (Lc 22,40 e Gv 6,21), e tre volte con l'accusativo (Lc 3,2; 24,22; At 21,35). Nei due casi col genitivo e in due di quelli con l'accusativo, si tratta di complementi di moto a luogo. L’espressione ἐγὲνετο γνώμης non significa, quindi “
divenne appartenente all’opinione”, ma esprime un moto a luogo figurato (
venne/giunse all’opinione, o
sull'opinione), che può essere espresso con
epí e il genitivo, oppure col semplice genitivo, secondo la relativa indifferenza del greco per l'uso delle preposizioni .
I vocabolari ci presentano altri casi del genere:
- Liddell-Scott, da Plutarco (citato anche dal Rocci e da La Magna-Annaratone):
tén pòlin elpídos megáles ghinomènen (la città venne in grande speranza = “concepì grande speranza”);
- Bonazzi e La Magna-Annaratone, da Demostene:
ghígnomai epí taútes tês gnómes ("sono di questo parere/sono venuto su questo parere").
Anche questo terzo caso deve essere pertanto derubricato.
4-5) Vanno trattati insieme i due passi dell’Apocalisse:
- Ap 11,15:
eghèneto e basileía toû kósmou toû Kyríou emôn kaí toû Chistoû autoû (Bibbia CEI: “Il regno del mondo appartiene al Signore nostro e al suo Cristo”);
- Ap 12,10:
árti eghèneto e sotería kaí e dýnamis kaí e basileía toû Theoû emôn kaí e exousía toû Chistoû autoû (Bibbia CEI: “Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo”).
Curiosamente, nella versione della CEI, che ho riportato per entrambi i versetti, in Ap 11,15
eghèneto viene reso con “appartiene” (e i genitivi sono decisamente possessivi) e in 12,10 con “si è compiuta” (e i genitivi sono semplici complementi di specificazione riferito ai sostantivi σωτηρíα, δύναμις ecc.). Lo stesso fa la Nuova Riveduta. Ma i due passi hanno struttura del tutto simile, evidenziata dal fatto che delle 12 parole di Ap 11,15 ben 9 si ritrovano, nello stesso ordine, in 12,10 e una (
Kýrios), ha il suo elemento corrispondente in
Theòs. Stante la perfetta identità delle due frasi, non c’è motivo di vedere valore diverso nei genitivi che vi sono contenuti. Girolamo ha tradotto entrambi i passi intendendo i genitivi come specificazioni riferite ai sostantivi; allo stesso modo si regola A. Romeo (
La Sacra Bibbia, a cura di Mons. Garofalo - ed. C.E.M. 1966). Sto con Girolamo.
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La conclusione è scontata: non c’è nessuna evidenza che il NT conosca l'uso del genitivo possessivo dipendente da
ghínomai.
Di quanto sopra ci sono, al contrario, chiare controprove:
1) ricercando nel NT le espressioni nelle quali il significato di “appartenere” è seguito dal genitivo di possesso, non troviamo mai usato il verbo
ghínomai, ma il più comune
eimí (essere): - At 27,23: οὗ εἰμι (al quale appartengo);
- Gv 10,12: οὗ οὐκ ἔστιν τὰ πρόβατα (al quale le pecore non appartengono);
- Mt 19,14 (Mc 10,14; Lc 18,16): τῶν γὰρ τοιούτων ἐστὶν ἡ βασιλεία τῶν οὐρανῶν (a chi è come loro appartiene il regno dei cieli).
2) abbiamo anche tre casi in cui il verbo è correntemente tradotto con “appartenere” o “essere dato” o “diviene di”, ma in greco è costruito invece col dativo: cfr. Rm 7,3.3.4;
3) se poi teniamo conto del fatto che i pochi casi classici di
ghínomai col genitivo di possesso si hanno in espressioni idiomatiche di senso riflessivo (Rocci:
g. autoû, divenire padrone di sé:
umôn autôn, di voi stessi; Liddell-Scott:
umôn autôn ghenèsthai - entòs eoutoû g. - en eautô g. - en sautoû ghenoû = rientrati in noi, rientrato in sé), troviamo che il NT ha perso occasioni veramente preziose di valersi di questa costruzione. In due casi col genitivo riflessivo abbiamo infatti
eimí (essere): - 1Cor 6,19: οὐκ ἐστὲ ἑαυτῶν (non appartenete a voi stessi); - Rm 8,9: οὗτος οὐκ ἔστιν αὐτοῦ (non gli appartiene);
4) in un caso “da manuale”, in tutto simile a quelli registrati dai vocabolari, pur essendo usato
ghínomai, questo verbo non è seguito dal genitivo, ma dal dativo preceduto da
en (At 12,11: ἐν ἑαυτῷ γενόμενος, rientrato in sé).
Concludendo, prima di ritrovare l'insolita costruzione proprio in 2Pt 1,20, prudenza vorrebbe che si esaminassero anche altre possibilità. Tutto quello che è stato detto a difesa della “nuova” versione di 1,20 negli ultimi 80 anni va, secondo me archiviato senza appello, compreso il parere di M. Mazzeo (Lettere di Pietro - Lettera di Giuda, Paoline 2002, pag. 282).
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Capisco che, per chi non ha dimestichezza col greco, è più facile affrontare un sudoku da un metro quadro che le questioni che ho proposto qui. Ma, pur frequentando il forum solo da due mesi, mi sono reso conto che qui ci sono competenze, in materia di analisi grammaticale e di lessico greco, largamente superiori alle mie: conto, quindi, su un’attenta verifica di quanto esposto e, se occorre, anche sulle opportune correzioni. Spero, comunque, che al mio esame venga riconosciuta, quantomeno, l’intenzione di andare a fondo su un modo di leggere un passo biblico in aperta contraddizione con quanto inteso per 15 secoli.